Angelo Forgione – Siamo Noi è una trasmissione pomeridiana condotta da Gabriella Facondo e Massimiliano Niccoli in onda sul network TV2000, e incentrata sui temi della crisi italiana. Nella puntata del 10 febbraio, incentrata sulla crisi della piccola distribuzione, è intervenuto nel dibattito in studio Domenico De Masi, noto sociologo molisano (ma riconosciuto in quanto napoletano – e tale si definisce – per via della sua estrazione liceale casertana; ndr), che ha commentato tra l’altro gli esempi di imprenditoria creativa proposti nella parte conclusiva della puntata. Tra questi, anche quello della giovane napoletana Manuela Mirabile, ideatrice e titolare dei ristoranti “Tandem”, in cui si gusta il ragù a tempo. Idea discutibile che a De Masi non è piaciuta per l’introduzione del cronometro a Napoli, e a tavola, cosa che per il sociologo può essere apprezzata solo «in quel segmento di mercato in esaurimento fatto di napoletani degeneri che vogliono fare le cose in fretta, e sono pochissimi». Al di là della riflessione, che ha stemperato la serietà (e gravità) del tema facendo ridere l’intero studio, De Masi ha giudicato il tentativo sulla base della personale analisi della creatività: «È fatta di due elementi, che sono fantasia e concretezza. La fantasia ci dà delle nuove idee ma non è detto che siano buone. La concretezza ci fa selezionare tra le nuove idee quelle buone e ci dà tenacia per realizzarle. Noi napoletani siamo molto fantasiosi ma poco concreti. Infatti, mentre tutto il mondo ha inventato i microprocessori negli ultimi duecento anni, noi sempre la pizza, e in questo caso il ragù… mangiato in fretta».
Incubo pizza e cibo per De Masi, già al lancio del servizio timoroso che non si trattasse di un simile business anticrisi a Napoli. A prescindere dall’altissima dignità imprenditoriale che la pizza ha nel mondo e da tutto il resto che la Città ha dato nei secoli, compresi gli ultimi due (esempio: l’antibiosi scoperta a Napoli da Vincenzo Tiberio, anch’egli molisano d’origine, ma ostacolata dal mondo accademico italiano e consegnata agli studi successivi di Alexander Fleming), val la pena ricordare che, in tema di innovation technology, alle spalle dell’aeroporto di Capodichino, in un territorio depresso e sicuramente devitalizzato rispetto al passato, opera l’azienda GEP SpA (Global Electronic Passports), specializzata nello sviluppo di sistemi operativi anti-contraffazione, unico centro in Italia capace di realizzarre microprocessori contactless, ovvero chip da inserire nei documenti elettronici. È l’azienda che produce i nostri passaporti elettronici ma anche quella cui la FIFA si è affidata per evitare la contraffazione dei circa 4 milioni di biglietti dello scorso mondiale brasiliano. Ticket realizzati con un chip con antenna Rfid, per l’identificazione a radiofrequenza e la crittografia anticlonazione, e una carta di sicurezza contenente fibrille inserite nella polpa prima della stampa sensibili alle lampade ultraviolette degli appositi lettori. Una trentina di dipendenti, tutti meridionali, fatturato in crescita e una competenza che ha sbaragliato la concorrenza di cinesi e non solo. Al TG1 (guarda il video) Cesare Paciello, 42 anni, direttore generale di GEP, con sicurezza e orgoglio, prima della rassegna iridata dichiarò: «Noi abbiamo la possibilità di farcela contro chiunque a livello mondiale se portiamo avanti sviluppi innovativi. È la nostra burocrazia a pregiudicare la nostra competitività, ma in quanto a risorse umane siamo quasi imbattibili». Innovazione e eccellenza, tutto nel solco della tradizione napoletana che non si piega al divario territoriale e ai classici stereotipi di sorta.