L’arte senza cultura in autostrada

L’arte senza cultura in autostrada

una mostra raffigura Napoli come “informe parassita”

I tantissimi simpatizzanti di V.A.N.T.O. rappresentano i mille occhi del movimento. Un’altra dimostrazione arriva da Giuseppe, un napoletano in viaggio di piacere in Toscana che ci ha inviato queste foto scattate in un’area di servizio “Chef Express”. Si tratta di una mostra itinerante dal nome “Viaggio in Italia” di Giulio Galgani, realizzata in collaborazione con Autostrade per l’Italia e Gruppo Cremonini, allestita nell’ingresso del punto ristoro con opere polimateriche raffiguranti le regioni italiane con precisi significati simbolici spiegati nelle didascalie. Tutte piacevoli tranne una, quella “dedicata” alla Campania, che ha giustamente offeso Giuseppe per l’utilizzo di significati degradanti nonchè offensivi. “Un fondo reticolato blu su cui Napoli si staglia come un’immensa concrezione abusiva, una specie di informe parassita, dove elementi religiosi si affollano e convivono insieme a cozze e vongole”.
Avete letto bene, non è uno scherzo: Napoli incrostazione abusiva, parassita senza forma, sovrapposizione di credenza a vita decerebrata (i mitili). Concetti descrittivi espliciti ed esplicitati che ne nascondono uno subliminale implicito nel raffigurazione visiva: Napoli cancro, una metastasi che corrode la purezza della vita (il mare o il cielo blu).
Se la mostra avesse come tema la denuncia delle mafie, la creazione potrebbe essere apprezzabile. Ma ciò non è, e l’opera fa arte sostituendo alla cultura i luoghi comuni sbattuti in faccia agli automobilisti italiani.
La mostra è patrocinata dal Comune di Firenze, dalla Regione Toscana, dalla provincia di Arezzo e nasce come contributo di creatività alle celebrazioni per i 150 anni d’unità d’Italia in cui è inserita. E meno male! Il nome “Viaggio in Italia”, poi, ci ricorda Goethe e il “Grand Tour”; anzi è proprio quello. “Napoli è un Paradiso, tutti ci vivono in una specie di inebriata dimenticanza di sé…”, scrisse il letterato tedesco nel vero “Viaggio in Italia”.

per contatti:
info@giuliogalgani.com
galgani.giulio@yahoo.it

info@cremonini.com
info@chefexpress.it

Piccoli espedienti per non cambiare gli italiani

Piccoli espedienti per non cambiare gli italiani

Giovanni De Luna ignora il PIL senza differenze del 1861 

Sul n° 1252 de “Il Venerdì” (16 Marzo) è apparso a pagina 42 un articolo a firma dello storico Giovanni De Luna dell’Università di Torino, curatore scientifico di una mostra apertasi nel capoluogo piemontese il 17 Marzo dal nome Fare gli italiani con il patrocinio del “Comitato Italia 150”.
Sulle pagine del periodico di “Repubblica”, De Luna parte proprio dalla mostra per descrivere le trasformazioni del nostro paese, dall’unità ad oggi. Lo scritto è corredato da alcune tabelle di confronto tra dati più o meno attuali e quelli del 1861. Tutte, tranne una, ovvero la tabella riferita all’Economia che stranamente riporta il dato del PIL per abitante al 1871, quello che evidenzia la prima differenza tra Nord e Sud destinata poi ad aumentare a dismisura: Centro-Nord a 2.230, Sud a 1.884. La quantomeno subdola tabella non solo falsa la percezione del dato al momento dell’unificazione ma è anche l’unica con una ripartizione tra Mezzogiorno e resto d’Italia ed è chiaro che il dato tenda ad avvalorare tesi costruite sul classico accorgimento della considerazione di dati regionali noti dal 1871, dopo dieci anni di vera e propria guerra civile per la repressione del brigantaggio che devastò il Sud unitamente alla spoliazione dell’apparato economico e industriale dell’ex Regno delle Due Sicilie. De Luna, come tutto l’ambiente della storiografia di sistema, continua ad ignorare il dato del saggio dei professori Malanima e Daniele così come quelli dello SVIMEZ e della Banca d’Italia, tutti eloquenti sul fatto che, al 1861, il PIL fosse identico tra Nord e Sud.
Si fa proprio di tutto affinché l’origine della questione meridionale sia anteriorizzata all’unità, nascosta da qualche parte nel tempo della nostra frammentazione prerisorgimentale. Il fatto è che l’unificazione forzata dai Savoia, per chi si oppone ai dati sempre più schiaccianti, non deve essere comunicata come l’origine dei mali economici e sociali del Sud.
È chiaro a tutti che le condizioni del paese siano migliorate in un secolo e mezzo (molto più al Nord che non al Sud), ma la gente, che certe ovvietà le conosce già, vuole approfondire altri spaccati della nostra storia. E invece la canzone è sempre la stessa, e se la cantano e suonano ormai solo loro.