videoclip: C’È SOLO UN MARADONA… MA NON BASTA!

videoclip: C’È SOLO UN MARADONA… MA NON BASTA!
il messaggio extra-calcistico del più grande di tutti

Angelo Forgione – Il Napoli è tornato a sgomitare tra le grandi d’Italia e d’Europa. E il presidente De Laurentiis ha lanciato messaggi per la rinascita di Napoli città prendendo esempio dall’impresa calcistica. Certo è che Napoli, nonostante una passione unica, non può ridursi a solo calcio e gli stessi tifosi Napoletani non devono pensare che basti il Napoli per dimenticare i problemi di una città stretta nella morsa tra malavita, disoccupazione ed emigrazione. Sembra che i mali di Napoli abbiano cancellato le sue eccellenze, la sua storia, la sua cultura e questo è gravissimo. Ogni tifoso Napoletano deve invece partire dal suo amore per il Napoli per riflettere sul suo amore per Napoli.
L’idolo di sempre, Maradona, non è solo l’uomo che ha portato Napoli a primeggiare ribaltando le gerarchie del calcio ma è anche colui che ha interpretato nel migliore dei modi lo spirito identitario dei Napoletani al di fuori del calcio. Il paradosso sta nel fatto che non era profeta in patria perchè non era Napoletano, eppure seppe dare dimostrazione di aver capito, più di tanti Napoletani, alcune dinamiche sociali di uno strano paese che fa proprio del calcio il campo di battaglia per professare odi e intolleranze. Diego fu un “Che” per la sua Argentina, per la sua Napoli e anche per la sua Cuba. Certo, non fu “condottiero” per se stesso e per le sue figlie, ma oltre i suoi errori umani seppe sempre dare grandi dimostrazioni di umanità e non c’è un suo ex compagno di squadra che parli male di lui, anzi. Questo perchè si assumeva le sue responsabilità di uomo leader, mettendoci la faccia in ogni situazione. Maradona divenne un simbolo extra-calcistico e molti non se ne accorsero, come un Robin Hood del calcio venuto a sottrarre il proscenio ai ricchi club del Nord per donare trionfi a chi non li aveva mai assaporati. Lo divenne perchè abbracciò la Napoletanità già dalla prima partita disputata in Italia: 16 Settembre 1984, Verona-Napoli. Veniva da Barcellona, laddove gli argentini vengono marchiati col titolo infamante di “sudaca”; un inferno troppo grande da sopportare il razzismo sulla sua pelle, e così nacque la sua tossicodipendenza. Furono questi i motivi della sua fuga dalla città catalana in direzione Napoli, una liberazione! Poi si accorse che la sua nuova gente era infamata col marchio di “terroni”. Terroni come i sudaca, e l’argentino divenne il capo dei terroni.
7 anni di battaglie dentro e fuori dal campo per difendere Napoli nonostante i Napoletani lo avessero rinchiuso in una gabbia dorata. Mai una parola contro la città, ieri come oggi. L’indole del capopopolo, del “Che” argentino che va a combattere per un popolo che ne ha bisogno. L’indignazione per uno strano paese che tocca l’apice alla vigilia della semifinale mondiale di “Italia 90” dove la sua Argentina sfida l’Italia nella sua Napoli. Il condottiero rompe il fronte, invita i Napoletani a riflettere, e i Napoletani riflettono ma non abbandonano la patria. Ma per l’Argentina e il suo inno c’è il rispetto che invece i romani non riservano al “Maradona il Napoletano” la sera della finale contro l’Argentina. Fischi assordanti con Diego che apostrofa i romani che per lui rappresentano tutta l’Italia senza Napoli, mentre tutto l’entourage argentino si guarda intorno basito. È li che capiscono che l’ambiente gli è contrario, forse anche l’arbitro  che poi inventa un rigore e fa piangere el pibe de oro al momento della premiazione.
Maradona era un Napoletano finchè è stato a Napoli e non glielo perdonarono. Il legame lo hanno creato le due parole “sudaca” e “terroni” e lo hanno consolidato i fischi, gli insulti, gli striscioni offensivi con cui è stato accolto negli stadi italiani perché rappresentava Napoli, anzi Napoli vincente. Nessuno straniero è stato trattato come lui, nessuno ha pagato come lui la sua identificazione con Napoli.
Oggi la stessa antipatia la sta cominciando a suscitare De Laurentiis che non a caso sembra aver raccolto sotto altri aspetti l’eredità dell’ex n.10. Il cui esempio non è stato però mai seguito dagli stessi Napoletani che si sono limitati a sperare che fosse il Napoli a dargli orgoglio. Atteggiamento passivo e improduttivo! Maradona indicò una via, quella di pretendere il rispetto anche fuori dal campo, nella vita di tutti i giorni. Ma il rispetto non è un atto dovuto a prescindere neanche per una città ricca di cultura che l’Italia dovrebbe vantare al mondo. Il rispetto per Napoli deve partire dagli stessi Napoletani e finche si continuerà a maltrattare una delle più belle città del mondo e la sua storia unica, il rispetto non sarà mai meritato. I Napoletani che maltrattano Napoli valgono esattamente quanto chi la denigra con pregiudizio. Insomma, non sono solo i non Napoletani a dover essere denunciati: un po’ di serena autocritica non guasta. Ognuno sia idolo di se stesso!
È vero che c’è solo un Maradona, ma nella vita di tutti i giorni c’è un Maradona in ogni Napoletano; basta farlo “scendere in campo”.