Angelo Forgione – Cos’è accaduto al Napoli dei 13 risultati utili, quello che con 9 vittorie e 4 pareggi si era meritatamente issato in testa alla classifica? Neanche il tempo di riassaporarne il dolce gusto e subito ingoiato un boccone amaro. 25 anni e 7 mesi per ritrovarsi in vetta e soli 6 giorni per perderla. Per giunta, neanche una partita disputata da capolista, visto che l’inseguitrice (Inter) aveva scavalcato gli azzurri prima che andassero in campo e le prendessero dal Bologna. È, il Napoli, davvero incapace di tenere il vertice?
Sostengo nel mio Dov’è la Vittoria, dati alla mano e a compiuta analisi, che i club del Calcio meridionale hanno davvero poche possibilità di raggiungere i più alti traguardi ma anche che qualche chance c’è. E quando l’occasione si presenta bisogna giocarsela fino in fondo e con determinazione. Quello in corso è un campionato davvero atipico, fuori dallo standard del nostro Calcio, connotato da tante forze incrociate che si alternano di domenica in domenica. Inter, Roma, Fiorentina, Napoli, e poi di nuovo Inter in testa, con la Juventus, inizialmente attardata, che ringrazia e ne approfitta. Non una squadra “ammazzacampionato” e opportunità per tutti. Vincerà chi avrà migliori ricambi, più fiato di tutti al traguardo e, soprattutto, chi ci avrà messo la convinzione di farcela lungo tutto l’arco della stagione. È in questo che il Napoli ha mostrato il più preoccupante dei segnali, perché una volta agguantato il primato solitario è crollato sulle gambe tremanti, come un palazzo dalle fondamenta fragili sotto la spinta di una leggera scossa di terremoto. Tutto è iniziato al minuto 62 della battaglia contro l’Inter, fin lì dominata e poi improvvisamente ribaltata nell’inerzia ma non nel risultato. Lì il Napoli tosto, che per mesi aveva inseguito la vittoria a prescindere, ha abbandonato il terreno di gioco, lasciandolo a una squadra gemella ma con una testa diversa, timorosa di perdere il primato raggiunto, rinculata nelle sue paure per i restanti 30 minuti e assistita dai pali della propria porta nell’ultimo giro di lancette. Con questa testa un’euforico e scarico Napoli è salito a Bologna, prolungando lo sciagurato finale contro i nerazzurri. Del Napoli convinto, solo la controfigura, tradito dall’appagamento per un effimero traguardo parziale e schiacciato dalla pressione del primato già nuovamente sottratto dall’Inter qualche ora prima. È mancata la giusta concentrazione, soprattutto in fase difensiva. È mancata la giusta determinazione. È mancato l’approccio che le squadre che vincono i campionati ci mettono ogni domenica. Napoli, più che dal solito Mazzoleni, bloccato dalla paura di perdere immediatamente il primato e dal furore del Bologna (a proposito di testa!), pronto a triplicare le forze per uscire sul portatore di palla e, soprattutto, sul ricevitore. Anche i felsinei hanno confermato quanto conti la testa, credendo di averla vinta sul 3-0 e smettendo di sudare, consentendo al Napoli di ridimensionare la disfatta.
Per stare in vetta bisogna essere convinti di poterci stare. Nasce un pericoloso disorientamento quando il presidente preconizza un maggior margine di vantaggio a Natale e l’allenatore, invece, smorza le ambizioni rifacendosi agli obiettivi ipotizzati a luglio che possono far sentire appagati i calciatori. Quando una squadra raggiunge la prima posizione, gioca bene e raccoglie consensi internazionali, vuol dire che vi è concretezza tecnica, e allora bisogna guardarsi in faccia, tutti, e ridefinire gli obiettivi e stabilire una linea comunicativa comune. Le due cose, quando c’è di mezzo lo scudetto, non devono andare d’accordo, ma ciò che deve coincidere sono le parole in pubblico dei dirigenti e dello staff tecnico, a prescindere dal fatto che si racconti la verità o che la si nasconda.
La sensazione è che, in questo strano campionato, il Napoli, con qualche innesto a Gennaio, potrà dire la sua. L’occasione per il Sud del Calcio non può essere gettata alle ortiche. Ma bisogna crederci veramente, e mettersi in testa che in campo bisogna andarci per vincere; e se gli avversari fiatano sul collo bisogna sputare sangue. La psicologia è fondamentale anche nello sport, soprattutto ad alti livelli, e Sarri lo sa bene, perché era stato proprio lui a dire un mese fa, dopo la vittoria contro il Midtjylland, che non temeva cali fisici se la testa dei ragazzi avrebbe continuato a rispondere. Domenica scorsa quella testa, in testa, era spenta, o fuori campo.
tratto da Dov’è la Vittoria (Magenes, 2015) – pag. 50, capitolo “Prima il Nord”
Perché è stato fermato il Napoli?
Semplicemente l’Italia del pallone si è messa a studiare il Napoli per fermarlo.
Quindi tutti i tecnici invidiosi hanno telefonato ad ogni prossimo avversario del Napoli e si sono prodigati in consigli.
In particolare sarà stato impegnato il pensionato Trapattoni, tifoso dell’Inter e della Juve a prodigarsi in consigli su come inaridire la fonte del gioco del Napoli Jorginho. (Donadoni non sarebbe stato capace di pensarci da solo. Ci ricordiamo quanto valeva da allenatore, quando stava qui a Napoli).
Ovviamente continuo a stimare Donadoni giocatore.
Ora il Napoli deve fare come le altre grandi squadre d’Europa, che sono capaci di incidere in attacco e difesa sia sul lato destro che su quello sinistro.
Questo Napoli già grande, non deve più essere prevedibile, deve aggiungere un’altra bocca di fuoco sulla destra.
Callejon deve tornare a tagliare l’aria come faceva nei primi tempi quando venne al Napoli e non deve solo rientrare per aiutare la difesa.
Non deve quindi girarsi e passare indietro la palla, solo perché non è bravissimo a saltare l’uomo. Deve invece crossare ai compagni se la palla la porta lui e deve ricevere diversi passaggi dai compagni, quando taglia l’aria senza palla.
La Reggia del gioco del Napoli deve giocare alternativamente a sorpresa, colpendo a volte sulla sinistra e a volte sulla destra.
Allora ne vedremmo delle belle, come se giocassimo con due squadre contro una, prendendo sempre di sorpresa gli avversari.
Questo sono il Barcellona, e il Bayern.
Ovviamente le due grandissime squadre sopra citate hanno giocatori di livello superiore ed applicano ancor meglio questo gioco micidiale a tutto campo.
Comunque il Napoli non sarebbe molto da Meno per qualità individuali e la carta va giocata senza falsa modestia.
Palla raso terra, correre, stare vicini tra loro, giocare di prima, squadra alta, rubare palla, vincere i contrasti, possesso palla, rientrare in aiuto alla difesa, questo ha cambiato il Napoli in uno squadrone.
Non si passa mai indietro, non si alza la palla, non si fanno più lanci inutili.
Insomma non si teme più di perdere la palla, si gioca vicini e in supporto tra tutti.
Ora il Napoli deve solo diventare ambivalente a destra e sinistra.
Ovviamente a sinistra si salta l’uomo mentre a destra si taglia l’aria, ma il risultato sarà uguale: tanti gol di tutto il tridente e non solo del magico Higuain. In più ci saranno le sorprese degli altri giocatori esaltati dal bel gioco di squadra.
Saluti da Vincenzo Russo tifoso di Napoli e non solo del Napoli.