Angelo Forgione – Antonella Cilento, scrittrice napoletana, a TG1 Billy del 18 maggio: «Napoli nel 1600 è la più grande città d’Europa… È già la metropoli di oggi, è già corrotta, sporca, puzzolente…»
C’è qualche “già” di troppo, e troppo pesante, nelle parole ascoltate in tivù, simili a quelle pronunciate in passato da un antimeridionale come Giorgio Bocca. In quell’Europa problematica, funestata da sporicizia ed epidemie, Napoli non era certo peggio di Parigi e Londra, tra le città più sporche e fetide del Continente, afflitte dal sudiciume maleodorante degli abitanti, molti dei quali non praticavano alcun tipo di abluzione.
Nel 1615 un grande napoletano, Giovan Battista Marino, fu severissimo nel descrivere Parigi dopo esservisi recato: “quando piove è il miglior tempo che faccia, perché allora si lavano le strade: in altri tempi la broda e la mostarda vi baciano le mani”.
Epidemie colpivano tutti a quei tempi, ed è nota la grande peste seicentesca di Napoli, le cui condizioni, nel Settecento e Ottocento, migliorarono (Goethe ne apprezzò la pulizia e detestò la sporcizia del Triveneto e non solo, mentre Restif de la Bretonne denunciò in Les Nuits de Paris il lerciume della capitale francese, dei cui miasmi narrano numerosi racconti dell’epoca) mentre quelle di Parigi e Londra restarono pessime. Si ricorda nel 1858 la drammatica “Grande puzza“, the Great Stink della capitale inglese, causata dal Tamigi, dove venivano gettati i rifiuti solidi e gli escrementi umani (e più o meno lo stesso accadeva nella Senna). Colera e febbre tifoide dilagarono drammaticamente.
tu non sei napoletana sei solo una mercenaria come lo fu garibaldi , almeno lui in un certo modo ha fatto la storia , tu sei è sarai valutata sempre 2 soldi
Un’ottima penna i cui libri sono un atto di amore verso Napoli, gioco sporco quello di estrapolare qualche frase da un contesto piu vasto
Nessuno mette in dubbio le qualità della Cilento. Tra scrittori sarebbe anche volgare e non mi permetterei mai di esternare un giudizio sulla professionalità altrui. Ma il concetto espresso al TG1 ammazza Napoli nella percezione che di essa si ha, e non ce n’è alcun bisogno, anche perché è un concetto sbagliato. È ancora possibile provare rabbia per una frase senza dover mettere in dubbio le capacità di un autore? Quel “già” è devastante. Spero sia stato uno scivolone o una frase mal formulata.
Ha detto; “Napoli era esattamente come oggi” aggiungendo il resto, è vergognoso io da napoletano pretendo le scuse pubbliche di questa sciacquetta!
Non conosco la letteratura della Cilento. In un momento di attacco a Napoli una scrittrice dovrebbe stare più attenta nell’esporre i concetti. Il “già” è veramente da censurare, ma non per la difesa di Napoli, ma per onore all’intelligenza, qualità che credo di certo non manca alla scrittrice. Chi è l’editore? Vedi Angelo senza l’offesa alla mia città, il nome di questa scrittrice nemmeno lo conoscevo, forse è per questo che si attacca Napoli?
L’attacco dovrebbe essere fatto a chi ha estrapolato una frase ad hoc da un discorso più ampio..Purtoppo è pratica comune ed esecrabile, soprattutto verso una scrittrice che ha sempre onorato Napoli attraverso i suoi scritti. Non facciamo populismo inutile per raccogliere quattro commenti. Non è degno di chi scrive questo blog. L’onestà intellettuale è necessaria soprattutto se si è giovani.
L’intervista all’autrice è linkata nel mio scritto, ed è a disposizione online. Detto questo, il Suo ultimo commento chiarisce che l’attacco è alla persona, non al commento della persona.
Anche io mi sono indignato quando ho sentito quel “GIÀ’ ” e mi compiaccio che tu Angelo l’abbia sottolineato. La de Cristofaro parla di estrapolazione e di onestà intellettuale, vorrei rispondergli per le rime, ma mi astengo per ovvi motivi. Inviterei la Cilento a porgere pubbliche scuse. Di sputtanapoli ne abbiamo già troppi.
Si un attacco bonario alla persona,giustificato in parte dalla sua giovane età. Ricordo che a Napoli il colera fece nel 1836 ben 20.000 morti. Dai commenti al video della Cilento(bucchina,cessa) si capisce anche il livello delle persone alle quali esacerbi l’anima, e che forse un libro in mano non lo hanno preso mai. Non ne andrei tanto fiero.
Quelli che attaccano la Cilento con epiteti, non sono da considerare, purtroppo, nelle masse, ci sono anche gli ignoranti volgari, ciò non toglie che la Cilento abbia esagerato con quel “già” e sarebbe il caso che si scusasse. Se Lei non è d’accordo, Sig. Annalaura de Cristofaro, evidentemente appartiene a quella categoria, che non si scosta troppo da coloro che utilizzano quegli epiteti. Personalmente sono stufo di sentire dei commenti sulla mia città (sempre malevoli), poi vediamo e sentiamo ciò che avviene negli stadi di tutta l’Italia del nord. La inviterei a riflettere.
Scusi, Lei è convinta di conoscere il sottoscritto e forse non sa neanche quanti anni ho. Legge commenti volgari su questo blog? Oppure li legge su facebook? Perché se è il secondo caso, credo che debba rivedere completamente le Sue granitiche convinzioni. Io non c’entro nulla con la volgarità, e su questo blog non troverà mai maleducazione.
L’amore più profondo ha bisogno del contatto con la realtà. Napoli purtroppo puzza della Terra dei fuochi e non si riesce a fermarne l’odore. Prenderne atto è amore, chiudere gli occhi, inedia.
Con quali offese avremmo dovuto mortificare Matilde Serao?
Perché non prova a leggersi “Viaggio in Italia” di Goethe?
Lei non ha compreso bene cosa ha detto la Cilento.
Credo invece che la scrittrice abbia colto l’opportunità del momento che tutti noi napoletani stiamo vivendo, attaccare la nostra amata città, oggi fa notorietà e come vede tutti ne parliamo, io non conoscevo la signora e credo come me tanta persone, ha colto un opportunità pubblicitaria, un po come nei decenni passati, molti autori si sono arricchiti sulla fame della Napoli del dopo guerra, oggi i tempi sono cambiati, ci si arricchisce su gomorra, e su i mali della nostra terra, riporto e concludo, le parole note di un attore napoletano ” O’ problema sono e’ schiacalli”
Rischi ed effetti collaterali dello scriver romanzi ai tempi odierni
19 maggio 2014 alle ore 18.40
Che l’attività dello scrivano fosse da sempre rischiosa sin dai tempi antichi è cosa nota: uno scribacchino di corte rivelatosi improprio nell’esprimersi poteva facilmente vedersi tagliata la testa, un poeta caduto in disgrazia perdeva appannaggi e prebende, restava, insomma, senza mangiare. Ma se il poeta era simpatico al potere ed utile, eccolo eletto poeta imperiale, aedo del signore.
Venne poi un tempo, piuttosto recente, in cui l’aura del poeta cadde, lo narrò Walter Benjamin: popoli e comunità non si riconoscevano più nella voce del narratore o del lirico, la funzione dei contastorie aveva avuto termine e scrivere diventava un atto intimo, sempre più silenzioso e socialmente alternativo. Ad ogni rivoluzione, è noto, segue un’inutilità. Oggi, caduta l’aura e cadute parecchie altre cosette, lo scrittore appare inutile a una società che, sostanzialmente, non legge, che ritiene sia un lettore forte qualcuno che legge tre libri l’anno (e lasciamo pur stare quali libri).
Detto questo, la voce della comunità si esprime in autonomia, torna ai fumetti preistorici – senza il talento dei grandi pittori delle grotte francesi o spagnole, s’intende – e trova canali breviformi e anonimi, dove la democrazia dell’espressione è, in realtà, giustificazione o paravento per violenze represse, frustrazioni, incapacità, intolleranze e razzismi, per ogni forma, quindi, di impotenza.
La gogna pubblica, retaggio molto evidente di quel tempo in cui i re tagliavano la gola a chi doveva tacere, offre l’inusitato piacere di tagliare la voce ripetute volte e in variegati modi a chi si esprime in termini letterari: chissà chi è e perché lo fa, ma comunque se dice cose che non toccano nessuno ignorarlo è facile, se, puta caso, dice cose di un qualche minimo interesse della suburra, ecco la felice occasione: compiamone esecuzione pubblica fino a distruggerlo o distruggerla, che non ne resti neanche un po’.
Finisce così, per volontà del suo protagonista, il grande romanzo di Süskind, Il profumo, con un’assatanata folla che divora, smembra, consuma il corpo profumato d’amore, cristologico, del condannato a morte. E non a caso si cita qui Süskind poiché trattasi narrazione concentrata sul tema dell’odore e delle puzze, ambientata nelle puzzolentissime città del Seicento – Parigi e Grasse, in quel caso – e la questione in cui questa narratrice – ah, la bestia parlante ortesiana! – si trova coinvolta è appunto una questione di puzze: scritto un romanzetto destinato ai soliti dodici, ventiquattro, e facciamo pure trentasei, lettori manzoniani, ambientato a Napoli nell’incriminato Seicento, lungamente amato e quotidianamente studiato, come tutta la storia della sua città, la narratrice si trova coinvolta nel marketing del libro e rilascia interviste.
Sono anni che rilascia interviste e sono tanti i romanzetti e i libretti che ha scritto finora, circa tredici sommandoli tutti, che non si preoccupa troppo di dover fare interviste: in una, televisiva, le vengono consegnati pochi secondi per presentare i personaggi della sua storia e la città in cui la storia si ambienta. Pochi secondi sono pochi secondi, si fa e si dice quel che si può. Risulta dalla descrizione che la città del Seicento, la Napoli del Siglo de Oro, è molto simile, nel male più che nel bene, alla città odierna e da qui – tragedia! – gruppi di facinorosi iniziano la gogna mediatica. Insulti personali: muori!, e già che toccherà a tutti, anche agli insultatori; resta disoccupata!, ma se si è appena detto che lo scrittore ai tempi odierni non conta nulla come può perdere il lavoro una che già palesemente non esiste agli occhi della società?; vestiti meglio!, sottolineasi che la gogna mediatica non perde mai di vista il fashion: lo scrittore non esiste anche perché si veste come gli/le pare e questo lo/la rende inesistente vieppiù!; e poi: studia la Storia della tua città!, il che appare paradossale in quanto la scrittrice, anima pia, non fa altro da sempre e dunque è come dare del disabile allo storpio. E, in fine, lunghe trenodìe di male parole assortite (“ti voglio vedere impiccata, ascara!”, il truce colonialista giolittiano incombe) non certo fantasiose come quelle rievocate dal maestro De Simone: potevansi i detrattori esibire in qualche classica spitalera, recchia di rinale, in qualche fantasioso epiteto alla Basile, che avrebbero trovato nel romanzo incriminato, Lisario o il piacere infinito delle donne, se lo avessero letto e invece no, tempi americani, al massimo: brutta stronza.
Ma torniamo alla puzza: veniamo alla res della questione, vera e propria. Forse che camminando per Napoli e per il suo circondario esiste naso che non si tappi fra spazzature assortite e discariche? In molte grandi città è così, da Città del Messico a Hong Kong, dal Cairo a Roma a Palermo, e così era, in proporzioni meno chimiche, d’accordo, ai tempi di Masaniello. Potevasi camminare in istrada e ricevere piscio sul capo – o feci – e chi ha abitato o abita in taluni quartieri della città capitale sa che dai piani alti possono piovere pattumi, assorbenti femminei usati, bucce di banana e quant’altro, usando espressione oggi assai alla moda. Questo non significa che Napoli sia brutta – è bellissima – semmai che una buona fetta dei napoletani fa fatica a convivere con un’altra buona fetta di concittadini, che i saperi, i modi, gli stili, diciamo così, non sono condivisi.
Nulla di nuovo sotto il cielo.
Ai tempi di Masaniello con un carruociolo si investivano numerosi passanti troncando loro arti e vite e oggi con guida sportiva si passano sensi vietati e unici, ci si parcheggia, inattaccabili, in seconda, terza e quarta fila lungo le vie cittadine e se qualcuno protesta si ottengono in cambio contumelie.
Ai tempi di Masaniello sagliuti e borghesi si arrampicavano per prendere il posto della nobiltà imbrogliando, rubando, governando in mala fede e la nostra politica, salvo qualche buona eccezione, ripete moduli vicereali e non da oggi, da decenni.
Ai tempi di Masaniello cominciò la speculazione edilizia: la nobiltà per essere vicina al Viceré, cioè a Palazzo Reale, iniziò a edificare palazzi sontuosi e anche un po’ d’apparenza, via, lungo l’asse di via Toledo a dispetto di ogni ordine estetico. Sempre meglio delle mani sulla città del nostro dopoguerra, almeno non era cemento, ma le abitudini che si prendono per tempo, come si vede, si continuano nei secoli.
Ai tempi di Masaniello prostituzione e potere andavano a braccetto e di questo c’è infinita, eterna ripetizione, non abbisogna di commento.
Ai tempi di Masaniello venne in città un altro povero narratore – grandissimo, niente a che vedere con noi narratorelli d’oggi – Miguel de Cervantes e si trovò a descrivere una città bellissima e che amò infinitamente ma che, come la sua Spagna, conteneva i primi germi, in verità assai letterali, della camorra: si leggano le Novelle esemplari a tal proposito e non ci scandalizzi oggi per descrizioni delinquenziali che la nostra città e la nostra storia contengono ormai dall’età moderna. Insomma, ai tempi di Masaniello gli avvocati e i medici e i politici erano imbroglioni, le professioni importanti si passavano di padre in figlio, il popolo era oppresso e inaffidabile, ora ti portava su ora ti portava giù, ignorante, sporco e arrogante, la politica rubava: le cose solite, le consuete, le odierne,
Un eterno lazzarificio con le piazze al posto degli stadi o dei nostri amatissimi social network.
Dire che, insomma, Napoli nasceva allora nelle forme male di oggi è cosa che non dice la povera narratrice ma la Storia nei libri di Storia, caso mai venissero studiati, poiché fu allora che la città s’inurbò oltre misura, diventammo troppi e troppi siamo rimasti, nonostante pesti, colera e eruzioni; fu allora, come quasi sempre a Napoli, che le rivolte sorsero ma rimasero tali, senza mai diventare vere rivoluzioni, rivoluzioni cui del resto il popolo s’oppose spesso; fu allora che cominciarono tanti nostri guai, che in parte c’erano già.
E questo non impedì alla città di avere la più grande e la più felice delle fioriture artistiche: musica (La Musica in Europa per oltre tre secoli), pittura (e che pittura!) e anche letteratura della più fine. Tutto questo non certo grazie alle gogne mediatiche o alle operazioni di facciata, poiché pittori, musici e letterati fecero, allora come oggi, una vita infame, attaccati, denigrati, malpagati, in fuga. Un tempo di grandi splendori, un tempo di grandi tenebre.
Oggi forse ci sono più tenebre che splendori, ma, se si stesse un po’ più attenti, si parlasse meno a vanvera, si desse meno ascolto ai nostri istinti più grevi, ci si accorgerebbe che qualche scrittorello lavora da tanti anni (chi scrive qui da ventuno, ma non è sola) in questa città, a spese proprie, forma persone alla lettura e alla scrittura, organizza manifestazioni che le istituzioni non finanziano e che la città che pensa segue e che, insomma, fa per la città non attività d’immagine ma di sostanza. Prima di sputare, quindi, sempre utile guardare nel piatto.
Chi abita e lavora e scrive storie da Napoli e di Napoli non potrà edulcorarla, sarebbe disonesto, ma non per questo deve disamarla, anzi, sotto sotto, la ama ben più di chi parla e insulta e basta, senza leggere, senza sapere, senza interrogarsi.
Non basta informarsi, cosa per cui esiste la rete, bisogna studiare e bene e leggere prima di giudicare: cose faticose, si sa, per questo le fanno ancora solo i narratorelli che la società non considera più, a parte quando può insultarli, un divertimento gratuito e perciò irrinunciabile.
Antonella Cilento
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Emilia Bersabea Cirillo cara Antonella, la condivido subito.
19 maggio alle ore 18.48 · Mi piace
Baal Teatro purtroppo immagino che tutti quelli che si considerano napoletani e sono stati capaci solo di insultarti mediaticamente, non hanno letto questo post e non leggeranno ma LISARIO… purtroppo… non ti curar di loro, ma guarda e passa…
19 maggio alle ore 18.53 · Mi piace · 1
Laura Stirner Todisco napoli è bellissima ma anche brutta, è fatta di contrasti e contraddizioni troppo evidenti, e noi non possiamo tacere…..
19 maggio alle ore 19.11 · Mi piace
Laura Stirner Todisco PS: grazie, condivido subito
19 maggio alle ore 19.12 · Mi piace
Paola Zannoner Antonella carissima, hai tutta la mia solidarietà.
19 maggio alle ore 19.40 · Mi piace
Elide Apice solidarietà , antonella, lasciali peredere…il tuo libro è bellissimo
19 maggio alle ore 19.41 · Mi piace
Franco Festa Dalla tua parte, senza indugi.
19 maggio alle ore 19.47 · Modificato · Mi piace
Bruno Galluccio tutta la mia solidarietà, Antonella !
19 maggio alle ore 19.54 · Mi piace
Adriana Pedicini trovo molto dolente questa nota, nel senso che è doloroso quello che evidenzia e che costituisce purtroppo la realtà di una società che scivola sempre più verso il basso, in cui le voci di chi “fa” in maniera edificante rimangono inascoltate, mentre p…Altro…
19 maggio alle ore 20.11 · Modificato · Mi piace · 3
Bernardina Moriconi Sto leggendo adesso e da pochissimo, quindi non mi sento ancora di esprimere alcun giudizio di merito (per quanto possa valere il mio giudizio), ma mi sorprende questa polemica/attacco piuttosto sterile, se ho capito i termini della questione, e di un …Altro…
19 maggio alle ore 20.11 · Mi piace
Queste sterili giustificazioni non mi convincono. Non ho letto il libro della Sig. Cilento e non intendo leggerlo, pertanto non posso neanche commentarlo. Il mio sdegno è rivolto esclusivamente all’intervista televisiva, purtroppo c’è troppa gente (partendo da Saviano), che speculano sul malcostume di Napoli, se poi questa gente viene messa alla gogna, lo accetti senza recriminare.
mia nipote mi ha detto di aver conosciuto la signorina scrittrice allora di un altro libro che illuminava napoli presentandolo a questi giovani al liceo , mia nipote leggendo ed ascoltando questo servizio su rai 1 e rimasta , ed esprimeva che forse non erano parole sue della cilento avendola conosciuta .. a questo mi chiedo forse è il biglietto da pagare per avere successo in italia ? o per dire meglio spazio?, mi ricorda tanto rocco hunt con ,nu jorn buon ,a sanremo
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