Il vero Nobel per l’antibiosi

Angelo Forgione – Pensate cosa significhi la scoperta della penicillina e dell’antibiosi per l’umanità, e come fosse facile rischiare la vita per il graffio di un gatto fino a solo ottant’anni fa. Scoperta, di fatto, compiuta a Napoli da Vincenzo Tiberio decenni prima del premio Nobel Alexander Fleming, che sapeva del suo predecessore. Una storia che merita giustizia e riconoscimento da parte della comunità scientifica internazionale.
L’ho raccontata ad AdnKronos, insieme al nipote del vero scopritore delle proprietà antibatteriche delle muffe, con tanto di riconoscimento del presidente dell’Istituto Superiore di Santità.
Aspettando che le istituzioni italiane si attivino per dare il giusto risalto a un ricercatore molisano che a Napoli ha posto le basi per la guarigione dell’umanità da semplici infezioni.
E si continua a far luce sulla storia oltre la mistificazione e la banalizzazione.

Tremonti: «Vogliono che l’Italia faccia la fine che i piemontesi hanno fatto fare alle Due Sicilie»

Angelo Forgione Giulio Tremonti, ex ministro dell’Economia dei governi Berlusconi, e Ferruccio De Bortoli, ex direttore del Corriere della Sera, ospiti a In 1/2 ora di Lucia Annunziata, hanno affrontato Il tema del futuro dell’economia italiana alla luce della proposta avanzata dalla cancelliera tedesca Angela Merkel di un’Europa a due velocità, con un gruppo di testa.
Secondo Tremonti, i tedeschi non vorrebbero gli italiani nel gruppo guida perché «ci vogliono far fare la fine che i piemontesi hanno fatto fare al Regno delle Due Sicilie». E ha aggiunto: «Credo che nello spirito dei tempi e nell’andamento della storia si apra una fase sovranista, che non vuol dire chiudersi ma difendere quello che hai e valorizzarlo sull’esterno. Lo stanno facendo Usa e Germania, lo deve fare l’Italia. Non possiamo continuare a farci portar via la nostra roba. Il destino dell’Italia non è quello del non povero Regno delle Due Sicilie».
Nelle parole dell’economista lombardo, che dimentica di dire che la Lombardia si era unita al Piemonte, insorgerebbe per l’Italia un’esigenza protezionistica-sovranista, proprio quella per cui la storiografia risorgimentale ha condannato Ferdinando II di Borbone, statista non disposto ad indebolire l’economia del Mezzogiorno d’Italia per beneficio di interessi stranieri. Inghilterra e Francia fecero in modo che un indebitato Piemonte colonizzasse e devitalizzasse le Due Sicilie. Nacque un paese unito caricato del debito pubblico piemontese, debole economicamente e politicamente. Nulla è cambiato. A proposito, per Ferruccio De Bortoli, per non sprofondare «ci vogliono statisti veri e seri».

Mostra per il 150° in Toscana: Galgani risponde

Mostra per il 150° in Toscana: Galgani risponde

Copiose le email di protesta per la rappresentazione e la descrizione di Napoli nella mostra “Viaggio in Italia” indirizzate all’autore, agli enti pubblici patrocinanti e alla società Cremonini/Chef-Express. Riceviamo e pubblichiamo la risposta del Maestro Giulio Galgani, con conseguente replica di Angelo Forgione.

All’attenzione di tutte le persone coinvolte in questa debacle, se mi permette di dirlo, un po’ ingenua e sopra le righe.
Ci sono arrivate delle email in riferimento al blog personale di Angelo Forgione, che in un impeto di creatività ha pubblicato un articolo intitolato “L’arte senza cultura in autostrada”.
Tra l’altro è proprio dal sottotitolo del blog di Forgione che vorrei prendere spunto; su una veduta panoramica di Napoli posizionata in forma banner sul suo sito, si legge a chiare lettere “Baciata da Dio, Stuprata dall’uomo”. Al di là del linguaggio, forse un po’ demagogico, il sentimento che muove Forgione ha qualche attinenza (senza esagerare) con alcuni degli elementi che è possibile rilevare dalla Campania che mi sono immaginato per la serie delle mie geopitture.
Ovvero, vorrei chiedere a Forgione e a tutti i Napoletani che si sono così risentiti, come rappresenterebbero Napoli, in un’opera di sintesi (grafica, pittorica, scultorea) dovendo tener conto sia del bacio di Dio sia dello “stupro” e quindi della violenza dell’uomo sulla cultura di una comunità.
Sembra proprio che il motivo principale dello scandalo sia stato scatenato dalla combinazione della didascalia posta sotto la campania con la visione dell’opera.
Vi chiedo: avreste avuto la stessa reazione senza quella didascalia? Ovvero, senza quelle parole, scritte per’altro da un noto critico d’arte, Martina Corgnati, vi sareste avventurati in una libera lettura dell’opera e dei suoi elementi, cercando tutte le suggestioni in un percorso libero e incondizionato? Mi vorrei augurare di si, ma vorrei andare oltre.
Se leggeste con attenzione le parole della Corgnati, che come tutti i curatori di una mostra, si è limitata ad una lettura appassionata del tutto personale dell’opera, non impedendo certo che ognuno possa farsi il proprio percorso, se appunto leggeste bene quelle parole dovreste identificare un sentimento sofferente e certamente aspro relativo (forse) a quello stupro a cui allude proprio il Vostro Angelo Forgione:  “Un fondo reticolato blu su cui Napoli si staglia come un’immensa concrezione abusiva, una specie di informe parassita, dove elementi religiosi si affollano e convivono insieme a cozze e vongole”. Come a dire che gli elementi costitutivi della Napoli che è possibile osservare oggi, sono elementi complessi, stratificati, fatti di bellezza, ma anche di orrore, fatti di una storia incontrovertibilmente alta ma anche terribile, difficile, legata al complesso governo di una città che per un osservatore esterno può essere anche tutte queste cose insieme.
La visione credo debba sempre provocare, creare passioni anche contrastanti, non può essere statica e soprattutto, non può essere sempre mascherata da false lusinghe.
Persino un sommo poeta come Goethe, citato da Alessandro Cipolletta, che ci ha scritto con una violenza e un risentimento analogo, si trasforma, estrapolata dal contesto, in una visione opaca e falsificante, perchè il Viaggio in Italia di Goethe, oggi non può più essere lo stesso, addirittura non era più lo stesso per lo stesso Goethe sin dall’inizio, quando cominciava la sua avventura di viaggiatore, consapevole com’era della mutazione che colpisce tutti durante un viaggio: “Ovunque vada… tutto è come me l’ero figurato e al tempo stesso tutto nuovo”
Il mio invito, per stemperare gli animi, è quello di avventurarsi in una lettura più adulta dell’arte da parte vostra, e per adulta intendo più libera, combinatoria, senza le griglie imposte da una rappresentazione da cartolina.
Il progetto che ho portato avanti con viaggio in italia, è legato principalmente a questo concetto, la mutazione di una morfologia esteriore e interiore, lavorare con gli elementi (banali e meno banali) della terra, metterli insieme anche con simboli popolari e soprattutto non aver nessuna paura di combinare un linguaggio colto con la trivialità del brutto che ci circonda ogni giorno.
Perchè vi chiedo, Napoli è solamente fatta di sole o anche di “stupro”, come ci racconta il Vostro Forgione?
Ma se a questo punto vi dicessi che non sono interessato a tutto ciò, che come Carmelo Bene, non credo affatto ad un’arte sociologica come allo stesso tempo non credo ad un’arte turistica, se vi dicessi che il mio interesse è sperimentare più linguaggi, anche in modo provocatorio, interrogandomi sulla combinazione di elementi in contrasto, tra segni e simboli del futuro e materiali della storia anche arcaica, che cosa mi rispondereste?
Vi siete forse preoccupati, come lettori, di provare a leggere questa stratificazione, come una diversa occasione, invece di applicare un’interpretazione cosi monolitica e reattiva alla prima superficie identificata?
Ho davvero la sensazione che il pregiudizio a volte, dimori davvero nel cuore di tutti noi, occorre un po’ più di libertà per avvicinarsi al mondo degli altri, l’arte è una via, ve la consiglio.
Giulio Galgani

Egregio Maestro Galgani,
per quanto il linguaggio del sottoscritto appaia demagogico, ci tengo a precisarLe che se quella didascalia suscita rabbia non è certo per la demagogia del mio articolo che è nato dal risentimento di un Napoletano osservatore in quel di Firenze che si è scomodato a segnalare la cosa.
Rispondo subito alla Sua curiosità e Le dico che, da artista quale sono (ho fatto le scuole d’arte e sono grafico oltre che giornalista), non avrei rappresentato Napoli come ha fatto Lei. Ma questo perchè conosco la Napoletanità, la storia di Napoli che studio quotidianamente e il vissuto contemporaneo che pure denuncio incessantemente nelle sue espressioni deleterie.
La violenza dell’uomo, lo stupro, è ciò che io stesso pongo in evidenza, lo ha giustamente rilevato anche Lei; Napoli pulsa nel bene e nel male come un po’ tutta l’Italia, ma in maniera più forte. Io vedo solo messaggi negativi nell’opera, vedo mitili senza intelligenza, vedo credenza popolare, vedo la metastasi in mezzo al mare o al cielo se è vero che l’uomo con gli arti aperti è esotericamente la rappresentazione della stella e viceversa, marina o astrale che sia. Del resto è proprio la didascalia della Corgnati a supportare l’intento artistico confermando che non c’è alcun contrasto tra Napoli e Napoli ma bensì tra Napoli e il resto del territorio. Non c’è alcuna accezione positiva nella concrezione abusiva, nell’informe parassita, nelle cozze e nelle vongole. Insomma, solo messaggi negativi. Della bellezza e della storia alta non c’è traccia, solo orrore, quasi come se poi l’orrore dimorasse qui e solo qui.
Un artista (come un qualsiasi uomo) deve sottoporsi alla critica del pubblico oltre che a quella dell’esperto. E se chi osserva l’opera ne resta sdegnato, qualche motivo ci sarà, senza per questo voler limitare la sua vena artistica. Questa Sua, poi, è una creazione che coinvolge diverse sfumature della società italiana nel suo complesso e se per un toscano la cosa può passare inosservata o essere condivisa è chiaro che per un napoletano le emozioni suscitate possano essere evidentemente diverse.
La invito ad approfondire Napoli per ciò che è davvero, non per ciò che appare.
Angelo Forgione
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L’arte senza cultura in autostrada

L’arte senza cultura in autostrada

una mostra raffigura Napoli come “informe parassita”

I tantissimi simpatizzanti di V.A.N.T.O. rappresentano i mille occhi del movimento. Un’altra dimostrazione arriva da Giuseppe, un napoletano in viaggio di piacere in Toscana che ci ha inviato queste foto scattate in un’area di servizio “Chef Express”. Si tratta di una mostra itinerante dal nome “Viaggio in Italia” di Giulio Galgani, realizzata in collaborazione con Autostrade per l’Italia e Gruppo Cremonini, allestita nell’ingresso del punto ristoro con opere polimateriche raffiguranti le regioni italiane con precisi significati simbolici spiegati nelle didascalie. Tutte piacevoli tranne una, quella “dedicata” alla Campania, che ha giustamente offeso Giuseppe per l’utilizzo di significati degradanti nonchè offensivi. “Un fondo reticolato blu su cui Napoli si staglia come un’immensa concrezione abusiva, una specie di informe parassita, dove elementi religiosi si affollano e convivono insieme a cozze e vongole”.
Avete letto bene, non è uno scherzo: Napoli incrostazione abusiva, parassita senza forma, sovrapposizione di credenza a vita decerebrata (i mitili). Concetti descrittivi espliciti ed esplicitati che ne nascondono uno subliminale implicito nel raffigurazione visiva: Napoli cancro, una metastasi che corrode la purezza della vita (il mare o il cielo blu).
Se la mostra avesse come tema la denuncia delle mafie, la creazione potrebbe essere apprezzabile. Ma ciò non è, e l’opera fa arte sostituendo alla cultura i luoghi comuni sbattuti in faccia agli automobilisti italiani.
La mostra è patrocinata dal Comune di Firenze, dalla Regione Toscana, dalla provincia di Arezzo e nasce come contributo di creatività alle celebrazioni per i 150 anni d’unità d’Italia in cui è inserita. E meno male! Il nome “Viaggio in Italia”, poi, ci ricorda Goethe e il “Grand Tour”; anzi è proprio quello. “Napoli è un Paradiso, tutti ci vivono in una specie di inebriata dimenticanza di sé…”, scrisse il letterato tedesco nel vero “Viaggio in Italia”.

per contatti:
info@giuliogalgani.com
galgani.giulio@yahoo.it

info@cremonini.com
info@chefexpress.it

Financial Times: “Grecia come le Due Sicilie dopo l’unità”

«La Grecia sta vivendo, dopo l’adozione dell’euro, lo stesso processo che portò all’impoverimento permanente del Sud dell’Italia quando la lira divenne la moneta nazionale, dopo l’unificazione avvenuta 150 anni fa con il Risorgimento». Il giudizio è del Financial Times (4.7.2011) in un articolo dal titolo “Greece has no future within the eurozone” dell’ex Rettore della Università di Buckingham Martin Jacomb.
Nell’articolo si legge anche che «all’inizio del 19esimo secolo, Napoli era la più grande città d’Italia e la sua regione era abbastanza sofisticata. Ma la sua economia cominciò a declinare rispetto a quella del Nord. Nonostante il Regno delle Due Sicilie abbia cominciato a costruire ferrovie negli anni 30 dell’‘800, prima di ogni altro Stato italiano, quello sforzo fu interrotto. (…) Le economie del Nord e del Sud d’Italia cominciarono ad allontanarsi tra loro, ed il declino del Sud si accentuò ulteriormente con l’introduzione della lira, quando perse la possibilità di correggere lo squilibrio competitivo. I meridionali capaci ed intraprendenti si trasferirono al Nord oppure emigrarono, il divario divenne permanente, così come si manifesta oggi. E la tragedia continua».

La soluzione, secondo Jacomb, sarebbe “lo smantellamento dell’euro” che consentirebbe di restituire competitività alla Grecia (ed all’attuale Meridione). Che la moneta unica abbia avuto un impatto disastroso sull’economia dei Paesi cosiddetti periferici dell’Unione Europea è sotto gli occhi di tutti. Non solo la Grecia, ma il Portogallo e l’Irlanda sono ormai commissariati da Bce, Fondo Monetario Internazionale e Commissione europea, mentre in chiara difficoltà sono Spagna ed Italia. L’altissimo rapporto di cambio lira-euro (1936,27 lire = 1 euro) fissato da Romano Prodi nel 1999 ed una serie di fattori aggiuntivi come gli insignificanti eurocents e l’assenza di una banconota da 1 euro, che fanno dell’euro una moneta “capace di generare di per se stessa inflazione”, come ha osservato l’economista Massimo Lo Cicero, hanno provocato un impoverimento dei ceti medi e popolari a tutto vantaggio della grande finanza e della grande distribuzione.
«Se gli italiani non ce la fanno a finire il mese (…) lo devono tutto a Prodi ed a come è stato fatto l’euro, che è stata la rapina del secolo», sintetizzava qualche anno fa il ministro per l’Economia Giulio Tremonti (Ansa, 10.6.2004).

SVIMEZ: nel 1861 PIL identico tra nord e sud, poi…

SVIMEZ: nel 1861 PIL identico tra nord e sud, poi…

dall’unità d’Italia si sviluppa la “questione merdionale”

Angelo Forgione per napoli.com  Prima il CNR con il saggio di Malanima e Daniele, poi la Banca d’Italia con Fenoaltea e Ciccarelli, ora lo SVIMEZ. Anche l’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno da ragione a noi meridionalisti e rafforza le tesi revisionistiche sui reali effetti dell’unità realizzatasi nel 1860.
Il Presidente Adriano Giannola e il vicedirettore Luca Bianchi hanno illustrato i risultati di un rapporto che mette e a confronto le statistiche italiane. Si evince che nel 1860 in realtà c’era una quantità di insediamenti industriali simile tra Nord e Sud. Poi alla fine dell’Ottocento e ai primi del Novecento inizia lo sviluppo del grande triangolo industriale (Milano-Torino-Genova) e da quel momento il Mezzogiorno non riesce più a tenere il passo. Se nel 1861 il Pil tra le due aree era simile, cioè pari a 100 per entrambi, dopo 150 anni il Pil del Mezzogiorno risulta pari solo al 59% del Centro-Nord.
Per i meridionalisti e gli archivisti che si occupano di questo tema, non è certo una novità. I saggi di CNR, BANCA D’ITALIA e SVIMEZ arrivano assai in ritardo rispetto agli studi e le analisi di inizio ‘900 di Francesco Saverio Nitti, economista, politico e giornalista antifascista italiano, che per primo elaborò delle proposte per risolvere la questione meridionale sulla base dei suoi stessi approfondimenti di economia e finanze dell’Italia preunitaria. Ma in ritardo anche rispetto ai vari Nicola Zitara e Angelo Manna. Eppure i trattati di oggi cominciano a parlare di parità di PIL, non evidenziando il fatto che in ogni caso la ricchezza e le riserve auree erano al sud, motivo per cui il Regno sabaudo in bancarotta lo invase senza dichiarazione di guerra per sanare i suoi debiti.
Invece di lasciare ai meridionalisti e a istituti e associazioni il compito di restituire al meridione ciò che gli spetta dal punto di vista storico e antropologico, sarebbe ora che i politici in primis e a seguire gli storici e i giornalisti di sistema la smettessero dopo 150 anni di menzogne di raccontare la brutta storia di un sud atavicamente arretrato a prescindere. Sarebbe ora che le opinioni in merito dei vari Giorgio Bocca, già facilmente confutate in passato (leggi), non venissero più considerate dogmatiche a tal punto da lasciarle srotolare in ogni pulpito, con le solite stantie falsità prive di contraddittorio.
Se il sud è arretrato è perchè prima un regime settentrionale, quello sabaudo, e poi la politica che pende a nord dalla nascita della Repubblica l’hanno inginocchiato, compresi i politici meridionali che sono scelti o per manifesta inattività o per dichiarato asservimento ai loro leader settentrionali.
E a tal proposito mi preme ripescare un intervento del 27 Febbraio 2010 di Marco Esposito, giornalista napoletano e responsabile della sezione dipartimentale Politiche per il Mezzogiorno di IDV, che ha elaborato cinque emendamenti per la finanza regionale 2010 della Campania su nucleare, acqua pubblica, RC auto, bonus occupazione e bollette sociali (tutti approvati). Marco Esposito attacca Caldoro alla vigilia dell’elezione alla presidenza della Regione, ma anche Giulio Tremonti, dando l’esatta dimensione di come il sud sia raggirato e continuamente colonizzato dai politici del potere settentrionale che guidano il paese in funzione degli interessi delle proprie aree di provenienza.

Marco Esposito contro Caldoro e Tremonti