A Napoli muoiono i partiti e gli elettori. De Magistris non faccia ammazzare il porto e il turismo.

Angelo Forgione De Magistris bis! Vittoria schiacciante, ed era ampiamente prevista. Ribadita la vittoria di cinque anni fa, quando già l’astensionismo aveva connotato il ballottaggio d’andata con Lettieri. Allora votò il 50% dei napoletani, dieci punti sotto la media nazionale. Al ritorno, cinque anni dopo, la percentuale è drammatica: neanche il 36% è andato alle urne, e ciò significa che il sindaco confermato è espressione di un napoletano su quattro. Non si può non rilevare che De Magistris ha perso circa ottantamila voti rispetto a cinque anni fa, quando a dargli la preferenza furono in 264.730 elettori, contro i 185.907 di oggi. Nulla toglie al vincitore, e però la città dimostra di essere non solo indolente e disinteressata ma sempre più sfiduciata e incapace di riscontrare nelle figure in competizione un’idea di amministrazione. Molto ha contato anche una compagna elettorale avvelenata e priva di contenuti, sfociata nella mancanza di confronto, di cui invece la cittadinanza avrebbe avuto assoluto bisogno per un coinvolgimento collettivo, smorzato anche dalle reti nazionali, che a Napoli hanno dedicato un posto di secondo piano, talvolta cancellandola.
De Magistris ha doppiato Lettieri per manifesta inconsistenza dello sfidante e di quelli che lo hanno affrontato al primo turno, e ci è riuscito per diversi motivi. Tre i più incisivi. Punto uno: il sindaco ha saputo raccogliere il sentimento identitario e autonomista crescente. Punto due: nel centro di Napoli è sparita la grande immondizia. Punto tre: a Napoli stanno tornando i turisti. Tanto è bastato per ribadire la supremazia sugli avversari, ma non per il rilancio della città, che è ancora lontano, e resta anche un’incognita sotto lo scontro con il Governo nazionale. Ed è proprio qui che l’ex magistrato si gioca il secondo tempo della sua partita locale, perché tre importanti nodi urbanistici vanno sciolti velocemente, e passano proprio per Palazzo Chigi. Il porto, Bagnoli e Napoli Est. Il porto prima di tutto, il primo per le merci d’Italia e uno dei principali per passeggeri, la prima azienda della Campania, un fulcro di sviluppo della città, che però perde terreno e traffici rispetto agli altri scali italiani e quelli del Nord-Africa a causa del mancato dragaggio dei fondali, ovvero la rimozione dei fanghi che non consentono l’approdo delle più grandi navi merci, ma anche della mancanza di raccordo con la rete ferroviaria nazionale per lo smistamento su ferro. Per non parlare della mancanza di elettrificazione, che costringe le imbarcazioni pesanti a tenere i motori accesi durante l’ormeggio e a inquinare l’area urbana a ridosso. Se non si porrà presto rimedio al problema della profondità dello scalo portuale si andrà incontro anche alla perdita delle navi da crociera. Bagnoli e Napoli Est poi, aree di ruderi industriali interessate da una riconversione ferma anch’essa al palo da decenni. Insomma, un immobilismo che sta paralizzando l’economia della città, al quale De Magistris dovrà provare a richiedere soluzione veloce pur nel suo conflitto in atto contro il premier Renzi e quello annunciato contro le tecnocrazie, le oligarchie e i poteri forti d’Europa. Tocca a lui sbattere i pugni sul tavolo per sollecitare Roma a sbloccare le situazioni. E poi bisognerà mettere mano al recupero monumentale e architettonico. Il piano per il Centro Storico Unesco, prima di tutto, con gli stanziamenti rimasti nel cassetto e riprogrammati. La restituzione alla città della Galleria Umberto, abbandonata e degradata, cui dare il decoro che Milano riesce a garantire, accelerando coi restauri (di tutti i monumenti cittadini) col freno al mano tirato, e studiando un regolamento per l’omogeneità delle insegne degli esercizi commerciali, come nel caso esemplare del capoluogo lombardo. Il recupero della Villa Comunale e della Riviera di Chiaja, spazio preso in ostaggio da una discutibile linea metropolitana che ha sfigurato i luoghi e anche qualche storico palazzo. Il restyling del lungomare pedonalizzato, che necessita di una risistemazione turistica. L’incremento del turismo e il miglioramento dell’accoglienza dovrà essere il vero obiettivo del primo cittadino, perché è quella la vera risorsa di Napoli. Complici i timori internazionali, i flussi turistici verso il Vesuvio sono in crescita. La città ha raddoppiato gli incassi della tassa di soggiorno versata dai turisti, che però non vengono reinvestiti interamente per il miglioramento dei servizi turistici della città, come avviene altrove. Con il solo 30%, il Comune di Napoli è all’ultimo posto nella classifica italiana per reinvestimento dei ricavi turistici. Nelle casse di Palazzo San Giacomo ci sono circa 4,5 milioni di euro che il sindaco deve reindirizzare in buona parte sul settore dal quale provengono, anche perché l’offerta alberghiera della città è quasi satura e si prospetta la necessità di creare nuove strutture ricettive. Non meno importante, il potenziamento della comunicazione, davvero carente per una città che non riesce a dire al mondo che i suoi musei sono tra i più ricchi e importanti d’Europa, che in città ci sono tre dipinti di Caravaggio, la Collezione Farnese, il Tesoro di San Gennaro, tanto per dire, e un’offerta complessiva impareggiabile. E poi ci sono le periferie da attenzionare, troppo trascurate rispetto ai quartieri centrali, la raccolta differenziata da incrementare, la pulizia ordinaria delle strade, la sicurezza da migliorare, lo stadio da rifare, e diversi altri problemi cui mettere mano davvero. È questo il lavoro da fare, a testa bassa, in una città che vuol essere a suo modo autonoma e tornare artefice del suo cammino, ma che deve necessariamente fare i conti con un governo settentrionalista. Per ora Napoli si conferma capitale dell’astensionismo. È un dato allarmante che perde peso solo perché la città in cui risultano in coma i partiti e pure gli elettori non è ritenuta prioritaria nel panorama politico nazionale. Riuscirà il sindaco autonomista a ridarle centralità? A proposito, il PD si salva a Milano e a Bologna, ma perde la prima, la terza e la quarta città d’Italia, di fatto in mano all’antipartitismo. Il partito della rottamazione sembra avviarsi, con tutta la vecchia politica, allo sfasciacarrozze. Una bella soddisfazione per De Magistris, sulle cui minacce di incontinenza in molti hanno forse troppo ironizzato.