Piagnisteo veronese

Angelo Forgione – Sulla scia del caso Balotelli, bersagliato dal razzismo della curva del Verona, il consigliere di centrodestra al consiglio comunale scaligero Andrea Bacciga ha depositato una mozione in difesa dell’immagine della città, a suo dire, “infangata e derisa troppe volte ingiustamente”.
Scrive il Nostro su Facebook: “affinché Verona la smetta di essere infangata sui media!”. Avete letto bene? No, non mi riferisco alla sintassi (non è Verona che deve smetterla ma semmai i media) ma proprio al fatto che un consigliere comunale veronese si inalberi per il fatto che la sua città sia etichettata come città razzista. Che poi il consigliere in questione è stato artefice di un saluto romano esibito in aula all’indirizzo di alcune donne.
Nessuno tocchi Verona, dunque, e allora penso a Roma allorché si spara e una giornalista sostiene in tivù che è il “modello Napoli”.
Penso a Trieste, come a Pordenone e ogni altrove in cui affiora una crisi dei rifiuti e il sindaco interessato dice “non siamo a Napoli”.
Penso a Padova allorquando si verifica un furto con destrezza al bar e il titolare dice alla stampa che si è trattato di uno scippo stile Napoli.
Penso a Napoli, che è sempre salvifica per tutti, che se non ci fosse bisognerebbe inventarla, non per il contributo che dà alla cultura occidentale ma per la calunnia continua che se ne fa, e quando protesta è piagnucolona come non lo è Verona, che in fondo è folcloristica nel bersagliare neri e meridionali allo stadio, dice il sindaco.
Penso a tutti quelli che “è colpa di Napoli”, perché si prova invidia, quindi disprezzo, per una città diversa che mostra orgogliosamente la sua fortissima identità in un mondo omologato.
Penso ai Cruciani, i Feltri e le Lucarelli varie che senza Napoli si annoierebbero un bel po’.
Penso ai tifosi veronesi, bresciani, bergamaschi, torinesi, genovesi, milanesi, romani, fiorentini, cagliaritani, baresi, leccesi, salernitani, pescaresi e tutti quelli che vomitano discriminazione territoriale su Napoli per sfogare le loro profonde repressioni.
Per cui, nessuno si permetta di infangare Verona per un fenomeno che alcuni veronesi ostentano con orgoglio, magari con il saluto romano in consiglio comunale. Verona è folcloristica, mentre Napoli, la città più bersagliata d’Italia, è vittimista. Chiaro?

mozione_balotelli

La bizzarra etica del Milan

Angelo Forgione – L’origine dell’inciviltà, spesso, è attribuibile a chi dovrebbe combatterla. L’esempio (al contrario), riferito al mondo del calcio, lo da il Milan, che ha deciso di non inoltrare ricorso per la squalifica di Mario Balotelli, reo di aver ingiuriato e, forse, minacciato l’arbitro “in nome dell’etica e del rispetto delle istituzioni”. Un po’ bizzarra come etica quella della società rossonera che invece ha deciso di ricorrere contro la chiusura della curva dei suoi sostenitori, rei di aver cantato cori razzisti contro i napoletani.
Anche l’informazione ci mette del suo, come nel caso del servizio del TG1, edizione delle 13 del 24 settembre, firmato da Fedele La Sorsa, il quale ha elogiato lo “Juventus Stadium” quale esempio di socialità, come se non si fosse mai macchiato di razzismo anti-napoletano. E come giudicare la riflessione di Lara Vecchio che su Il Sole 24 Ore ha scritto “la catalogazione delle sfumature sfiora il grottesco”? Il problema invece esiste, lo denunciamo da anni, e minimizzare significa essere ignoranti o in malafede. E chissà come si sentono oggi alcuni napoletani che parteggiano per le squadre da cui ricevono offesa.

Italia – San Marino, partita contro il napoletano

Angelo Forgione – Partita della nazionale italiana contro quella di San Marino all’insegna della lotta contro il razzismo. I tifosi bolognesi, ormai anche loro a pieno titolo tra i più ostili ai napoletani, hanno intonato cori contro la gente partenopea. Va subito ricordato che non era Bologna-Napoli ma Italia-San Marino, e i cori contro Napoli hanno assunto un preciso significato: l’Italia è una cosa e Napoli è un’altra. Magari si, è proprio così.
La Stampa di Torino ha ritenuto di dover difendere i supporters felsinei, con un articolo a firma Marco Ansaldo ancor più provocatorio dei cori stessi perché in realtà vuol minimizzare quanto anche a Torino si ascolta con ferocia e protervia ogni maledetta domenica. “Ma il coro “noi non siamo napoletani” non è razzismo”, così ha titolato il giornalista, preoccupato che nella guerra che si combatte contro i cori razziali negli stadi si corra il rischio che si stia diventando ipersensibili, laddove per insensibili si intende permalosi. Guerra? Ma quale guerra? Non è in atto alcuna guerra per estirpare il fenomeno ma solo una parvenza di dibattito che coinvolge solo i calciatori di colore, specie se importanti e di top-team. E infatti, Ansaldo precisa che “a mettere tutto nel calderone si perde di vista il vero problema: l’odio per chi è di un altro colore”. Capito? Bisogna parlare solo di quel problema perché il resto può continuare serenamente come da quando esiste l’Italia una.
È vero, il coro “noi non siamo napoletani” non è razzista nel significato. Ma, tralasciando il buonsenso che fa comprendere le realtà dei fatti, e cioè il vero motivo che si cela dietro quella presa di distanze in una serata dal tema particolare, proprio quel coro sta diventando un parafulmine che fa perdere di vista il vero problema: l’odio per chi è napoletano. Parlare del meno peggio per fingere di parlarne, cioè per nascondere gli altri cori inequivocabilmente razzisti e che invocano a tragedie a scopo di pulizia (etnica). Cori intonati anche ieri, ma nascosti dall’informazione dietro quelli più “edulcorati”. Tutto questo serve a nasconderli, ma Ansaldo dovrebbe sapere che i napoletani, colerosi nella storia come tutti gli italiani, non hanno l’anello al naso. Tolleranti si, fessi no… ed è per questo che fischiano l’inno nazionale. Ma che brutto Paese!

Raiola si faccia gli affari del Qatar e lasci stare Napoli

Raiola si faccia gli affari del Qatar e lasci stare Napoli

Caro Raiola, francamente ha stufato. Lei continua ad essere inopportuno e a fare la parte di quello che tutto può dire, ma c’è un limite alla decenza e Lei lo ha oltrepassato abbondantemente. Napoli ha una dignità e un ruolo nel calcio, ma lo ha soprattutto la città e Lei non può continuare a riempirsene la bocca sporcane il buon nome.
Lei, parlando di Hamsik, ha tirato fuori questioni sociali e tirato fuori presunti preconcetti dei calciatori stranieri nei confronti di Napoli e del Sud, ma qui, quando gli sceicchi non conquistavano l’economia europea, ci sono venuti con piacere e in ogni epoca senza che i preconcetti per la città mancassero, e alcuni di questi ci sono rimasti anche a vivere. Legga pure questa lista: Jeppson, Pesaola, Vinicio, Canè, Altafini, Sivori, Krol, Maradona, Careca, Alemao, Lavezzi, Hamsik, Cavani. Le basta? Ma di quale paura di Napoli parla? Forse i preconcetti ce li ha tutti Lei, figlio di emigranti di Nocera, che è diventato amico degli sceicchi e non può più fare affari in Italia. La smetta di fare il sociologo sparando a zero e ben sapendo che se i grandi calciatori non verranno all’ombra del Vesuvio prossimamente sarà per via dei limiti dell’intero movimento calcistico italiano e non per altre questioni che col calcio hanno poco a che vedere. Sappiamo bene che Cavani è appetito da tutt’Europa, ma lo è perchè a Napoli è divenuto Cavani, non altrove, trovandovi il suo ambiente ideale e un equilibrio psicofisico che per un uomo di fede è fondamentale. Così come Hamsik, pure Cavani è ben diverso da Balotelli e da Ibrahimovic, caro Raiola, e del resto qui ci è venuto per scelta e senza paura. Aveva tante offerte dopo il mondiale sudafricano e ha ascoltato la sua fede in Dio dalla quale ha tratto l’indicazione per accettare l’offerta di De Laurentiis. “Dio mi ha portato a Napoli, nella vita ci sono i segni che ti fanno capire la strada che devi prendere”, queste furono le sue parole e noi che crediamo ancora in certi valori ci vogliamo illudere che nella vita non vinca sempre la legge dei soldi degli sceicchi. Cavani è una persona perbene, non prenderebbe nessuno per il collo, e se volesse andare via subito da Napoli, come Lei dice, lo direbbe a De Laurentiis con garbo e senza puntare i piedi.
Intanto La ringraziamo per aver certificato in pochi giorni con le Sue attenzioni che il Napoli ha due top-player che fanno gola a tutt’Europa e anche a Lei che ha la smania di avere la procura dei più forti. Le siamo grati per aver fatto capire a tutti che, nonostante il suo amico Al-Thani abbia interrotto la storia di Lavezzi a Napoli, la squadra azzurra ha un progetto serio ed è competitiva anche fuori i confini nazionali. Ma Le consigliamo di parlare di calcio, anzi di business calcistico che è ben altra cosa, e di mettere da parte le Sue analisi sociologiche e le Sue antipatiche ingerenze. Lei a De Laurentiis non torna utile come agli altri presidentissimi che si sono “affidati” al Suo lavoro per ripianare i buchi di bilancio. Lui tiene Hamsik e Cavani perchè non ha bisogno di fare cassa e così non fa il Suo gioco perchè è l’antitesi di ciò che Le ha consentito di fare il botto, ossia la crisi dei bilanci del calcio italiano dalla quale ci ha guadagnato, e tanto, consentendosi ora di esprimersi così duramente. Perchè non lo faceva prima? È chiaro che per i Suoi affari c’è un mercato in meno e questo in prospettiva non è un bene per Lei che ha una sola ricetta per i calciatori: firmare il contratto vantaggioso e alla prima occasione abbandonare. Dal calcio italiano non ha più niente da spremere, altrimenti non parlerebbe così, ma per le Sue scaramucce con l’indigesto Aurelio non ne può fare le spese l’onorabilità della città partenopea. Insomma, caro Raiola, si faccia gli affari Suoi e quelli degli sceicchi, e la smetta di riempirsi la bocca di Napoli.

La nazionale specchio dell’Italia? Speriamo di no!

La nazionale specchio dell’Italia? Speriamo di no!

la bacchetta magica che ha cancellato tutti i problemi

Angelo Forgione – C’era da tramere alla notizia dell’invito della nazionale di calcio al Quirinale. Atto giusto dal punto di vista sportivo, dovuto, ma “pericoloso” viste le ombre che avevano accompagnato gli azzurri alla vigilia dell’Europeo e che una finale non cancella. E il presidente della Repubblica Napolitano ha dato corpo ai timori con un discorso preparato a tavolino pregno di retorica e strumentalizzazione. «C’è molta strada da fare, c’è da cambiare molto per cambiare e rinnovarsi fino in fondo. Abbiamo alle spalle dei momenti difficili». Poi l’espressione si fa teatrale. «Certe volte, quando dico queste cose, mi domando: sto parlando del calcio o sto parlando dell’Italia? Badate bene che i discorsi si assomigliano molto ed è per questo che c’è stata grande presa sugli italiani per questa straordinaria impresa».
Nazionale specchio dell’Italia? Speriamo di no! La nazionale è solo lo specchio del calcio italiano sempre vivo e competitivo nonostante gli scandali e la crisi, un calcio in cui il Paese non dovrebbe specchiarsi anche se lo fa spesso. I calciatori della nazionale, a differenza di milioni di italiani, non si specchiano nella crisi e non ne patiscono gli effetti. Non conoscono la disoccupazione e possono consentirsi di rinegoziare i loro già lauti compensi in base agli eventi. Ecco perchè la retorica di Napolitano è fuori luogo e può solo far male.
Già le prime condanne del processo sportivo di “scommessopoli” erano state morbide e ricche di patteggiamenti, all’italiana cioè. Poi l’oblio “azzurro” che ha cancellato con un colpo di spugna i problemi della Nazione e quelli del calcio nazionale. Sotterrati i fischi all’inno di napoletani, spagnoli e croati, ognuno con le proprie motivazioni. Un calciatore è divenuto giudice e redentore del primo ministro: Buffon, intervistato da Mediaset (minuto 26:22), ha così detto di Monti che aveva proposto la chiusura del campionato per tre anni: «Non dobbiamo perdonare nessuno e io non ho sentito cosa ha detto». Qualche metro più in là Bonucci, proprio lui, compiaciuto per aver restituito al Paese l’orgoglio nazionale (minuto 25:28).
Potere del pallone che rotola in un paese calciocentrico e che se lo si fermasse per tre anni risveglierebbe l’attenzione degli italiani nei confronti di problemi e mali. Tutti ai piedi dei calciatori, partiti per gli europei tra le polemiche e tornati sul red-carpet. Tutti ad ascoltare il premier Monti che si prende 6 minuti di diretta TV e annuncia, chissà su quali certezze, che gli enormi sacrifici imposti al popolo e non ai ricchi, tantomeno ai calciatori, stanno per pagare mentre il giornalista Amedeo Goria poneva timidamente la “fatidica” domanda al manovratore («gentilmente, può dirci quando ne uscirermo?»). Tutti a santificare il pianto di un Bonucci indagato dalla procura per calcioscommesse pur restando “azzurro” mentre un suo collega veniva punito. Tutti di nuovo convinti di un’unità nazionale che esiste solo nelle parole del Presidente della Repubblica che, dopo aver scritto prima e confermato a voce poi che gli azzurri rappresentano gli italiani nelle crisi da superare, dimostra quanto il calcio sia strumento politico. Ci aveva offerto emozionanti abbracci e sincera stima all’esempio morale italiano che non ha voluto chiarire a cosa sia servito un milione e mezzo versato ad un tabaccaio per poi indicare alla Spagna e non alla Croazia la via dell’onestà. Aveva scritto a Prandelli di aver apprezzato tanto la sobrietà e serietà dei suoi commenti “senza retorica, ma non è forse questo il discorso da fare per l’Italia e per la sua Nazionale di calcio?». Già, senza retorica… una parola!
Ci uniamo al fronte di quelli che avrebbero accolto la vittoria della nazionale senza altri condimenti, quelli che non ci stavano e non intendono starci al tocco di bacchetta magica orchestrato da istituzioni politiche e calcistiche con la complicità di una certa stampa. Da Travaglio a Grillo ai “No Tav”, ognuno coi suoi motivi e con le sue provocazioni discutibili, ma tutti con ragioni sacrosante. Il calcio fa sempre più paura e si dimostra strumento di distrazione di massa che prima divide e poi finge di unire. Leggere attentamente le avvertenze e le modalità d’uso.

È il giorno degli spaghetti, della pizza e del mandolino

È il giorno degli spaghetti, della pizza e del mandolino

si è sempre meridionali di qualcuno… e carnefici della Germania

Angelo Forgione per napoli.com L’italia divisa batte la Germania unita, SuperMario (Monti) batte Angela, i truffaldini battono gli onesti, e via andare…  ma quel che più importa è che i “Gastarbeiter”, gli emigranti italiani di Germania, vivano oggi il loro più classico “giorno dopo” da leoni. Quando il bianco-nero prussiano incontra il blu Savoia è sempre la stessa storia, calcistica ovviamente. “Non vincete mai” cantano gli italici. Ma cosa c’è nel karma pallonaro del popolo germanico? Che colpa hanno da espiare nei confronti degli italiani? Forse è solo la presunzione di ogni vigilia, più le prendono e più la loro voglia di vendetta aumenta. Cosa diranno e scriveranno il giorno in cui riusciranno a vincere?
Oggi sfornino pizze in quantità industriale i Gastarbeiter, che non saranno mai al capolinea. Attorciglino spaghetti macchiati di rosso pomodoro e tirino fuori i mandolini e tutta la voce che hanno per cantare in faccia all’omone dal calzino bianco nel sandalo col boccale in mano.
Il potere della nazionale è tutto qui, nel riuscire ad accomunare retoricamente nella buona e nella cattiva sorte. E quella cattiva sorte provoca anche un sottile piacere nel vedere raggruppati tutti gli italiani sotto i colpi del pregiudizio. Quando gioca l’Italia, il luogo comune all’italiana del Nord verso il Sud diventa quello tedesco verso l’italiano perchè, come disse Bellavista, si è sempre meridionali di qualcuno. Spaghetti, pizza, mandolino e mafia… deutsch grida a italienisch ciò che padania grida a terronia.
Magica nazionale italiana di calcio, capace di far dimenticare tutto. L’azzurro, che in realtà è blu, genera sindrome cognitiva amnesica. Chissà quanti di quelli che in tempi non sospetti hanno gridato “se saltelli muore Balotelli” ne hanno già fatto un eroe partigiano che ci ha liberato dai tedeschi. Nel cassetto chiuso della memoria anche le rivalità “guelfoghibelline” e le offese razziste, perchè chi tifa a Napoli e a Milano tifa lontano, ed è piuttosto il contatto a creare i presupposti per i fischi all’inno nazionale. Si dimentica di tutto e molto di più, ma tant’è, a più d’uno non interessa di fronte alla possibilità di festeggiare, strombazzare, fare “ammuina”, trovare la valvola di sfogo che fa pure bene in tempi cupi come questi.
Poi magari finisce anche come nel 2006 che l’Italia vince a braccetto con gli scandali, spinta dai goal di un palermitano di colore figlio di immigrati ghanesi. Perchè no? Siamo un popolo di truffatori-vincitori. Pardon per il luogo comune, siamo anche un popolo di onesti-perdenti senza onori. Ma è vero che più solleviamo polemiche e scandali e più alziamo trofei. Giusto o meno che sia, se vincono gli spaghetti, la pizza e il mandolino vince in fondo Napoli.

videoclip / ‘A voce ‘e Napule

videoclip / ‘A voce ‘e Nàpule

il film “muto” di Napoli-Manchester City

Richiesto, atteso, immancabile. Eccolo qui il videoclip della magica atmosfera di Martedì sera nel catino di Fuorigrotta. Un match per il quale le parole sono superflue e il cui racconto è giusto affidare alla sola voce di Napoli, quell’insieme di settantamila grida capaci di farsi sentire in tutt’Europa dove all’atmosfera del “San Paolo” si dedicano parole di ammirazione.
Ventun anni di assenza dalla massima competizione continentale hanno privato la “coppa dalle grandi orecchie” del prestigioso palcoscenico napoletano e ora il grido “the champiooons”, il terzo su tre inni riecheggiati a Fuorigrotta, è già il migliore spot che l’UEFA possa adottare per una competizione che nel ventennio della nuova formula non ha mai visto nulla di simile in nessun campo. Poi, altre tre esplosioni.
Quando le abbiamo desiderate, le serate di Champions le immaginavamo bellissime. Ma la realtà sta superando la fantasia.
E allora, voce alla Napoli sportiva, voce al Napoli in Europa… ‘a voce ‘e Nàpule!

tuttojuve.net: “pioviggina, salta la gara col City?”

tuttojuve.net: “pioviggina, salta la gara col City?”

continua la scia di cattivo gusto juventino

di Angelo Forgione – Insistete pure, voi di tuttojuve.net. Siete anche un po’ prevedibili perchè stamane, alla vista grigia dello splendido golfo di cui noi possiamo godere nelle giornate di cielo AZZURRO, ho pensato subito a qualche grigio BIANCONERO (le due tinte insieme producono grigiore) pronto a fare sarcasmo sulla partita di Champions sotto la pioggia… ma a Napoli, non a Torino. Francamente, dopo la bacchettata a Rampulla e Gullo, avrei sperato che da quel versante avessero tutti capito la lezione e imparato a rispettare soprattutto la morte di 7 persone ma anche la decisione superiore di un Prefetto.
E invece no: “una goccia d’acqua potrebbe influenzare gli slalom di Lavezzi, che correrebbe persino il rischio di scivolare; un’altra potrebbe causare il nervosismo di Mario Balotelli, sponda City … ma sono soprattutto le ultime due gocce d’acqua a creare i dubbi più angoscianti e le paure più profonde: il ciuffo di Roberto Mancini potrebbe rovinarsi e la cresta ribelle di Hamsik potrebbe, ahinoi, perdere volume e brillantezza”. Così scrive Domenico Aprea (cognome napoletano), capace di colpire anche degli ex-interisti nel suo articolo nella categoria “i nemici”.
Non ci viene da ridere, e purtroppo piangiamo. Se proprio gli adepti del direttore Massimo Pavan, i cui siparietti a Sportitalia sono decisamente meno brillanti della simpatia del conterraneo Michele Crisicitello, vogliono stimolar risata, imparassero dalla cultura napoletana che regala da secoli sorrisi senza offendere nessuno. Oppure traessero ispirazione da chi prima prende le distanze da Moggi e Giraudo e poi chiede scudetti indietro e 444 milioni di risarcimento danni.
Che stile che stanno sciorinando!

Dopo la bufera, intervista-confronto con Luca Serafini

Dopo la bufera, intervista-confronto con Luca Serafini
«La vera immondizia è la politica. Quella di Napoli è vergogna italiana. Ho sangue sudista, sono avvilito»

di Angelo Forgione 

L’editoriale di Luca Serafini, col quale il giornalista di Mediaset ha motivato politicamente il mancato acquisto da parte di Berlusconi del calciatore Hamsik, abbandonato nella Napoli dell’immondizia, ha scatenato una bufera per via di alcune espressioni sulla città di Napoli e sul presidente De Laurentiis, sgradite al popolo azzurro. Siti, radio, blog, gente comune, tutti contro Serafini.
Come già scritto, non c’era da offendersi perchè non si trattava di razzismo ma di semplice peccato di presunzione nel considerare un calciatore del Napoli acquistabile semplicemente per volontà. Purtroppo la querelle è trascesa e sono piovuti su Serafini insulti e minacce per via diretta tramite Facebook, nonostante avesse comunque riconosciuto l’errore di essersi espresso con termini incauti. La maleducazione e l’inciviltà non appartengono ai veri Napoletani, e superano ogni presunzione o razzismo. Il perseverare nella protesta facendola degenerare, utilizzando Facebook non come una risorsa di confronto ma come un luogo in cui poter sfrenare ogni istinto, è pratica poco intelligente per chiunque pretenda di affermare le proprie ragioni.
Ho deciso di contattare Luca Serafini, argomentando sulle mie riflessioni al suo editoriale e ponendogli qualche domanda su temi calcistici e non che coinvolgono i punti di vista di Sud e Nord, dal razzismo negli stadi al potere mediatico del nord,  in un confronto cordiale e civile che facesse meglio venir fuori il suo pensiero e si chiarisse una volta e per sempre che, come già detto a caldo, non c’era da parte sua razzismo e volontà di offendere i Napoletani. Preciso che è il mio punto di vista personale che non vuole rappresentare quello di nessun altro. 

A.F.: Serafini, se me lo consenti ci diamo del tu perchè siamo colleghi. Mi perdonerai se il mio punto di vista è da sud, ma non posso perdere l’occasione per confrontarmi con un collega giornalista d’esperienza del nord. Leggendo l’editoriale che ha scatenato l’inferno a Napoli, è chiaro che non c’è razzismo, anche se l’accusa che ti è stata mossa è questa. Ti sei però reso conto che traspare una sorta di presunzione che ha dato fastidio ai Napoletani?

L.S.: Presunzione? Non lo so. Io ho scritto che quella di “abbandonare” Hamsik è stata una scelta politica di Berlusconi: in un momento di emergenza per l’immondizia e con un fresco sindaco avversario nello schieramento, ha preferito non fare una scelta impopolare. Mi hanno rinfacciato il fatto che il Milan non lo abbia preso perché troppo caro: può darsi, a me risulta che il Milan su Hamsik l’investimento lo avrebbe fatto, poi ognuno può credere a quello che vuole. L’espressione è stata infelice, ho chiesto scusa. Due volte. Non è bastato nemmeno questo: “un grande professionista non può sbagliare a scrivere”, “ti hanno imposto di chiedere scusa dall’alto”. Mi dispiace, ma io non voto per Berlusconi e non ho mai votato per lui: non sono questi gli ordini che prendo dall’alto. E’ vero che sono a SportMediaset dal 1986: per me è un vanto, non una vergogna. 

A.F.: Il popolo di Napoli è scottato da 15 anni di emergenza rifiuti, e toccare certe tematiche è ormai diventato delicato, soprattutto per i troppi che non capiscono che il Napoletano è vittima, non colpevole. Esprimi con sincerità il tuo pensiero sulla questione, tu che sei stato corrispondente per il Mattino e i Napoletani li conosci abbastanza.

L.S.: Il popolo italiano è scottato da decenni di emergenza rifiuti: la politica! L’immondizia è in televisione, negli spot pubblicitari, nel gossip, in internet, ovunque, è un nemico che ci insidia in ogni vicolo. Bisogna che gli italiani e i napoletani si convincano che a bruciare la monnezza ci dobbiamo pensare da soli. Ho sentito in Luglio un’intervista su Radio Rai al sindaco di Napoli, il giorno dopo il suo primo incontro a Roma con Berlusconi sul tema dell’immondizia: spero che il problema sia in via di risoluzione, così come lui auspicava. E’ una vergogna italiana, non napoletana.

A.F.: Nell’editoriale hai usato l’aggettivo “invasato” per descrivere De Laurentiis, senza però motivarlo. È chiaro che ti riferivi all’estate calda del presidente, ma non credi il patron azzurro, con tutti i suoi difetti, sia comunque un bene per il calcio italiano e non un male in questo momento in cui c’è bisogno di rinnovamento?

L.S.: De Laurentiis a mio avviso è vittima della sindrome della popolarità. Funziona così: produci film di successo da due generazioni, vinci Oscar, ma pochi sanno chi sei, ti riconoscono. Diventi presidente di una squadra di calcio e ti intervistano tutti i giorni. E’ vero che mi sembra un po’ invasato, nei toni e nei modi, in questo modo rischia di avere torto anche quando ha ragione. Quando parla di complotti, aizza le folle e sa che non è vero. Se so che a un tavolo sono seduti dei bari, io non mi ci siedo a mettere a rischio i miei soldi. 

A.F.: La rivalità tra Napoli e Milan si sta accendendo come negli anni 80 in vista della prossima stagione e la squadra partenopea sta offrendo l’opportunità di liberarsi da una sorta di “professata superiorità” del nord che non si può negare, non solo nel calcio. Senza retorica, come pensi che i Napoletani possano riscattarsi anche oltre il calcio?

L.S.: Questo è quello che ha scagliato tanta rabbia contro di me in queste ore. È un vittimismo strisciante, costante. Da cosa si devono riscattare i napoletani? E perché? Quando avevano la squadra più forte d’Italia, hanno vinto scudetti e coppe e nessuno li ha boicottati. In quegli anni io scrivevo per “Il Mattino”, ho conosciuto e lavorato con colleghi napoletani ai quali sono legatissimo, ho vissuto da testimone sfide meravigliose e mai nessuna di quelle sfide fu decisa da questioni arbitrali o di palazzo. La vicenda delle 100 lire in testa ad Alemao fu l’unica polemica, ma il Milan era arrivato bollito a fine stagione e comunque si consolò con la Coppa dei Campioni.

A.F.: Questo è il mondo di internet, dove ciò che viene posizionato sul web è monitorato oltre il proprio recinto. Tutto questo evidenzia anche gli errori della televisione. Voglio dire che il potere mediatico di Milano, rispetto a Napoli che non ha neanche un’emittente nazionale, è vissuto male dai Napoletani che sentono parlare prevalentemente delle tre grandi storiche, a scapito anche dei giornalisti che, non avendo un contatto diretto col pubblico, perseverano nell’errore. Sportitalia, ad esempio, è l’unica redazione sportiva che tratta nord e sud allo stesso modo e i meridionali stanno migrando li, ne va preso atto. “Controcampo” è inviso ai Napoletani da quando Cruciani fa trasparire una certa antipatia per Napoli sia da quel pulpito che da Radio24. Non credi che anche le TV del nord debbano rivedere il loro modo di fare per non dividere anche sportivamente la nazione e perdere consensi?

L.S.: Ho lavorato 26 anni con Maurizio Mosca e grazie a lui ho imparato, tra le tante cose, che il calcio italiano non è solo Milan, Inter e Juventus. D’estate da anni, con grande entusiasmo e passione, seguo i ritiri estivi di Lazio e Fiorentina in particolare, ma anche Bari, Genoa, Bologna, Parma, Siena… Tu dici Nord contro Sud: ma lo vedi cosa succede tra i tifosi di Brescia e Atalanta? Tra quelli di Roma e Lazio? Verona e Vicenza? Genoa e Sampdoria? Foggia e Taranto? Non credi che il campanilismo spacchi l’Italia in mille pezzi e non solo in due tronconi? La cultura dovrebbe arrivare dalle scuole, dalle televisioni, dai giornali. Invece non sappiamo nemmeno difendere il nostro Crocifisso nelle aule, invece celebriamo Corona, invece ci insultiamo e ci ammazziamo per il pallone. E’ una strada lunga, incidenti come quello in cui sono incappato io non aiutano a crescere purtroppo. Quanto a Cruciani e alla faziosità dei programmi sportivi di Mediaset, sono di parte, ma vivendo la quotidianità della redazione non posso davvero assecondare la tesi di anti-napoletanità o anti qualsiasi altra cosa. Viviamo di pubblicità, ascolti e di abbonati, anche solo per opportunismo non converrebbe a nessuno essere faziosi, a Cologno.

A.F.: In chiusura, ti chiedo come si possa fare in modo che Napoli e Milan, primarie realtà calcistiche del Sud e del Nord del paese, e tutti gli addetti ai lavori che vi gravitano attorno, possano distendere le piazze e, perchè no, fare in modo che i milanisti, la cui squadra uscì tra gli applausi quella domenica del 1988, non cantino più “colerosi, terremotati, forza Vesuvio” che è coro razzista mai sanzionato nonostante le norme della FIGC, e si dovrebbero sospendere le partite, senza che sia stigmatizzato da nessuno come se fosse un normale sfottò?

L.S.: Anni fa ho scritto un libro per la “Sperling&Kupfer”, con un titolo infelice (scelto da loro: come vedi le espressioni infelici capitano a tutti): “Il libro delle liste sul calcio”. Titolo terrificante. Era un condensato di curiosità, aneddoti, stravaganze del calcio e un capitolo era dedicato a quei cori offensivi e a quello contro i napoletani in particolare. Ad oggi, se non ricordo male, gli arbitri hanno sospeso una partita solo per uno striscione contro Collina. Le corporazioni in Italia sono un’altra piaga da cui non ci riusciamo a liberare. Per quei cori come per le violenze che vengono perpetrate negli stadi a tutti i livelli, vale sempre lo stesso concetto: le leggi ci sono, bisognerebbe applicarle con severità.

A.F.: Partita sospesa anche per razzismo contro Eto’o a Cagliari dopo le ire di Moratti per l’accanimento contro Balotelli, come dire che i neri sono tutelati e i Napoletani no, ma potremmo discuterne a lungo e ad ogni modo la tua risposta è buona comunque. Grazie Luca, ci vediamo a Napoli-Milan. Credo che la polemica si possa chiudere serenamente qui. I Napoletani sono focosi ma sanno anche dimenticare quando capiscono che non c’è cattiva intenzione e premeditazione.

L.S.: Grazie a te. Mi hanno accusato anche di passare da carnefice a vittima per i toni successivi all’editoriale incriminato, sinceramente confesso che questa polemica così violenta mi ha amareggiato e avvilito. Ho sangue sudista, ho amici, tanti, e colleghi napoletani nel cuore come Carratelli, Coppola, Esposito, Iavarone, Auriemma, mi conoscono di persona e sanno che uno dei ricordi più belli della mia vita professionale, è quella foto che questa estate mi ha taggato su Facebook un milanista: avevo 25 anni e premiai in campo al San Paolo Diego Maradona per il “Supergol dell’anno”. Raccontandolo, sono ruffiano e leccaculo anche adesso, probabilmente. Ma almeno questa volta nei confronti dei napoletani e non di Berlusconi. Grazie a te per la grande, civile opportunità che mi hai concesso.

Razzismo condannato e razzismo consentito

Razzismo condannato e razzismo consentito

Nel corso del match amichevole Italia-Romania del 17 Novembre 2010, altra manifestazione di sottocultura italiana con i “buuu” rivolti a Balotelli.

Ciò che sdegna di più è però la condanna corale dai media (giustissima) che tacciono però per altre forme di razzismo non meno evidenti e schifose.
C’è tanto da fare e lavorare in questo paese.

Proprio nella stessa giornata, Angelo ForgioneIlario Imparato ne parlano a “Si Gonfia la Rete” su Radio CRC targato Italia.