È arrivato “Napolitiamo”

Angelo Forgione – Una vera fatica. È il mio saggio storico-didattico sul napoletano, lingua d’arte di reputazione internazionale, con cui è stata prodotta una vasta tradizione di scrittura colta e sono state espresse alcune forme artistiche di Napoli che nessun’altra città vanta tutte insieme, dalla musica al teatro, dalla poesia al cinema.

Lingua romanza come l’italiano, figlia del latino ma porosa come l’intera cultura partenopea, in cui ne convivono armoniosamente diverse altre. Idioma con una storia legata a specifici fattori politici e culturali che nei secoli hanno esercitato la loro azione in una città che nel periodo della “questione della lingua”, dal Cinquecento all’Ottocento, è stata la più affollata e dinamica d’Italia, con gran divario rispetto al cuore di un volgare, il tosco-fiorentino, che proprio in quei secoli ha fatto più carriera degli altri, divenendo la lingua di tutti gli italiani.
La grande Napoli ha lasciato fare la più piccola Firenze, e ha pure contribuito ad avviarne la spinta linguistica. E però si è presa la sua rivincita continuando a “parlare” al mondo con le sue tante espressioni, non solo artistiche, veicolate dal logos territoriale, che della città partenopea definisce la condizione identitaria più che altrove per continuità di tradizione e per livello di utilizzo.
Il problema della lingua di Napoli di oggi non sta nel preservarne l’uso orale ma nel proteggerne la scrittura dalla proliferazione di un’ortografia “fai-da-te” con la quale una lingua d’arte, regolata dalla radice latina e modellata dai tanti testi colti scritti nei secoli, viene spostata nel recinto dei semplici dialetti, privandola del suo prestigio letterario.
La prefazione di Maurizio de Giovanni rafforza la necessità di porre un argine al pericolo che il napoletano, lingua sotto attacco, sta correndo nel nostro presente.
Due guide in un libro, tra storia e didattica.
La parte storica racconta, ed è frutto di una rigorosa ricostruzione dell’evoluzione nei secoli dell’idioma partenopeo, anche in relazione all’affermazione della lingua italiana, e quindi del percorso linguistico di Napoli rispetto a Firenze.
La parte didattica insegna, ed è un completo prontuario grammatico per l’apprendimento di una ortografia napoletana corretta, a beneficio di coloro che vogliano minimamente padroneggiare la scrittura della bella lingua d’arte con cui Napoli, da secoli, parla al mondo.

Leggiamo. Scopriamo. Impariamo. Napolitiamo! Il presente indicativo della lingua di Napoli.

Il treno napoletano con vista spazzatura non parte più

Angelo Forgione – Dal treno olandese si vedono i tulipani che rallegrano l’orizzonte. Dal treno turco si ammira la strabiliante bellezza delle moschee di Istanbul. Sul treno giapponese si mangia Sushi e si chiacchiera amabilmente con Mila e Shiro. Il treno svizzero è talmente puntuale che persino la rigida signora Rottermeier risulta in ritardo alla stazione. E dal treno napoletano – napoletano, non italiano! – mica si vede il meraviglioso panorama del Golfo con il Vesuvio! No, si vede una montagna di spazzatura che sommerge la città.

Questo è quello che insegna ScuolaLab, il portale della scuola Ticinese di Bellinzona, a chi studia l’italiano sui suoi testi “didattici”.

Interpellata dal Corriere del Ticino, (e sì, perché la notizia non è stata evidenziata solo da diverse testate campane e nazionali), Tiziana Zaninelli, responsabile della Sezione dell’insegnamento medio del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport del Canton Ticino, dopo l’indignazione montata online, ha porto le rituali scuse e ha informato di aver disposto la rimozione del testo didattico della vergogna.

“Il testo risale a dieci anni fa. Frasi certamente infelici, sfuggite alle correzioni degli esperti e delle esperte di italiano. Ce ne scusiamo. Non vi era alcuna intenzione di denigrare una città italiana, tanto meno da parte dei docenti e delle docenti di italiano, che con il loro insegnamento approfondiscono e valorizzano la nostra lingua. Nel frattempo l’eserciziario è stato tolto dal portale”.

Una scheda vecchia, e non c’era voluto molto a capirlo leggendo la data di pubblicazione dell’eserciziario, ma è stata comunque scritta illo tempore in modo offensivo e inaccettabile, con differenza di trattamento dei popoli, cioè discriminazione; “sfuggendo” al controllo degli esperti linguisti e finendo sotto gli occhi degli studenti per anni senza che nessuno si sia preoccupato di eliminarla, finché qualche fiero napoletano non se n’è accorto e ha protestato.

Una figuraccia ticinese che conferma ancora una volta come la protesta dei napoletani, se fondata, sia sacrosanta. Altro che suscettibilità e vittimismo! Quelli li lasciamo al Codacons e a certi politici italiani che si rizelano per una canzoncina sull’Italia neanche offensiva di un cantante estone, ma tacciono quando a essere davvero vilipesa è la sola Napoli.

Agli amici dell’istruzione ticinese, italiani di Svizzera o svizzeri italiani che dir si voglia, giungano un paio di immagini dei treni napoletani, di quelli panoramici tra mare e vulcano, come suggerimento per riscrivere la scheda e rimuovere dalle teste i loro stantii luoghi comuni.

La rivisitazione della didattica dei Conservatori napoletani del ‘700

Angelo ForgioneÈ stato pubblicato in lingua inglese un trattato sui metodi di insegnamento musicale nella Napoli del Settecento, a cura di Peter van Tour, docente al dipertimento di Musicologia all’Università svedese di Uppsala, la più antica e prestigiosa università della Scandinavia.
Counterpoint and Partimento il titolo, ovvero “Contrappunto e Partimento”, specificità didattiche dei conservatori napoletani di Santa Maria di Loreto, La Pietà dei Turchini, I Poveri di Gesù Cristo e Sant’Onofrio a Porta Capuana (poi confluiti in quello unico di San Pietro a Majella) che formarono un gran numero di professionisti della musica, di cui l’Europa dell’epoca faceva gran richiesta. Fu proprio l’alta formazione degli istituti napoletani, unitamente alla produzione dei capolavori di Leo, Durante, Jommelli, Pergolesi ed altri Maestri, a far scrivere a Jean-Jacques Rousseau e Charles Burney che Napoli era l’epicentro della Musica, con grande eco in tutto il Vecchio Continente.
La qualità dell’insegnamento era basato proprio su questi metodi particolari. Il Partimento, nello specifico, era uno strumento didattico tutto partenopeo (di cui parlo in modo più approfondito nel capitolo “L’Opera e la Musica Sacra” del mio saggio Made in Naples; ndr) che si diffuse in ogni parte d’Europa per la capacità di accrescere negli allievi la tecnica strumentale attraverso la composizione a livelli di difficoltà sempre maggiori, in modo da stimolarne la creatività. Gli studi di Peter van Tour rivelano che il Partimento era utilizzato negli antichi Conservatori napoletani non solo come esercizio da suonare al cembalo ma anche come esercitazione scritta di Contrappunto.
La recente rivisitazione del Partimento è oggetto di altre pubblicazioni recenti, tra cui quelle a cura di Giorgio Sanguinetti, docente di teoria e analisi della musica all’Università di Roma-Tor Vergata: The Partimento and Continuo Playing in Theory and Practice (2010) e The Art of Partimento. History, Theory and Practice (2012).