Dov’è la Vittoria a Radio Goal

A Radio Goal (Radio Kiss Kiss Napoli) due chiacchiere con Lucio Pengue su Dov’è la Vittoria (Magenes).

Dov’è la vittoria, a “San Paolo Show” anteprima con dibattito

Dov’è la vittoria, in uscita il 13 maggio in libreria, presentato in anteprima a San Paolo Show, la trasmissione di Tv Luna condotta da Paola Mercurio. Coinvolti nel dibattito che ne è nato anche Beppe Bruscolotti, Patrizio Oliva, Rino Cesarano, Massimo D’Alessandro e Angelo Pompameo.

DOV’È LA VITTORIA – le due Italie nel pallone

Dov’è la Vittoria – Le due Italie nel pallone (Aspetti sportivi della malaunità politico-economica) è un saggio di indagine sulle cause delle differenti performance sportive dei movimenti calcistici del Nord e del Sud d’Italia, inquadrate nell’ottica del divario interno italiano su cui convergono da sempre la politica e la finanza nazionale, e approfondisce le dinamiche oscure che – da sempre – regolano il “dietro le quinte” del Calcio italiano.

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copertina Edizione 2015

Il Calcio italiano fa i conti con la sua credibilità. È influenzato, in modo fin troppo evidente, dalle pulsioni che attraversano la nostra società: le crisi economiche, i giochi della finanza, la corruzione politica, la sfiducia nelle istituzioni, le polemiche sui giudici (arbitri), le strutture inadeguate, l’insicurezza, i localismi, l’intolleranza. E poi, il divario Nord-Sud. L’Italia continua a non perseguire una vera unità e il suo divario interno, che è un unicum nel panorama dei paesi economicamente avanzati, continua a squilibrare anche il movimento calcistico nazionale. Insomma, il Calcio italiano, di fatto, riflette perfettamente la condizione del Paese, il suo regresso, che è anche, e soprattutto, causato dalla sua divisione interna che lo indebolisce.

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copertina Edizione 2017

La centocinquantennale “Questione meridionale” è un aspetto latente e mai analizzato a fondo – eppure assai decisivo – del Pallone italiano, dominato storicamente da tre squadre del Nord, espresse dal “triangolo industriale”, che sfruttano i vantaggi di localizzazione e attingono dal serbatoio di passione del Centro-Sud, un’altra forma di emigrazione meridionale, diversa da quella fisica di studenti e lavoratori. Sull’altro fronte, solo il Napoli e le squadre di Roma riescono a competere, a cicli alterni e diradati nel tempo.
Perché il Nord ha vinto più di 100 scudetti mentre il Sud non è arrivato neanche in doppia cifra? Perché le squadre del Sud faticano ad affacciarsi alla Serie A? Come hanno fatto le squadre settentrionali a prendere il pallino del gioco? E come l’hanno mantenuto? Cosa ha consentito a Cagliari, Napoli, Roma e Lazio di raccogliere le briciole lasciate dalle squadre del Nord? Perché Juventus, Milan e Inter sono squadre “nazionali”? E perché sono le più amate ma anche la più odiate? Perché il Napoli gode di una passione smisurata ed è considerata la vera nazionale dal suo popolo? Quando e come nasce la discriminazione territoriale? Chi ha manipolato la passione degli italiani? Tutti quesiti cui dare adeguate risposte, individuabili con una macrovisione dello show-business, fondamentale per comprendere il significato del fenomeno calcistico nella vita della Nazione unita e nel contesto storico, politico ed economico d’Italia.
La squadra più vincente d’Italia è legata a una famiglia piemontese che ha fatto la storia dell’industrializzazione italiana del Novecento. È una delle squadre di Torino, prima capitale del Regno e città dei Savoia, la dinastia che forzò un più corretto percorso di Unità nazionale e “piemontesizzò” la Penisola nel secondo Ottocento. Mentre si realizzava l’Unità geografica, in Inghilterra nasceva il Foot-ball, lo sport che, come tutti i costumi britannici, sarebbe divenuto uno strumento di affermazione egomonica della “Perfida Albione” nel mondo. Il Regno Unito, che esercitò la sua forte influenza nel piano sabaudo di unificazione monarchica della Penisola, avrebbe caricato i palloni da calcio a bordo delle proprie navi piene di merci e li avrebbe portati nei porti di mezzo mondo, compresi quelli italiani, importanti nella rotta verso il nuovo Canale di Suez, realizzato per accorciare le distanze con l’Oriente. Non a caso il Foot-ball di casa nostra vide la luce a Torino e in quella Genova che ne era il principale sbocco sul mare, per poi abbracciare Milano. Il “loro” campionato fu precluso alle squadre del Sud per circa trent’anni e l’Albo d’Oro contempla scudetti esclusivamente settentrionali, siglati prima che il Ventennio fascista aprisse la contesa anche al resto del Paese, procurando fastidio al movimento di quel Settentrione che nel frattempo riceveva massici favori nell’industrializzazione. Il dopoguerra consacrò il Calcio industriale. E oggi cosa accade?
Dov’è la Vittoria è un’indagine a carattere storico-sociologico-antropologico supportata da studi di economisti, docenti universitari e istituti di ricerca, per individuare le cause delle differenti performance sportive dei movimenti calcistici del Nord e del Sud d’Italia, inquadrate nello scenario del divario interno italiano. Anche attraverso la ricostruzione dei maneggi oscuri nel “dietro le quinte” della grande passione degli italiani – su cui convergono la politica e la finanza nazionale – ne viene fuori una fotografia del Calcio tricolore che illustra con completezza un aspetto poco dibattuto dell’annosa “Questione meridionale”. I veri protagonisti sono l’Italia e gli italiani, che in realtà non esistono, e trovano anche nel Football un linguaggio comune per dimostrarselo.

Capitoli

  1. Un affare da “screanzati” – prefazione di Oliviero Beha
  2. Divide et impera – introduzione dell’autore
  3. Una Questione nazionale – il divario Nord-Sud
  4. Prima il Nord – la Federazione con la palla al piede
  5. Fatta l’Italia, facciamo i tifosi – il tifo nel Paese dei campanile
  6. Sudditi di Sua Maestà – impronte anglosassoni sul pallone
  7. Stringiamci a Coorte – il triangolo Genova-Torino-Milano
  8. Il Regno d’Italia – il matrimonio Juventus-Fiat
  9. Fratelli d’Italia – la discriminazione territoriale
  10. Libera frode in libero Calcio – un secolo di scandali italiani del pallone
  11. L’Italia chiamò – il maxiflop nazionale dei Mondiali ‘90
  12. Siam pronti alla morte – conclusioni dell’autore

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► Intervista su iogiocopulito.it de Il Fatto Quotidiano

Brasile ’14: biglietti elettronici made in Naples

Angelo Forgione – C’è un paese nell’hinterland di Napoli, alle spalle dall’aeroporto di Capodichino, dove si producono i passaporti elettronici. È Arzano, dove ha sede la GEP SpA (Global Electronic Passports), un’azienda specializzata nello sviluppo di sistemi operativi anti-contraffazione nata nel 1999, unico centro in Italia capace di realizzarre microprocessori contactless, ovvero chip da inserire nei prodotti: passaporti, appunto, ma anche carte d’identità, smart card e ticket. La GEP è al top anche nel mondo, e sul tetto del pianeta ci è giunta in questi ultimi mesi. La FIFA, infatti, in vista dei Mondiali di calcio in Brasile, si è affidata all’azienda napoletana per evitare la contraffazione dei circa 4 milioni di biglietti per le 64 partite in programma. I ticket realizzati per il torneo hanno due componenti: un chip con antenna Rfid, per l’identificazione a radiofrequenza e un sistema di crittografia che ne impedisce la clonabilità, e una carta di sicurezza che contiene fibrille inserite nella polpa della carta prima della stampa e non dopo come avviene con l’inchiostro. Le fibrille reagiscono alla lampada ultravioletta e i dati non posso essere letti ad occhio nudo ma solo con un particolare lettore.
28 dipendenti tutti meridionali, di cui 7 donne, fatturato in crescita e una competenza che ha sbaragliato la concorrenza di cinesi e non solo. Cesare Paciello, 42 anni, direttore generale di GEP, dichiara con sicurezza e orgoglio al TG1 (guarda il video): «Noi abbiamo la possibilità di farcela contro chiunque a livello mondiale se portiamo avanti sviluppi innovativi. È la nostra burocrazia a pregiudicare la nostra competitività, ma in quanto a risorse umane siamo quasi imbattibili». Innovazione e eccellenza, tutto nel solco della tradizione napoletana che non muore certo all’ombra dei classici stereotipi di sorta.