Napoli colera nei fumetti del fenomeno Sio

Angelo ForgioneIl veronese Simone Albrigi, in arte Sio, è un nome che gli appassionati di fumetti hanno conosciuto in rete. Scottecs, il suo canale YouTube, conta oltre 750mila iscritti e i suoi video arrivano ad avere oltre 1 milione di visualizzazioni. La pagina Facebook di Scottecs, con i suoi 414mila fan e le sue vignette virali, lo rende il fumettista italiano più seguito sui social. Dopo questo successo in rete, Sio ha conquistato anche le edicole con la rivista trimestrale Scottecs Megazine, uscita con il primo numero a febbraio. Il secondo numero, in edicola in questi giorni, ha riservato un’amara sorpresa a un ragazzino napoletano di 11 anni, trovatosi di fronte a una vignetta che l’ha fatto davvero arrabbiare: un vecchio muore a Frosinone pronunciando il detto “vedi Napoli e poi muori”, ricordando al suo giovane interlocutore che è stato a Napoli nel settembre 1973. Che è poi il tempo del colera, ma non viene specificato… il che rende il tutto ancor più pericoloso, poiché molti lettori neanche si chiederanno il perché dell’associazione tra la morte differita per causa napoletana e la data indicata.
Certo, l’ironia, il “black humor” di una vignetta realizzata da un fumettista, ma cosa deve pensare un ragazzino che ama la sua città, e che già percepisce il peso degli stereotipi? E cosa devono pensare tutti i ragazzi non napoletani, che a Napoli non ci sono mai stati, e che certamente non sanno che quell’epidemia di colera non colpì solo Napoli, e che Napoli fu la prima a debellarla? Forse è proprio così, anche per incauta ironia, che si alimentano i luoghi comuni e le intolleranze, colpendo le fasce più deboli, destinate a portarsi dietro un’associazione infondata tra Napoli e la morte, tra Napoli e il colera.
Il padre del lettore mi ha scritto indignato e disturbato dalla reazione del figliolo, il quale, dopo aver letto e guardato la striscia, ha avuto voglia di stracciare la rivista. E così ha protestato con un post sulla fanpage di Sio, il quale si è giustificato così: Porca vacca che megasfortuna, ho scelto un mese e anno a caso ed è proprio così. Ti chiedo scusa e farò del mio meglio per farlo anche sul Magazine“. Un mese e un anno a caso, certo… evidentemente Sio crede di potersi prendere gioco dell’undicenne napoletano, suo lettore.
Il numero 2 di Scottecs, per la cronaca, è stato presentato in anteprima proprio al Napoli Comicon.

vignetta

Lady Mertens tradita dagli avvoltoi a caccia di puzza e camorra

Angelo Forgione – Katrin Kerkhofs, compagna dell’attaccante del Napoli Dries Mertens, ha scritto sul suo blog julietsjourney.com un riassunto del suo primo anno di esperienza in riva al Golfo e l’ha fatto in maniera lucida, con una buona dose di consapevolezza e di onestà. Il suo scritto non si è perso in troppi giri di parole ed è andato subito al dunque, con il sunto del pensiero che ha inteso trasmettere: “Napoli è una delle città più sottovalutate d’Europa”. È questo il verdetto di una giovane ragazza belga, calata all’improvviso dall’ordine nordeuropeo nella città delle contraddizioni, che ha capito già tanto. E si vede che insieme al suo Dries, anch’egli appassionato di Napoli, ha anche fatto tante amicizie, frequentato persone e capito il sentimento locale. In tanti le devono aver parlato nelle tante cene e aperitivi in città della “Questione meridionale”, e lei l’ha riportata con buona sintesi, facendo trasparire la sua soddisfazione per aver compreso l’origine dei contrasti percepiti. Ma Kat non ha solo ascoltato. Ha anche approfondito le informazioni ed è andata a leggere cosa dicevano i grandi letterati europei del passato, incappando in Goethe, colui che, come lei, prima di venire a Napoli aveva letto e sentito dell’inoperosità del popolo napoletano, in un’epoca in cui Napoli era tra le più luminose città d’Europa, e si era immerso nella vita locale per capire se quelle dicerie corrispondessero a verità. Sovvertì tutto, perlando bene dei napoletani, gente differentemente laboriosa, in funzione di una diversità caratteriale e di una invidiabile differenza climatica rispetto ai paesi nordici. Anche Kat è venuta carica di pregiudizi, come tutti quelli che si dirigono all’ombra del Vesuvio, e non di quei minimi pregiudizi del Settecento ma quelli assai più ingombranti del Duemila: far-west per le strade, ladri e immondizia dappertutto. Tutto svanito nella proverbiale disponibilità verso il forestiero e nell’orgoglio (poteva mai non avvertirlo?), e nel ridimensionamento del rischio entro la fenomenologia delle grande città, pur con un problema da denunciare: la camorra invisibile. “In questo contesto [di decadenza post-unitaria] si è affermata la nota organizzazione mafiosa ‘camorra’, approfittando della situazione degradata”. E da lì la denuncia di una presenza oscura nelle vicende della città, fino alla crisi dei rifiuti degli anni scorsi, risolta nella sua gravità, sì, ma con problematiche di sistema ancora evidenti: “sembra che io sia l’unica persona che a Napoli differenzia la spazzatura”. Accade proprio che nei quartieri bene della città la differenziata sia ancora sconosciuta, ed è assurdo per una comunità che ha vissuto un dramma.
Lady Mertens ha consigliato di non indossare orologi di valore, ed è lo stesso consiglio che Stendhal, innamoratissimo di Napoli, diede alla sorella nell’Ottocento (“Vèstiti male per il viaggio e fai in modo che l’avarizia e la prudenza abbiano la meglio sulla vanità”), prima che ella partisse per visitare quella che il fratello scrisse essere “senza nessun paragone, la città più bella dell’universo”.
A Kat Napoli piace, e tanto. La denuncia della camorra, con quel che comporta, è un atto di affetto per una città “sottovalutata” e sorprendente, un rammarico comune a tutti quelli che veramente voglione bene alla Città. Puntualmente, però, sono partiti i titoli a sensazione di chi, invece di riportare il consiglio “turistico” della ragazza, ovvero quello di abbassare la guardia su Napoli, ha sparato titoli su camorra e puzza. E poi ci lamentiamo che i maleducati tifosi indossano mascherine, che certi cronisti parlano di puzza dei napoletani e che qualche folle gli spari pure addosso. E così, qualcuno è stato indotto a pensare che la ragazza ce l’avesse con Napoli. E lei se n’è rammaricata su twitter, dichiarando amore per Napoli, provando a sgombrare il campo dalla malafede dei titolisti. Non che non abbia qualche colpa nella grossolana considerazione “l’unica cosa che noterete e dovrete sopportare è l’odore di immondizia per le strade”.
A Kat Kerkhofs tre appunti: la crisi rifiuti è colpa della camorra, sì, ma anche degli industriali del Nord, e non solo di quelli; la ‘nemica’ storica di Napoli è la “usurpatrice” Torino, non Milano; “Vedi Napoli e poi muori” non è un’espressione di Goethe ma di un anonimo poeta locale che il drammaturgo lesse e riportò nel suo “Viaggio in Italia”, amplificandola in tutt’Europa e rendendola il più celebre dei detti sulla città. E un consiglio glielo diamo noi: quando si parla di Napoli da amante di Napoli è sempre bene misurare ogni parola. Soprattutto se si è la fidanzata di un calciatore del Napoli. Gli avvoltoi sono in agguato e si fiondano immediatamente.

L’Espresso e le copertine “sputtanapoli”

nuovo schiaffo dopo quello ai tempi del colera e quelli più recenti

Angelo Forgione – La copertina de l’Espresso, dedicata all’inquinamento di Napoli, recita così: “Bevi Napoli e poi muori”. Da un rubinetto nero fuoriesce acqua nera, non caffè napoletano, e parte la psicosi del bicchier d’acqua. L’inchiesta rende noti i risultati di una ricerca del comando americano sul territorio eseguita tra il 2009 e il 2011, dalla quale si evincerebbero tracce di uranio nell’acqua contaminata e gas velenosi che escono dal suolo. I militari USA concludono: “Nessuna zona è sicura, nemmeno nel centro di Napoli”.
Di che acqua si tratta e di quali aree? Quelle tra Napoli e Caserta: tre “zone rosse” intorno a Casal di Principe, Villa Literno, Marcianise, Casoria e Arzano, dove i militari presero in fitto appartamenti abusivi e quindi allacciati a pozzi contaminati, e non dalla rete idrica. Criticità sono segnalate anche per il 57 per cento degli acquedotti esaminati nel centro di Napoli e il 16 per cento nel quartiere Bagnoli, non a causa delle sorgenti ma per via delle cattive condizioni delle tubature, e qui il problema è diverso.
Non è il caso di mettere la testa sotto la sabbia perché un grosso problema ambientale c’è, ma bisogna chiarire che le analisi americane erano riferite ad acqua “illegale” e su queste il quotidiano ha calcato la mano, strumentalizzando dati che con la rete idrica niente c’entrano. L’acqua erogata in città, almeno quella, risulta controllata e potabile, e i dati delle analisi sono consultabili da tutti attraverso il sito dell’azienda ABC, che quindici mesi fa, ben oltre il 2011, quando si chiamava Arin, fu elogiata da SKY che informò gli italiani sul fatto che l’acqua più “trasparente” del Paese fosse quella di Napoli. “Il servizio porta Napoli espresso_1973tra le eccellenze per quanto riguarda la ‘trasparenza’ e la assiduità della comunicazione pubblica dei dati a proposito delle acque che circolano nella rete idrica cittadina”. Questa fu la notizia che nel dettaglio esaltava i ventotto parametri tenuti in considerazione dalle analisi di laboratorio, i cinquantuno punti di prelievo e gli aggiornamenti pubblici a cadenza mensile, quartiere per quartiere. Meglio della pur esaustiva municipalizzata Smat di Torino e di tutte le altre città italiane. Presi per buoni i valori pubblicati, tutti soddisfacenti, ognuno può verificare, almeno nella città di Napoli, cosa beve.
espresso_2006A fine 2011, un altro studio interuniversitario aveva analizzato la qualità di 157 campioni raccolti in casa o alle fontanelle di oltre un centinaio di località del Nord, del Centro e del Sud della Penisola. Fu realizzato nell’ambito del progetto europeo Eurogeosurvey geochemistry expert group con il lavoro di alcuni ricercatori italiani, grazie ai quali fu possibile valutare l’acqua di 112 comuni. In 5 casi l’acqua analizzata non risultò potabile e tra le dieci città con maggiore concentrazione di nitrati non figurava Napoli ma, ad esempio, città come Milano e Venezia.
Bisogna pretendere chiarezza dall’indagine dei militari espresso_2005USA e da chi deve sovraintendere alla salute pubblica, ma una cosa è certa: non è la prima volta che il settimanale l’Espresso sbatte il mostro Napoli in prima pagina. Passando per il “Napoli addio” del 2005 e il “Napoli perduta” del 2006, sembra di rivivere i tempi del colera del 1973, quando Napoli fu colpita dall’accanimento mediatico e da titoli a sensazione, salvo poi scoprire che l’epidemia fu portata da mitili del Nordafrica. Anche in quell’occasione, l’Espresso titolò addirittura “Bandiera gialla”. Ne era inviato un giovane Paolo Mieli, che, conoscendo certe dinamiche, riconosce oggi quanti ricami giornalisti si facciano su Napoli.