E ora il condannato Sala fa la morale al Sud

Angelo Forgione E ora il sindaco di Milano, Beppe Sala, fa il moralizzatore del “Sud sprecone”. Nel corso del suo intervento al dibattito online promosso dal Partito Democratico e intitolato ‘Le risorse per lo sviluppo e la coesione dell’Italia – La nuova programmazione europea 2021-2027’, ha dato il suo consenso – bontà sua – alla concessione dei soldi dell’Europa al Mezzogiorno, a patto che tutto sia speso bene.

«Non ho nulla in contrario che vengano date più risorse al Mezzogiorno, ma è imprescindibile che ci sia preventivamente una dimostrazione del fatto che poi ci sono strutture atte al buon uso di queste risorse».

Lo dice colui che prima di essere eletto sindaco fu commissario unico dell’Expo di Milano del 2015, di cui sono arcinoti gli sprechi e gli appalti inquinati che resero necessaria l’istituzione dell’Associazione Nazionale Anticorruzione per vigilare, con un magistrato napoletano a capo, sulla trasparenza e sull’integrità dell’amministrazione pubblica e regolarizzare le ruberie per risolvere il grave danno di immagine generato dalle indagini sui numerosi reati contestati ai soggetti interessati al grande affare milanese. Così è diventato sindaco, Beppe Sala, poi prendendosi la condanna a sei mesi di reclusione, convertiti in una multa da 45mila euro, per falso ideologico e per la retrodatazione di due verbali per l’assegnazione del maxi appalto per la Piastra dei servizi dell’Expo, il più importante nell’organizzazione della Fiera internazionale. Vale la pena ricordare che, senza maxiappalti e senza sprecare una lira, la Napoli lontanissima dai fasti del suo antico regno fu incaricata nel 1993 di mostrare non solo il suo rango di capitale ma anche un volto diverso, efficiente, dell’Italia di Tangentopoli in occasione del G7 del 1994, di competenza dell’Italia delle vergogne che avevano come epicentro la “Milano da bere”. Ma è o non è la Lombardia la regione degli scandali e degli sprechi della Sanità? È o non è la Lombardia, come anche l’Emilia Romagna, tra le regioni che bruciano miliardi al vento per quei carrozzoni burocratici e per lo stuolo di municipalizzate, che non sono altro che appendici clientelari?È o non è il Piemonte, 4,3 milioni di abitanti, la regione che spende per i suoi servizi generali cinque volte di più della Regione Campania con i suoi 5,8 milioni di cittadini, e addirittura la regione che spende da sola di più di Campania, Puglia e Calabria messe insieme?È o non è l’Emilia Romagna la regione che spende esattamente il doppio della Puglia per suoi servizi generali, pur avendo sostanzialmente la stessa popolazione della regione meridionale?La propaganda dominante vorrebbe convincerci che c’è un Sud sprecone e lavativo, ma la verità è che gli sprechi ci sono dappertutto, nel Sud povero come nel Nord ricco. Il vero problema non sono gli sprechi del Sud ma la sperequazione che dura da quando è nata l’Italia. Un paese spaccato a metà in cui al Meridione sono state sistematicamente sottratte le risorse e, con esse, la possibilità stessa del futuro, come ampiamente testimoniato dai Conti pubblici territoriali.
Questa volta, però, i presidenti delle regioni del Sud, e tutti i meridionali, non dovranno lasciare che il partito unico del Nord trattenga nelle sue mani i fondi europei. E neanche che il manager di un grande scandalo milanese, per giunta condannato, gli faccia la morale.

De Laurentiis, Benitez, calciatori e tifosi. Perdono tutti.

Angelo Forgione – Si chiude una stagione sciagurata, inaugurata con un preliminare di Champions League affrontato con troppa sufficienza al cospetto di una squadra modesta, eliminata ben presto dallo scenario europeo. Era il tempo della campagna acquisti col freno a mano tirato, dell’indebolimento preventivato nella prospettiva del passaggio alla fase a gironi, che tale rimase perché il cammino in Champions si fermò lì. Per Benitez, già alla vigilia non si sarebbe trattato di un dramma, mentre il dramma sportivo lo viveva lui dovendo schierare Rafael al posto di Reina e il ripudiato Gargano di ritorno in luogo di Behrami. Non si dimise, ma si allineò alle volontà della Società, da aziendalista quale non è. Errore grave.
Eppure Aurelio De Laurentiis aveva fatto proclami roboanti: «lotteremo per lo scudetto», disse il patron. Ma in lizza il Napoli non c’è mai stato. È arrivato a dicembre alla conquista della Supercoppa, un bel regalo di Natale per i tifosi, ma non troppo di più sulla bilancia di una stagione in cui si è pure sfiorata la finale di Europa-League, senza acciuffare né quella né la qualificazione ai preliminari di Champions. Insomma, dai sogni di scudetto al posto cinque nella graduatoria della Serie A 2014-15.
Si chiude tristemente il biennio spagnolo, inaugurato con grandi auspici quando De Laurentiis volò in Inghilterra a convincere Benitez, una grande figura del Football internazionale, per rendere il Napoli ancora più europeo. Il mister ereditava la Champions diretta lasciatagli da Mazzarri – uscendone poi per differenza reti in un girone di acciaio – ma non sarebbe riuscito ad agguantarla nelle sue due campagne italiane. Il presupposto era quello di accrescere l’appeal internazionale del Napoli, ed è purtroppo fallito.
Benitez non si discuterebbe, perché il curriculum parla per lui, e se va al Real Madrid non è per improvvisa follia della dirigenza dei blancos. Una Coppa Italia e una Supercoppa pure le ha portate a casa, ma si separa dal Napoli in modo amaro, volando via, alla volta del club più prestigioso del pianeta, lasciandosi alle spalle le macerie di una squadra da ricostruire in buona parte. E sarà dura, perché due stagioni senza Champions League, per un club italiano che vuol crescere, precludono il sostegno agli investimenti importanti. La patata bollente resta tra le mani di De Laurentiis, già gravato dell’impegno per uno stadio almeno decente ma che, una volta reso presentabile, non porterà importanti entrate al club.
Perdono un po’ tutti in questi due anni che dovevano rappresentare ben altro. A cominciare dallo stesso De Laurentiis, che ha perso la sua scommessa, non avendo gli argomenti per rendere la presenza di un allenatore stimato nel mondo più di una semplice esperienza, e neanche positiva. Perde Benitez, che, troppo preso da se stesso, non ha saputo compattare una squadra la cui grande vulnerabilità è stata nella mancanza di vere motivazioni (vedi Empoli e Parma) più che nell’incredibile perforabilità, e che non ha saputo lasciare un buon ricordo prima di andarsi a prendere la più ambita delle panchine. Perdono i calciatori, compresi quelli più rappresentativi, privi di carattere, cattiveria e decisività. Perdono anche certi tifosi, che indegnamente hanno apostrofato con nomignoli poco eleganti un allenatore “rotondo” che ha sponsorizzato nel mondo le bellezze del territorio e che si sono abbandonati a cori disgustosi nei confronti della madre del presidente, defunta da poco. Non è questa la Napoli civile che ci si auspicherebbe. Sì, De Laurentiis ha i suoi difetti, non è certamente un benefattore, ma resta comunque artefice di un mezzo miracolo sportivo e di una gestione aziendale con pochi punti deboli. Il suo Napoli è sano, indipendente e con le spalle alle banche; è collocato al 20° posto del ranking europeo, seconda tra le italiane, pur essendo espressione del territorio più depresso dell’Eurozona. Ma la vicenda stadio dimostra quanto sia difficile fare Calcio a Napoli e nel Mezzogiorno d’Italia in generale. La maturità non giungerà mai finché ci si sentirà in diritto di pretendere la vittoria senza guardarsi intorno, senza comprendere che gli scudetti sono arrivati nella povera Napoli solo grazie a Maradona, acquistato grazie alle forze politiche degli anni Ottanta, per poi pagare il grande sforzo col fallimento.
La stagione degli sprechi è finita. Andate in pace… si fa per dire.