Gli omicidi in numeri per regioni

Angelo Forgione Interessanti spunti offrono le ultimissime statistiche Eurostat dei tassi nazionali e regionali di mortalità per omicidio (immediato o per conseguenze di aggressioni non immediatamente letali) in relazione al numero di abitanti, con ultimi dati relativi al 2017, anno in cui nell’Unione europea (UE) sono decedute un totale di 3124 persone a seguito di un’aggressione, la maggior parte uomini (65%).

Il tasso di mortalità per aggressione più alto appartiene ai Paesi Baltici, più violenti, pare, per l’elevatissimo consumo di alcool. Lettonia in testa con 3,8 morti ogni 100mila abitanti. Seguono Lituania ed Estonia, rispettivamente con 2,8 e 2,3 morti ogni 100mila abitanti. Malta e Romania al quarto e quinto posto, rispettivamente con 1,6 e 1,5 morti ogni 100mila abitanti. Il tasso più basso è del Lussemburgo (0,2), seguito da Germania e Irlanda (entrambi 0,4) e poi da Italia, Slovacchia e Francia (ciascuno con un tasso di 0,5), sotto la media dei 27 Paesi dell’Unione, anche se alcune colonie francesi sono in testa per tassi regionali.

Per quanto concerne le regioni italiane, il valore più alto si registra in Puglia, con 1,24 decessi ogni 100mila abitanti. Segue la Sardegna con 0,9 e poi la Calabria con 0,78. Sopra la media anche Sicilia e Abruzzo, entrambe con 0,51.

Una componente non trascurabile degli omicidi in Italia è quella legata alle associazioni di tipo mafioso, che coinvolge malavitosi, appartenenti alle forze di polizia o alla magistratura e vittime di errori. Nel 2017, dalle organizzazioni mafiose dello Stivale sono stati commessi 45 dei 357 omicidi volontari, il 12,6% del totale.
Interessante a tal proposito il dato della Campania, che è sensibilmente sotto la media nazionale e dietro a Lombardia, Emilia Romagna e Friuli ma anche all’Abruzzo, nonostante nel quinquennio 2013-2017 le vittime ascrivibili alle cosche campane abbiano rappresentato il 45,4% del computo totale, ovvero quasi un omicidio su due. Facile dedurre che una Campania senza Camorra, l’organizzazione criminale che incide di più sui dati regionali, sarebbe persino in fondo alla classifica. Un po’ meglio si piazzerebbero Sicilia e Calabria senza Cosa Nostra e Ndrangheta, che sui dati regionali pesano rispettivamente per il 25,5% e il 19,8%. Discorso diverso per la Puglia, dove mafie foggiane e Sacra Corona Unita impattano solo per il 4,8% sul preoccupantissimo dato regionale.

fonti:

https://ec.europa.eu/eurostat/web/products-eurostat-news/-/DDN-20200902-1

https://www.istat.it/it/files/2018/11/Report_Vittime-omicidi.pdf

Il perverso intreccio che soffoca il Sud

Angelo Forgione Il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho avvisa che Cosa nostra e ‘Ndrangheta sono cresciute grazie alla massoneria:

«È la massoneria che comanda e ha la forza di sviluppare economia. Rappresenta quella camera in cui le varie forze condividono progetti. Al suo interno ci sono mafia, politica, professionisti e anche magistrati. Il Legislatore dovrebbe interrogarsi sull’opportunità che nella nosta società possano esistere ancora organizzazioni segrete.»

Cose di cui sono perfettamente al corrente i più alti vertici massonici a Londra e chiunque mastichi la materia. Ma è importante che lo dica a gran voce il procuratore nazionale antimafia, dando l’esatta dimensione di quel perverso intreccio tra logge massoniche deviate, politica e mafie, che poi altro non sono che paramassonerie nate in epoca carbonara con riti, codici verbali e toccamenti.

Per comprendere certe dinamiche è il caso di fare un po’ di storia e di ricordare cosa accadde con l’Unità d’Italia. Il patto del Gran Maestro Giuseppe Garibaldi con i picciotti e i camorristi di allora è il simbolo di un abbraccio ancora esistente, di cui Londra è ben al corrente, poiché le mafie tornavano utili agli inglesi per destabilizzare il meglio geo-posizionato Regno delle Due Sicilie e minarne la politica mediterranea in vista dello scavo del Canale di Suez.
I massoni, nel secondo Ottocento, sentirono l’esigenza di muoversi nello scenario politico del proclamato dello Stato unitario in maniera riservata e segreta. Il Grande Oriente d’Italia si mosse per salvaguardare l’identità degli affiliati più in vista, e così, nel 1877, l’allora Gran Maestro, il pratese Giuseppe Mazzoni, costituì la loggia Propaganda massonica, sciolta dalla repressione fascista e poi ricostituitasi nel dopoguerra, dopo che gli anglo-americani si erano avvalsi del crimine organizzato per la “liberazione” dal Fascismo, che alle mafie e alle logge aveva tagliato i viveri. Nuovo nome: Propaganda 2, cioè la P2, poi completamente deviata dal Maestro venerabile Licio Gelli, pistoiese, manovratore di un club esclusivo di imprenditori e funzionari statali di ogni livello capaci di condizionare in modo occulto le alte istituzioni dello Stato.

Insomma, un perverso intreccio che tiene sotto scacco il Sud dalla nascita della nazione italiana, con conseguenze sull’intero paese. Mirabile, a tal proposito, un eccezionale sketch di un geniale Corrado Guzzanti del 2011, in epoca di celebrazioni del 150esimo anniversario dell’unità d’Italia. Un mafioso che manda al diavolo Berlusconi e poi riceve l’immediata telefonata di un massone che gli impartisce l’ordine di recarsi velocemente a Roma.
Quando la satira spiega meglio di ogni cosa cos’è l’Italia.

per approfondimenti: Napoli Capitale Morale (Angelo Forgione – Magenes, 2017)