Capodanno dei cinesi: i primi in Europa, a Napoli

Angelo Forgione — Si festeggia oggi il Capodanno cinese, la più importante festività in Cina, paragonabile alle festività natalizie dei paesi occidentali. Si entra nell’anno del coniglio, e a celebrare con eventi dedicati è anche Napoli, la città che ha accolto il primo insediamento di cinesi all’estero.

Era il 1724, e il sacerdote ebolitano Matteo Ripa, di ritorno a Napoli da più di un decennio trascorso alla corte imperiale di Pechino, portò con sé cinque cinesi: quattro giovani e un maestro di lingua e scrittura mandarinica. Con loro, avviò un congrega, detta “della Sacra Famiglia di Gesù Cristo” per l’educazione degli orientali ai valori della Cristianità da diffondere poi nel loro paese, con annesso un collegio per la formazione di interpreti per le relazioni con i popoli d’Oriente. Nacque così il Collegio dei Cinesi, primo nucleo di quello che è oggi l’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”, il più antico istituto di sinologia e orientalistica d’Europa, nel cui logo figura proprio l’immagine di Ripa tratta da un dipinto conservato all’Archivio Storico Diocesano.


Quel collegio fu insediato in un monastero extra moenia situato in una zona conosciuta a quel tempo come “la Montagnola”, lungo una strada ripida e impervia che, dal centro di Napoli, conduceva alla collina di Capodimonte, attualmente contraddistinta dal pertinente odonimo di “salita dei Cinesi”, nel rione Sanità.
Il Collegio iniziò a operare in sordina, ed ebbe approvazione papale solo nel 1732, allorché vi fu realizzata e inaugurata di fianco una chiesa, detta “della Sacra Famiglia dei Cinesi”.
In epoca borbonica, l’istituzione formativa ottenne sempre maggiore prestigio, accreditandosi come un serio istituto linguistico dove trovavano posto non solo Cinesi ma anche soggetti provenienti dai Balcani, dal mondo arabo e dall’Oriente in genere.

Il Settecento fu definito per l’Europa il “secolo cinese”, e Napoli recitò una parte da protagonista, diventando faro europeo della lavorazione della seta e della porcellana, fiori all’occhiello della produzione artistica borbonica.
Il ponte culturale con la Cina fu attivato proprio da Carlo di Borbone e dalla moglie Maria Amalia, ella proveniente da quella Sassonia in cui, nel 1709, era stato scoperto il procedimento per la fabbricazione della porcellana, fin lì esclusiva cinese. La Sovrana fu vera artefice dell’avvio della Real Fabbrica di Capodimonte delle porcellane declinate alla napoletana, cioè “a pasta tenera”, e non per caso nella Reggia di Portici fu realizzata la “Sala Cinese” (oggi Aula Magna universitaria), espressione del gusto crescente per le “chinoiserie”, importato proprio attraverso le porcellane orientali.
Ma il vero capolavoro del Real Palazzo porticese è, unico in Europa, il Salottino di porcellana, fatto realizzare nel 1757 da Carlo di Borbone per sua moglie in una piccola stanza rivestita da migliaia di mattonelle di porcellana decorate con pappagalli, dragoni, ghirlande, ventagli, scimmie, scene di vita cinese, cestini di frutta e ideogrammi chiaramente decifrabili. Nel 1866, in epoca unitaria, fu smontato e rimontato nella Reggia di Capodimonte, dove oggi fa bella mostra di sé nel percorso museale.

Lo sguardo alla Cina lo volse anche Ferdinando di Borbone, fondatore della manifattura della seta e di un certo sogno di élite operaia nella Colonia casertana di San Leucio, ma pure sua moglie, l’austriaca Maria Carolina. Costretti nel 1799 a riparare a Palermo per l’invasione giacobina a Napoli, i due sovrani presero dimora in un palazzo in stile cinese acquistato da un barone locale, e lo fecero abbellire e ingrandire calcando ancor di più l’impronta orientale ma mescolandolo con elementi giapponesi, islamici, ottomani, arabi e, per rimarcare la napoletanità dello stile Neoclassico ormai imperante, pompeiani. Nacque la Palazzina Cinese, primo esempio in Europa di “stile eclettico”, napoletano anch’esso perché, con quel primo esperimento di stili misti, la coppia reale intese volgere lo sguardo all’Oriente per dare le spalle a Parigi, patria degli invasori di Napoli e degli assassini di Maria Antonietta, decapitata sorella di Maria Carolina.
Napoli chiudeva così, a modo suo, il “secolo cinese” in Europa, ma non affezionandosi troppo al thè e al riso. Quella era roba da inglesi e francesi. Meglio il caffè e la pasta.


MiBACT: bene i musei campani (e manca il napoletano più visitato)

Angelo ForgioneLa Top 30 degli afflussi ai musei e ai parchi archeologici statali del 2019 conferma ovviamente il podio del Colosseo, con oltre 7,5 milioni di visitatori, delle Gallerie degli Uffizi, con quasi 4,4 milioni di ingressi, e di Pompei, con circa 4 milioni di presenze. In calo, ma stabili in classifica, sesta e settima, Venaria Reale e la Reggia di Caserta (-14%).

I dati evidenziano una crescita sensibile della Galleria Nazionale delle Marche (+36,8%) e dei musei napoletani. Il Museo di Capodimonte aumenta del 34,2% pur restando ancora ampiamente sotto le sue potenzialità. Significativo incremento anche per Castel Sant’Elmo (+18,7%) e per Palazzo Reale (+11%).

Manca all’appello, perché non statale, quello che è il museo napoletano più visitato, che non è l’Archeologico (al decimo posto) ma, di fatto, la Cappella Sansevero. Lo scrigno del Cristo Velato, in continua crescita, ha totalizzato nel 2019 ben 758.453 accessi, senza domeniche gratuite. Confrontando i numeri con la classifica ufficiale stilata dal ministero dei Beni culturali, si piazzerebbe all’ottavo posto, proprio tra Venaria Reale e la Reggia di Caserta. Una posizione eccelsa, considerando che i numeri dei musei statali contemplano la gratuità degli accessi, che dovrebbe aggirarsi tra il 40 e il 50% del totale.

Insomma, bene il trend per la Campania della cultura e dei tanti tesori e delle potenzialità ancora ampiamente inespresse.

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Le prime automobili? Ci pensarono i siciliani

Angelo Forgione – Archeologia automobilistica! Nel 1836, a Capodimonte, Napoli, Ferdinando II di Borbone, Re delle Due Sicilie, firmò un accordo “per l’introduzione in Sicilia di una vettura a vapore senza bisogno di rotaje”. Una vettura senza binari cos’era se non l’antenata dell’automobile?
Il documento che lo prova è conservato nella Collezione delle leggi e dei decreti reali del 1836, I semestre, edita presso la reale stamperia di Napoli. Si tratta del decreto n° 3337 con il quale si accorda una privativa (monopolio) di cinque anni ai signori Giuseppe Natale e Tommaso Anselmi per l’introduzione in Sicilia di vetture a vapore senza bisogno di rotaie di ferro. La caldaia motrice sarebbe stata certamente fornita dalla fabbrica pubblica di Pietrarsa inaugurata tre anni prima alle porte di Napoli, tra San Giovanni a Teduccio e Portici, per la lavorazione di motori a vapore per le navi e per le nascenti locomotive ferroviarie.
La concessione, però, venne data con un vincolo stringente: Natale e Anselmi “si intendono decaduti dalla patente se, entro un anno dalla consecuzione della medesima, non sarà messo in esecuzione l’oggetto per il quale è stata accordata la privativa”. Evidentemente, la locomotiva automobile siciliana non fu mai realizzata poiché risultava davvero difficile direzionarla per il peso dell’apparato caldaia.
Fu realizzata invece la prima locomotiva italiana su binari, la Bayard per la Napoli-Portici, inaugurata tre anni dopo.
Poi, nel 1899, a Torino, il meccanico cuneese Giovanni Battista Ceirano ispirò i fondatori della Fiat per la costruzione di vetture a motore a scoppio, azienda di cui si impossessò Giovanni Agnelli con un complesso gioco azionistico-bancario con cui scalzò nel 1906 i fondatori.

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Nuovo record per i musei italiani nel 2017

Campania stabilmente seconda con interessante risultato della Reggia di Caserta


Angelo Forgione
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Il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ha presentato i numeri dei musei italiani del 2017, costantemente in crescita. Battuto ancora un record, quello del 2016, da 45.383.873 a 50.103.996 visitatori. Una crescita nella quale la Campania gioca un ruolo importante, coi suoi 8.782.715 visitatori e un +10,66 rispetto allo scorso anno. «La Campania – fa notare il ministro Dario Franceschini è ormai stabile al secondo posto della classifica delle regioni più virtuose: la rinascita di Pompei è stata sicuramente da traino ma sono state molto positive anche le altre esperienze delle gestioni autonome dalla Reggia di Caserta, al Museo archeologico Nazionale di Napoli, a Capodimonte, a Paestum».
Il Lazio resta la regione leader, dai 20.317.465 ingressi del 2016 ai 23.047.225 del 2017 (+13,44). Roma continua a fare da polo attrattivo internazionale, ma cresce Napoli con il suo polo tutto ancora da sfruttare appieno, motivando le lusinghiere previsioni di Franceschini per il suo ritorno nell’élite internazionale.
La Campania, dunque, si conferma seconda regione e rafforza il suo dato con circa 850mila ingressi in più rispetto al dato del 2016. Ancora molte le potenzialità inespresse, ma crescono gli Scavi di Pompei, quelli di Ercolano e Paestum, la Reggia di Caserta e il Museo Archeologico Nazionale. Segnali confortanti anche per il Museo di Capodimonte a Napoli, ancora attardato, coi suoi noti problemi logistici, ma finalmente nella top-30.
Classifica confermata anche per la Toscana, terza sullo zoccolo di Firenze, che torna a crescere dopo la flessione del 2016, toccando quota 7.042.018 (+10,22%). Inattacabili i tre gradini del podio, anche per il Piemonte e per la Lombardia, regioni dalla crescita molto più contenuta, soprattutto la seconda, che non ha goduto del dato offerto lo scorso anno da Mantova, la Capitale Italiana della Cultura 2016.
I più alti tassi di crescita si sono registrati in Liguria (+25,93%) e in Puglia (+19,48%), mentre male il dato dell’Abruzzo (-11,96%), delle Marche (-4,29%) e dell’Umbria (-5,32%)
2017_mibact_museiI dieci luoghi della cultura più visitati nel 2017 sono stati il Colosseo/Foro Palatino (7.036.104), gli Scavi di Pompei (3.382.240); gli Uffizi (2.219.122), le Gallerie dell’Accademia di Firenze (1.623.690), Castel S.Angelo (1.155.244), la Venaria Reale (1.039.657), il Circuito Museale Boboli e Argenti (1.000.482), il Museo Egizio di Torino (845.237), la Reggia di Caserta (838.654) e Palazzo Pitti (579.640). Tra i primi dieci siti, la miglior crescita è della Reggia di Caserta (+22,80%), anche se resta stabile al nono posto, con uno scarto di 201.003 visitatori rispetto alla Venaria Reale di Torino (lo scorso anno erano 328.963).
Oltre la top-10 vi sono la Galleria Borghese, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Ercolano, Villa d’Este e Paestum. Al 30° posto spunta l’importante Museo di Capodimonte di Napoli, del cui complesso primeggia invece ancora il Parco tra i luoghi della cultura gratuiti più visitati, secondo solo al Pantheon di Roma.
Nei dati non sono riportati il risultati di Sicilia, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, regioni a statuto speciale (ma lo sono anche la Sardegna e il Friuli V.G.) che gestiscono autonomamente i beni culturali.
Notizie dunque positive, ma è bene ampliare lo sguardo almeno all’Europa e chiarire che i nostri musei e siti culturali, nonostante la crescita, non attirano come altri giganti dell’esposizione internazionale. Se storniamo Colosseo e Pompei, che non sono propriamente dei musei, il primo tale, ossia gli Uffizi, con i suoi 2,2 milioni di visitatori, è lontano dal Louvre (circa 9 milioni di ingressi), dal British Museum (6,7), dalla National Gallery (6,4) e pure dai Musei Vaticani (6,2), che non appartengono allo Stato italiano.

Muti: «Napoli cultura immensa e sconosciuta, se le mangia tutte!»

Angelo Forgione – «Sono stanco dell’immagine falsata di Napoli, si parla solo della delinquenza, anche se ci sono città dove la criminalità fa molte più vittime. Una immagine che oscura la sostanza vera della città. Della grandezza della Napoli della cultura il mondo non sa niente. Certo, sono contento del riconoscimento dell’arte dei pizzaiuoli napoletani, ma il mondo deve sapere che abbiamo un centro storico che non teme confronti, dove sono concentrati il Museo Archeologico, il Conservatorio di San Pietro a Majella, i Gerolamini, e tanto altro. Per non parlare della Scuola Musicale Napoletana del Settecento, e anche di questo nessuno sa nulla. Paisiello era il preferito da Napoleone, Cimarosa fu chiamato a San Pietroburgo, senza dimenticare Scarlatti. Prima dell’allestimento nel 2014 di un presepe napoletano presso l’Art Institute di Chicago, il presepe napoletano era sconosciuto agli americani».
Parole di Riccardo Muti, delle quali approfitto per sottolineare che è proprio per questo enorme e delittuoso vuoto di cultura che ho scritto, almeno per gli italiani, Made in Naples e Napoli Capitale Morale. Ma non sono certo i libri che mettono in chiaro la grande Cultura di Napoli a godere dei riflettori internazionali, e neanche nazionali, tutti puntati sulla narrazione del male. Magari un giorno, chissà, riuscirò a veder tradotti i miei, almeno per i turisti stranieri che giungono in città. Mi basterebbe. E intanto vado avanti.

Congresso di Capodimonte: riaccendere la cultura di Napoli

Sabato 8 aprile, presso l’auditorium del Museo di Capodimonte, in cui prendeva il via la mostra dedicata al grande pittore Picasso relativa anche al suo rapporto con Napoli, si è tenuto il primo Congresso Culturale Meridionalista organizzato dalla Compagnia dell’Aquila Bianca.
Il congresso si è aperto con la proiezione di un video in cui l’attore Patrizio Rispo ha letto la poesia di Raffaele Moccia Io sono napoletano, che è stata presentata ufficialmente alla stampa ed al pubblico. Il pittore Gennaro Regina ha inoltre realizzato un quadro che raffigura un Vesuvio da cui escono le parole dell’opera di Moccia ed a tutti i presenti sono state distribuite cartoline che riprendevano il quadro.
Simona Buonaura, moderatrice del congresso, ha intervistato Moccia, facendosi raccontare come è nata la poesia. L’autore, visibilmente emozionato, ha raccontato il sentimento di fierezza e di rivalsa verso i luoghi comuni che ci sono intorno a Napoli che hanno accompagnato la stesura dell’opera, che ultimamente è stata tradotta anche in giapponese. Ma questa è un’altra storia!
Roberto Cinquegrana, presidente de La compagnia dell’Aquila Bianca e motore del congresso, nel dare il benvenuto ai presenti, ha voluto illustrare l’obiettivo dell’incontro, ovvero far trasparire il forte senso di appartenenza Meridionale con una politica del “fare” anche perché partendo dal basso, e quindi dall’associazionismo, dal quale possono arrivare progetti importanti per “aiutare” le Istituzioni a competere sul territorio. Non solo folclore dunque ma voglia di andare avanti e proporre azioni concrete.
A prendere poi la parola, il padrone di casa il Direttore del Museo di Capodimonte Sylvain Bellenger, che si è detto felice di ospitare un evento del genere e, rimeggiando alcuni versi di Io sono napoletano, ha detto che anche lui, una volta fantasma, vorrà aleggiare come Andersen per le vie della città. Ha raccontato che al suo arrivo Capodimonte versava in condizioni quasi di abbandono, con ragazzi che giocavano al pallone nei giardini esterni al Museo. Quando ha deciso di cambiare tutto, ancor prima di farlo, ha stabilito però di offrire un’alternativa ai giovani che giocavano a pallone. Non solo privarli del Real giardinetto!
Il direttore del Mann Paolo Giulierini si è invece soffermato sulla rete virtuosa che si è creata tra i vari Musei, in particolare tra il Mann e quello di Capodimonte anche per una questione logistica e di vicinanza. Il fatto che il Mann sia in una posizione strategica e centrale aiuta ma alla base c’è sicuramente la volontà di creare momenti aggregativi ed eventi che avvicinino i visitatori. Il suo incarico lo porta inoltre spesso fuori Italia ed ha potuto appurare che all’Estero i direttori di Museo sono 32enni ma non per questo meno preparati. Dunque, dare più spazio ai giovani da una parte e dall’altra a chi ha veramente le competenze per essere competitivi. Meglio se entrambe. Dal punto di vista dell’internazionalizzazione c’è ancora da fare ovvero ottimizzare i mezzi pubblici e tutto l’indotto che ruota attorno alla cultura ma si sta lavorando molto anche con le istituzioni.
A rappresentarle, l’Assessore Nino Daniele, che ha portato i saluti anche del sindaco De Magistris ed ha sottolineato come le diversità siano una ricchezza ed ha dunque giocato sul fatto che il suo assessorato vorrebbe denominarlo “delle Culture”. “La memoria e l’identità – ha inoltre aggiunto – sono un presupposto dell’amministrazione che da subito ha professato questa tendenza”.
Il giornalista e scrittore Gigi di Fiore ha rimarcato che a Napoli non hanno aiutato le etichette che aleggiavano dal dopo unità e dunque, a suo avviso, psicologicamente ha giocato a sfavore del meridionale, che si è sentito in inferiorità culturale. Il mezzo per far cambiare le cose è la buona comunicazione, come ha dimostrato Pietrarsa, da poco inaugurata con una narrazione corrispondente alla verità storica del luogo.
Angelo Forgione ha stimolato la riattivazione dei simboli culturali della città affinché sia riportata al centro della cultura europea, e ha definito i contorni dell’identità napoletana, riconosciuta come unica dall’Unesco e dall’Icomos, sulla quale basare una reazione alla volontà di oscurarne le eccellenze. Per lo scrittore, emerge il bisogno di raccontare per bene Napoli all’estero, in tutte le fiere internazionali del turismo e diffondendo informazioni positive sul web, per far sì che venga percepita meritevolmente come città d’arte oltre che come città peculiare, in modo da attrarre inglesi e tedeschi, che, a differenza dei francesi, continuano ancora a considerarla di passaggio.
Ha poi preso la parola Vincenzo Laneri, responsabile dei rapporti con le istituzioni della Compagnia dell’Aquila Bianca, che nel suo intervento, al termine di tante tesi, ha proposto la realizzazione di un’Agenzia istituzionale strutturata che possa in qualche modo superare le lungaggini burocratiche che allontanano anche gli imprenditori che vogliono investire. Un filtro tra associazioni ed enti ed istituzioni preposte. Il moltiplicatore economico sul territorio può essere attivato, dunque, avendo una camera di regia unica in cui convergono tutti gli attori protagonisti di questo risveglio: le associazioni, gli artigiani, gli albergatori, i ristoratori che possono confluire poi in maggiore e sano turismo e quindi poi creare occupazione.
Sono poi intervenuti il segretario di Casartigiani Fabrizio Luongo che ha proposto di creare questa agenzia proprio presso la Camera di Commercio di Napoli quando tra due mesi si insedierà il nuovo direttivo e qualora non riuscisse in questo modo ha offerto l’appoggio della confederazione che rappresenta. Va da sé che durante un congresso meridionalista non si poteva non chiedere ad un interlocutore del genere di far rimuovere, una volta per tutte, il busto di Cialdini dall’ingresso della Camera di Commercio con scroscianti applausi di assenso. Alessandro Caramiello e Giovanni Erra invece hanno parlato dell’importante progetto del galoppatoio coperto di Portici, da poco restaurato ma non ancora inaugurato, che insieme a Cinquegrana hanno progetti molto interessanti per la città.

Un congresso per la cultura di Napoli a Capodimonte

Sarà certamente un appuntamento interessante quello previsto per sabato 8 aprile alla Reggia di Capodimonte. Con ingresso libero, presso l’auditorium del Museo, dalle ore 10:00, si terrà un “Congresso culturale meridionalista” a più voci, per analizzare le prospettive della storia, della cultura e dell’identità napoletana. Il dibattito, promosso dall’Associazione Compagnia dell’Aquila Bianca, impegnata nell’organizzazione di rievocazioni storiche e di eventi di valorizzazione dei luoghi del nostro patrimonio culturale, in collaborazione coi due maggiori Musei statali di Napoli e con l’Assessorato alla Cultura e Turismo del Comune di Napoli, sarà finalizzato allo sviluppo turistico ed economico del territorio e all’ottimizzazione delle sue peculiarità.
Dopo il saluto del padrone di casa, il direttore del Museo di Capodimonte Sylvain Bellenger, la giornalista Simona Buonaura modererà il dibattito affidaro a: Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico Nazionale di Napoli; Gigi di Fiore, giornalista e scrittore; Roberto Cinquegrana, presidente della Real Cavallerizza di Napoli; Angelo Forgione, scrittore e giornalista pubblicista, e Vincenzo Laneri, responsabile rapporti istituzionali Aquila Bianca.
Sono attesi inoltre esponenti delle istituzioni e dell’informazione con i quali ci sarà un dialogo diretto affinché si possano indirizzare gli argomenti affrontati verso una concretizzazione. Sarà inoltre presentata ufficialmente la poesia “Io sono Napoletano” di Raffaele Moccia, letta dall’attore Patrizio Rispo.

Real-Napoli: dialogo impossibile tra Carlo e Ferdinando

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carlo_ferdinando“Padre, ma Vi hanno detto che i napoletani stanno venendo in massa a Madrid?”

“Sì, sono informato, caro Ferdinando… credi che sia solo caccia e presepi, io? Il calcio mi interessa. Tutto mi interessa!”

“Scusatemi, padre, non volevo mancarvi di rispetto. E ditemi un po’, per chi tiferete?”

“Figliolo, lo sai che Napoli ce l’ho nel cuore e che i napoletani me li sono portati in Spagna per governare e costruire. Ho governato da “napoletano” qui. Ma io sono nato a Madrid, ci sono cresciuto prima di andarmene a Parma, e ci sono morto. E poi, qui la squadra porta la corona. Voi, a Napoli, ve ne siete dimenticati, e portate pure la enne napoleonica sulle maglie.”

“Me ne rendo conto, e potete capire che rabbia. Però, sapete che c’era il Corsiero del Sole sulle maglie del 1926. E però, pure nel calcio il nostro Sud è stato umiliato, e quando ha iniziato a misurarsi coi sabaudi e gli austriacanti è stato un disastro. Però molta gente porta le nostre bandiere allo stadio. Il popolo non si è dimenticato dei tempi migliori, nonostante tutto. Che bella rivincita!”

“Sì, Ferdinando, vedo… vedo… e mi fa piacere, ma i simboli del Regno coi simboli di Napoleone sull’azzurro mi sembra una follia. Ma a chi è venuto in mente?”

“Ai torinesi.”

“Che cosa?”

“Sì. Quelli producono l’abbigliamento del Napoli e si sono inventati una linea borbonica. Hanno venduto assai. Alla gente piace il nostro stemma.”

“Mi fa piacere, figliolo. Quelli, i torinesi, ne sanno una più del diavolo. Ma dimmi un po’, che ci facevano i calciatori al Real Museo?”

“Hanno posato per il calendario ufficiale del club tra i tesori della Collezione Farnesiana.”

“Ferdinando, io te lo dicevo che non era il caso di togliere i vincoli di famiglia alla collezione di tua nonna e donare tutto quel ben di Dio alla città.”

“Padre, state tranquillo, non si è danneggiato nulla. E poi, permettetemi di dirvelo, Voi siete un sovrano illuminato, ma tutti quei marmi, se non fosse stato per me, stavano ancora a Roma. L’impresa per trasportarli a Napoli sulle navi l’ho voluta io. Voi neanche ci pensaste.”

“Stai al posto tuo, Ferdinando. Io ho portato la pinacoteca della Collezione da Parma e Piacenza, e se non fosse per me, tutti quei quadri starebbero a Vienna, accidenti! E poi ho iniziato gli scavi vesuviani. Io ho fatto tantissimo per l’amata Napoli.”

“Certo, e chi dice il contrario? La città Vi ricorda ancora con tanto affetto. Siete considerato il miglior re che Napoli abbia mai avuto.”

“E pure a Madrid, caro mio.”

“Però voi siete nato a Madrid, e siete pure tifoso del Real, a quanto pare.”

“E quindi?”

“E quindi il vero napoletano sono io. Jammo, padre… lo sapete benissimo che avete fatto costruire la Reggia di Caserta perché non pensavate di dover tornare a Madrid. Credevate che sareste morto a Napoli e che quello sarebbe stato per sempre il Vostro regno. Se il Vostro fratellastro Ferdinando VI non fosse scomparso prematuramente voi non sareste mai tornato in Spagna.”

“E che vuoi dire con questo?”

“Che siete madrileno, e tifoso del Real, e che il vero napoletano sono io.”

“Sei sempre stato un insolente, Ferdinando. Io mi sento napoletano, a tutti gli effetti. E ricordati che tuo fratello Carlo Antonio, napoletano come te, è stato Re di Spagna dopo di me.”

“Ecco, appunto. Parliamo di Carlo Antonio. Per chi tifa? Ditelo che tifa anche lui per il Real.”

“Te lo ripeto, lui è napoletano come te.”

“Sì, ma è venuto con Voi a Madrid a undici anni. Chissà quanto è rimasto napoletano.”

“Ha sempre ricordato tutto dei luoghi della sua infanzia. E poi, vuoi condannare chi non tifa Napoli?”

“Per carità! Io ho firmato lo Statuto di San Leucio, sono il primo sovrano d’Europa ad aver bandito le discriminazioni. Tranne giacobini e juventini, a casa mia sono tutti i benvenuti. Voi, che siete considerato il miglior sovrano di Madrid e di Napoli, non siete arrivato a tanto.”

“Uh… basta, Ferdinà! Lo Statuto leuciano è tutto merito dell’austriaca, che ho voluto metterti vicino io per assicurarti il trono. Questo è il ringraziamento. Tornatene da lei, va’, che ora ho perso la pazienza.”

“Preferisco sempre la siciliana.”

“Vai da chi vuoi tu, basta che te ne vai.”

“Padre, un’ultima cosa…”

“Dimmi…”

“Vincerà il Napoli!”

“Il solito sbruffone. Una squadra del povero Mezzogiorno d’Italia contro il club più ricco è blasonato del mondo. Neanche lo stadio di proprietà riuscite a farvi. Da quando siamo andati via noi non si è capito più niente laggiù. Se fosse stato per me, avrei fatto costruire il Real Stadio di San Carlo, una reggia del calcio, e sarebbe stato certamente il più bello del mondo.”

“Vi state vantando del San Carlo? Meglio che Vi vantiate della Reggia di Caserta, perché il teatro l’ho fatto ricostruire io, più bello di prima, e se è il più bello del mondo lo si deve a me e al mio architetto Niccolini.”

“Era un epigono del mio Vanvitelli. Tu non cambierai mai.”

“Mai, Maestà. Napoletano per l’eternità. Stàteve buono… e forza Napoli!”

Nuovo record per i musei italiani nel 2016

Campania (in continua crescita) seconda regione, ma Capodimonte resta un problema

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Angelo Forgione
Il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ha presentato i numeri dei musei italiani del 2016, costantemente in crescita. Battuto il record del 2015, da 43.288 a 44.446.573 visitatori. «Una crescita – sottolinea soddisfatto il ministro Dario Franceschininella quale il Sud gioca un ruolo importante, con la Campania anche nel 2016 stabilmente al secondo posto nella classifica delle regioni con maggior numero di visitatori grazie agli oltre 8 milioni di ingressi registrati, un aumento del 14,2% sul 2015».
Il Lazio, stazionario, resta la regione leader, dai 19.750.157 ingressi del 2015 ai 19.653.167 del 2016. Roma continua a fare da polo attrattivo internazionale, ma cresce Napoli con il suo polo tutto ancora da sfruttare appieno, motivando le lusinghiere previsioni di Franceschini per il suo ritorno nell’élite internazionale.
La Campania, infatti, si conferma seconda regione e rafforza il suo dato con un milione di ingressi in più, da 7.052.624 visitatori a 8.075.331. Ancora molte le potenzialità inespresse, ma crescono gli Scavi di Pompei, quelli di Ercolano e Paestum, la Reggia di Caserta e il Museo Archeologico Nazionale.
Classifica confermata anche per la Toscana, terza sullo zoccolo di Firenze, che però perde quattrocentomila visitatori, da 6.738.862 a 6.394.728. Inattacabile il terzo gradino del podio, nonostante la crescita del Piemonte, da 1.903.255 visitatori a 2.464.023, e della Lombardia, da 1.552.121 a 1.791.931 anche grazie al dato di Mantova, che ha ospitato la Capitale Italiana della Cultura 2016.
Il più alto tasso di crescita si è registrato proprio in Piemonte (+31,4%), grazie al raddoppio degli ingressi alla Reggia di Venaria Reale, ma buoni aumenti hanno mostrato anche Calabria (+17,6%), Liguria (+17,5%), Veneto (+17%), Campania (+14,2%) e Lombardia (+8,3%).
I dieci luoghi della cultura più visitati nel 2016 sono stati il Colosseo/Foro Palatino (6.408.852), gli Scavi di Pompei (3.283.740); gli Uffizi (2.010.631), le Gallerie dell’Accademia di Firenze (1.461.185), Castel S.Angelo (1.234.443), la Venaria Reale (1.012.033), il Circuito Museale Boboli e Argenti (881.463), il Museo Egizio di Torino (852.095), la Reggia di Caserta (683.070) e la Galleria Borghese (527.937). Tra i primi dieci siti, il miglior salto è della Venaria Reale (+71%), passata dall’ottavo al sesto posto grazie a una serie di eventi ben comunicati con una buona campagna pubblicitaria. Il risultato è un numero di visitatori che è ben superiore all’ancor più bella e sicuramente più importante Reggia di Caserta (+37%), la quale pure ha guadagnato una posizione. Lo scarto, di fatto, è passato da 58.149 a 328.963 visitatori a favore della Venaria.
Nelle retrovie, incalzano la top-10 il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, passato dal 14simo all’11esimo posto, e la Villa d’Este a Tivoli. Resta ancora attardato l’importante Museo di Capodimonte a Napoli, coi suoi problemi logistici e fuori dalla top-30 nonostante il +33% di visitatori. Del complesso napoletano primeggia il Parco, che, tra i luoghi della cultura gratuiti, si conferma secondo solo al Pantheon di Roma.
Nei dati non sono riportati il risultati di Sicilia, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, regioni a statuto speciale (ma lo sono anche la Sardegna e il Friuli V.G.) che gestiscono autonomamente i beni culturali.
Notizie dunque positive, ma è bene ampliare lo sguardo almeno all’Europa e chiarire che i nostri musei e siti culturali, nonostante la crescita, non attirano come altri giganti dell’esposizione internazionale. Se storniamo Colosseo e Pompei, che non sono propriamente dei musei, il primo tale, ossia gli Uffizi, con i suoi 2 milioni di visitatori, è lontano dal Louvre (circa 9 milioni di ingressi), dal British Museum (6,7), dalla National Gallery (6,4) e pure dai Musei Vaticani (6,2), che non appartengono allo Stato italiano.

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Nella ‘Dama con l’ermellino’ un simbolo del prestigio rinascimentale di Napoli

Angelo Forgione L’unione tra Napoli e Milano del secondo Quattrocento, cioè tra gli aragonesi e gli Sforza, fruttò a Ludovico il Moro la nomina a duca di Bari per volontà di Ferrante Re di Napoli, il quale poté beneficiare dell’appoggio milanese per arginare la congiura dei più influenti baroni del suo regno, intenzionati ad arrestare l’opera di modernizzazione anti-feudale dello Stato napoletano. Il sostegno ricevuto dall’alleato lombardo fu premiato con il conferimento a Ludovico del prestigioso collare dell’Ordine dell’Ermellino, altissima onorificenza nobiliare napoletana istituita proprio da Ferrante alcuni anni prima. Il Moro ambiva a quella decorazione, già assegnata in passato a importanti uomini di corona, perché desideroso di essere riconosciuto Duca di Milano al posto del nipote, Gian Galezzo Sforza, il legittimo Dux Mediolani. Per celebrare la prestigiosa nobilitazione, il Moro commissionò a Leonardo da Vinci il dipinto della Dama con l’ermellino, raffigurante probabilmente la nobildonna milanese Cecilia Gallerani, sua amante, col selvatico animale in grembo, pure simbolo di purezza.
In nome del legame politico Napoli-Milano, a Gian Galezzo Sforza fu data in sposa Isabella d’Aragona, nipote di Ferrante (e presunta Gioconda secondo la storica tedesca Maike Vogt-Lüerssen). Ma quando la giovane napoletana si trasferì a Milano trovò l’autoritario Ludovico a usurpare il ruolo ducale di Gian Galeazzo, costringendo la coppia a trasferirsi a Pavia e pregiudicando l’alleanza tra Napoli e Milano. Isabella richiese l’intervento di nonno Ferrante, che finì col revocare il collare dell’Ordine dell’Ermellino e a rompere l’unione col ducato lombardo.

Nell’immagine: a sinistra il dipinto di Leonardo esposto al castello del Wawel di Cracovia; a destra il busto di Ferrante con il collare dell’Ordine dell’Ermellino, esposto al Museo di Capodimonte di Napoli.

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