Angelo Forgione – Non bastava a Torino il Museo di Antropologia criminale ‘Cesare Lombroso’, nel Palazzo degli Istituti Anatomici. Ora anche la mostra fotografica “I 1000 volti di Lombroso” al Museo del Cinema. Fino al 6 gennaio, sarà possibile osservare i volti meridionali collezionati dal criminologo veronese, utili a dimostrare, o meglio, a inchiodare la gente del Sud appena annessa al nuovo Regno d’Italia dei Savoia a una presunta predisposizione alla delinquenza, delineandone un truce profilo, espressione di sottocultura e di una razza ritenuta inferiore, nella duplice ottica dell’ereditarietà e dell’atavismo della tendenza a delinquere.
Non fatevi ingannare dalla dicitura “Delinquenti napoletani” di certi pannelli espositivi, ché non indica la gente della città di Napoli ma tutti i meridionali. Era infatti “napolitana” la nazionalità degli abitanti delle Due Sicilie, ma a certa borghesia la corretta distinzione tra napoletani e napolitani faceva difetto, anche dopo l’Unità. Anzi, per Lombroso la gente di Napoli non era il peggio che vi fosse. Quello equivaleva a calabresi, siciliani e sardi, visto che nel 1876, nella sua principale opera, ‘L’uomo delinquente’, scrisse:
“È agli elementi africani e orientali (meno i greci), che l’Italia deve, fondamentalmente, la maggior frequenza di omicidii in Calabria, Sicilia e Sardegna, mentre la minima è dove predominarono stirpi nordiche (Lombardia).”
È chiaro che chi non conosce certi risvolti legge “Delinquenti napoletani” e pensa esclusivamente alle genti vesuviane, che continuano a pagare pesantemente i conti sbagliati della storia.
Ma Lombroso fu solo il primo teorizzatore dell’inferiorità razziale dei meridionali, ispiratore dell’opera dell’antropologia positivista del secondo Ottocento cui si accodarono altri benpensanti della criminologia. A cominciare dal lombardo di sinistra Enrico Ferri, teorizzatore del “tipo napoletano”, cioè meridionale, secondo cui i popoli del Sud erano propensi a delinquere per atavica inferiorità biologica e non dovevano mescolarsi alle razze del Nord d’influenza celtica.
E se pensate che erano solo i settentrionali a marchiare i meridionali è perché forse non conoscete il criminologo siciliano Alfredo Niceforo, che ricalcò la teoria della distinzione etnica in Italia e la configurò in due diverse razze: l’euroasiatica ariana al Nord e l’euroafricana negroide al Sud e nelle isole. Onesti, presentabili, laboriosi e cooperativi quelli appartenenti alla prima; truffatori, sudici, oziosi e individualisti gli altri.
Nel saggio ‘L’Italia barbara contemporanea’ del 1898, Niceforo coniò per la seconda categoria l’espressione “razza maledetta”, condannando con asprezza i meridionali a un cronico sottosviluppo e a uno stadio primitivo di evoluzione psichica, tali da meritarsi di essere trattati “col ferro e col fuoco”. All’innata brutalità di siciliani e sardi, gli isolani, accostò il congenito servilismo dei napoletani, cioè quelli del Sud peninsulare, descritti come individui senza alcuna personalità:
“I segni dell’inferiorità e dello stato ancor primitivo che affettano la psiche del popolo napoletano si palesano con mille altre manifestazioni della sua vita sociale e in specie col servilismo. Nessuna plebe è così servile come quella delle provincie napoletane (Sud peninsulare) […]. L’uomo servile è un individuo senza personalità e le società servili sono società in cui il carattere non esiste […].”
Il fatto è che Niceforo era egli stesso siciliano, e quindi apparteneva alla “razza maledetta”, così come Lombroso era afflitto da “cretinismo perpetuo”. Lo refertarono i medici che gli fecero l’autopsia dopo la sua morte, smentendo indirettamente le teorie razziste di cui era stato artefice e che avevano configurato un rapporto tra Nord e Sud simile a quello che le potenze coloniali riservavano ai popoli conquistati, costruendo l’inferiorità razziale del meridionale per legittimare il dominio settentrionale. Avrebbe completato l’opera di demolizione della scienza lombrosiana la storia stessa d’Italia, tra delitti di serial killer, mitomani, “mostri” e truffatori d’alta finanza del Settentrione.
Eppure i lombrosiani sono ancora tra noi. Uno professa le sue teorie razziste sui meridionali d’Italia dalle lontane sponde britanniche. Si chiama Richard Lynn, professore di psicologia all’University of Ulster, in Irlanda del Nord, secondo il quale i meridionali sarebbero meno intelligenti dei settentrionali, e da questo deriverebbe la differenza di reddito tra le due Italie, mica dalle cause politiche della “Questione meridionale” e dal colonialismo interno avviato col Risorgimento. Nel 2010, se ne venne fuori con una ricerca secondo la quale la causa dell’inferiorità intellettiva della gente del Sud Italia «è da attribuire alla mescolanza genetica con popolazioni del Medio Oriente e del nord Africa». Esattamente quello che Lombroso aveva scritto ne ‘L’uomo delinquente’.
Questa fu l’ideologia diffusa in modo scientifico dai propagandisti della borghesia nelle masse del Settentrione, e ancora oggi a Torino si inaugurano musei e mostre che la perpetuano subdolamente nel tempo. Perché quella città, persa la Fiat e la sua propulsione industriale, si è convertita al turismo, e certe esposizioni non guardano di certo in faccia all’etica ma badano esclusivamente alla cosiddetta “cassetta”.
E voi volete che cambi qualcosa in questo Paese razzista e sempre uguale a se stesso?
Del resto, questo è pur sempre il paese in cui in tivù si può dire serenamente che i napoletani sono mariuoli ma non che la pizza a Torino è immangiabile.
https://www.dissapore.com/notizie/napoletano-marioulo-gaffe-federico-ferrero/
https://angeloforgione.com/2016/03/14/pizza_mariuoli/