Si allarga l’area Unesco di Napoli

Angelo Forgione È stato ratificato con ufficialità l’inserimento di altri grandi monumenti di Napoli nell’area protetta dall’Unesco, come proposto dal Comune di Napoli. Si tratta di: Reggia e Parco di Capodimonte, Castel S. Elmo e Certosa di S. Martino, Villa Floridiana e Parco, Villa Rosbery e Parco, Villa Comunale e Real Orto Botanico. La decisione è stata presa in occasione della 38° sessione del Comitato per il Patrimonio mondiale Unesco che si è tenuta a Doha (Qatar) nello scorso giugno.
Il Comitato ha inoltre riconosciuto la proposta del Comune di Napoli di individuare una zona di protezione del sito UNESCO, particolarmente utile per la garanzia di conservazione dell’integrità dell’area già protetta. Tale zona di protezione viene così sottoposta allo stesso regime di tutela e monitoraggio del sito vero e proprio. Qesto riconoscimento rende omogenea la vasta area già individuata e inserita nella lista del Patrimonio mondiale Unesco.

13 giugno 1799 – 13 giugno 2012…

13 giugno 1799 – 13 giugno 2012…

di Gennaro De Crescenzo – Nel gennaio del 1799 l’esercito francese aveva invaso Napoli massacrando oltre ottomila Napoletani. Nacque così la famosa “repubblica napoletana” con la complicità di pochi giacobini locali (“una minoranza impercettibile”). Sessantamila le vittime complessive di parte napoletana-cristiana-borbonica nei cinque mesi di governo franco-giacobino, incalcolabili i saccheggi (dalle Calabrie alle Puglie). La notte del 12 giugno l’esercito del Cardinale Fabrizio Ruffo chiamato a guidare i volontari che volevano liberare il Regno,  aveva la sua testa a Portici e la sua coda a Nola e i giacobini chiusi nel Castel Sant’Elmo capirono che era finita la storia di una repubblica lontana dal Popolo e contro il Popolo.
Il 13 giugno, festa di S. Antonio,
 fu salutato dai  Napoletani come il giorno della fine della guerra più tragica della loro storia. Fu spontanea la gioia di quanti, accorsi dalle province vicine, si unirono ai calabresi per liberare la capitale da francesi e giacobini, considerati colpevoli di aver portato quella guerra in un Regno fino ad allora pacifico. “Quella notte nessuno pensò a dormire. Ad ore due alcuni calabresi a cavallo, dalle spiagge e da porta Capuana, entrarono di corsa in città gridando: Chi  viva? Da ogni parte il popolo cominciava a gridare: Viva ‘o rre. Ognuno toglie il lume dalle stanze aprendo pian piano la finestra… e tutte le finestre si illuminarono una dopo l’altra… Viva il Re: questa voce più del vento s’ode echeggiare per ogni dove nella città: chi esce dalla sua casa piangendo, chi bacia la terra, chi si abbraccia col vicino, chi alza le mani al cielo benedicendo Iddio… finita l’oppressione, la menzogna, l’inganno… tutta la notte si passa in veglia, notte degna oltremodo di memorabile gioia”. Per la volontà popolare esasperata da lutti e violenze (quasi ogni famiglia ne aveva subiti) e con il sostegno degli alleati inglesi e di leggi che sarebbero state applicate in qualsiasi altra parte del mondo, il re processò e condannò a morte 102 giacobini ritenuti maggiormente responsabili. Dopo oltre due secoli sarebbe corretto e giusto raccontare la storia del ’99 in modo più sereno ed obiettivo sottolineando magari un aspetto che, come si è detto, potrebbe essere ancora attuale ed utile: da oltre due secoli la cultura napoletana e meridionale vive nel mito di una rivoluzione-invasione straniera. Da oltre due secoli ci hanno invece cancellato la memoria storica di una vera e propria epopea popolare: la vittoria del popolo napoletano, calabrese e meridionale contro una cultura lontana, elitaria e contro il popolo ancora oggi dominante e più che mai dannosa. Il riscatto della nostra terra passa inevitabilmente anche attraverso la ricostruzione della verità storica, di tutta la nostra memoria storica e di una cultura radicata e profondamente legata alle nostre tradizioni ieri come oggi.
(nell’immagine l’ingresso trionfale di Ruffo a Napoli assistito da Sant’Antonio)

La verde collina del Vomero dichiarata “Monumento Nazionale”

La collina del Vomero è “Monumento Nazionale”

di Angelo Forgione
vai all’articolo su napoli.com

Mentre il Comune di Napoli si affanna nella lotta contro il tempo per la consegna del Piano di Gestione all’Unesco, giunge una piacevolissima notizia per la città: l’antica “Vigna dei monaci di San Martino”, ovvero la verde collina nel cuore della città che si affaccia sul golfo ai piedi della trecentesca Certosa e del Castel Sant’Elmo, è stata dichiarata Monumento Nazionale.
 Lo ha stabilito il decreto n. 851 del Ministero per i Beni Culturali, emesso a seguito della proposta della Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici di Napoli e provincia.

Da sempre emblema della città, sempre presente nelle immagini e nei disegni storici di Napoli come ad esempio la celebre “tavola Strozzi”, la “Vigna San Martino” è ancora oggi un territorio agricolo urbano di più di 7 ettari. È stato quindi dichiarato “Bene di interesse storico artistico” entrando a far parte del patrimonio culturale italiano al pari di un qualsiasi monumento di fattura umana. È l’ennesima dimostrazione della 
bellezza di Napoli in quanto non solo città d’arte ma anche e soprattutto come città dall’incomparabile bellezza geologica donata dalla natura. La collina del Vomero, una corona della città, si unisce alla bellezza del Vesuvio adagiato sul mare della splendida baia di Napoli che accoglie le isole a largo e degrada fino ai magnifici Campi Flegrei.

La storica vigna fu realizzata insieme alla Certosa nel 1325 dal duca di Calabria Carlo d’Angiò e al momento dell’Unità d’Italia, divenendo la stessa Certosa un Museo, venne a decadere la salvaguardia dello spazio agricolo, separando di fatto le due entità.

Il decreto ha una valenza eccezionale per il fatto che non riguarda la tutela di un bene in pericolo come accade di solito, seppure il verde della collina vomerese sia stato aggredito nei secoli dall’urbanizzazione selvaggia. Nel 1967, la Vigna fu vincolata come “Bene di interesse paesaggistico” per evitare che fosse completamente divorata dalla lottizzazione ediliza prevista del Piano Regolatore del 1939.
 Oggi conserva ancora sentieri, terrazzamenti e edifici agricoli costruiti dai monaci certosini nel corso di sei secoli ed è ora necessario che questo nuovo “monumento nazionale” sia reso visitabile e percorribile con maggiore facilità, inserendolo negli itinerari turistici. La palla passa dunque all’amministrazione comunale nella valorizzazione di uno spazio monumentale unico che comprende castello, certosa e vigna.