Truffatori napoletani anche su Topolino

ziopaperone_1I fumetti non sono solo una forma d’arte ma anche un potenziale strumento di veicolazione di particolari messaggi, di ogni tipo, nelle fasce d’età più basse. Topolino e i personaggi Walt Disney svolgono un ruolo pedagogico molto importante perché impattano facilmente sui bambini non appena imparano a leggere. Un messaggio politico, sportivo e più ampiamente sociologico può influenzare l’imprinting e l’ottica futura, condizionando le idee e le opinioni. Assodata la delicatezza delle narrazioni e dei soggetti, come giudicare quanto si legge in una delle “TopoStorie” di Paperi a Venezia, ripubblicazione di un fumetto del 1994 proposta nuovamente lo scorso febbraio da Panini Comics per celebrare il Carnevale lagunare?
Zio Paperone paga con delle banconote che risultano false l’attracco della zattera su cui ha navigato con Paperino e i tre nipotini. Il racconto svela che le ha ricettate volontariamente da un commerciante di Napoli. “Se Zio Paperone non avesse dato ascolto a quel commerciante di Napoli…”, si legge nella vignetta che illustra il momento dell’adescamento.
ziopaperone_3E allora va benissimo far capire ai ragazzini il significato di cupidigia, e di evitare le banconote false come ogni prodotto contraffatto, ma a che serve identificare il “commerciante” con la connotazione di provenienza? Se l’autore dei testi, Francesc Bargadà Studio, avesse scritto “Se Zio Paperone non avesse dato ascolto a quel commerciante” avrebbe fornito un insegnamento ineccepebile e opportuno. E invece ha precisato che il furfante è “di Napoli” (a Venezia), creando un alone di diffidenza sui napoletani. È così che i bambini sviluppano presto certi pre-giudizi. Non ne sviluppano invece sugli abitanti dell’immaginaria Paperopoli, da cui proviene Zio Paperone il ricettatore.

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