Angelo Forgione – Si chiude una stagione sciagurata, inaugurata con un preliminare di Champions League affrontato con troppa sufficienza al cospetto di una squadra modesta, eliminata ben presto dallo scenario europeo. Era il tempo della campagna acquisti col freno a mano tirato, dell’indebolimento preventivato nella prospettiva del passaggio alla fase a gironi, che tale rimase perché il cammino in Champions si fermò lì. Per Benitez, già alla vigilia non si sarebbe trattato di un dramma, mentre il dramma sportivo lo viveva lui dovendo schierare Rafael al posto di Reina e il ripudiato Gargano di ritorno in luogo di Behrami. Non si dimise, ma si allineò alle volontà della Società, da aziendalista quale non è. Errore grave.
Eppure Aurelio De Laurentiis aveva fatto proclami roboanti: «lotteremo per lo scudetto», disse il patron. Ma in lizza il Napoli non c’è mai stato. È arrivato a dicembre alla conquista della Supercoppa, un bel regalo di Natale per i tifosi, ma non troppo di più sulla bilancia di una stagione in cui si è pure sfiorata la finale di Europa-League, senza acciuffare né quella né la qualificazione ai preliminari di Champions. Insomma, dai sogni di scudetto al posto cinque nella graduatoria della Serie A 2014-15.
Si chiude tristemente il biennio spagnolo, inaugurato con grandi auspici quando De Laurentiis volò in Inghilterra a convincere Benitez, una grande figura del Football internazionale, per rendere il Napoli ancora più europeo. Il mister ereditava la Champions diretta lasciatagli da Mazzarri – uscendone poi per differenza reti in un girone di acciaio – ma non sarebbe riuscito ad agguantarla nelle sue due campagne italiane. Il presupposto era quello di accrescere l’appeal internazionale del Napoli, ed è purtroppo fallito.
Benitez non si discuterebbe, perché il curriculum parla per lui, e se va al Real Madrid non è per improvvisa follia della dirigenza dei blancos. Una Coppa Italia e una Supercoppa pure le ha portate a casa, ma si separa dal Napoli in modo amaro, volando via, alla volta del club più prestigioso del pianeta, lasciandosi alle spalle le macerie di una squadra da ricostruire in buona parte. E sarà dura, perché due stagioni senza Champions League, per un club italiano che vuol crescere, precludono il sostegno agli investimenti importanti. La patata bollente resta tra le mani di De Laurentiis, già gravato dell’impegno per uno stadio almeno decente ma che, una volta reso presentabile, non porterà importanti entrate al club.
Perdono un po’ tutti in questi due anni che dovevano rappresentare ben altro. A cominciare dallo stesso De Laurentiis, che ha perso la sua scommessa, non avendo gli argomenti per rendere la presenza di un allenatore stimato nel mondo più di una semplice esperienza, e neanche positiva. Perde Benitez, che, troppo preso da se stesso, non ha saputo compattare una squadra la cui grande vulnerabilità è stata nella mancanza di vere motivazioni (vedi Empoli e Parma) più che nell’incredibile perforabilità, e che non ha saputo lasciare un buon ricordo prima di andarsi a prendere la più ambita delle panchine. Perdono i calciatori, compresi quelli più rappresentativi, privi di carattere, cattiveria e decisività. Perdono anche certi tifosi, che indegnamente hanno apostrofato con nomignoli poco eleganti un allenatore “rotondo” che ha sponsorizzato nel mondo le bellezze del territorio e che si sono abbandonati a cori disgustosi nei confronti della madre del presidente, defunta da poco. Non è questa la Napoli civile che ci si auspicherebbe. Sì, De Laurentiis ha i suoi difetti, non è certamente un benefattore, ma resta comunque artefice di un mezzo miracolo sportivo e di una gestione aziendale con pochi punti deboli. Il suo Napoli è sano, indipendente e con le spalle alle banche; è collocato al 20° posto del ranking europeo, seconda tra le italiane, pur essendo espressione del territorio più depresso dell’Eurozona. Ma la vicenda stadio dimostra quanto sia difficile fare Calcio a Napoli e nel Mezzogiorno d’Italia in generale. La maturità non giungerà mai finché ci si sentirà in diritto di pretendere la vittoria senza guardarsi intorno, senza comprendere che gli scudetti sono arrivati nella povera Napoli solo grazie a Maradona, acquistato grazie alle forze politiche degli anni Ottanta, per poi pagare il grande sforzo col fallimento.
La stagione degli sprechi è finita. Andate in pace… si fa per dire.
Bel commento che condivido Angelo .Anche se l’allenatore mi ha un pò deluso sulla sua scelta “familiare” …
Mah… Il Napoli e’ stato dato a De laurentiis da Carraro, Galliani e forse pure berlusconi con la complicita’ del tribunale di Napoli e di Gaucci il cui compito fu di evitare che Naldi venisse aiutato dalle cordate napoletane. Per questo Gaucci nel contratto notarile mise la clausola che sarebbe stato valido solo se il Napoli fosse rimasto in serie B. Poi lo stesse Gaucci non iscrisse il Napoli, non presento’ nessuna fidejussione…con il Napoli in C il contratto fu nullo. Gli altri presidenti gia’ sapevano che il Napoli doveva andare a De laurentiis, altrimenti si sarebbero presentati all’asta. Uno come Zamparini non ci mise niente a vendere il Venezia e a comprare il Palermo… De laurentiis e’ soltanto un imbroglione il cui unico progetto e’ mettersi in tasca 5 milioni di euro all’anno e togliere, con i soldi del Napoli, i debiti alla FilMauro…
Ha perso il Napoli bruciando una grande occasione che tuttavia è stata una scelta societaria forzata dopo il rinnovo del secondo anno di Rafa : il mercato estivo è stato devastante per la gestione della stagione, non si poteva affrontare una preliminare senza l’ossatura della futura squadra che doveva migliorare le pecche (difesa e centrocampo) e non smantellarla ricordando che venivamo da un mondiale dove avevamo “sacrificato sull’altare del calcio” il 60% dei nostri tesserati. Non si doveva lasciare per “qualche spicciolo” Reina che oltre ad essere un grande portiere era il catalizzatore della squadra, un motivatore dello spogliatoio molto di più delle stesso Rafa. Non si poteva affrontare una stagione all’impronta del tesoretto per lo stadio e non per dare all’allenatore una grande squadra dopo gli annunci romboidanti che ci hanno coperto l’estate : “se si esce non è un dramma: detto da Rafa era il segnale che il polso della rosa batteva fiaccamente ed ha continuato a pulsare allo stesso modo. L’ottovolante della stagione e con una rosa ridotta (18 elementi attivi) e non di eccezionale qualità dalla cintola in giù hanno reso questa stagione che poteva essere superlativa ad un grande incubo. L’evanescenza del “top player” nei momenti clou della stagione ha segnato la grande delusione che ha colpito l’azzurro, e poi la grande folla dei diffamatori e gufi e iettatori (diciamo alla Eduardo di noi idioti che crediamo) hanno fatto il resto da rendere invivibile l’ambiente e di conseguenza la squadra che già era carente di personalità ma che ha giocato sempre con una “pistola puntata alla tempia” le 60 partite stagionali in 5 competizioni. Rafa è stato un grande testimonial del Napoli e di Napoli, un allenatore e un signore della sua levatura difficilmente lo rivedremo sulla panchina del Napoli, peccato che per qualche tiro sul portiere anziché in rete e qualche rigore sbagliato, per dei portieri improponibili e per qualche spiccata mancanza di personalità di molte “seconde scelte” ci lascerà dividendoci in due grandi categorie la prima che ha visto il più grande allenatore negli ultimi 26 anni portando il Napoli a vincere dopo 24 anni una supercoppa e a qualificarci per la terza volta nella sua storia ad una semifinale europea e sbaragliando nel primo anno tutti i record della storia del Napoli, e l’altra corrente contro “il ciccione” catalogato come il peggiore allenatore della storia recente del Napoli : che dire siamo Napoletani sempre agli antipodi di pensiero.
In ogni caso Grazie Rafa per averci fatto sognare per qualche istante.