Massimo Troisi offeso dalla sua San Giorgio

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Angelo Forgione“Io non sono napoletano. Sono di San Giorgio a Cremano”. È una delle frasi di Massimo Troisi che illuminano il Natale della cittadina natia del compianto attore. Ed è esplosa la polemica.
Conosco la napoletanità di Giorgio Zinno, sindaco di San Giorgio, la cui amministrazione ha meritoriamente e coraggiosamente cambiato l’odonimo dello slargo del Comune, da piazza Vittorio Emanuele II a piazza Carlo di Borbone. Ma sono anche certo che Massimo Troisi, se tornasse tra noi, andrebbe su tutte le furie per la strumentalizzazione di una frase ironica che faceva il verso a quella di Sophia Loren («Io non sono italiana, sono napoletana»). Messa così, per fare luminaria natalizia in una strada della città, nega la spiccata napoletanità di Troisi e rischia di non essere capita dalle giovani generazioni locali, che magari il loro concittadino non lo conoscono per la persona che era e che potrebbero interpretarla in senso di avversione al capoluogo.
Piuttosto, un serio Troisi disse a Marzullo: «Io non mi sento mai rapportato ai napoletani. Io mi sento napoletano, che è diverso. Ti levi dall’imbarazzo della bandiera o dei comunicati, o delle cose. Io so’ napulitano, nun l’aggio dimostra’ a nisciuno e nun l’aggio spiega’ a nisciuno».
Sono certo che il sindaco Giorgio Zinno, vesuviano di San Giorgio con profondo senso della napoletanità proprio come Troisi, riparerà a una leggerezza che offende la memoria di Massimi’.

 

A San Giorgio è tornato don Carlos

Angelo ForgioneL’invasore è sceso dall’usurpato trono di San Giorgio a Cremano, lasciando il posto a chi aprì la strada, il Miglio d’Oro, verso gli scavi e le ricchezze antiche che il mondo occidentale ammirò.
Il primo comune ad aver bandito, nel 1998, tra critiche e forti opposizioni, il nome di Garibaldi per Massimo Troisi, oggi ha bandito Vittorio Emanuele II dalla piazza antistante il municipio per Carlo di Borbone, precisatamente di Napoli e Sicilia, così come era detto a Napoli, non Carlo III di Spagna, che è nomenclatura assunta a Madrid nel 1759.
Prendano esempio tutti gli amministratori del Sud colonia, a cominciare da quelli di Napoli, nascosti dietro l’odonimo di Carlo III, che così detto lo si vuol intendere straniero, e sudditi di certi poteri irriverenti nei confronti di una verità e di un’identità cui sempre più il popolo guarda.
Un altro passo in direzione della riaffermazione dell’identità storica meridionale, cancellata da una odonomastica risorgimentale imposta dagli uomini di massoneria che, ad Unità avvenuta, si impegnarono nell’obiettivo di forgiare una nuova coscienza collettiva della Nazione attraverso la celebrazione dei Padri della Patria, de facto ladri della patria napolitana, anch’essi massoni, elevati a somme figure morali della moderna storia nazionale nei libri di storia, negli odonimi stradali e sui basamenti monumentali dello Stivale. Un’operazione di ingegneria sociale che sta esaurendo la sua incisività nella consapevolezza e nell’identità di buona parte dei napoletani e non solo, seppur con fisiologica lentezza.

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