Bagarre alla “colonna spezzata”

Angelo Forgione Francesco Borrelli, consigliere regionale dei Verdi in Campania, spacca dopo la bagarre creatasi sabato nei pressi della “colonna spezzata” sul lungomare di Napoli. Dalla strada filma con lo smartphone genitori e bambini con i piedi a mare, alla ricerca di refrigerio, oltre il limite di una zona interdetta per pericolo di crollo. Il capofamiglia sale in strada per chiedere di cancellare le immagini ritraenti minori senza autorizzazione. Nessuna minaccia di aggressione fisica, nonostante il fare deciso, ma gli animi si accendono per la reazione terrorizzata e scomposta di Borrelli, contro il quale si scatena la protesta, inquinata da un passante volgare e autore di sconce gestualità.

Immagini diventate virali su facebook con polemiche e schieramenti pro e contro il consigliere regionale alimentati anche da frange di “tifoserie” pervenute. E mentre i borrelliani e gli antiborrelliani litigano, i colpevoli del vero peccato originale se la spassano senza che nessuno se ne renda conto. E qual è il vero peccato originale? Non un imprudente padre di famiglia che, in preda al primo caldo, oltrepassa delle recinzioni mettendo a rischio la salute dei figli e la propria e diventando potenzialmente responsabile in caso di incidente. Lo fanno in tantissimi, perché quelle reti, abbandonate lì da tempo, sono anche più fatiscenti del muro stesso, se possibile, e non scoraggiano proprio nessuno.
No, il vero peccato originale sono le indegne condizioni del sito, da anni degradate e pericolose, più volte evidenziate e denunciate anche da chi scrive.

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È su questi problemi che Borrelli deve concentrarsi, incanalando le sue preziose energie verso la denuncia del degrado urbano, verso l’affermazione della legalità senza enfasi, verso la difesa delle acque marine e fluviali, azioni per le quali ha tutta la mia stima. Deve uscire dal vortice della morbosità generata dai social in cui è entrato e incalzare sulle tanti situazioni simili a quella della “colonna spezzata”, nell’interesse reale di una città che, decoro a parte, ha già fatto pagare alla sua gente un caro prezzo in termini di vite. Il quattordicenne Salvatore Giordano, per esempio, colpito nel luglio del 2014 dal crollo di un cornicione esterno della Galleria Umberto mentre si intratteneva con gli amici. La zona non era interdetta, eppure per anni se ne erano denunciati i continui crolli. Non è transennata neanche oggi, eppure i crolli continuano, ma a evitare nuove tragedie è un’impalcatura alzata all’indomani di quel lutto e rimasta come quel giorno, perché i lavori non sono mai davvero partiti per un contenzioso tra Comune e condomini, e di operai non se ne vedono. Sono passati sei anni, sei, e altri frammenti, nel frattempo, non hanno colpito nessuno solo perché rimasti intrappolati nell’eterne lamiere arrugginite. Bisognerebbe chiedere ai genitori del povero Salvatore cosa ne pensino, oppure alla famiglia di Cristina Alongi, 43 anni, schiacciata nel giugno 2013 da un grosso pino caduto sulla sua vettura mentre percorreva via Aniello Falcone. Bisognerebbe chiedere alla famiglia di Fabiola Di Capua, 37 anni, colpita nel dicembre 2006 da un lampione della luce sul lungomare di via Caracciolo mentre transitava a bordo del proprio ciclomotore. Bisognerebbe chiedere pure alla famiglia di Rosario Padolino, il commerciante di 66 anni colpito meno di un anno fa da un cornicione nei pressi del Duomo di Napoli e spentosi poco dopo in ospedale, freddato dall’incuria di pubblico e privato che non avevano assicurato manutenzione e sicurezza. L’elenco avrebbe potuto essere più tragico se i tanti crolli non avessero risparmiato diversi feriti gravi. Il crollo della facciata dello storico Palazzo Guevara di Bovino, per dirne uno, venuta giù sulla Riviera di Chiaia davanti a un cantiere del Metrò, non provocò vittime per pura casualità.
Si muore anche di questo in una città in predissesto economico e sociale. Le emergenze, quando intercettate, vengono tamponate con transenne, impalcature, reti e imbracature eterne, per tirare a campare incrociando le dita. Poi ci scappa il morto e scattano gli interventi seri, che costano molto più della manutenzione ordinaria e non restituiscono la vita ai malcapitati.

Dunque, stavolta Borrelli ha sbagliato obiettivo e pure reazione, e sono certo che se ne sarà reso conto. Ma il polverone che ha alzato sui social e sulla seguitissima “Radiazza” di Radio Marte è servito a evidenziare le condizioni indegne della “colonna spezzata” così come dell’attiguo molo borbonico. È quello bisogna denunciare tutti, perché tutti siamo in pericolo e tutti abbiamo il diritto di vivere la città, in sicurezza.

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