––– scrittore e giornalista, opinionista, storicista, meridionalista, culturalmente unitarista ––– "Baciata da Dio, stuprata dall'uomo. È Napoli, sulla cui vita indago per parlare del mondo."
“D10S”, la statua del popolo donata dal maestro Domenico Sepe ai napoletani, sarà inaugurata giovedì 25 alle ore 13,30 all’esterno dello stadio “Maradona”. Un dono alla città di Napoli e al suo campione più amato nel giorno dell’anniversario della sua scomparsa. Nel piazzale antistante i varchi d’ingresso del settore Distinti dello stadio a lui intitolato verrà posizionata la statua che ritrae il fuoriclasse argentino. L’opera resterà visibile fino alle ore 22 dello stesso giorno, in attesa della sua definitiva collocazione nel medesimo posto, che sarà effettuata nelle prossime settimane. Oltre all’inaugurazione della statua, il Comune, rappresentato dall’assessore allo sport Emanuela Ferrante, dall’assessore alla Mobilità Edoardo Cosenza e dall’assessore alla Legalità Antonio De Iesu, omaggerà la memoria della leggenda azzurra con una composizione floreale raffigurante il mitico numero dieci. All’evento commemorativo saranno presenti, oltre ai rappresentanti delle istituzioni cittadine, alcuni ex compagni di squadra di Maradona e Diego Armando Maradona junior.
Angelo Forgione – Prende vita il modello della prima statua di Maradona post mortem, e a dargliela è Domenico Sepe, scultore di quelli bravi davvero. Spontanea ispirazione dal giorno della scomparsa, scintilla emotiva che ha innescato una fiamma di faticosa creazione tuttora ardente per donare al popolo che ha osannato il Campione un monumento che lo immortala all’acme del suo estro. Tutto cuore, niente affari, e dopo solo una decina di giorni è già perfettamente riconoscibile la figura del fuoriclasse giovane, aitante, frutto di un lirismo chiaro e di un’attenzione maniacale ai rilievi del volto, crisol de razas, e del resto del corpo. Un modello che ho visto venir fuori dai disegni e poi dall’argilla, consigliando per quanto possibile Domenico sul dinamismo e sui dettagli di quel Diego che fu, idolo e supereroe nostro, di tutti i napoletani e gli argentini di quel tempo e di sempre. Una creazione di cui l’autore ha voluto rendermi partecipe dal principio – mio onore – in nome della nostra amicizia sincera nata dal comune orgoglio e amore per la cultura di Napoli, per le sue radici greche, per il classicismo e il neoclassicismo al quale si ispira la figura di questo atletico Maradona, che è mitizzazione della divinità pagana del pallone e riproposizione delle mitologiche sculture di Atene antica. Sì, visto da vicino, questo argentino in corsa, sia pur non finito, è già profondamente greco, e quindi napoletanissimo, e non risulterebbe blasfemo neanche tra l’Ercole Farnese e il Supplizio di Dirce, quantunque non sarà di marmo ma di più duraturo bronzo, inscalfibile e immortale come D10S comanda.
Angelo Forgione – 61 anni dello stadio di Fuorigrotta oggi! Il 6 dicembre del 1959 si disputava la primissima partita allo “stadio del Sole”. Il Napoli batteva la Juventus con il risultato di due reti a una. Impianto colossale poi dedicato nella primavera del 1961 all’apostolo Paolo da Tarso, portatore dell’evangelizzazione in Occidente partendo da Puteoli, l’antica Pozzuoli, ove sbarcò nel 61 d. C.Lo stadio, ancora per poco “San Paolo”, festeggia oggi i suoi 61 anni con la delibera di Giunta per il via libera, a furor di popolo, all’intitolazione a Diego Armando Maradona. Uno stadio pronto ad essere intitolato non solo al più grande calciatore della storia qui di casa – e scusate se è poco – ma anche a un napoletano, al quale dedico la mia creatività.
Angelo Forgione – Domenica 6 dicembre saranno trascorsi esattamente 61 anni dall’inaugurazione dello stadio di Fuorigrotta, in occasione di uno storico Napoli-Juventus (2-1). Era stato chiamato “Stadio del Sole”, ma proprio nella primavera del ’61, in occasione del diciannovesimo centenario dell’approdo a Puteoli, attuale Pozzuoli, di san Paolo di Tarso nel suo viaggio da Oriente verso Roma, fu firmata la delibera dell’intitolazione all’apostolo che aveva percorso la via che dalla zona flegrea portava alla Città Eterna, compiendo i suoi passi nelle vicinanze del luogo dove era stato costruito lo stadio, ovvero l’attuale via Terracina, in cui ancora oggi sono visibili dei significativi scavi archeologici. A san Paolo sarebbero stati poi dedicati nelle vicinanze anche un parco residenziale e l’ospedale.
Il numero 61 ricorre continuamente in questa storia. Anno 61, anno 1961, i 61 anni dello stadio e pure il 61esimo anno di vita appena iniziato in cui è spirato Maradona, cui venerdì sarà ufficialmente intitolato lo stadio dalla Giunta Comunale e dal sindaco De Magistris. Un atto doveroso perché in quello stadio sono state scritte pagine importantissime della storia del calciatore più grande di sempre fattosi mito con la sua scomparsa.
Don Tonino Palmese, docente di Teologia e di Pedagogia, chiede al Prefetto di Napoli di conservare la vecchia denominazione dello stadio e sposarla alla nuova (“San Paolo – Maradona”), mentre la diocesi di Pozzuoli, competente per il quartiere di Fuorigrotta, ha invece già “abdicato”:
La memoria di un popolo, il nostro, aperto per sua natura alla cultura dell’incontro, si è mantenuta viva per molto tempo prima che lo stadio venisse costruito, e si manterrà viva ancora dopo. È nel cuore, nella coscienza, di ogni abitante di questa terra che essa vive. Ci sembra invece che intitolare lo stadio a Diego Armando Maradona possa oggi essere un segno di richiamo ai valori fondanti lo sport, facendo riferimento a uno dei suoi più grandi rappresentanti, e a una passione che dall’ambito puramente sportivo deve diffondersi in tutto il tessuto sociale, politico, economico della nostra terra flegrea, con particolare attenzione ai più bisognosi secondo quella generosità che fu anche del giocatore argentino.Ben venga, dunque, l’intitolazione a Diego Armando Maradona del principale impianto sportivo della nostra città, se questo aiuterà la crescita umana e sociale della nostra terra purché non si perda la memoria delle nostre radici e ci siano iniziative culturali significative che mettano in evidenza i fondamenti greco-romani e cristiani della storia del nostro territorio. Senza radici profonde dove andiamo?”
San Paolo portò l’evangelizzazione in Occidente e dalle sponde flegree iniziò la sua diffusione. Il problema, dunque, è studiarla la storia, e chissà quante persone, fino ad oggi, abbiano approfondito il perché lo stadio di Fuorigrotta fosse stato intitolato a san Paolo.
Ne abbiamo chiacchierato a La Radiazza di Gianni Simioli (Radio Marte) con monsignor Gennaro Matino, docente di Teologia pastorale e scrittore.
Angelo Forgione – Oggi ho partecipato per invito alla riunione della Commissione Toponomastica del Comune di Napoli in cui si è discusso dell’intitolazione dello stadio cittadino a Diego Armando Maradona. La Commissione, all’unanimità, ha approvato il documento che propone il toponimo secco “Stadio Diego Armando Maradona”. Ho proposto alla presidente, Laura Bismuto, e all’intera Commissione, nonché al Sindaco e all’Assessore allo Sport, di scrivere la parola stadio inserendo l’emblematica sigla D10, ovvero “StaD10 Diego Armando Maradona“, e di provvedere anche a un contest per una realizzazione grafica dell’idea. Gli esiti della riunione di stamattina passano ora alla Commissione Tecnica presieduta dal Sindaco, che si riunirà venerdì, per procedere poi con delibera di Giunta comunale e Prefetto.
Angelo Forgione – Napoli, l’Argentina, il Calcio e chi l’ha vissuto e amato per quel che era passano con dolore immenso al tempo senza Diego. Mi passano negli occhi e nelle orecchie tanti bei momenti degli anni ruggenti, ma ho sorriso al pensiero di quelli in cui lui faceva un semplice dribbling in mezzo al campo, a lasciare sul posto l’avversario attonito, e noi, sugli spalti, tutti uniti in quell’improvviso e collettivo sussulto di stupore. «ua’ e che ha cumbinato». Poi tutti sorridenti, a guardarci per condividere la gioia, invece di osservare l’esito dell’azione. Era un momento che si ripeteva spesso durante la tensione delle partite, che così si stemperava. E lo ricordo più del visibilio dopo i suoi incredibili goal, perché era l’emozione inaspettata, da teatro più che da stadio. Era la gioia pura del bambino in ognuno di noi, rapito dall’illusionismo senza trucco, diversa dall’estasi del tifo. Quanta gioia e spensieratezza ci ha regalato negli anni della Napoli che soffriva per le ruberie del post-terremoto, del declino del Banco di Napoli e delle acciaierie di Bagnoli. Se era sbarcato da noi, nella periferia del grande calcio, era stato proprio per volontà scientifica della politica. Troppa tensione sociale, troppa disoccupazione, troppa camorra. Panem et circenses, e noi ce lo siamo goduto tutto quel fenomeno circense che ci ha deliziato con i suoi numeri e ci ha condotto ai trionfi come mai era accaduto. Lui è calato a Napoli senza conoscerla e si è sentito napoletano dentro. Perché era esattamente come Napoli, discriminato e maltrattato, usato e tradito. Felice e spensierato alla domenica per una palla e poi sofferente tutti i giorni per i suoi problemi. Dentro quello stadio non entravano né i problemi e né i cattivi pensieri. Era il tempio della felicità e della spensieratezza attorno alla fedele amica palla, che assecondava sempre la sua volontà. Da oggi quel tempio porterà giustamente il suo nome. Dovrà fargli posto un illustre apostolo che, navigando verso Roma, era sbarcato sulle coste flegree, ma sarà contento anche lui di lasciare al legittimo proprietario quell’arena. In fondo si passa a furor di popolo da un santo a D10S. Ho visto Maradona. E che privilegio! Ma Maradona non muore. Il suo mito sopravviverà per sempre. Sempre! Grazie di tutto, campione mio. Viva il Re!
Invito il presidente dell’Ordine dei Giornalisti Nazionale (Carlo Verna), il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania e della Lombardia (Ottavio Lucarelli e Alessandro Galimberti), nonché il presidente dell’Unione Stampa Sportiva Italiana (Luigi Ferrajolo) e i presidenti dei gruppi regionale di Campania e Lombardia della stessa USSI (Mario Zaccaria e Gabriele Tacchini) a prendere posizione rispetto alle inaccettabili illazioni di Claudio Zuliani (iscritto all’OdG della Lombardia) formulate nel corso della trasmissione Lunedì di rigore, dedicata a Milan, Inter e Juventus, e andata in onda il 27 gennaio scorso sull’emittente Top Calcio 24. Zuliani, nel tentativo di giustificare l’allenatore della Juventus Maurizio Sarri per le dichiarazioni sgradite agli ambienti juventini, definiva la sala stampa dello stadio San Paolo come un covo di provocatori e scalmanati che accolgono il pullman della Juventus con calci, petardi e insulti. Esternazioni prive di deontologia che ledono gravemente la professionalità e la serietà dei giornalisti napoletani e campani, ma anche l’immagine dell’intera categoria. Insinuazioni del genere, capaci di nutrire i più stantii e radicati luoghi comuni e fomentare sentimenti negativi, non possono essere pronunciate impunemente.
Il presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, Carlo Verna, dopo aver ricevuto la segnalazione, “condanna” giornalista e trasmissione intera (con incursione sulle recenti esternazioni di Giampiero Mughini) attraverso i microfoni dell’emittente regionale Televomero, passando la palla al Consiglio di Disciplina, che analizzerà e si esprimerà in merito.
Angelo Forgione – 6 dicembre 1959. Sessant’anni tondi sono trascorsi dalla data dell’inaugurazione dello stadio “del Sole” di Fuorigrotta, poi dedicato all’Apostolo Paolo di Tarso in ricordo del suo sbarco sulle coste flegree nel febbraio dell’anno 61. Compie dunque 60 anni l’opera in travertino e cemento dell’architetto razionalista Carlo Cocchia, necessaria dopo le distruzioni della guerra.
Bisogna infatti fare un passo indietro di diciassette anni dal taglio del nastro per leggere tutta la storia del grande stadio di Napoli. Anno 1942: lo stadio “Partenopeo” del rione Luzzatti di Gianturco, simbolo della modernità fascista, con una capienza di quarantamila spettatori, viene raso al suolo dai raid aerei degli anglo-americani che colpiscono violentemente Napoli. In vista dei Mondiali in Italia del ’34, era stato edificato in cemento armato al posto del vecchio ligneo “Vesuvio”, voluto nel ‘30 da Giorgio Ascarelli.
La necessaria costruzione di un nuovo stadio napoletano viene deliberata il 22 dicembre 1949 dal Comune di Napoli, col supporto del CONI e del Governo, grazie ai finanziamenti della schedina a pronostici Sisal appena nata e all’assegnazione alla città di un miliardo di lire da parte del Consiglio dei Ministri, con gran fastidio negli ambienti calcistici del Nord-Italia, tanto da porre i dirigenti del Napoli in contrasto con la Lega Calcio, accusata di essere governata da una “casta milanese” maldisposta al cospicuo finanziamento del Governo.
Il progetto originario prevede un solo anello, quello attualmente al livello superiore, ma ne viene aggiunto uno ulteriore al di sotto del livello stradale per ottenere una capienza di circa novantamila spettatori. Il plastico del monumentale stadio viene presentato da Achille Lauro e dal primo ministro Mario Scelba, ma ci vogliono però dieci anni per vedere il completamento del nuovo impianto, il cui cantiere si apre nel nuovo arioso quartiere di Fuorigrotta il 27 aprile 1952.
Il 6 dicembre 1959, dunque, il Napoli prende finalmente possesso della sua nuova comoda e maestosa casa. Miglior battesimo non si può celebrare: battuta la Juventus con immediato record di spettatori della Serie A. I club del Nord verificano immediatamente quel che significava per i napoletani il loro nuovo tempio del calcio.
Sessant’anni da quel giorno e un po’ tutto è cambiato. È cambiato il calcio, è cambiata Fuorigrotta ed è cambiato lo stadio “San Paolo”, sfigurato trent’anni dopo dal ferroso restyling per i Mondiali del 1990 e degnamente ritrovato solo dopo un altro trentennio con la ristrutturazione interna operata in occasione delle Universiadi 2019. Oggi è azzurro, colorato, omologato per 55mila spettatori comodamente seduti. Pur sempre vecchio, anche se i pali delle porte non sono più squadrati come in principio. Ma anche se nulla più è romantico come quando tutto era in bianco e nero, il “San Paolo” resta lo stadio del record di spettatori paganti – 89.992 tagliandi staccati per un Napoli-Perugia del 21 ottobre 1979 – e il mitico palcoscenico del più grande calciatore della storia. E scusate se è poco.
per approfondimenti: Dov’è la Vittoria (Angelo Forgione – Magenes)
Angelo Forgione – Sulla scia del caso Balotelli, bersagliato dal razzismo della curva del Verona, il consigliere di centrodestra al consiglio comunale scaligero Andrea Bacciga ha depositato una mozione in difesa dell’immagine della città, a suo dire, “infangata e derisa troppe volte ingiustamente”.
Scrive il Nostro su Facebook: “affinché Verona la smetta di essere infangata sui media!”. Avete letto bene? No, non mi riferisco alla sintassi (non è Verona che deve smetterla ma semmai i media) ma proprio al fatto che un consigliere comunale veronese si inalberi per il fatto che la sua città sia etichettata come città razzista. Che poi il consigliere in questione è stato artefice di un saluto romano esibito in aula all’indirizzo di alcune donne. Nessuno tocchi Verona, dunque, e allora penso a Roma allorché si spara e una giornalista sostiene in tivù che è il “modello Napoli”. Penso a Trieste, come a Pordenone e ogni altrove in cui affiora una crisi dei rifiuti e il sindaco interessato dice “non siamo a Napoli”. Penso a Padova allorquando si verifica un furto con destrezza al bar e il titolare dice alla stampa che si è trattato di uno scippo stile Napoli. Penso a Napoli, che è sempre salvifica per tutti, che se non ci fosse bisognerebbe inventarla, non per il contributo che dà alla cultura occidentale ma per la calunnia continua che se ne fa, e quando protesta è piagnucolona come non lo è Verona, che in fondo è folcloristica nel bersagliare neri e meridionali allo stadio, dice il sindaco. Penso a tutti quelli che “è colpa di Napoli”, perché si prova invidia, quindi disprezzo, per una città diversa che mostra orgogliosamente la sua fortissima identità in un mondo omologato. Penso ai Cruciani, i Feltri e le Lucarelli varie che senza Napoli si annoierebbero un bel po’. Penso ai tifosi veronesi, bresciani, bergamaschi, torinesi, genovesi, milanesi, romani, fiorentini, cagliaritani, baresi, leccesi, salernitani, pescaresi e tutti quelli che vomitano discriminazione territoriale su Napoli per sfogare le loro profonde repressioni. Per cui, nessuno si permetta di infangare Verona per un fenomeno che alcuni veronesi ostentano con orgoglio, magari con il saluto romano in consiglio comunale. Verona è folcloristica, mentre Napoli, la città più bersagliata d’Italia, è vittimista. Chiaro?
Angelo Forgione – Miserabile furto di faretti nei nuovi bagni della Curva A dello stadio San Paolo denunciato qualche giorno fa da Spazio Napoli, una secchiata gelida sulla città perbene. Trent’anni per dare decoro a uno stadio deturpato dall’affarismo politico-edilizio degli anni Ottanta e cinque minuti per allarmare tutti sull’esito del restyling, che rischia di essere vanificato dall’inciviltà e dall’incuranza sempre più diffuse. Ma è davvero accaduto durante la partita o dopo? Sono stati i tifosi o altri soggetti? Nessuno ha visto i responsabili arrampicarsi lassù a smontare e tagliare cavi?
Subito scattata la solita campagna denigratoria di Giuseppe Cruciani, nella sua trasmissione radiofonica La Zanzara su Radio24, pronto a chiedersi, con il suo solito canovaccio e con tanto di tarantella di sottofondo, in quale città spariscano faretti dell’illuminazione dai luoghi pubblici. Ormai famosa la telefonata dai toni a dir poco accesi con l’attore-pasticcere Germano Bellavia, che gli augurava le peggio cose prima di scusarsi col suo pubblico sui social per l’eccesso di bile.
A beneficio di Cruciani, che si rispondeva da solo affermando che «solo in una città sono stati trafugati dodici faretti», un lungo elenco di faretti rubati qua e là lungo lo Stivale, stilata da me, contrario al confronto verbale con il provocatore ma pur costretto controvoglia al poco divertente gioco del mal comune. Ricevuta la lista sulla sua posta elettronica, il buon Giuseppe la ricusava sostenendo che si trattava di stadio, e che altri luoghi diversi non facevano troppo testo, perché per lui il bagno di uno stadio in rifacimento è diverso da un altro luogo pubblico. Avrei dovuto quindi elencargli furti avvenuti in altri bagni di stadi in rifacimento. È questo il livello del Nostro. L’elenco lo rendevo pubblico sulla mia pagina facebook, e così gli veniva ripetutamente proposto fino allo sfinimento e alla necessità di rispondere anche in diretta radiofonica. E ancor lo ricusava, come fatto in privato, con tono eloquente, non aggressivo, come suo solito; e non poteva esserlo di fronte ai fatti schiaccianti. Perché le zanzare sanno arrampicarsi sugli specchi ma prima o poi qualcuno le schiaccia.