Angelo Forgione – Un dramma che si è consumato in pieno giorno davanti ai passanti che intorno alle 13,30 stavano attraversando via Roma a Pomigliano d’Arco. Dall’ottavo piano di un palazzo si è lanciato nel vuoto Gennaro Faraco. 25 anni, e lo riscrivo: 25 anni! Il buio davanti, la paura di non riuscire a trovare un lavoro e di non poter aiutare la sua famiglia. Poche righe in una lettera in cui ha raccontato la sofferenza per la sua disoccupazione e per il peso che portava sulle spalle: “Non ho lavoro, non ce la faccio più. Devo farla finita”. Gennaro, oggi, è ricordato da tutti i suoi amici come un ragazzo sempre sorridente, pronto a rinfrancare gli altri. Eppure ha mollato lui, volando via per scelta, spezzando la sua giovane vita sul duro suolo dell’angosciosa e angosciata Campania. Un tonfo e la tragedia. Il giorno prima la scelta estrema l’aveva presa un quarantenne, impiccatosi con la cintura nel bagno di casa.
Un paio d’anni fa, al suolo, ne ho visto uno sulla trentina, di fronte la mia abitazione. Lo vedevo fumare al balcone ogni giorno, e nel cuore della notte si lanciò dalla finestra. Le tracce di quella tragedia le ho sempre sotto gli occhi, ogni volta che mi affaccio.
Sento fortemente il problema di una terra alla quale sono state sottratte tutte le prospettive. Suicidi e uso di antidepressivi, in Campania, sono storicamente in quantità inferiore rispetto a tutte le altre regioni italiane. Ma la tendenza è davvero preoccupante. Mi sento impotente di fronte a questi veri e propri omicidi di stato, o suicidi indotti se preferite, e sto davvero male, anche perché Gennaro, il giovane Gennaro, era un mio fan. Ma soprattutto un ragazzo che amava Napoli e, infinitamente, il suo Napoli.
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