Inquietante Gentiloni: «Per risolvere la Questione meridionale speriamo nella Germania»

Angelo Forgione Sconcertante ricetta governativa del presidente del Consiglio dei Ministri Paolo Gentiloni per “risolvere” la Questione meridionale. Durante l’incontro con la stampa al termine del Summit G7 di Taormina, Duilio Calarco della Rai Sicilia pone un’ineccepibile domanda:

«Visto che in soli 25 anni dalla caduta del Muro di Berlino la Germania è riuscita a unificare una nazione in modo omogeneo tra Ovest ed Est, mentre l’Italia in oltre 70 anni di storia repubblicana non è riuscita a ridurre il gap tra Nord e Sud, il Governo italiano, che in tre mesi ha cambiato volto a Taormina, dimostrando che volere è potere, come intende continuare il suo impegno per la Sicilia?»

Questa la risposta del Premier:

«Sul prolungamento dell’Alta Velocità ci stiamo attrezzando con investimenti correttivi. Più di una volta ho parlato con la Merkel di questo argomento, perché non c’è dubbio che la Germania ha saputo superare le differenze interne mettendo in campo un piano straordinario di investimenti, e mi auguro che questa logica tedesca sia contagiosa e si prolunghi in Germania, perché di questo beneficerebbe l’intera economia europea.»

Tradotto in soldoni, la Sicilia e il Sud-Italia devono raccomandarsi alla Germania (sigh!), non all’Italia, che se ne lava le mani del Mezzogiorno, in cui manca non solo lo straordinario ma spesso anche l’ordinario. Altro che investimenti correttivi!
La risposta è figlia di un imbarazzo grave che ha trovato riparo in un’inquietante dichiarazione di subalternità dell’Italia, con l’acqua alla gola e schiava della Germania e dell’Europa a più velocità. Cioè, Sud-Italia schiavo del Nord-Italia e Italia schiava delle Germania. Campa cavallo…

Tremonti: «Vogliono che l’Italia faccia la fine che i piemontesi hanno fatto fare alle Due Sicilie»

Angelo Forgione Giulio Tremonti, ex ministro dell’Economia dei governi Berlusconi, e Ferruccio De Bortoli, ex direttore del Corriere della Sera, ospiti a In 1/2 ora di Lucia Annunziata, hanno affrontato Il tema del futuro dell’economia italiana alla luce della proposta avanzata dalla cancelliera tedesca Angela Merkel di un’Europa a due velocità, con un gruppo di testa.
Secondo Tremonti, i tedeschi non vorrebbero gli italiani nel gruppo guida perché «ci vogliono far fare la fine che i piemontesi hanno fatto fare al Regno delle Due Sicilie». E ha aggiunto: «Credo che nello spirito dei tempi e nell’andamento della storia si apra una fase sovranista, che non vuol dire chiudersi ma difendere quello che hai e valorizzarlo sull’esterno. Lo stanno facendo Usa e Germania, lo deve fare l’Italia. Non possiamo continuare a farci portar via la nostra roba. Il destino dell’Italia non è quello del non povero Regno delle Due Sicilie».
Nelle parole dell’economista lombardo, che dimentica di dire che la Lombardia si era unita al Piemonte, insorgerebbe per l’Italia un’esigenza protezionistica-sovranista, proprio quella per cui la storiografia risorgimentale ha condannato Ferdinando II di Borbone, statista non disposto ad indebolire l’economia del Mezzogiorno d’Italia per beneficio di interessi stranieri. Inghilterra e Francia fecero in modo che un indebitato Piemonte colonizzasse e devitalizzasse le Due Sicilie. Nacque un paese unito caricato del debito pubblico piemontese, debole economicamente e politicamente. Nulla è cambiato. A proposito, per Ferruccio De Bortoli, per non sprofondare «ci vogliono statisti veri e seri».

Tedeschi e portoghesi come i napoletani, in Rai la sagra del luogo comune.

Angelo ForgioneFiguraccia tedesca! Il viso torvo della Cancelliera Merkel non riesce proprio a distendersi in questi giorni per colpa di Volkswagen, del suo software civetta, delle emissioni truccate, degli incentivi governativi incassati dalla casa di Wolfsburg e dello sdoganamento nel mondo di vetture bollate di verde ma invece nere. Crolla il mito dell’integrità teutonica e un bel po’ di sassolini dalle scarpe se li levano un po’ tutti gli italiani, spesso sbeffeggiati dalla stampa tedesca per i loro ripetuti inciampi. Non lo fa certamente nel più elegante dei modi Marina Viro della redazione de La Vita in Diretta, trasmissione di punta del pomeriggio di Rai Uno, che tira fuori dal cilindro, senza illusionismo alcuno, i napoletani. Nel condimento partenopeo spuntano le belle stazioni del metrò dell’arte di Napoli, confrontate alle lungaggini del nuovo aeroporto di Berlino. Non il migliore dei parelleli per assolvere l’Italia, perché la metropolitana di Napoli, con la sua bellezza che si fa strada nel mondo, non è esattamente l’esempio della velocità di realizzazione. Piuttosto, in tema di automobili, sarebbe stato più corretto confrontare Volkswagen con Fiat Chrysler, che ha violato le norme statunitensi sulle campagne di richiamo dei veicoli difettosi. Oppure, in tema di “grandi opere” e annesse ruberie, sarebbe stato più giusto evitare facili giochi di prestigio e ricordarsi seriamente dell’Expo di Milano, del MoSE di Venezia, della TAV centro-settentrionale, di Mafia Capitale e magari anche della Tangentopoli milanese di Mani Pulite degli anni Novanta, dei crac emiliani di Parmalat e Bipop Carire e di quello romano di Cirio. Passa il teorema assoluto dei napoletani truffatori, sempre e comunque, di quella parte marcia della capitale del Mezzogiorno stracciato più che straccione. Passa di comodo la conseguenza tipica della povertà del territorio magnogreco più povero del greco. Il truffatore napoletano è un miserabile, un uomo vuoto di istruzione, non è impiegato nelle grandi multinazionali, nelle banche o nei palazzi del potere, quelle stesse realtà dorate in cui le truffe hanno hanno fatto danno, dal dopoguerra ad oggi, più di quanto non siano stati capaci di fare tutti i piccoli truffatori napoletani, catanesi e baresi messi insieme.
A proposito di luoghi comuni, ci si è messo anche Corrado Orrico, ex allenatore di Calcio ora ripescato nelle vesti di opinionista Rai. Per lui, la Fiorentina del lusitano Pauolo Sosa è una «marmellata informe». Insomma, non gli piace perché «i portoghesi sono “pressappochisti” come i napoletani». Bontà sua, bontà degli impassibili conduttori di 90° minuto, bontà della Rai, che in due giorni ha raccontato agli italiani che i napoletani sono truffatori e pressapochisti. A dire che erano pure puzzolenti (come i cinesi) ci aveva già pensato Giampiero Amandola.

Renzi e le sue contraddizioni

«La Germania ha unito Est e Ovest. Noi ancora burocraticamente borbonici»
Due settimane fa aveva elogiato il modello delle Due Sicilie.

Angelo Forgione – Ci ha messo dodici giorni il premier Matteo Renzi, trionfatore indiscusso delle votazioni europee, per cadere in contraddizione. Il 14 maggio era stato a Napoli, in prefettura, e si era riferito al modello borbonico delle Due Sicilie per il rilancio del Sud, seppur apparendo già contraddittorio rispetto ad alcune sue dichiarazioni del passato. Storico Matteo! Non lo aveva fatto nessun Primo Ministro o alta carica dello Stato in 153 anni di storia unitaria.
Durante la trasmissione Rai Porta a Porta del 26 maggio, Renzi, da forza emergente al tavolo dell’Unione Europea, ha parlato di rapporti tra Italia e Germania in chiave continentale, anticipando le sue intenzioni rispetto alla cancelliera Angela Merkel. Ed eccolo di nuovo giocare con le parole:
«Siamo in grado di andare dalla Merkel e dire “questa è la semplificazione della pubblica amministrazione italiana, che non può essere borbonica”?».
Certo, si tratta di uso di una parola sbattuta sul dizionario con l’accezione denigratoria della Storia del Sud che ormai non regge più, come da Renzi stesso evidenziato. E pure il suo predecessore Enrico Letta, nel corso del summit dei capi di Stato e di governo dell’Ue dello scorso ottobre, aveva affermato che «bisogna lavorare affinché l’Italia non sia guardata più come il Paese più burocratico e borbonico». Inutile – ma non lo è – ricordare ancora una volta che la burocrazia italiana è sabauda, non borbonica, e che sono stati i piemontesi a imporre e condurre la loro Italia, non i napoletani.
Renzi sia più fedele a quel che dice e non metta maschere diverse in base al palcoscenico che calca. Tanto più se cita l’esempio dell’unione tedesca, vera: «La Germania, negli anni Duemila, che cosa ha fatto? Ha fatto quello che noi non abbiamo fatto: ha fatto delle riforme strutturali per unificare Est e Ovest, investendo fortemente sul mercato del lavoro, e adesso è leader in Europa e fa registrale percentuali di crescita come nessun altro Paese».
Tutto giusto, tutto perfetto, a parole. Dunque, Renzi, ha la ricetta per unire l’Italia – ma non da oggi – e sa come cancellare il divario Nord-Sud, anche quello di stampo sabaudo, non borbonico. Se non lo farà, la colpa non sarà della Merkel.

tratto da Made in Naples (Magenes, 2013):
Sono stati i Savoia a governare l’Italia piemontesizzata per circa ottantacinque anni, non i Borbone. Dunque, può mai essere borbonico il retaggio governativo della Nazione italiana? La burocrazia italiana non è borbonica ma, semmai, figlia di quella sabauda e piemontese instaurata negli anni del Regno d’Italia, esasperata e finalizzata alla sparizione di soldi pubblici. Un modo d’intendere l’amministrazione statale da cui derivò una sfrenata “creatività” tributaria a Torino e la necessità di unirsi con chi aveva i conti in ordine e poche tasse. Perché, dopo il 1855, il Regno di Sardegna non compilò più il bilancio statale? Forse “per oscurare le informazioni”, come denunciò nel 1862 l’economista Giacomo Savarese. Fu questa l’origine del debito pubblico italiano, prettamente piemontese, come conferma la ricerca Un’Italia unificata? – Il Debito Sovrano e lo scetticismo degli investitori di Stéphanie Collet, pubblicata nel luglio 2012.

Littizzetto: «bidet al posto delle Fiat»

Angelo Forgione – Nella puntata di “Che tempo che fa” del 26 gennaio, Luciana Littizzetto ha affrontato il tema della distruzione di alberi utilizzati per produrre carta igienica, causato dalle aziende produttrici che non vogliono utilizzare carta riciclata. La comica ha detto che gran parte del problema è causato dai paesi dove non si usa il bidet, come la Francia o la Germania, e che, secondo lei, l’Italia dovrebbe farsi promotrice della diffusione nel mondo dello strumento igienico: «Letta… imponi il bidet ai grandi della terra. Siamo stati i primi a usarli, alla Reggia di Caserta. Li facciamo noi, chiudiamo la Fiat e le facciamo fare i bidet, tanto tra la Panda e un bidet…».
Detto da una torinese doc, come Gramellini. Anche lei ha capito bene la lezione impartita al tempo della puzza napoletana firmata Giampiero Amandola.

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tratto da Made in Naples (Magenes, 2013)
bidet