Garibaldi, Mazzini e La Marmora per l’affiliazione alla ‘ndrangheta

Angelo Forgione «Nel nome di Garibaldi, Mazzini, La Marmora». Così come ci aveva raccontato l’ex presidente della Commissione parlamentare Antimafia Francesco Forgione nel libro ‘ndrangheta (La Zisa, 2008), si giura per diventare “saggio fratello” della ‘Santa’. Con i tre patrioti inizia il rito di affiliazione della ‘ndrangheta, come documenta un video registrato da una telecamera nascosta e diffuso dai Ros, che hanno arrestato una quarantina di persone e sgominato tre sodalizi radicati nel Comasco e nel Lecchese. Così il celebrante, mentre gli affiliandi sono col capo chino, dice nel video:

«(…) Nel nome di Garibaldi, Mazzini e La Marmora, con parole di umiltà formo la santa società. Dite assieme a me: “Giuro di rinnegare tutto fino alla settima generazione, tutta la società criminale fino a oggi da me riconosciuta per salvaguardare l’onore dei miei saggi fratelli”. (…)»

Nella ricostruzione degli investigatori, Giuseppe Garibaldi rappresenta il capo del Locale di ‘ndrangheta (l’organizzazione locale), Giuseppe Mazzini il contabile e Alfonso La Marmora riveste invece la carica di “236 mastro di giornata”, tra le più alte dell’associazione. Ma il riferimento ai padri della patria non è solo gerarchico-simbolico. I personaggi di richiamo e protezione prescelti dalla ‘Santa’ non sono più i mitici cavalieri spagnoli Osso, Mastrosso e Carcagnosso ma tre potenti uomini settentrionali del Risorgimento appartenuti a logge massoniche. Garibaldi il generale di Sinistra, Mazzini il politico filosofo e La Marmora il generale di Destra. Il sistema massonico-mafioso, attraverso la fusione dei due mondi, consente da sempre l’accesso al sistema di potere affaristico dominante sin dalla nascita della nazione italiana. Il riferimento alla procreazione del potente fenomeno mafioso, che ebbe nell’Unità il suo momento decisivo, è chiarissimo.

Museo “Filangieri”, riapertura vicina

Museo “Filangieri”, riapertura vicina
dopo circa 10 anni, l’importante struttura tornerà a vivere

di Angelo Forgione

Dieci anni fa fu chiuso per mancanza di risorse gestionali. Nel 1998, a causa del dissesto del Comune di Napoli, il contributo per la gestione dello splendido Museo Civico “Gaetano Filangieri” di Via Duomo fu sospeso. Da allora la struttura ospitata nel quattrocentesco “Palazzo Como” è negata alla città e ai turisti, dimenticata in un silenzio doloroso soprattutto per i dipendenti che da allora sono senza stipendio. Ma ora pare che la situazione di stallo possa trovare uno sbocco se è vero quanto annuncia il Comitato civico di Portosalvo, tra i movimenti più attivi sul fronte del patrimonio culturale della città. «Dietro il portone rinascimentale di Palazzo Como, che ospita la collezione del Museo Filangieri, già fervono i lavori che renderanno fruibili al pubblico le numerose opere racchiuse nella struttura museale», dice Antonio Pariante, presidente del Comitato, che indica per l’inizio d’autunno la riapertura del celebre museo.

È più cauto Gianpaolo Leonetti, a capo della Fondazione Filangieri che gestisce la struttura, per il quale solo per fine anno si potrà accedere alla parte inferiore del museo. Sono infatti in corso dei lavori che Leonetti definisce marginali e che investono solo un’area molto limitata.

Il “Filangieri” è stato inserito finalmente nei progetti dei fondi Pit-Por-2007-2013 della Regione e nei fondi europei per il grande progetto per il Centro storico della città ma il recente blocco di tali fondi da parte della Regione ai danni della macchina Comunale ha nuovamente frenato temporaneamente i lavori.

Il museo, inaugurato nel 1888, è un piccolo gioiello nel quale sono custoditi gli oggetti della collezione privata di Gaetano Filangieri che li espose per educare il pubblico all’arte e alla cultura del bello.
Spiccano al piano terra, ora interessato dai lavori, un grande plastico di Napoli durante il XVI secolo e alcune sculture di Antonio Canova e Francesco Jerace. E ancora, abiti di gentiluomini del XIX secolo e una ricca collezione di armi provenienti da paesi orientali.

Al piano superiore sono custoditi splendidi esemplari di pastori del presepe napoletano di Francesco Celebrano e Giuseppe Sanmartino, dipinti di de Ribera, Luca Giordano, Andrea Vaccaro, Mattia Preti e Bernardo Luini. Notevole la biblioteca che contiene 15.000 titoli, 7.000 monete, la preziosa collezione Bovi, Mastroianni, il fondo D’Ambra con manoscritti relativi alla musica e al teatro napoletano tra il XVII e XIX secolo. Inoltre vi sono 150 pergamene nell’archivio della famiglia Filangieri riguardanti la storia della città di Napoli.
«Si tratta di una riapertura molto attesa che lascia sperare in una nuova stagione politica volta al rilancio dei Beni Culturali nella città di Napoli», dichiara Antonio Pariante del Comitato di Portosalvo.

Gli fa eco il Movimento V.A.N.T.O. che auspica che il Museo sia presto totalmente fruibile e che, soprattutto, sia valorizzato a dovere affinchè sia concretamente inserito negli itinerari, quegli stessi che oggi contemplano musei d’arte contemporanea che catalizzano cospicui finanziamenti e che certamente non valgono più del “Filangieri”.