Angelo Forgione – Se n’è andato all’età di 91 anni Michele Moio, napoletano di Marano e mondragonese di adozione, figura di spicco del vino campano.
Quante volte ho sorriso e chiacchierato davanti a un bicchiere di Falerno Moio 57? È uno dei rossi preferiti dalle nuove generazioni della Campania, prodotto di punta dell’azienda da lui fondata in provincia di Caserta. Un vino primitivo prodotto tra il fiume Volturno e il monte del Massico, battezzato così in ricordo della straordinaria vendemmia del 1957.
Michele Moio è stato tra coloro che nel dopoguerra recuperarono il particolare vitigno del Falerno, salvandolo dalla sparizione seguita alla grande crisi della vitivinicoltura in tutta l’Europa per i grandi flagelli parassitari. Era “il vino degli imperatori”, il preferito dagli antichi Romani, che, facendo tesoro dei vini greci prodotti in Campania, svilupparono enormemente la vitivinicoltura in Campania Felix, i più pregiati dell’Italia antica. Su tutti proprio il Falernum, un vero e proprio status symbol destinato alle tavole dei ricchi che identificava il rango di appartenenza e, se vogliamo, la prima Doc del pianeta. Nonostante il riconoscimento della Doc sia arrivato ovviamente nel 1989, i ritrovamenti delle anfore usate per il commercio e l’esportazione del Falernum, provviste di etichette, recano inciso l’anno, la tipologia e la zona di origine, con timbro e ceralacca sui tappi.
L’area di produzione era l’Ager Falernus, corrispondente agli attuali comuni di Mondragone, Falciano del Massico, Carinola, Sessa Aurunca e Cellole, dove si produce tutt’ora il Falerno del Massico DOC. Anche nell’azienda Moio, da oggi orfana del suo benemerito fondatore.
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