Presepe, tombola e canzoni. Il Natale è Made in Naples!

Angelo Forgione Pensi al Natale e vengono in mente il presepe, la tombola e le canzoni sacre. Escluso l’albero, vale per tutti, negli usi e nei costumi, la tradizione del Natale per come si è configurata nel Settecento a Napoli.
Da alcuni antichi documenti in cui se ne fa menzione, a Napoli sarebbero attribuite le primissime tracce di una rappresentazione lignea della nascita di Cristo già nel 1025, in una chiesa situata in piazza San Domenico Maggiore e scomparsa ad inizio Settecento, prima detta “la Rotonda” e poi dedicata alla “Santa Maria ad praesepe”. È una testimonianza ben più antica di quella del 1223, anno cui risale quella che è considerata la prima natività di Gesù a Betlemme con figure umane rievocata nella notte santa a Greccio, nella provincia di Rieti, per volontà di San Francesco d’Assisi.
In ogni caso, la grande tradizione presepiale napoletana del Settecento è stata capace di cambiare i canoni della rappresentazione religiosa e avviare una diffusione della stessa in tutti gli Stati preunitari e oltre i confini italiani. L’ispiratore fu il frate domenicano Gregorio Maria Rocco, personaggio popolarissimo e influente, che andava in giro per i vicoli del centro e del porto per incontrare i peccatori e cercare di convincerli a pentirsi a colpi di bastone. Padre Rocco adottò il presepe come strumento di propaganda religiosa e di redenzione, esortando i malfattori a riprodurre la scena della Natività nel tentativo di accendere in loro la fede. Carlo di Borbone amava molto intrattenersi con il religioso e la sua passione per l’intaglio del legno lo condusse a dedicarsi personalmente all’allestimento di un presepe a corte col coinvolgimento della moglie Maria Amalia nella cucitura dei vestiti e dei principini, utilizzando anche la creta. Fu solo l’inizio di un filone che contagiò tutta la città e l’intero Regno con le sue arti, per poi essere svilita proprio dall’avvento della tradizione pagana dell’albero, priva di qualsiasi contenuto artistico-culturale.
Senza dimenticare i dolci natalizi, Napoli ha lasciato la sua impronta culturale anche attraverso l’invenzione della tombola, frutto della creatività dei napoletani, che non vollero rinunciare al gioco del Lotto quando lo stesso padre Rocco riuscì a convincere Re Carlo a bandirlo durante le feste natalizie; i regnicoli avevano già inventato la smorfiaforma folcloristica di cabala legata all’esoterismo mediterraneo per l’interpretazione dei sogni legata etimologicamente ed esotericamente alla divinità greca dei sogni Morfeo.
Non va dimenticata neanche la canzone nataliziacreazione del teologo moralista napoletano Alfonso Maria de’ Liguori, nato a Marianella, che durante la novena del Natale 1754 compose l’inno Tu scendi dalle stelle, il più famoso tra i canti natalizi in lingua italiana, che Giuseppe Verdi consacrò come colonna sonora «senza la quale non sarebbe Natale». Per rendere comprensibile a tutti la sacralità del Natività, nel 1758 il religioso scrisse Per la nascita di Gesù, poi pubblicata nel 1816 col titolo di Quanno nascette Ninno a Bettalemme, una pastorale in napoletano derivata nella struttura musicale da quella in italiano.

La Voce del Sangue

Presentato in anteprima il 21 novembre, al rinato cinema Astra di via Mezzocannone a Napoli, il cortometraggio La voce del sangue firmato dal regista porticese Francesco Afro de Falco è ora disponibile online sul canale youtube di Federico Salvatore. Ambientato nel 1753, il lavoro racconta la vicenda di Giuseppe Sanmartino, scultore del Cristo Velato, la famosa opera custodita nella Cappella Sansevero. Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, gli commissiona il compimento della scultura a causa della prematura morte del veneto Antonio Corradini, che ha fatto in tempo a terminare solo un bozzetto in terracotta del Cristo (oggi conservato al Museo di San Martino). Sanmartino, che fino a quel momento si è distinto per la creazione di bellissimi pastori da presepe, si scontra con la paura di un fallimento e viene colto da una improvvisa paralisi emotiva, ma poi, avvalendosi di un corpo femminile (nella realtà era la giovane e bella Iris, berbera tunisina al servizio a casa Sansevero dal 1747), affronta a modo suo la sfida di realizzare l’opera secondo l’indicazione dell’esigentissimo committente: deve superare in bellezza e perfezione la Pietà di Michelangelo.
Il “corto” è un concentrato di suggestioni, simboli e riferimenti esoterici, alla base della creazione dello storyboard, e trasferisce allo spettatore notevoli spunti a livello vibrazionale, riprendendo i fili con la Città illuminista abitutata a pensare e far pensare e con un discorso tutto napoletano abbandonato forzatamente e sommerso dalla prostituzione intellettuale del filone “liberale”, che ha condotto alla schiavitù del grande Pensiero napoletano e alla sepoltura della sua produzione intellettuale.
La riproduzione a grandezza naturale del Cristo velato realizzata dall’artista Luca Nocerino e Federico Salvatore nei panni del Principe rendono l’opera molto accattivante. Un Giuseppe Sanmartino più anziano della realtà (quando scolpì il Cristo velato aveva 33 anni) è interpretato da Lello Serao, anche produttore. Il cast è completato da Lucia Rocco.

La statua più bella del mondo? Scolpita da un presepista.

Brevissima storia del Presepe napoletano a “la Radiazza” di Gianni Simioli su Radio Marte.