La malaunità agroalimentare

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Angelo Forgione – Di seguito l’elenco dei 26 prodotti italiani IGP e DOP protetti dal recentissimo mutuo riconoscimento tra Unione Europea e Cina contro la contraffazione agroalimentare. Solo 2 sono del Sud:

Aceto balsamico di Modena
Asiago
Asti
Barbaresco
Bardolino Superiore
Barolo
Brachetto d’Acqui
Bresaola della Valtellina
Brunello di Montalcino
Chianti
Conegliano-Valdobbiadene – Prosecco
Dolcetto d’Alba
Franciacorta
Gorgonzola
Grana Padano
Grappa
Montepulciano d’Abruzzo
Mozzarella di bufala
Parmigiano Reggiano
Pecorino Romano
Prosciutto di Parma
Prosciutto di San Daniele
Soave
Taleggio
Toscano/a
Vino nobile di Montepulciano

Niente pomodoro San Marzano, uno dei più imitati e contraffatti al mondo. Niente Pomodorino del Piennolo del Vesuvio e Pachino. Nessun vino campano, siciliano, pugliese, lucano o calabrese. Niente Pasta di Gragnano o Melannurca campana. Niente cipolla di Tropea e Nduja di Spilinga. Niente lenticchie di Altamura o Arance di Sicilia. Per la macroregione del Mezzogiorno, solo il Montepulciano d’Abruzzo e la Mozzarella di bufala (tra l’altro anche prodotta indiscriminatamente al Nord, basta che non abbia il marchio del consorzio “Campania DOP”), che ha quote trascurabili nel mercato cinese per la storica avversione, da quelle parti, al latte e ai suoi derivati.

E questi sono invece i 32 prodotti inseriti nel CETA, l’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada, di cui solo 5 del Sud:

Aceto Balsamico di Modena
Arancia rossa di Sicilia
Asiago
Bresaola della Valtellina
Cappero di Pantelleria
Cotechino di Modena
Culatello di Zibello
Fontina
Gorgonzola
Grana Padano
Kiwi Latina
Lardo di Colonnata
Lenticchia di Castelluccio di Norcia
Mela Alto Adige
Mortadella di Bologna
Mozzarella di bufala campana
Parmigiano Reggiano
Pecorino Romano
Pecorino Sardo
Pecorino Toscano
Pesca e Nettarine di Bologna
Pomodoro di Pachino
Prosciutto Modena
Prosciutto di Parma
Prosciutto San Daniele
Prosciutto Toscano
Provolone Valpadana
Ricciarelli di Siena
Radicchio rosso di Treviso
Riso nero Vialone Veronese
Speck Alto Adige
Taleggio

E anche qui niente pomodoro San Marzano. Il pomodoro italiano più famoso nel mondo non solo non è protetto dalla contraffazione in Cina ma non è neanche promosso in Canada.

Così, mentre la trasmissione Report smaschera i furti di Stato alle città del Sud e il Rapporto Svimez 2019 “avverte” ancora una volta che lo Stato italiano ha abbandonato il Mezzogiorno, appare chiaro che anche l’Unione Europea da un lato richiama l’Italia alla mancata distribuzione dei fondi strutturali europei destinati al Sud e dall’altro approva quanto proposto dalla politica italiana, finendo per supportare accordi commerciali internazionali che rispecchiano la malaunità italiana e penalizzano fortemente il prodotto del Sud Italia.

Napoli tra tradizione e innovazione

Venerdì 12 ottobre, in un’affollata Casina Pompeiana, nella Villa Comunale di Napoli, si è discusso di Tradizione ed Innovazione all’evento organizzato da MAVV – Wine Arte Museum e patrocinato dal Comune di Napoli, con la partecipazione del mondo accademico locale e quelli di iOS Apple Developer Academy.
Il mio intervento si è dipanato dalla ferrea identità partenopea, che fa profonda tradizione, per giungere al difficile presente dell’innovazione, in cui le capacità locali sono enormi ma mortificate dalle condizioni minoritarie connesse a una irrisolta Questione meridionale.
Rivolgendomi all’ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio, promotore della trionfante petizione per il riconoscimento UNESCO dell’Arte dei Pizzaiuoli Napoletani, nonché docente presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e l’Università Tor Vergata di Roma, ho raccontato all’intera platea di un mio confronto con il sociologo Domenico De Masi, il quale affermò che «i napoletani, negli ultimi 200 anni, hanno inventato solo la pizza, una boiata per avvinazzati, mentre tutto il mondo ha inventato i microprocessori».
«E invece – ho detto ai presenti – la FIFA, da otto anni, appalta i biglietti anticontraffazione dei Mondiali di Calcio a una factory di Arzano, che fornisce ticket con microprocessori contactless e antenna per identificazione a radiofrequenza e crittografia anticlonazione inseriti nella carta da stampare. I napoletani, da sempre, sono una risorsa per il mondo. Smettiamo di mortificarli. Piuttosto, diamogli gli strumenti economici, politici e burocratici, mettiamoli in condizioni paritarie rispetto al Nord, e poi rendiamo competitiva tutta l’Italia, e allora vedremo che anche da questo territorio ci sbalordiranno non solo in quanto a tradizione ma anche per innovazione».
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Brasile ’14: biglietti elettronici made in Naples

Angelo Forgione – C’è un paese nell’hinterland di Napoli, alle spalle dall’aeroporto di Capodichino, dove si producono i passaporti elettronici. È Arzano, dove ha sede la GEP SpA (Global Electronic Passports), un’azienda specializzata nello sviluppo di sistemi operativi anti-contraffazione nata nel 1999, unico centro in Italia capace di realizzarre microprocessori contactless, ovvero chip da inserire nei prodotti: passaporti, appunto, ma anche carte d’identità, smart card e ticket. La GEP è al top anche nel mondo, e sul tetto del pianeta ci è giunta in questi ultimi mesi. La FIFA, infatti, in vista dei Mondiali di calcio in Brasile, si è affidata all’azienda napoletana per evitare la contraffazione dei circa 4 milioni di biglietti per le 64 partite in programma. I ticket realizzati per il torneo hanno due componenti: un chip con antenna Rfid, per l’identificazione a radiofrequenza e un sistema di crittografia che ne impedisce la clonabilità, e una carta di sicurezza che contiene fibrille inserite nella polpa della carta prima della stampa e non dopo come avviene con l’inchiostro. Le fibrille reagiscono alla lampada ultravioletta e i dati non posso essere letti ad occhio nudo ma solo con un particolare lettore.
28 dipendenti tutti meridionali, di cui 7 donne, fatturato in crescita e una competenza che ha sbaragliato la concorrenza di cinesi e non solo. Cesare Paciello, 42 anni, direttore generale di GEP, dichiara con sicurezza e orgoglio al TG1 (guarda il video): «Noi abbiamo la possibilità di farcela contro chiunque a livello mondiale se portiamo avanti sviluppi innovativi. È la nostra burocrazia a pregiudicare la nostra competitività, ma in quanto a risorse umane siamo quasi imbattibili». Innovazione e eccellenza, tutto nel solco della tradizione napoletana che non muore certo all’ombra dei classici stereotipi di sorta.

La pizza napoletana resta STG. Il resto è contraffazione.

a Strasburgo l’UE ratifica il “pacchetto sicurezza” alimentare

Stava correndo il rischio di perdere nel 2017 il marchio STG, specialità tradizionale garantita, perche’ l’Europa aveva deciso di riesaminare le specialità che avevano provveduto a proteggere solo la loro ricetta ma non il loro nome. Ma la Pizza Napoletana, alimento-bandiera di Napoli e dell’Italia nel mondo, ha convinto il Parlamento Europeo riunitosi in seduta plenaria a Strasburgo che ha ratificato il “Pacchetto sicurezza” contenente nuove regole per i marchi DOP (Denominazione di Origine Protetta), IGP (Indicazione Geografica Protetta) e STG (Specialità Tradizionale Garantita). La conseguenza in termini pratici è che ora, oltre al disciplinare di produzione, la pizza di Napoli dovrà avere una denominazione propria che possa distinguerla dalle altre pizze, quelle non STG. Ci vuole una parola aggiuntiva alla dicitura “Pizza napoletana” e il nome andrà registrato per diventare una sorta di brand che andrà esibito nei locali rispettosi del disciplinare. In questo modo se ne certificheranno le contraffazioni e chi gusterà altre pizze spacciate per napoletane mangerà in realtà veri e propri falsi alimentari. La pizza napoletana è il prodotto più contraffatto al mondo per fini commerciali e la Coldiretti informa che la metà delle pizze servite nelle 25.000 pizzerie italiane sono preparate con ingredienti importati dall’estero: farine canadesi e ucraine, pomodori cinesi, cagliate dell’est-Europa in luogo della mozzarella, olio d’oliva tunisino o spagnolo… tutto all’insaputa del consumatore.
Oggi “pizza” è la parola italiana più conosciuta al mondo prima di spaghetti, cappuccino ed espresso. I pizzaioli di Napoli hanno lanciato la proposta di un concorso pubblico per individuare la parola da accompagnare a ”Pizza Napoletana”. Sono loro i principali artefici di una vittoria storica per la buona cucina di Napoli che vuole tutelare la tradizione, la maestria e i prodotti della filiera agroalimentare della Campania. Una sorta di rivincita anche nei confronti dell’ex-ministro alle politiche agricole (italiane) Luca Zaia che, dopo essersi preso gli onori e aver simulato felicità per la nazione annunciando la sua presenza ai festeggiamenti per il riconoscimento UE del marchio STG per la Pizza Napoletana ottenuto dopo dieci anni di battaglie dei pizzaioli napoletani, disertò clamorosamente recandosi nello stesso giorno da McDonald’s per promuovere il suo panino “Mc Italy“, o meglio “Mc Padania”, pensato per favorire gli agricoltori del Nord. Scatenò le ire della “Associazione Pizzaioli Napoletani” che accusarono, non solo loro, gli eurodeputati della Lega Nord di essere i promotori della richiesta di ritiro dell’STG alla pizza napoletana. Zaia, dopo due anni, è stato accusato di “razzismo gastronomico” per un’altra invenzione, “Buonitalia”, messa in liquidazione per aver sperperato 50 milioni di euro per promuovere esclusivamente prodotti del Nord, Veneto in testa. Mica la mitica e plurisecolare Pizza Napoletana?!