Angelo Forgione – Oggi ho partecipato per invito alla riunione della Commissione Toponomastica del Comune di Napoli in cui si è discusso dell’intitolazione dello stadio cittadino a Diego Armando Maradona. La Commissione, all’unanimità, ha approvato il documento che propone il toponimo secco “Stadio Diego Armando Maradona”.
Ho proposto alla presidente, Laura Bismuto, e all’intera Commissione, nonché al Sindaco e all’Assessore allo Sport, di scrivere la parola stadio inserendo l’emblematica sigla D10, ovvero “StaD10 Diego Armando Maradona“, e di provvedere anche a un contest per una realizzazione grafica dell’idea.
Gli esiti della riunione di stamattina passano ora alla Commissione Tecnica presieduta dal Sindaco, che si riunirà venerdì, per procedere poi con delibera di Giunta comunale e Prefetto.
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Una piazza per Totò
Angelo Forgione – Caro Totò, ti hanno finalmente consacrato. Prima snobbato e ora insignito, dalla Laurea honoris causa a una piazza nel tuo quartiere, e chissà che non portino qui, prima o poi, la tua tanto bistrattata statua.
“Al mio funerale sarà bello assai – dicesti in vita – perché ci saranno parole, paroloni, elogi, mi scopriranno un grande attore: perché questo è un bellissimo Paese, in cui però per venire riconosciuto di qualcosa, bisogna morire”. Forse immaginavi di essere apprezzato più velocemente post mortem, almeno nella tua Napoli, dove corresti a riposare. E invece hai incontrato l’ostracismo dell’intellighenzia partenopea, che al tuo ricordo non ha voluto dar vigore. Ma la livella, ce l’hai insegnato tu, sistema tutto. Ed eccoti qui, riconosciuto tra i simboli universali della Napoli del Novecento, a furor di popolo, non d’altri.
(ph: Riccardo Siano)
Una strada per i martiri di Pietrarsa
Angelo Forgione – Tutto sommato non c’è voluto tanto per affermare una verità nascosta. Quattro anni fa l’eccidio di Pietrarsa del 1863 era sconosciuto, relegato all’oblio degli archivi e alla consapevolezza di quei meridionalisti che sapevano, e che nel corso di questi anni l’hanno portato alla luce a furia di commemorazioni nel Museo ferroviario di Pietrarsa. E così, nella giornata di sabato 19 dicembre, una strada di San Giorgio a Cremano è stata finalmente intitolata al ricordo dei martiri di Pietrarsa, uccisi in difesa del loro lavoro ben 23 anni prima degli analoghi incidenti di Chicago per cui fu istituita la festa dei lavoratori del 1 maggio.
Qualche anno per far emergere una verità dimenticata per più di un secolo, e va bene che sulla targa toponomastica vi sia scritto “caduti sotto il fuoco sabaudo”, rimarcando che, nel 1863, il già fuoco italiano odinato dal questore Nicola Amore, poi sindaco di Napoli (ancora oggi issato ad esempio di buona amministrazione), era fuoco obbediente ai voleri di Torino.
Via Martiri di Pietrarsa sostituisce l’antico toponimo di via della Ferrovia, su proposta dall’assessore all’urbanistica del comune vesuviano, Pietro De Martino. E già negli anni Novanta, l’ex sindaco Aldo Vella aveva cancellato di forza l’allora piazza Garibaldi per intitolarla a Massimo Troisi. Gli uomini cui è dedicato il ricordo sono Luigi Fabbricini, Aniello Marino, Aniello Olivieri e Domenico Del Grosso, quattro operai (ma forse furono di più; NdR) che il 6 agosto 1863 furono uccisi da Bersaglieri, Carabinieri e Guardia Nazionale alle spalle durante uno sciopero di protesta contro i licenziamenti e le condizioni disumane di lavoro a cui erano stati costretti dai nuovi proprietari della fabbrica. Il Real Opificio di Pietrarsa, uno dei vanti dello Stato borbonico, che su un’area adiacente alla prima tratta ferrata, la Napoli-Portici, aveva sfornato le prime locomotive italiane, fu destinato allo smantellamento e al declino per decisione delle nuove classi dirigenti dell’Italia appena unita, decise a trasferire le commesse verso gli stabilimenti Ansaldo di Genova.
Dopo questo risultato, magari un giorno vedremo i segretari dei sindacati nazionali festeggiare il 1 maggio a Pietrarsa, luogo simbolo della lotta operaia in Italia.
collegamento con Radio Marte del 1 maggio 2012
Caro Pino, Napoli non ha capito cos’è ‘a carta sporca
Angelo Forgione – Nella toponomastica napoletana spunta via Pino Daniele, giusto omaggio al grande innovatore della musica partenopea.
Qualcuno protesta per la strada designata, ma pare sia stata la famiglia a indicare proprio quella. Il vero problema è inaugurare la targa nella mancanza assoluta di decoro urbano, apporla a un muro completamente imbrattato. È un segnale preoccupante di assuefazione al degrado del Centro Storico di Napoli, il più grande d’Europa, patrimonio Unesco per la sua antichità e unicità. Le foto stanno facendo il giro d’Italia e oltre, comunicando tutta la disaffezione e l’incultura di una parte della città. Le competenze (condominiali), in casi del genere in cui è ampiamente prevedibile che ti osservi il mondo, non possono non essere ricondotte a un’esigenza superiore. La “lavata di faccia”, che pure avrebbe nascosto tutto il resto attorno, era doverosa almeno per onorare la memoria del cantautore, proprio colui che cantò per denuncia “Napule è na carta sporca e nisciuno se ne ‘mporta”. Anche stavolta nessuno se ne è importato.
Compiuto a tempo di record l’atto amministrativo, sull’onda emotiva che ha travolto l’Italia intera, è ora auspicabile la cancellazione dei nomi di personaggi in constrasto storico con Napoli e la sua storia, per fare spazio ai veri grandi napoletani che hanno comunicato la napoletanità nel mondo. Penso ad esempio a Eduardo Di Capua, autore di O sole mio, ‘I te vurria vasá e altri capolavori immortali della Canzone napoletana, conosciuti ad ogni latitudine, vergognosamente dimenticato dalle amministrazioni comunali che mai hanno pensato di dedicargli una strada (come ha invece fatto il Comune casertano di Marcianise).
Una strada per Ferdinando II
Angelo Forgione – Nel 2009, battendo Eduardo De Filippo e Federico II, Ferdinando II di Borbone fu “eletto” superpersonaggio storico di Napoli in un lungo divertissement online del Corriere del Mezzogiorno. Ora la Fondazione “Il Giglio” e il Movimento Culturale Neooborbonico chiedono al Comune di Napoli di intitolargli una strada, dopo la delibera di intitolazione toponomastica di uno slargo ad Enrico Berlinguer (intersezione pedonale tra Via Toledo e via Diaz) e la proposta del sindaco De Magistris di intitolare una strada, una piazza o un giardino di Napoli a John Lennon.
I promotori dell’iniziativa chedono di inviare una email al Sindaco, all’indirizzo sindaco@comune.napoli.it, chiedendo “che sia intitolata una piazza importante o una strada principale della città a Ferdinando II di Borbone, il Re che fece grandi Napoli capitale e il Regno delle Due Sicilie”. Lo stesso Corriere del Mezzogiorno sta proponendo un sondaggio (clicca qui) per verificare l’eventuale gradimento della proposta.
L’operato politico di Ferdinando II, di cui ho parlato in Made in Naples e che ho focalizzato sotto il profilo economico nel Cenno Storico sulle opere pubbliche eseguite nel Regno di Napoli, è riassunto nell’intervento di Gennaro De Crescenzo, tra i promotori dell’iniziativa, nell’intervento alla trasmissione Baobab di Radio Rai (minuto 8:00).
Quando Massimo Troisi scalzò Giuseppe Garibaldi
Angelo Forgione per napoli.com – Impossibile non pensare a Massimo Troisi a venti anni esatti dalla sua scomparsa. Ogni parola potrebbe sovrapporsi a mille altre, ed è meglio che ognuno trovi le sue. Io preferisco ricordare il Pulcinella senza maschera nel 1977, quando, con fine sarcasmo, denunciò la questione meridionale: «Ho capito perché a noi meridionali ci hanno chiamato Mezzogiorno d’Italia. Per essere sicuri che a qualunque ora scendevano al Sud si trovavano sempre in orario per mangiarci sopra. Ma il napoletano è allegro, simpatico, ha la musica nelle vene. E per forza… Voi il sangue ce l’avete succhiato tutto quanto!» (guarda il video).
Preferisco ricordare Massimo nel 1981, quando, intervistato da Isabella Rossellini, analizzò l’abbandono istituzionale del popolo napoletano: «Se i napoletani sapessero dov’è il potere lo andrebbero ad assediare. E invece il potere si nasconde in modo subdolo. Ma quando si saprà chi è sarà dura per lui» (guarda il video).
Preferisco ricordare Massimo la sera del 17 maggio 1987, quando andò in onda su Rai Uno, in diretta da Napoli, uno show celebrativo del primo scudetto azzurro. Una “falsa” intervista di Gianni Minà culminata con uno sferzante sfogo mascherato con brillantissima ironia. Il giornalista piemontese gli ricordò: «Al Nord sono comparsi striscioni del tipo “siete i campioni del Nord-Africa”. L’Unità d’Italia non è mai avvenuta!». Il compianto attore, in epoca di apartheid, rispose: “È invidia che chi vince si deve portare dietro. Io intanto, sinceramente, preferisco essere un campione del Nord-Africa piuttosto che mettermi a fare striscioni da Sud-Africa» (guarda il video).
Mi piace infine ricordare il coraggioso atto di Aldo Vella, ex sindaco identitario di San Giorgio a Cremano, che negli anni Novanta cancellò di forza l’allora piazza Garibaldi e la intitolò a Troisi. L’iniziativa attirò critiche e veti, a cominciare dalla Società di Storia Patria di Giuseppe Galasso, ma la prova di forza fu vinta e la cerimonia avvenne l’11 gennaio 1997, alla presenza di cittadini, familiari di Massimo e dell’allora ministro dell’Interno Giorgio Napolitano. Garibaldi fu spodestato per la prima volta da una piazza italiana, restituita all’identità del territorio, e fu un po’ come cambiare la storia.