Angelo Forgione – Parthenia, dal greco “vergine”, è protagonista della leggenda della fondazione della città di Napoli. Nel IX secolo a.C. approdarono sull’isolotto di Megaride, laddove oggi è il Castel dell’Ovo, i primi coloni greci. Provenivano dall’isola di Rodi e portarono il culto orientale delle Sirene, che si diffuse in tutto il sud tirrenico.
Le origini della città di Napoli si perdono nella leggenda e nel mito del poema omerico di Ulisse. Degli scogli delle Sirene si parla anche nell’Odissea e sarebbero, secondo la leggenda, i “Li Galli” nei pressi di Positano, in antichità detti “Sirenusse”.
La Maga Circe, che secondo la leggenda si trovava nell’attuale Parco Nazionale del Circeo, avvertì Ulisse di fare attenzione al canto delle Sirene. Si trattava della voce chiara Ligea, la bianca Leucosia e la vergine Parthenia. Pur di ascoltarle, il Re di Itaca tappò le orecchie dei compagni con la cera e si fece legare all’albero maestro della sua imbarcazione. Le Sirene presero a cantare e promisero a Ulisse che gli avrebbero rivelato i segreti reconditi della conoscenza. Lui cercò di liberarsi ma i compagni assicurarono ancor di più la legatura e l’imbarcazione oltrepassò. Per la delusione, le Sirene si suicidarono lanciandosi dagli scogli, e il corpo di Parthenia fu portato dalle correnti sugli scogli di Megaride, dove fu rinvenuta con gli occhi chiusi e i capelli ondeggianti nell’acqua del Golfo.
Nell’immaginario collettivo, le Sirene sono bellissime figure umane per metà donna e metà pesce, e con queste sembianze ha scolpito Napoli il marcianisano Onofrio Buccini nel gruppo della fontana in Piazza Sannazaro. In realtà non è così poiché si tratta in origine di figure mitologiche, anche spaventose nell’aspetto, con il busto di donna e il corpo d’uccello, ali comprese, che vivevano appunto sugli scogli e, come tutti gli uccelli, usavano il canto per “catturare” gli uomini.
Per rendersene conto basta recarsi in Via Santa Caterina Spina Corona, nei pressi del Corso Umberto, e scorgere una della fontane più importanti e più nascoste di Napoli. Sulla parete laterale esterna dell’omonima chiesa, nel XVI secolo, Don Pedro de Toledo fece realizzare da Giovanni da Nola la fontana della Spinacorona, anche dette “delle zizze”.
Il gruppo scultoreo dal fortissimo significato esoterico, riferito alla prima protettrice della città, ha come soggetto la Sirena Parthenia nelle sue reali sembianze di donna-uccello e nell’atto di spegnere il fuoco del Vesuvio con l’acqua che le sgorga dai seni. Alle falde del vulcano, rivoli di lava e un violino, mentre al di sopra si leggeva un tempo una targa in marmo su cui era incisa la frase “Dum Vesevi Syrena Incendia Mulcet” (mentre la sirena addolcisce l’incendio del Vesuvio).
È nel Medioevo che, con la diffusione del Cristianesimo, le Sirene perdono le ali in segno di caduta dell’anima e vengono trasformate in pesci.
Il volto di Parthenia è raffigurato nel busto della “Capa ‘e Napule” sullo scalone principale di Palazzo San Giacomo. Si tratta della replica di una parte di una statua di 20 secoli fa che prima della sistemazione attuale si trovava nei pressi di Piazza Mercato per poi essere trasferita durante il periodo del “Risanamento”.

fonte leggenda
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