Angelo Forgione – Un affresco nella villa di Poppea Sabina (la seconda moglie di Nerone) degli scavi di Oplontis, l’antica Torre Annunziata, raffigurante un dolce tipico dell’epoca romana, è stato rinvenuto qualche anno fa, destando ovviamente grandissimo interesse. Pare trattarsi proprio di un tortino, qualcosa di molto simile alla moderna cassata, con la glassa di colore rosso, a differenza del verde. Tale dolce però, non era presente in nessuno dei documenti pervenutici sulle usanze culinarie degli antichi Romani, finché non sono stati rinvenuti, in una camera prigioniera della lava, alcuni papiri miracolosamente scampati al fuoco. In uno di questi è spuntata come per miracolo la ricetta dell’antica leccornia, scritta in un latino scorretto, il che ha fatto supporre che sia stata redatta da un semplice cuoco, uno schiavo non di madrelingua. Da qui, l’archeologa Eugenia Salza Prina Ricotti ha ricostruito gli ingredienti, riportandoli nel suo libro Ricette della cucina romana di Pompei e come eseguirle (L’Erma di Bretschneider, Roma, 2010): ricotta, miele, albicocche secche, prugne secche, uva sultanina, noci (o nocciole o mandorle), pinoli, datteri e farina di mandorle. La ricetta è già stata assimilata da alcuni ristoratori operanti attorno le aree archeologiche vesuviane, che la propongono ai loro clienti. Dunque, la più famosa cassata di Sicilia sembra proprio avere un’antenata nella Campania Felix.
I ricchi del’epoca imperiale avevano molti schiavi che lavoravano per loro. Usavano ingredienti di tutto il mondo conosciuto allora e locali. Di certo non vuol dire che sia campana. La pastiera che poi é rimasta in uso in campania é piu probabile.
Non diciamo cassate
Ciao Angelo, circa 15 anni fa in una delle serate che il GAN (Gruppo Archeologico Napoletano) proponeva nella sua sede di Piazza Carità, ebbi il piacere di gustarla. Ricordo che il sapore era davvero molto simile alla cassata odierna. Nel corso della serata furono proposti anche altri piatti tra i quali ricordo il maiale con mele e miele ed una zuppa di coriandolo e farro davvero buona. Seppi che le ricette sarebbero state poi trascritte in un libro ma non so se quello da te indicato ne è il risultato; cosa simpatica fu che alla cucina si dedicarono con loro sommo gaudio, mogli di professori ed archeologi. Io da socio simpatizzante feci da assaggiatore.