Nella ‘Dama con l’ermellino’ un simbolo del prestigio rinascimentale di Napoli

Angelo Forgione L’unione tra Napoli e Milano del secondo Quattrocento, cioè tra gli aragonesi e gli Sforza, fruttò a Ludovico il Moro la nomina a duca di Bari per volontà di Ferrante Re di Napoli, il quale poté beneficiare dell’appoggio milanese per arginare la congiura dei più influenti baroni del suo regno, intenzionati ad arrestare l’opera di modernizzazione anti-feudale dello Stato napoletano. Il sostegno ricevuto dall’alleato lombardo fu premiato con il conferimento a Ludovico del prestigioso collare dell’Ordine dell’Ermellino, altissima onorificenza nobiliare napoletana istituita proprio da Ferrante alcuni anni prima. Il Moro ambiva a quella decorazione, già assegnata in passato a importanti uomini di corona, perché desideroso di essere riconosciuto Duca di Milano al posto del nipote, Gian Galezzo Sforza, il legittimo Dux Mediolani. Per celebrare la prestigiosa nobilitazione, il Moro commissionò a Leonardo da Vinci il dipinto della Dama con l’ermellino, raffigurante probabilmente la nobildonna milanese Cecilia Gallerani, sua amante, col selvatico animale in grembo, pure simbolo di purezza.
In nome del legame politico Napoli-Milano, a Gian Galezzo Sforza fu data in sposa Isabella d’Aragona, nipote di Ferrante (e presunta Gioconda secondo la storica tedesca Maike Vogt-Lüerssen). Ma quando la giovane napoletana si trasferì a Milano trovò l’autoritario Ludovico a usurpare il ruolo ducale di Gian Galeazzo, costringendo la coppia a trasferirsi a Pavia e pregiudicando l’alleanza tra Napoli e Milano. Isabella richiese l’intervento di nonno Ferrante, che finì col revocare il collare dell’Ordine dell’Ermellino e a rompere l’unione col ducato lombardo.

Nell’immagine: a sinistra il dipinto di Leonardo esposto al castello del Wawel di Cracovia; a destra il busto di Ferrante con il collare dell’Ordine dell’Ermellino, esposto al Museo di Capodimonte di Napoli.

ermellino

‘La Gioconda’ era la napoletana Isabella d’Aragona?

Angelo Forgione Un recente studio della storica tedesca tedesca Maike Vogt-Lüerssen, confermato da un altro del Centro Studi Glinni di Acerenza e da altri approfondimenti scientifici sulla grafia di Leonardo da Vinci, sostiene un legame sentimentale tra il genio toscano e la napoletana Isabella D’Aragona, figlia dell’erede al trono di Napoli Alfonso II e di Maria Ippolita Sforza. E sarebbe proprio lei la Gioconda, l’enigmatica donna ritratta nel celeberrimo quadro, e non Lisa Gherardini, sposa del mercante fiorentino Francesco del Giocondo. Ulteriore indizio lo fornisce Giovanni Paolo Lomazzo, scrittore d’arte che fu in stretti rapporti con l’allievo di Leonardo Francesco Melzi, il quale definì la GiocondaMona Lisa Napoletana” nel suo Idea del tempio della pittura del 1590.
Isabella d’Aragona, nata a Napoli nel 1470, fu data in sposa a Gian Galeazzo Sforza, e si trasferì a Milano nel 1488. Lì strinse un intenso legame affettivo con Leonardo, esponente di spicco delle élites toscane in Lombardia stimolate dal mecenate Ludovico Sforza, detto “il Moro”. Presto vedova, Isabella sarebbe stata addirittura sposa segreta di Leonardo, il che spiegherebbe perché l’artista abbia gelosamente tenuto con sé il dipinto per tutta la sua vita. Dall’unione sarebbero nati cinque figli, due dei quali riposerebbero accanto alle spoglie della madre nella sagrestia del Convento di San Domenico Maggiore a Napoli, dove, secondo le indagini di Maike Vogt-Lüerssen, si troverebbero anche alcuni resti dello stesso Leonardo, in realtà mai sepolto ad Amboise in quella tomba che venne successivamente profanata.
La soluzione del mistero starebbe nella riesumazione e negli esami del DNA, in modo da smentire o confermare quello che la studiosa ha ricostruito principalmente sulla base di fonti storiche dell’epoca. Attraverso le analisi ed il confronto con i figli di Isabella d’Aragona si potrebbe trovare la risposta all’interrogativo. Certamente eccezionale è la somiglianza tra la Gioconda e il ritratto di Isabella d’Aragona di Raffello, esposto presso il Palazzo Doria di Roma. Monna Lisa altro non sarebbe che L’Isa-bella D’Aragona? Suggestiva ipotesi.

gioconda

‘Ricomincio da Sud’, puntata 5

Ricomincio Da Sud è una trasmissione radiofonica, in onda il mercoledì alle 22.00 su Radio Punto Nuovo, che scandaglia il mondo del meridionalismo dotto. Ospiti della puntata numero 5 Federico Salvatore e Angelo Forgione. In studio Bruno Gaipa, Annamaria Pisapia e Salvatore Argenio.

La guerra dei poveri si combatte a colpi di pomodoro

Angelo Forgione – Era prevedibile che l’emergenza dei roghi e rifiuti tossici nelle campagne tra Napoli e Caserta finisse coll’inaugurare una guerra commerciale. La prima azienda del Nord ad affondare il colpo è la Pomì, che ha scatenato forti polemiche con una campagna di comunicazione lanciata sui quotidiani: l’immagine dello stivale con un un pomodoro nel bel mezzo della Pianura Padana, ben evidenziata, sotto l’headline “Solo da qui. Solo Pomì”. L’azienda la giustifica come “un atto dovuto nei confronti dei consumatori, nel rispetto delle aziende agricole socie, del personale dipendente e di tuti gli stakeholders che da sempre collaborano per ottenere la massima qualità nel rispetto delle persone e dell’ambiente”. È indubbio che l’immagine sia forzata, improntata allo sciacallaggio perché non promuove la tracciabilità del prodotto ma indica chiaramente la provenienza geografica, ammmesso che sia effettivamente padana.
C’era una volta un certo Francesco Cirio, analfabeta venditore piemontese di verdure a Torino, che si buttò a capofitto sul treno per portare i prodotti nelle zone dove c’era richiesta. Era molto scaltro e si conquistò l’amicizia dei banchieri Rothschild, veri padroni delle ferrovie italiane del Nord. Gli fu concesso un contratto agevolato dalle Società Ferrovie Alta Italia per la spedizione all’estero di migliaia di vagoni di alimenti. Cirio, con l’Unità d’Italia, rastrellò pelati e prodotti della terra nelle zone agricole del Napoletano, del Casertano e del Salernitano ed ebbe piena disponibilità della rete ferroviaria a costi irrisori e contro ogni norma di concorrenza leale, divenendo un caso discusso ripetutamente in varie sedute di una specifica Commissione parlamentare d’inchiesta del 1878 sull’esercizio delle ferrovie, in mano a Pietro Bastogi, amico del Conte di Cavour, colui che ostacolò lo sviluppo delle strade ferrate al Sud. Il Primo Ministro Agostino Depretis favorì la “legge Cirio” e il Credito Mobiliare di Torino, socio della Banca d’Italia, lo finanziò pesantemente.
Quanta ricchezza ha fatto produrre al Nord il saporito pomodoro campano! Ora non conviene più esaltarlo, perché come natura crea i rifiuti tossici del Nord distruggono. Eppure i consumatori dovrebbero sapere che la Pianura Padana è stata indicata dall’Agenzia comunitaria per l’ambiente come zona con l’aria più inquinata d’Europa. Insomma, se Atene piange, Sparta non ha nulla da ridere. E così, la zappa, oltre ad usarla per sotterrare i rifiuti tossici al Sud dove la gente muore di tumore, qualcuno se l’è data sui piedi.

Premio San Gennaro, stasera Gala in via Duomo

Sul palco, tra i premiati, anche Angelo Forgione con Made in Naples

Grande serata in via Duomo per la chiusura dela Festa di San Gennaro. Si parte con gli sbandieratori di Sessa Aurunca e il Margheritango nel pomeriggio. Poi Sal Da Vinci con l’anteprima del suo prossimo musical ispirato a Renato Carosone. Gran finale col “premio San Gennaro” presentato da Gianni Simioli, ricco di artisti e personaggi della cultura napoletana, cui andrà una scultura realizzata dall’artista Lello Esposito.
Siete tutti invitati.

premio

videoclip: “10 MAGGIO ’87, La storia ha voluto una data”

10 Maggio 1987 – 10 Maggio 2012

25 anni oggi dal primo scudetto del Napoli

Venticinque anni oggi da quel giorno in cui Napoli si tinse d’azzurro ed esplose di gioia. 60 anni di speranza, un campionato di attesa, 1 settimana di passioneImmagini che vivono nei ricordi di chi c’era e nelle speranze dei più giovani che sognano di poter vivere quella emozione.
È questo l’obiettivo che il Napoli deve perseguire, a prescindere dagli uomini che lo rappresentano.
Rivediamo insieme un video che i più giovani amano perchè capace di trasferire, a loro che lo scudetto non l’hanno mai assaporato, le emozioni di quel Maggio del 1987. Questo è ciò che i tifosi vogliono! Tutto il resto è noia.
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“Barbarossa”, flop leghista

“Barbarossa”, flop leghista

Cesario Console primo esempio di unità

Angelo Forgione – Preannunciato flop per la fiction “Barbarossa” trasmesso Domenica 25 e Lunedì 26 Marzo dalla RAI. Battuto da “Report” e anche dal derelitto “Grande Fratello”, col solo 10% di share in Lombardia e in Veneto. Persino più visto al Sud che al Nord, la produzione è costata circa 15 milioni di euro, finanziata con 6 milioni dalla RAI ma anche del Ministero dei Beni e delle Attività culturali, quindi soldi degli italiani sottratti magari alla salvaguardia dei degradati monumenti italiani. Già proiettato al Cinema nel 2009, incassò solo un milione di euro e invece di essere messo nel cassetto è stato riproposto in tv per precisa volontà di Bossi se è vero che in una famosa intercettazione telefonica Belusconi dice ad Agostino Saccà (che perde per questo la carica di direttore di Rai Fiction) “avevo bisogno di vederti perchè c’è Bossi che mi sta facendo una testa tanta con questa cavolo di fiction del Barbarossa”. Un’insistenza con successo politico ma senza successo televisivo che fa capire quale sia il legame tra politica e informazione storica e non in Italia, paese in cui nel 1999 arrivò nelle sale cinematografiche il film di Pasquale Squitieri “Li chiamarono… briganti” sulla resistenza dei popoli del Sud all’invasione sabauda, subito sospeso e mai riproposto in tv.
Il “senatur” incassa, non al botteghino, e deve arrendersi alla disattenzione degli italiani alle vicende storiche del popolo “padano”, soprattutto a quella della sua gente evidentemente poco sensibile ad accadimenti storici peraltro strumentalizzati dagli inventori del partito verde.
Federico “Barbarossa”, imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, si sarebbe scontrato con Alberto da Giussano, che è il guerriero ritratto nella bandiera della Lega Nord. Alberto da Giussano avrebbe lottato per unire i comuni ribelli del Nord contro il tentativo di conquista di “Barbarossa”, mettendo insieme la “Compagnia della Morte” contro i germanici e sollevando il Nord col giuramento di Pontida dove nacque la “Lega Lombarda”. La battaglia finale si svolse a Legnano nel 1176 e la vittoria del Nord-Italia viene ricordata come esempio di coesione italica contro il nemico straniero.
La Lega (politica) ha eletto l’episodio storico riguardante l’intero popolo italiano ad emblema secessionistico ma in realtà la battaglia di Legnano è simbolo di unità nazionale settentrionalista nell’inno massonico di Mameli in cui si canta “dall’alpi a Sicilia ovunque è Legnano”. Quindi, mettetevi d’accordo voi che prima invadete il Sud per l’Italia unita e poi dopo 150 anni gridate “Padania libera”.
Alberto da Giussano in realtà non è mai esistito ed è un personaggio leggendario, cioè di fantasia, come la stessa Padania; un falso storico non presente in nessun documento o cronaca che qualche storico identifica invece in Guido da Landriano, console di Milano.
La “Lega Lombarda” non è neanche il primo esempio di identità nazionale perché è al Sud che ciò si verifica intorno all’850 quando Cesario Console, ammiraglio del ducato di Napoli, coalizzò le repubbliche marinare di Napoli, Sorrento, Amalfi e Gaeta formando la “Lega Campana” per respingere i Saraceni che volevano invadere Roma per poi impossessarsi dei territori del Sud. Le battaglie decisive avvennero a Gaeta e ad Ostia, entrambe vinte da Cesario Console.
Al tempo della battaglia di Legnano, i comuni del Nord erano aspramente conflittuali, soprattutto nei confronti di Milano, ma momentaneamente coalizzati sotto un unico ideale, mentre da circa 50 anni era già una realtà il Regno di Sicilia, poi divenuto delle Due Sicilie, ovvero la Nazione di tutti i territori e i popoli del Sud, nato sotto Ruggero il Normanno nel 1137 (il primo da sinistra raffigurato sulla facciata del Palazzo Reale di Napoli). Regno durato fino al 1860, quindi per oltre 720 anni, mentre la cosiddetta Padania non è mai esistita né su una cartina geografica, né su una bandiera, né in un inno. A proposito di falsi storici.

a 2:30, storia e significato di Cesario Console in una passata videodenuncia
(poi andata a buon fine)

Storia, cultura e orgoglio al “San Paolo”

Storia, cultura e orgoglio al “San Paolo”

V.A.N.T.O., Neoborbonici e tifosi fanno centro!

Due simboli carichi di storia, cultura, orgoglio e identità nella serata di Napoli-Juventus esposti al San Paolo, dopo Napoli-Catania dello scorso campionato.
Nel settore Distinti un gran bandierone delle Due Sicilie affidato al gruppo “Anni ’90”, nella Curva B degli Ultrà decine di bandiere delle Due Sicilie e lo striscione “1861-2011: noi capitale dell’orgoglio, voi capitale dell’imbroglio” a ricordare il nostro passato e la fine della Napoli capitale dei primati positivi meridionali ad opera dei sabaudo-piemontesi (con saccheggi e massacri annessi) con il presente delle cronache più recenti e imbarazzanti per la Juventus dei tribunali napoletani e non. Il tutto al grido “sapete solo rubare”.
Con un Sud sempre più umiliato ed offeso oltre il dovuto e sempre meno rappresentato a livello politico, culturale ed economico, una dimostrazione di esigenza di verità storica e di radici, sulla scia di una squadra e ad un società sportiva che si stanno affermando in Italia ed in Europa. 
Sempre nei Distinti, firmata dai “The Boys”, è apparsa la scritta “tu… mezzo francese… eri sommerso da debiti e spese… sei diventato gran sovrano rubando al popolo napoletano” ispirata al testo della canzone “Malaunità” di Eddy Napoli, a dimostrazione di una consapevolezza sempre più crescente delle vicende storiche, spesso mistificate, utile ad una proiezione nel futuro scevra da sterili visioni retoriche.
Nessuna intenzione monarchica o secessionistica, evidentemente, ma solo l’esigenza crescente di gridare un senso di appartenenza sempre più necessario da ritrovare per le prossime importanti sfide (non solo calcistiche) che attendono Napoli e il Sud verso un riscatto che gli antichi Popoli meridionali aspettano da troppo tempo.
Con l’auspicio che i napoletani possano dimostrare concretamente l’amore per Napoli in ogni momento della vita sociale e non solo all’interno dello stadio “San Paolo, si ringraziano i ragazzi dei Distinti e della Curva B per la maturità dimostrata e la disponibilità concessa e tutte le persone che hanno contribuito col cuore e con la tasca all’iniziativa.
(Uno speciale ringraziamento a Raffaele Auriemma che su Premium Calcio, commentando le coreografie sull’inquadratura del bandierone, ha citato V.A.N.T.O. «capace di valorizzare tutto ciò che di buono c’è a Napoli» e un plauso a Carlo Alvino che ha condito la sua telecronaca su SKY con ingredienti storici).

Intervista a 360 gradi per “Settimo Potere”

Intervista a 360 gradi per “Settimo Potere”

La testata giornalistica online “Settimo Potere“, che analizza e monitora i fenomeni dei new media, ha richiesto delle mie risposte per un intervista a tutto tondo sulla Napoletanità e sul meridionalismo. L’intervista integrale è indirizzata a chi sente di appartenere a Napoli e al Sud ma non trova le coordinate per comprenderne il presente.

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Angelo, abbiamo seguito la tua attività e siamo rimasti decisamente colpiti dal modo pacifico e intelligente di mostrare la cosiddetta “altra faccia della medaglia” che spesso i media nazionali e filosettentrionali tendono a nascondere. Parlaci del Movimento V.A.N.T.O. Perchè è nato?

V.A.N.T.O. è nato con l’intento di valorizzare le luci di una città straordinaria che è più brava a vendere le proprie ombre ad un sistema mediatico affamato di sensazionalismo. Tutto è fiorito dall’amore per la città che nutro da quando ero bambino e ho cominciato a rendermi conto che questa città era trattata diversamente. Crescendo mi sono chiesto perchè ci fosse così tanta bellezza paesaggistica e ricchezza monumentale ma anche problemi enormi apparentemente incomprensibili. In quell’età ho cominciato a leggere, studiare, approfondire, capire per cercare delle risposte che sono arrivate quando mi sono imbattuto nella “questione meridionale” che sembrava così complessa, per poi presentarsi nella sua logica semplicità. Così ho capito la storia di Napoli, i suoi problemi, i comportamenti singolari dei Napoletani e anche la nostra classe politica e dirigenziale.

A quel punto, con la maturità, ho dovuto scegliere se restare o emigrare. Sono rimasto, ma chi resta per amore non può starsene con le mani in mano. E allora ho creato quella “filosofia meridionalista attiva” che è V.A.N.T.O. con cui voglio da una parte difendere la nostra città dalle ostilità esterne e interne e dall’altra trasmettere ai miei concittadini che lo vogliano ciò che ho studiato, capito e scoperto. Ma, come dovrebbe sempre fare ogni buon giornalista, analizzando sempre le cause, gli effetti e le possibili contromisure, senza scadere nello sterile vittimismo di chi si lamenta di una condizione infelice senza alcuna riflessione e proposta.

In cosa consiste?

V.A.N.T.O. ha vari campi d’azione. C’è la denuncia del degrado urbano e, soprattutto, monumentale. Statue, palazzi e chiese di Napoli sono un tesoro sotto attacco quotidiano e ne perdiamo pezzi lentamente e silenziosamente. Poi c’è la denuncia degli stereotipi e dei luoghi comuni che colpiscono incessantemente l’immagine della città tramite quell’accanimento mediatico che ho ribattezzato “Ammazziamo Pulcinella”. C’è la comunicazione meridionalista con la quale si intende comunicare come è stato fatto il Paese e, soprattutto, il perchè Napoli e il Sud non possono uscire dal sottosviluppo a cui sono condannati da centocinquant’anni. E ancora, la valorizzazione delle bellezze di Napoli di cui vantarsi.

Tutto poi passa attraverso il web: articoli, denunce, interviste televisive e radiofoniche, videoclip di mia creazione… è ogni cosa sul blog, sul canale youtube, sui social network. Così lascio ogni traccia e prima o poi la gente le trova. Poi ci sono le conferenze grazie alle quale ho il piacere di parlare alla gente, e anche qualche sponsorizzazione sportiva come quella fresca con la U.S.C.A. Atellana Handball, la squadra di Serie A2 che annovera nella rosa femminile la moglie di Hamsik.

Poi c’è il lavoro oscuro, le segnalazioni a Comune, Regione, Sovrintendenze, redazioni varie. Insomma, un’attività complessa basata su una tenace strategia ben precisa. Il risultato non è solo quello tangibile di un lampione storico riparato, di un monumento ripulito, o le scuse di chi gratuitamente offende Napoli da fuori, ma è anche quello della sensibilizzazione al significato intrinseco della parola Napoletanità che, vi assicuro, è tanta roba! E così spero di contribuire all’ottenimento di un risultato più arduo, un maggiore amore dei Napoletani verso la propria città. Se non scatta questo, sarà sempre sterile lottare contro gli stereotipi e le aggressioni che pure ci sono.

Perché, nel tuo blog, scrivi, parlando della città di Napoli, “Baciata da Dio, stuprata dall’uomo”?

Perchè la città è sorta più di 2500 anni fa in un luogo unico come pochi altri al mondo, un vero e proprio paradiso terrestre. È la natura che ha decretato la bellezza di Napoli prima ancora che l’uomo, diversamente da Roma, Parigi o Londra. Goethe, al cospetto della “grande apertura di cielo” di Napoli, paragonava “la bassura del Tevere” romana ad “un vecchio convento in posizione sfavorevole”. Cercate nel mondo un vulcano adagiato sulla splendida baia che culmina nelle insenature di Posillipo, i magnifici Campi Flegrei coi laghi vulcanici, le isole al largo, la collina del Vomero, il clima temperato, la terra fertile. Ci sono poche città la cui bellezza è naturale prima che artificiale. Istanbul, Rio e Napoli su tutte. Ecco perchè è stata scelta da greci, romani, bizantini, longobardi, saraceni, normanni, svevi, angioini, aragonesi, spagnoli e austriaci le cui tracce rappresentano parte dell’immenso patrimonio monumentale partenopeo. Tutti hanno voluto possedere questo paradiso, chi l’ha amata più e chi meno, ma nessuno ha mai sentito di appartenervi. Poi è stato finalmente il turno di una dinastia Napoletana che, diversamente dalle altre, ha sentito di appartenere alla città e non viceversa, e l’ha resa una vera Capitale europea. Con l’arrivo dei piemontesi la città è stata messa al guinzaglio, e con essa tutto il Sud. Li è cominciata la decadenza e 150 anni di minorità indotta hanno esercitato un lavaggio del cervello ai tantissimi Napoletani che non hanno fierezza, cultura, speranza e accoltellano la città con i loro comportamenti quotidiani. Ecco perchè parlo di stupro della mano umana, quella di chi ha traumatizzato la città Capitale riducendola a capoluogo di provincia di un Sud arretrato, la mano di chi ci ha portato via le risorse e il futuro, la mano di quei politici locali asserviti alla politica nazionale che hanno devastato la città con speculazioni edilizie e clientelismi, la mano di quelli che hanno scelto la strada della camorra che ha divorato il territorio, la mano di quei Napoletani che non hanno rispettato e non rispettano la città, la mano di quegli italiani che puntano continuamente il dito e parlando male di una terra di cui non conoscono la storia e la cultura.

Non solo Goethe, le bellezze paesaggistiche di Napoli, oltre che quelle monumentali, sono state decantate da Stendhal, Shelley e tanti altri letterati che, come i viaggiatori del “Grand Tour”, avevano questi luoghi come meta. Così nacque il detto “vedi Napoli e poi muori”. Io continuo a guardarla, ad apprezzarne gli scorci e i panorami dalle varie prospettive e ad apprezzare il miracolo della natura che l’uomo ha delittuosamente profanato. Ecco cosa vuol dire “baciata da Dio, stuprata dall’uomo”.

Esiste davvero questo “snobbismo” da parte del Nord o sono i meridionali ad essere troppo allarmisti e sospettosi?

Diciamo tranquillamente che un certo Nord è sicuramente prevenuto. Come i Napoletani hanno assorbito 150 anni di minorità indotta, così i non Napoletani hanno assorbito i pregiudizi inculcati da chi all’epoca volle inginocchiarli. La dinamica è correlata e le esasperazioni sono da ambo i versanti. All’accanimento spesso ingiustificato contro Napoli corrisponde una sorta di vittimismo a prescindere. Spesso ricevo segnalazioni e risentimenti condivisibili ma qualche volta anche lamentele prive di fondamento. Le cose vanno messe a fuoco con obiettività e non è sempre facile. Ma è certo che lo snobbismo settentrionale ci sia e sia anche forte. Napoli è temuta, all’estero l’Italia è vista come un’immensa Napoli, nel bene e nel male. E gli italiani cercano di enfatizzarne i mali per sotterrarne il bene. Studiando, ho individuato le cause dell’accanimento anti-napoletano, e le denuncia anche un maestro come Paolo Mieli quando dice che è dal Risorgimento che Napoli è vittima di un fortissimo pregiudizio, come se fosse un città del demonio, e ogni volta che ai piedi del Vesuvio accade qualche fattaccio comune a tutta la penisola lo si cerca di far passare per misfatto napoletano al cubo. Purtroppo in questo paese c’è una mentalità chiusa che non analizza i fatti, e non esiste neanche cultura diffusa. Alla mia analisi che è anche quella di un giornalista serio come Mieli, ma anche dell’intellettuale francese Jean-Noël Schifano e del critico d’arte Philippe Daverio, si contrappone la sottocultura sociologica d’estrazione piemontese della sentenza sommaria di Giorgio Bocca secondo il quale Napoli è un cimiciaio senza salvezza. Questo deve far capire che allora come oggi la musica non è cambiata e che chi come me guarda alla storia non guarda al passato ma lo analizza per capire il presente e migliorare il futuro. Dal 1973, negli stadi, ai Napoletani gridano “colerosi”, ma in pochi si indignano o ricordano che quell’epidemia fu causata da dei mitili importati dalla Tunisia e che durò un mese, mentre la stessa epidemia perdurò per due anni a Barcellona. Eppure Napoli fu massacrata in quei giorni, e il marchio è rimasto.

Nei tuoi video, parli spesso del calcio, vedendolo come una sorta di rivalsa nel Sud nei confronti del Nord. E’ così secondo te?

No che non lo è. Non possiamo illudere la gente che basti un grande Napoli a pareggiare le condizioni sociali rispetto alle città del Nord. Io parlo del Napoli da tifoso di Napoli, facendovi passare talvolta alcuni messaggi sociali. Il calcio non è più uno sport ma un fenomeno sociale, ovvero specchio della realtà. Sport sono il basket, la pallanuoto, etc., ma quando si parla di calcio non lo si può considerare solo uno sport vista l’immensa marea di danari e appassionati che vi si catapultano, e perchè sport non è più dal dopoguerra, quando finalmente Nord e Sud poterono confrontarsi anche sportivamente nella stessa categoria (ma non sullo stesso piano) e non come prima quando Torino, Genova e Milano si divertivano a chiamare campionato italiano una lega calcistica del nord. Il calcio è divenuto uno strumento del sistema per distrarre la gente dai problemi del paese, per far discutere al bar di rigore e fuorigioco anziché di signoraggio bancario e massoneria deviata. Così l’attenzione cala a beneficio dell’attesa dell’evento sportivo che tanto è più grande quanto è più forte la rivalità tra le fazioni rivali. E così nascono gli scontri, il razzismo, le offese.

Io, da grande tifoso del Napoli e di Napoli prima di tutto, cerco di “fregare” il sistema trattando di calcio non solo per passione autentica ma anche per sfruttare il grande seguito che il sistema vi ha conferito, in modo da recuperare maggiore attenzione e comunicare a quanta più gente possibile che tifare Napoli deve significare anche tifare per Napoli. I miei video sportivi non devono essere mai banali e devono contenere piccoli segnali, a volte espliciti e altre più subliminali, ma sempre all’insegna della Napoletanità migliore. Nessuna rivalsa sociale, dunque, ma il calcio può essere un grande veicolo di diffusione della nostra storia e della nostra cultura. Del resto, ascoltate i monologhi di meridionalismo applicato al calcio di De Laurentiis e vi accorgerete che non sono il solo a pensarla così. Poi ognuno può recepire o rifiutare pensando che sia sociologia spicciola.

Che riscontri di pubblico ha avuto la tua attività?

Molto confortanti. Ci sono tanti giovani che si sono avvicinati al Movimento che gode anche di una discreta attenzione dei media. In linea di massima ci sono tante persone che ne condividono la filosofia e me lo testimoniano le tante email di ringraziamento che ricevo, le tante segnalazioni partecipative, le migliaia di persone iscritte alle pagine di Facebook e Youtube. Certo, sono anche consapevole di avere degli avversari in chi non vuole che si affermino certe idee, ma non vivo nell’incubo di voler piacere per forza a tutti. La collaborazione con altri movimenti, la condivisione delle idee che è più ampia di quanto mi aspettassi e l’energia di alcuni ragazzi con i quali ho il piacere di avere a che fare rendono al momento il bilancio decisamente positivo.

Pensi che il Sud avrà la meglio sul Nord o auspichi che un giorno l’Italia diventi davvero un paese unito?

L’italia è un paese unito solo geograficamente. Che senso ha avuto crearla senza rispettare il Sud ma denigrandolo, invadendolo e depredandolo? Si è generata la questione meridionale in un Paese conflittuale che chissà per quanto ancora continuerà ad essere tale. Francamente non credo che si possa mai trovare una vera unità, è nella nostra storia il culto del “campanile”. Siamo un popolo di guelfi e ghibellini e non valorizziamo le differenze per un confronto di culture ma le trasformiamo in pretesto di scontro. Del resto allo stadio passiamo più tempo ad offendere gli avversari che a sostenere i nostri. Quello italiano è un popolo scontroso.

Ma qualcosa cambierebbe se si avviasse un vero processo unitario, come quello posto in essere in Germania dove i più ricchi sono stati tassati a beneficio dei più poveri. Così Est ed Ovest sono diventate la Germania unita, e le differenze sociali sono sparite, insieme a quell’area di sottosviluppo ad oriente che avrebbe zavorrato l’occidente. Il nostro Nord è a forte trazione della Lega Nord che sta trascinando anche il settentrione nel baratro. Fingono di non sapere che senza investimenti nel Sud sottosviluppato anche il Nord industrializzato non avanza ma viene risucchiato a fondo. Danno in pasto ai loro elettori una deleteria propaganda elettorale secondo cui il Sud assorbirebbe risorse dal Nord, e il popolo leghista ci casca. In realtà la Lega fa gli interessi dei soli industriali del Nord perchè sa bene che dal Sud sale una marea di soldi derivanti dalla spesa per prodotti e servizi “made in Nord”. Ecco perchè il vero obiettivo è il federalismo in salsa leghista. Ma così andremo a fondo insieme, e sta già succedendo, perchè se il potere di acquisto al Sud cala, calano le vendite dei prodotti industriali che sono del Nord. È il cane che si morde la coda.

L’unica maniera per salvarci è una vera unità federale sul modello teutonico. Ma se continuiamo a farci le guerre, nessuno vincerà e perderemo tutti; soprattutto il Nord perchè noi all’emergenza siamo abituati. Per far questo bisognerà rivedere anche il processo unitario, riconoscerne le ombre e restituire al Sud la sua dignità. Non è più possibile raccontare che il Sud è stato sempre inferiore, che i meridionali sono sempre stati degli “scamiciati”, e che i Borbone di Napoli erano dei tiranni. Ecco perchè è importante parlare del passato, a costo di essere tacciati per nostalgici da chi vuole che tutto questo non accada. Ultimamente abbiamo chiesto all’UNESCO di rivedere la descrizione della storia di Napoli nella pagina ufficiale del nostro centro storico patrimonio dell’umanità, in cui si parlava di regime e tirannia borbonica. Hanno accolto l’istanza e, dopo una riunione interna, hanno cancellato la denigrazione figlia di una bugia risorgimentale, ringraziandoci per avergli sottoposto la questione. Questo in Italia non è possibile perchè le cose non devono cambiare. Il Sud deve restare al minimo, convinto di essere inferiore storicamente, privato di alcun vero investimento. Ciò che viene immesso arriva da fondi europei, talvolta dirottati altrove, e da fondi straordinari ma di misure ordinarie neanche a parlarne. Se poi la classe politica meridionale ci mette del suo sprecando, allora il quadro è completo.

da settimopotere.it