Fenestrelle da prigione-lager a luna park

Angelo Forgione – Proprio ora che si sta diffondendo la conoscenza dell’aiuto fondamentale che Garibaldi chiese ai malavitosi meridionali nella sua scalata al meridione, e a conoscere i misfatti di Fenestrelle, il forte piemontese in cui furono reclusi i soldati delle Due Sicilie che non vollero giurare per un re diverso dal proprio, anche la televisione nazionale torna utile a fronteggiare l’assalto delle verità che vengono dal passato. Funge allo scopo Piero Angela col suo “SuperQuark“, che ha come collaboratore fisso il piemontese professore Alessandro Barbero, il quale, nella puntata dell’11 Agosto, con abile maestria da demolitore, ha proposto alla platea estiva due storielle sulla Napoli vicereale e risorgimentale condite da quello sprezzante anti-meridionalismo figlio della più stantia cultura lombrosiana.

La prima carica di tritolo è esplosa (si fa per dire) a Piazza Mercato, scenario storico di Masaniello, e Barbero qui si è mostrato revisionista a suo modo, tirando fuori imprecisati «documenti recenti e rapporti di polizia» non mostrati e non decumentati che dimostrerebbero che il famoso capopopolo del ‘600 sarebbe stato un camorrista che non avrebbe difeso il popolo ma «gli interessi di chi prelevava il pizzo che si ritrovava meno in tasca a causa delle tasse diventate più pesanti». È netta la sensazione che il professore volesse convincere sulla sussistenza di un “ambiente malavitoso” non già nella Napoli vicereale ma addirittura nel Medioevo, interpretando gli scritti di Boccaccio che descrivono uomini dei quartieri bassi col coltello in mano e pronti a sfruttare la prostituzione. Quanto accadeva in ogni grande città d’Europa, Londra in primis, i cui sobborghi erano ben peggiori di quelli di Napoli. La verità è che Boccaccio amò profondamente Napoli, città di corte reale (angioina) dove poté crescere culturalmente, già ben più colta della Firenze provinciale nella quale, quando fu costretto dal padre a rientrare, sperò di ritornare nell’amata “Gerusalemme terrena perduta e sempre desiderata”, cioè Napoli. In quanto a prostituzione, antica come il mondo, vorremmo domandare al professore se i lupanari dell’antica Roma possano costituire prova che gli antesignani dei camorristi fossero magari parenti di Giulio Cesare. Suvvia!
E quando la bomba è già esplosa, Barbero così afferma: «a Napoli, da secoli, si vede bene più che altrove questo mondo della malavita».
Detto questo, il professore accende la seconda miccia tra le Alpi Cozie tirando fuori «un altro documento venuto fuori di recente che riguarda il nostro Risorgimento». E questa bomba, ancora più potente, fa capire dove il Nostro vuole arrivare, incurante della memoria di chi a Fenestrelle perse la vita per amore della propria patria e per fedeltà al proprio Re sconfitto. Barbero sostiene che a guardia del forte-lager, dove le condizioni di prigionia erano inumane, ci fossero anche alcuni napoletani che avevano invece accettato l’illegittimo regno d’Italia di Vittorio Emanuele II entrando nel regio esercito nazionale. Dunque, questi napoletani spergiuri, secondo la magistratura piemontese dell’epoca, avrebbero consentito a quelli d’onore e incatenati di dedicarsi al gioco d’azzardo in cambio di una percentuale sulle vincite… “per diritto di camorra”.
Chi conosce la storia di Fenestrelle, fortunatamente documentata anche da RAI 150, sa benissimo in che condizioni si svolgeva la vita nel forte, non a caso definito “lager dei Savoia”. Nell’alta Val Chisone, il freddo era insopportabile per gente abituata al clima mite del meridione e le guardie dell’esercito piemontese sradicarono persino gli infissi per torturare i Napoletani col “salutare” freddo alpino. Il professore Barbero dovrebbe spiegarci come facessero dei veri e propri seviziati a dedicarsi ad attività ludiche e a farlo persino a carattere d’azzardo, e con quali soldi.
Nel documentario di RAI 150, questo si ricco di documenti d’archivio in visione, il ricercatore piemontese e guida di Fenestrelle Luca Costanzo afferma che «ciò che è sicuro è il patimento del freddo da parte dei prigionieri, ed è pacifico che soldati che provenivano da località del sud, equipaggiati per quelle località, trovandosi in certe condizioni non… (sopravvivevano)».
I sorrisi e i modi di Barbero francamente disgustano e stridono con l’amarezza che accompagna il ricordo di quegli avvenimenti da parte di chi sa. La sortita a “SuperQuark“, non casuale nei tempi e, come descritto, anche nei modi, cela un duplice obiettivo antirevisionista: quello di nascondere sotto il tappeto le vergogne del risorgimento facendo passare un lager per una sala giochi, una bisca clandestina, una succursale del malaffare napoletano dislocata tra le alpi, ma anche quello di mistificare l’origine del fenomeno camorristico in quanto sistema ramificato che nasce con l’attribuzione ai camorristi dell’epoca, dediti alla riscossione del pizzo dalle bische di quartiere, del compito di assicurare la sicurezza cittadina nella tumultuosa Napoli spaccata tra borbonici e liberali; un patto stretto da Garibaldi tramite il ministro di Polizia Liborio Romano in cambio del controllo di Napoli da parte dei camorristi durante la fase di transizione del regno. Un vero e proprio salto di qualità che fu l’origine del fenomeno come lo conosciamo oggi.
Alessandro Barbero, lo si intuisce dall’accento, è un piemontese purosangue la cui saggistica è ricca di Piemonte e Savoia, membro del comitato di redazione di Storica, e fa quindi il gioco dell’informazione di sistema. In TV hanno accesso quelli che raccontano la storia dei vincitori, e ora gli tocca anche aggiungere illazioni su bugie per smontare il duro lavoro di chi racconta la verità che, ora è chiaro, temono fortemente. Ma se la strategia è quella di trasformare un lager in un luna-park sappiano che non sono credibili, oltre ad essere disgustosi oltremisura.

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