See Naples and then die


Angelo ForgioneNapulitanamente è un magazine cartaceo e online che si occupa della divulgazione della cultura napoletana e del patrimonio partenopeo all’estero, spaziando dall’intero Sud Italia a tutta l’area mediterranea, da Napoli a Teheran. Si tratta di un progetto editoriale libero e indipendente che, in meno di tre anni, ha pubblicato, con buon successo nel mondo, 6 numeri, più due extra, con articoli e interviste su storia napoletana, lingua, tradizioni, arte, artigianato, musica, teatro, cinema, filosofia, tecnologia, cucina, business e molto altro.
Nel n.7, appena pubblicato, spazio anche per me. Qui di seguito, la traduzione in italiano delle pagine a me dedicate, anche riportate sul sito napulitanamente.com.

Vedi Napoli e poi muori

Angelo Forgione sfata i miti napoletani e svela la realtà

di A. Sujit

Angelo Forgione, giornalista e scrittore, si occupa di cultura, di costumi e di storia di Napoli e del Sud Italia, oltre ad avere cura dell’integrità grammaticale e ortografica della lingua napoletana e a essere famoso anche perché esperto di sport. Nonostante il suo stretto legame con la terra e lo stile di vita napoletani, ha una visione assolutamente obiettiva, e le sue opinioni sono piuttosto significative. Leggendo i suoi saggi, quindi, è facile comprendere la reale situazione in cui si trovano i napoletani.

Per più di 150 anni, l’Italia ha diffuso miti negativi su quello che un tempo era il Regno di Napoli, che comprendeva tutto il Sud Italia. Tuttavia, le opinioni dei turisti smentiscono certe false affermazioni e dimostrano che Napoli è una città sorprendente e piena di bellezze. La capitale dell’Italia meridionale continua a impressionare sia i visitatori stranieri che quelli italiani, nonostante la cattiva propaganda di cui spesso soffre. Questo paradiso, abbracciato dal Vesuvio e dai Campi Flegrei, fu un tempo il più popoloso e vivace dello “Stivale”, almeno dal XIV alla metà del XIX secolo. Oggi si rivela un mondo più che una città.

Chi visita Napoli desidera qualcosa di più di un semplice luogo dove rilassarsi; vuole capire cosa vuol dire essere napoletani, assaggiare la deliziosa cucina, conoscere la storia intrigante e sperimentare la vita quotidiana. Forgione ci spiega che il viaggiatore avventuroso è motivato a scoprire come la tenace comunità napoletana abbia perseverato e continui a farlo sfidando due vulcani attivi che hanno il potenziale per causare conseguenze disastrose.

A causa di terribili miti, alcuni dei quali sono ancora diffusi tra gli italiani che vivono in Italia e nel mondo, la maggior parte delle persone, tra cui pure diversi napoletani, non sono a conoscenza delle maggiori ricchezze storiche della città. In alcuni libri di testo italiani distribuiti all’estero, i napoletani e gli abitanti dell’Italia meridionale sono descritti come gente incline al crimine, proprio come li definì Cesare Lombroso. Si tratta, come sostiene Forgione, di uno stereotipo ingiustificato che nasconde i veri grandi scandali nazionali e che hanno origine proprio in quel territorio con maggiori opportunità e capacità di attrarre ricchezza, cioè il Nord Italia, dagli scandali del vino all’etanolo agli appalti per l’Expo di Milano e per il MoSE di Venezia, dal crac Parmalat alle controversie della Juventus della famiglia Agnelli, fino a tutte le multinazionali del Nord e tutte le banche che hanno rubato molto più di tutti i ladri napoletani messi insieme dal dopoguerra a oggi. Spesso, la pulizia morale è stata fatta dai competenti magistrati napoletani.

La corruzione italiana ha raggiunto il suo picco con le gare d’appalto milanesi per l’Expo di Milano del 2015. Di conseguenza, il governo italiano si è visto costretto a costituire l’Associazione Nazionale Anticorruzione. Raffaele Cantone, magistrato napoletano incaricato di preservare la trasparenza e l’integrità delle procedure governative, fu il primo nominato a guidare tale istituzione. Considerata la grande moralità dei napoletani onesti, che costituiscono la netta maggioranza, e la provenienza dei responsabili delle grandi truffe italiane, risulta errato il presupposto che etichetta i partenopei come truffatori. Napoli fu scelta per ospitare il G7 del 1994 per presentare un’immagine diversa del Paese, della sua bellezza regale e del suo significato storico e della pulizia degli appalti, restituendo lustro a una città fino ad allora trascurata dalle istituzioni nazionali e spazzando via alcune spiacevoli percezioni sulla nazione italiana generate dalla Tangentopoli milanese di inizio anni Novanta. La graduale ripresa dell’immagine della città si arrestò bruscamente un decennio fa, ma momentaneamente, per le vicende dei rifiuti nelle strade, causata da un patto scellerato tra malavita campana, massoneria deviata e imprenditoria del Nord. Forgione invita ad informarci sul ruolo che ricoprirono i fratelli veneti Stefano e Chiara Gravioli e la loro cricca, che come altre, tenevano in scacco Napoli in quel periodo, per comprendere quello scenario.

Napoli, in quanto importante centro culturale d’Italia, è detentrice di numerosi primati internazionali, città d’arte tra le primissime d’Italia, culla della cultura occidentale, crogiuolo di stili artistici e di tesori eccezionali. La città accresce la sua immagine di luogo privilegiato di vacanza affrontando questioni moderne e riuscendo comunque ad attirare l’attenzione internazionale. È una destinazione irripetibile, non globalizzata, una città con un patrimonio materiale ed immateriale, intellettuale e storico, che la rende unica. Le principali risorse economiche di Napoli andarono perdute a seguito dell’Unità d’Italia, che fu di fatto una vera invasione. Preconcetti e timori, alimentati da rappresentazioni come quelle di certe serie televisive, possono essere spazzate via solo dopo aver visitato la città; viene così a scopersi una nuova prospettiva che evidenzia i migliori valori della realtà partenopea. Lontano dai luoghi comuni che associano Napoli esclusivamente a spaghetti pizza e mandolino, Forgione sottolinea nel suo libro Made in Naples che Napoli è uno scrigno di cultura, e avverte che il problema sta nel non riuscire a comunicare al mondo che si tratta di un luogo bellissimo con un’identità distintiva, e che affidarsi all’esperienza diretta e al passaparola è un modo inadeguato per interagire con i viaggiatori.

AF: “In Italia, in Europa, nel mondo, c’è uno scrigno da aprire. Dentro vi è custodita una città romantica quanto Parigi, colorata quanto Barcellona, aristocratica quanto Londra, eterna quanto Roma, accogliente quanto Berlino, colta quanto Vienna, sorprendente quanto Istanbul. E, cosa non dappoco, più buongustaia di tutte”.

Tutti possiamo fare molto per sfatare il mito di Napoli città maledetta. Forgione incoraggia i napoletani a impegnarsi nello scambio culturale con il resto del mondo al fine di abbattere le barriere isolazioniste, che i napoletani di oggi creano perché pensano di bastare a loro stessi. Per Forgione, la strada giusta da seguire è quella di porre fine all’ignoranza sostituendo le menzogne con la verità, acquisire una maggiore consapevolezza. Ma prima di tutto, i napoletani devono essere più uniti e non diffidare gli uni degli altri. Afferma che a molti napoletani manca la capacità di fare rete per un obiettivo comune, perché la città non può contare su risorse finanziarie sufficienti e deve competere con territori più ricchi che possono contare su buona pubblicità e valorizzazione. È un’urgente necessità, stante un rozzo e cronico atteggiamento anti-napoletano e anti-meridionale, spesso latente e talvolta manifesto, ma anche una crescente esaltazione neo-meridionalista di pancia che non produce nulla ma fa solo da freno. Bisogna convertire la menzogna in verità, la presunzione in consapevolezza e il rancore in fierezza.

AF: ”Il divario Nord-Sud si manifestò nella seconda metà dell’Ottocento, con le politiche dei governi del Regno sabaudo d’Italia che penalizzarono pesantemente il Mezzogiorno. Per decenni si è raccontata un’altra storia, e cioè che l’arretratezza del Sud preesisteva all’unità, ma la verità è che in quel momento storico non vi era un divario significativo in termini di prodotto interno lordo e una reale differenza tra Nord e Sud, tra due economie di pari livello, pur con specificità produttive diverse. Il Sud, infatti, disponeva di importanti porti commerciali ed era più avanzato del Nord per quanto riguarda l’innovazione tecnologica e il settore estrattivo. Il Nord Italia era all’avanguardia nel settore tessile e beneficiava della vicinanza ai principali mercati continentali. Era semmai tutta l’Italia ad essere arretrata rispetto ai paesi guida del progresso europeo, poiché dipendeva essenzialmente dall’agricoltura.”

La spaccatura fu inizialmente causata dalla moderna industria italiana, che interessò solo una piccola parte del Paese. Ad esso si aggiunse anche il debito pubblico per le guerre per il processo di unificazione del nuovo Stato, che iniziò sommando i debiti di tutti gli Stati preunitari annessi al territorio.

Forgione afferma che la nuova Italia repubblicana è responsabile di non aver colmato il divario, indipendentemente dalla sua origine storica. Nel Dopoguerra, i finanziamenti del Piano Marshall furono impiegati scientificamente per ricostruire le industrie settentrionali e portare gli operai meridionali al Nord, non per portare le fabbriche anche al Sud, e se poi qualcosa si è fatto con la Cassa per il Mezzogiorno è poi risultato effimero, perché la creazione di stabilimenti industriali nel Meridione, senza sviluppare strade e trasporti, ha privato gli stessi della necessaria competitività.

Arretratezza, criminalità e ignoranza facevano parte di tutti i territori italiani preunitari, e al Sud sono cresciuti come accade in tutti i territori più poveri. Perché si continua a raccontare una storia falsa? Per nascondere le colpe dei governi italiani da 160 anni a questa parte.

Forgione sottolinea la necessità di rafforzare l’influenza di Napoli, portando l’esempio della pinacoteca del Museo di Capodimonte, una delle più preziose d’Italia, accostabile per rilevanza e densità di capolavori a quella degli Uffizi a Firenze, di Brera a Milano e della Galleria Borghese a Roma, ma il numero di visitatori non è affatto all’altezza di tanta importanza.

La mostra “Naples à Paris” in corso al Louvre mira a mettere in risalto le risorse culturali della città in tutto il mondo come investimento di immagine a lungo termine. È importante ricordare che Napoli fu fondamentale nella trasmissione della cultura greca alla società romana. Ha avuto influenza anche nell’esercizio della cultura moderna, terreno fertile per artisti e innovatori nei campi industriale, scientifico e tecnologico. Ci sarebbe molto altro da dire sulla storia di questa città così complessa per natura e società, su ciò che è stato fatto e non. Da molti anni Angelo Forgione dedica il suo tempo e i suoi studi all’analisi di questi temi. Il suo ultimo libro si intitola Napoli Svelata, e svela lo “scrigno” attraverso quindici racconti che chiariscono il passato per comprendere il presente della città partenopea e della sua gente.

Cosa ci puoi dire di Napoli Svelata?

AF – “Come nei miei precedenti lavori su Napoli, tutti complementari tra loro, racconto e approfondisco vicende storiche sorprendenti, alcune sconosciute ma tutte importanti per capire Napoli, assai ricca di storie perché possa essere capito con facilità. Napoli, città porosa proprio come il tufo su cui poggia, ha assorbito e poi restituito con linguaggio proprio e idee nuove. Qui, tra i tanti ingegni, sono nate la viticoltura italiana con i suoi vini, la vulcanologia e l’archeologia. Qui sono state stimolate l’igiene ambientale e personale. Qui sono stati sperimentati e affinati i primi vaccini. Qui sono state perfezionate eccellenti maestrie, qualcuna superata, qualcun’altra in via di estinzione e altre ancora, come la sartoria maschile, solidamente apprezzate nel mondo. Qui, tra particolari usanze alimentari, si è diffuso il mangiare e bere ghiacciato. Qui sono germogliati il cinema, la cultura sportiva e persino il dogma dell’Immacolata Concezione. Insomma, racconto 15 grandi storie napoletane da conoscere per conoscere meglio una città tra le più antiche d’Europa, fondamentale – lo ribadisco – nella trasmissione della cultura greca alla società romana e di importanza sempre crescente dal Rinascimento in poi, fino a diventare una delle maggiori capitali d’Europa, la più espressiva, prima di decadere nell’Italia politicamente unita. E alla fine propongo anche una mia ricostruzione circa l’origine ignota del noto detto sulla città “vedi Napoli e poi muori”. Una città da vedere prima di morire, ma anche da capire. Io lavoro per questo.”

Oltre ad essere un appassionato ricercatore della storia e della lingua napoletana, sei anche un tifoso ed esperto di calcio. Dopo 33 anni il Napoli vince nuovamente il campionato italiano. Cosa rappresenta questo per i napoletani?

AF:”I napoletani amano il Napoli in modo viscerale, lo percepiscono come una voce della città, sperando sempre che faccia la voce grossa con le squadre del Nord e i loro tifosi, che sono dappertutto, ma anche con le realtà del capitale d’Italia. Vincere al Sud è difficilissimo, e il Napoli è l’unico club meridionale che può arrivare alla vittoria. I napoletani hanno la percezione che prima o poi il trionfo arriverà. E proprio per i motivi già spiegati di tifo identitario, il trionfo venturo sarà di quelli che doneranno gioia collettiva di popolo ed emozioni condivise.
Certo che il calcio non risolve i problemi di un luogo e le diseguaglianze, ma il calcio è la più coinvolgente delle passioni popolari, e perciò i trionfi del Napoli ritemprano l’umore collettivo, cosa di cui c’è sempre forte bisogno laddove c’è da impegnarsi costantemente per risolvere i quotidiani problemi esistenziali. E poi sono trionfi che significano che c’è un Sud del calcio che può guastare i piani del Nord, e questo è un esempio per tutto il resto della vita sociale d’Italia. Stavolta, lo scudetto, diversamente da quelli degli anni di Maradona, ha dato ulteriore spinta a una città in pieno rilancio culturale e turistico e non ha fatto da traino ma ha rafforzato ancora di più l’esposizione mediatica e l’appeal di Napoli.”

S.O.S Galleria Umberto I

La Galleria Umberto I di Napoli, capolavoro della Belle Époque umiliato da 130 di sciatta e scellerata gestione. L’ho messa a confronto con la Vittorio Emanuele II di Milano, evidenziandone tutti i problemi. Su IL MATTINO, con Francesco Borrelli (Verdi) e Gianni Simioli, proseguiamo la battaglia per dare dignità al fu salotto di Napoli, proponendo interventi fattibili e certamente migliorativi.

Clicca qui per guardare il video.

Non prendetevela col pomodoro

Qualche mio affezionato lettore, ringraziandomi per quanto appreso dal mio Il Re di Napoli, mi ha riferito di averlo letto solo perché scritto da me, altrimenti non sarebbe mai andato in libreria per comprare un libro su “la grande storia del pomodoro”.
Qualcun altro, pure appassionato dei miei lavori, mi ha detto di averli letti tutti tranne quello sul pomodoro, ed è evidente che non ha afferrato che dietro c’è una racconto di “Napoli alla conquista del mondo”, e che è un libro di storia, non di cucina.

“Qualcuno va in libreria per comprare un libro sul pomodoro?” è la domanda posta su La Repubblica nello spazio dedicato a “Il torneo letterario di Robinson”, e Giorgio Dell’Arti spera proprio di sì, perché chi se la prende con il pomodoro, nel caso del mio libro “ha torto”.

torneo_ilredinapoli

Guglia dell’Immacolata, monumento a rischio crollo

Guglia dell’Immacolata, monumento a rischio crollo
mentre è boom di restauri risorgimentali in città

di Angelo Forgione per napoli.com

S.O.S. monumenti, prosegue l’emergenza patrimonio nel centro storico UNESCO di Napoli. Opere d’arte e capolavori che perdono i pezzi, come la guglia dell’Immacolata in Piazza del Gesù, transennata a Novembre per distacco di frammenti di marmo e da poco liberata dal catafalco dopo un intervento tampone di messa in sicurezza; non si è trattato, come in molti credevano, di un restauro di cui il prezioso monumento settecentesco necessita ma di un’operazione di emergenza per un manufatto di valore inestimabile i cui elementi sono in via di progressivo distacco. «Il monumento è esposto alle intemperie e non c’è stata alcuna manutenzione dall’ultimo restauro degli anni novanta – afferma un preoccupatissimo Massimiliano Sampaolesi, Direttore Tecnico della Giovanna Izzo Restauri che si è occupata dell’intervento – e il Comune non ha soldi. Ci siamo dovuti limitare ad arginare il distacco dei gruppi scultorei per poi smontare i ponteggi, sperando che presto si possano recuperare i fondi necessari per il restauro che è fondamentale».
Per evitare che perdesse i pezzi, l’obelisco barocco è stato completamente fasciato di reti di contenimento che garantiscono la trasparenza e la visione delle sculture ma allo stesso tempo evidenziano un problema che si è aggravato fortemente. Le casse comunali sono a secco, e dunque non resta che sperare in uno stanziamento del Governo o magari di fondi Europei per assicurare i 400mila euro necessari.
Criticità spalmate su tutta la preziosa antichità di un centro storico unico al mondo, e la causa è la medesima: mancanza di manutenzione e abbandono che favoriscono la formazione di vegetazioni selvagge e radici che invadono le intersezioni col risultato che marmi e pietre si fratturano prima e distaccano poi. Dalla guglia dell’Immacolata al campanile di Sant’Agostino alla Zecca, solo due tappe di un lungo percorso turistico del crollo che non è certo una novità. Basti pensare alla Galleria Umberto I, tra pavimentazione rovinata e fregi scultorei che cadono dalla volta d’ingresso di Via Toledo laddove un telo verde evita dalla Pasqua del 2009 che lo scempio si aggravi e che qualcuno di sotto ci rimetta la pelle. Prima dell’imbragatura, l’aquila decorativa ora nascosta dal telo aveva perso un’ala che pare sia finita in discarica e non in sovrintendenza.
Bisognerebbe far presto, ma senza soldi si farà tardi, forse troppo. L’immenso patrimonio monumentale di Napoli crolla: chiese, palazzi, statue e fontane perdono pezzi silenziosamente; una crisi strisciante, meno chiassosa di quella dei rifiuti ma sicuramente più dannosa in prospettiva.
Eppure un rubinetto privilegiato di stanziamenti è stato aperto nel corso dell’ultimo anno, soldi però non utilizzabili per le vere emergenze. Napoli ha visto infatti l’avvio di diversi restauri di statue cittadine quanti non se ne erano visti nell’ultimo decennio. Busti che versavano nel degrado assoluto e che per anni non avevano beneficiato di alcun intervento. Il primo in ordine cronologico, peraltro già terminato, è quello che ha visto finalmente ripulito il monumento a Paolo Emilio Imbriani in Piazza Mazzini. Subito dopo è partita la lavorazione alla statua di Dante Alighieri nell’omonima piazza, e poi ancora alla Colonna dei Martiri, ai busti di Nicola Amore e di Giovanni Nicotera in Piazza Vittoria, di Carlo Poerio in Piazza San Pasquale e di Giuseppe Garibaldi alla stazione ferroviaria, senza dimenticate la pulizia al monumento equestre a Vittorio Emanuele II collocato nella riqualificata Piazza Bovio.
Un filo conduttore unisce tutte queste statue e rende l’idea di una benefica ondata di restauri non casuali, avviati tutti nello stesso periodo, quello delle celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia. I personaggi immortalati sono tutte figure e simboli risorgimentali, “sommo poeta” del Rinascimento compreso, la cui statua fu realizzata proprio durante il mandato di sindaco del patriota Paolo Emilio Imbriani e sul cui basamento è incisa l’epigrafe “All’unità d’Italia raffigurata in Dante Alighieri”. La ricorrenza ha dunque aperto un canale preferenziale di fondi, anche se le statue di Imbriani e Dante erano fuori lotto e hanno goduto dell’intervento di sponsor privati a completo supporto del Comune e delle Municipalità di competenza. Il resto è promosso e finanziato da “Italia 150”, ossia dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, coordinato dalla Direzione Generale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania.
I restauri, come si legge dalla nota del Ministero, rientrano nell’obiettivo di contribuire alla riqualificazione dell’immagine della città e alla sensibilizzazione dei cittadini affinché proteggano la loro storia e la memoria. Tutto giusto, o quasi, perché si parla di “loro storia” e viene da chiedersi allora perché le statue risorgimentali che riguardano la storia patria d’Italia vadano ripulite mentre quelle che comunicano l’autentica storia identitaria di Napoli debbano invece restare relegate al degrado assoluto.
Storia identitaria dunque, quella che passa per Piazza Sannazaro dov’è la fontana della bianca Sirena Partenope, pregevole scultura ottocentesca del marcianisano Onofrio Buccini spodestata dallo scuro monumento di Garibaldi nell’omonima Piazza. E mentre il “dittatore delle Due Sicilie” si rifà il trucco, la sinuosa sirena perde le dita e i pezzi, ma anche l’acqua che non sgorga più a causa di una tubatura otturata da mesi che l’Arin non sostituisce.
A Piazza del Plebiscito, la storia di Napoli è di casa forse più che altrove. E li, le statue non se la passano per nulla bene. Quelle equestri di Carlo e Ferdinando di Borbone, i cui basamenti sono ricoperti da scritte spray mentre il bronzo di cui sono fatte è totalmente degradato dalle intemperie e da escrementi di uccelli. Eppur si tratta di sculture preziosissime del Canova (con il contributo dell’allievo Antonio Calì), massimo scultore del neoclassicismo che è corrente artistica nata a Napoli e diffusa in tutta l’Europa ottocentesca di cui la basilica di San Francesco di Paola è straordinaria testimonianza esposta ad ogni vandalismo. Di fronte, sulla faccia di palazzo Reale, soffre soprattutto Alfonso d’Aragona la cui mano non trova pace; e nel frattempo il Ministero e la Sovrintendenza si scambiano incartamenti e solleciti perché gli si riattacchino le dita.
Vorrà dire che in futuro ammireremo Nicola Amore e magari, chissà, lo faremo a Piazza del Gesù dove potrebbe essere spostato in luogo della guglia dell’Immacolata una volta crollata del tutto.


De Magistris raccoglie V.A.N.T.O.

De Magistris raccoglie V.A.N.T.O.
In un video, il candidato sindaco
è “d’accordo” con Forgione

Angelo Forgione – Era il 24 Marzo, e la Villa Floridiana era stata da poco chiusa (a giorni la riapertura prevista per il 15 Aprile). Stavamo preparando il Sit-in d Sabato 26 quando in comunicato stampa congiunto ogni rappresentante di associazione aveva detto la sua opinione sulla questione.
«La chiusura del parco borbonico è solo l’ultima spallata al patrimonio e alla storia della città nel silenzio delle istituzioni. Ne subiscono le conseguenze soprattutto i più piccoli su cui si carica tutto il peso di una città sempre meno a misura di bambino». Queste furono le mie parole riportate dai giornali.
Oggi, il candidato a Sindaco De Magistris pubblica sul suo canale youtube una video-intervista in cui pone nel suo programma elettorale “una città a misura di bambino”.
Ci fa piacere quantomeno essere ascoltati; del resto avevamo sentito l’Onorevole esternare alla stampa la volontà di avvalersi dei movimenti civici nella sua avventura comunale.
Se così dovesse realmente essere… caro De Magistris, sa dove trovarci.