––– scrittore e giornalista, opinionista, storicista, meridionalista, culturalmente unitarista ––– "Baciata da Dio, stuprata dall'uomo. È Napoli, sulla cui vita indago per parlare del mondo."
Angelo Forgione – I racconti secolari dicono che nel cuore di Napoli, là dove oggi sorge l’obelisco a San Gennaro, l’attuale piazza Sisto Riario Sforza, sfogo della porta laterale del Duomo, c’era un grande cavallo di bronzo da cui nacque il simbolo di Napoli (e del Napoli). Era il Corsiero del Sole, posto su un piedistallo marmoreo, che dal secolo XIII identifica l’indomito e fiero popolo partenopeo. A quel tempo, in quel luogo, si affacciavano le primissime cattedrali cittadine, la Stefania e quella di Santa Restituita, quest’ultima ancora esistente e inglobata nel Duomo stesso.
La storia è leggendaria e risale alla conquista della città, nel 1253, da parte di Corrado IV di Hohenstaufen, figlio di Federico II. I napoletani si opposero strenuamente trincerandosi dentro le mura e lo Svevo dovette aprirsi un varco sotterraneo. Entrò, vinse e volle dimostrare di aver domato il popolo di Napoli facendo mettere un morso in bocca alla statua del Corsiero del Sole, venerato in nome del culto di Virgilio, che di Napoli era considerato protettore.
Il manufatto fu poi fuso nel 1322 per farne una campana per il nuovo Duomo. Volontà dell’allora Arcivescovo, che volle cancellare ogni credenza verso quella statua, ritenuta dai napoletani capace di guarire i cavalli malati.
Sparì il grande Corsiero di bronzo ma il cavallo rimase il simbolo della Città, raffigurato in versione rampante, assai sfrenata e indomita, come il popolo napoletano.
Angelo Forgione – Ottobre 1922, ottobre 2022. Avviene oggi quel che sarà celebrato tra quattro anni: i 100 anni del Calcio Napoli. Scorre da decenni una narrazione errata della fondazione del club partenopeo, consolidata nel dopoguerra e poi mai messa in discussione, eccezion fatta per i pochissimi topi d’archivio che la storia di quegli anni l’hanno letta e ricostruita. Tra questi, chi scrive, che da qualche anno va insistendo su una narrazione aderente ai fatti, ora proponendo una prova inoppugnabile del fatto che sia errato l’anno 1926, indicato come data di fondazione dallo stesso club e tatuato a bella posta sulla pelle di tanti tifosissimi azzurri. Si tratta di una lettera ufficiale scritta nel 1931 dal terzo presidente azzurro, ma prima è opportuno ricostruire la vicenda.
Nell’ottobre del 1922, mentre a Napoli si preparava l’adunata del Partito Nazionale Fascista che avrebbe dato il via alla Marcia su Roma, fu operata la fusione tra due club cittadini, il Naples Foot-Ball Club 1905 e l’U.S. Internazionale Napoli 1911, entrambi gravati da critiche situazioni finanziarie. Ne venne fuori l’Internazionale Naples Foot-Ball Club, abbreviato in Internaples, presieduto da Emilio Reale, già patron della vecchia U.S. Internazionale Napoli. Ed è proprio l’Internazionale Naples FBC (Internaples) il club che arriva a noi, perché nell’agosto del 1926, in piena continuità sociale, cambiò denominazione e divenne A.C. Napoli.
Era un tempo in cui i quotidiani sportivi riportavano soprattutto notizie e cronache di ciclismo, e il foot-ball, in crescita soprattutto nel Nord industrializzato, difficilmente trovava spazio nei quotidiani del Sud, il cui movimento calcistico risentiva di ritardi propri e di disinteresse da parte della Federazione a trazione settentrionale. Non esisteva il girone unico di Serie A, e lo scudetto era un affare delle squadre del “triangolo industriale”. Difficilissimo, pertanto, individuare la data precisa della fusione tra Naples e Internazionale, conclusa senza che la stampa dell’epoca ne desse sufficiente rilievo. E però, in virtù delle approfondite ricerche (ancora in corso), si può fare certamente riferimento al giornale napoletano Il Mezzogiorno, il più attento alle vicende del calcio campano.
Nell’edizione del 28-29 settembre del 1922 (1) fu preannunciata “una fusione fra i due più gloriosi ed anziani circoli calcistici della Provincia: Naples e Internazionale”.
L’edizione del 2-3 ottobre (2) informò che, in vista di una partita amichevole contro la U.S. Puteolana, l’Internazionale Napoli avrebbe schierato “una formazione ben poderosa”, per effetto de “l’accordo quasi raggiunto” per la fusione dei due club cittadini.
Ancora l’edizione del 13-14 ottobre (3) dava avviso che nella sede sociale dell’ U. S. Internazionale era convocata un’Assemblea Generale e pregava i soci di non mancare “dovendosi discutere argomenti di alto interesse”. Possibile che in quell’occasione si dovesse approvare proprio la fusione con il Naples Foot-Ball Club.
Infine, l’edizione del 30 ottobre (4), notificava l’assenza di alcuni elementi dell’Internazionale nel match amichevole contro la Bagnolese, “pur inquadrando nelle proprie fila alcuni degli elementi del vecchio Naples, la cui fusione col club del cav. Reale è ormai un fatto compiuto”.
Si può dunque affermare con ragionevole certezza che la fusione, ovvero la nascita dell’Internazionale Naples Foot-Ball Club (Internaples), cioè il Napoli, avvenne nella seconda metà del mese di ottobre del 1922.
Nonostante l’incoraggiante fusione, la situazione finanziaria del club restò deficitaria, e perciò, nel 1925, il patron Emilio Reale, per garantire sicurezza al club, cedette la presidenza al facoltoso commercianteGiorgio Ascarelli, che iniziò a spendere per rinforzare la squadra. Furono ingaggiati l’allenatore lombardo Carlo Carcano, già calciatore della Nazionale, e la giovane promessa piemonteseGiovanni Ferrari. Dalle giovanili fu promosso in prima squadra un certo Attila Sallustro. Quella compagine arrivò a giocarsi, con esito infelice, la doppia finale di Lega Sud del luglio 1926 contro l’Alba Roma, valevole per l’accesso alla doppia finalissima nazionale per lo scudetto contro la vincitrice della Lega Nord.
In vista della stagione 1926-27, irruppe a decidere la formula del campionato l’ormai affermato regime fascista, impegnato nel processo di “nazionalizzazione” del Regno d’Italia. Mussolini, non consentendo che il calcio italiano restasse spaccato tra Nord e Sud e mostrasse disgregazione sociale, impose d’ufficio alla FIGC, tramite il CONI, l’unificazione delle due leghe territoriali in un’unica “Divisione Nazionale”, articolata in 20 squadre, di cui 17 del Nord e 3 del Sud. Alle meridionali, il titolo sportivo spettò alle due finaliste dell’ultima Lega Sud, ovvero l’Alba Roma e l’Internaples, più la Fortitudo Roma, quest’ultima ammessa perché presieduta da Italo Foschi, uno degli ideatori della riforma fascista del Calcio.
Ascarelli, di origine ebraica, a quel punto, dovette porsi un serio problema: Mussolini detestava gli inglesismi e il benevolo Fascismo andava “ossequiato” per aver interrotto la dittatura decisionale della FIGC e dei club del Nord, che avevano provato in tutti i modi a tenere spaccata l’Italia del calcio. Il nome “Internaples” andava cambiato, e anche la vera denominazione “Internazionale Naples” ricordava l’Internazionale comunista, avversaria politica del Fascismo. Il presidente suggerì allora la più opportuna adozione del semplice nome italiano della città, che non avvenne il 1 agosto 1926, data trascritta erroneamente da qualche cronista dell’epoca e ripetuta a cascata negli anni, ma il 25. Un articolo de Il Mezzogiorno del 12-13 agosto (5) annunciò che in serata, presso la sede dell’Internaples in piazza della Carità, si sarebbe tenuta un’assemblea dei soci per votare le modifiche allo statuto, per presentare una lista di nomi che potessero affiancare Ascarelli, Reale e gli altri dirigenti nel Consiglio Direttivo e per discutere probabilmente del “nome migliore da dare alla Società”.
Una nuova assemblea dei soci in sede (non al ristorante D’Angelo, come si narra) si tenne il 25 agosto, raccontata il giorno seguente da “Il Mezzogiorno” del 25-26 agosto (6), rivista su cui i napoletani, da un trafiletto intitolato “L’Internaples muta il nome in A. C. Napoli […]” poterono apprendere del cambio di denominazione e dell’ingresso di nuove figure facoltose nel Consiglio Direttivo: “La Società, da oggi in avanti, si chiamerà, in luogo di Internaples, Associazione Calcio Napoli. […] È bello pertanto, è bellissimo, che all’appello dell’A. C. Napoli, figure bellissime delle classi più elevate di Napoli abbiano accettato di essere al fianco di Giorgio Ascarelli e degli altri bravi dirigenti dello scorso anno […]”. Non fu una fondazione, evidentemente, tanto più che nella rosa approntata per la stagione 1926-27 figurarono molti elementi della stagione precedente, compreso Attila Sallustro, destinato a diventare presto l’idolo dei tifosi.
La testimonianza del fatto che l’A.C. Napoli è di fatto nato nel 1922 la ereditiamo dal successore alla presidenza del defunto Ascarelli, Giovanni Maresca di Serracapriola, in una lettera del 1931 indirizzata all’ex calciatore azzurro Lesllie William Minter, pioniere inglese del calcio napoletano e già calciatore dell’U.S. Internazionale Napoli 1911. Osservando con attenzione la missiva, battuta ovviamente con una macchina da scrivere dell’epoca, si nota che di fianco alla data 5 marzo 1931 si legge: “[…] piccola ricompensa è la tessera che le offro, ma il ricordo della vecchia, modesta Internazionale che è diventata oggi il possente Napoli, gliela renderà certo gradita”.
Se si volesse essere rigorosamente filologici, si dovrebbe dire in realtà che non vi è neanche continuità societaria tra il Napoli del Ventennio e quello attuale, dacché l’A. C. Napoli cessò l’attività nel 1943 a causa della guerra. A far rinascere il calcio napoletano fu, nel gennaio del 1945, la nuova Associazione Polisportiva Napoli, che un anno più tardi riallacciò i fili con il passato assumendo la storica denominazione di Associazione Calcio Napoli. Il 25 giugno del 1964, tra sali e scendi dalla A alla B, il Napoli, soffocato dai debiti, cambiò ancora denominazione in Società Sportiva Calcio Napoli, sodalizio decretato fallito il 2 agosto 2004. Il titolo sportivo fu acquisito il successivo 6 settembre da Aurelio De Laurentiis, che scelse la provvisoria denominazione “Napoli Soccer”. La precedente fu ripristinata il 24 maggio 2006, con l’acquisizione del marchio e dei trofei più importanti della storia azzurra; una storia oggi centenaria,anche se lo stesso club e i tifosi la festeggeranno con quattro anni di ritardo.
Se ti piace l’argomento, leggi Dov’è la vittoria ed.2022 (Angelo Forgione – Magenes)
Angelo Forgione – Sì, per la copertina del mio nuovo libro Napoli Svelata ho scelto proprio le Chiavi della Città di Napoli, simbolo di apertura di uno scrigno di Cultura e Civiltà che fa parlare di sé da secoli. Uno scrigno in cui non si finisce mai di trovare avvenimenti interessanti, di scovare insospettabili espressioni di un eclissato universalismo. Ho scelto questo simbolico oggetto perché un libro che svela è un libro che apre la mente.
Le due chiavi dorate, realizzate all’inizio dell’Ottocento, sono oggi esposte in un quadro-medagliere al secondo piano di Palazzo San Giacomo, antico Palazzo dei ministeri borbonici e oggi Municipio.
Spicca il Corsiero del Sole, il “cavallo sfrenato”, da me rappresentato in posizione ancor più rampante, più fedele a quello che, in quanto simbolo dello scalciante e indomito popolo napoletano, è emblema della Città dal XIII secolo e di tutti i territori peninsulari del Regno delle Due Sicilie, cioè del Regno di Napoli. Racchiuso nell’anello, è delimitato da una ghirlanda di foglie di quercia (forza e resistenza) e di alloro (sapienza e gloria) su cui troneggia una corona reale, quella dell’unico regno europeo che ha portato il nome della sua capitale. L’attaccatura dell’anello al gambo è a forma di scudo (e speriamo che porti bene!), sul quale è inciso, in lettere corsive intrecciate, il monogramma CDN, (Città di Napoli), sintetizzato nella traduzione grafica con una semplice enne neoclassica, la stessa del titolo, a comunicare un periodo in cui Napoli capitale ha sconvolto il mondo riscoprendo il gusto classico con gli epocali scavi vesuviani. Lo sfondo non ha bisogno di spiegazioni. È un panorama conosciuto dal mondo intero.
Angelo Forgione – Complimenti e applausi al Basket Napoli per aver capito l’importanza della Storia della città e per aver coraggiosamente recuperato non un simbolo ma il simbolo di Napoli, con tanto di tre gigli a marcare l’apice del percorso della Capitale. Fattura discutibile ma messaggio ineccepibile. Sogno, da divulgatore storico, il giorno in cui anche la SSC Napoli sappia fare la sua fondamentale parte per onorare una gloriosa simbologia che significa la nobiltà e l’indomabilità del popolo che rappresenta.
Angelo Forgione – Sì, lo so, ci risiamo. Al primo giorno d’agosto io continuo ad avvertire che il Calcio Napoli è nato nell’agosto del 1922 e il mondo azzurro continua ovviamente a festeggiare la data convenzionale del 1 agosto 1926. Siamo alle 94 candeline, ufficialmente, ma in realtà gli anni sono 98.
Club nato come Internazionale Naples Foot-Ball Club 1922, abbreviato in Internaples, e poi semplicemente ridenominato Associazione Calcio Napoli nell’agosto del 1926 per compiacere il regime fascista con una gradita italianizzazione. Nel giugno del 1964 il cambio in Società Sportiva Calcio Napoli.
D’altronde, con la Carta di Viareggio emanata il 2 agosto 1926, fu l’Internaples ad essere ammesso dal Coni fascista alla Divisione Nazionale. Se l’A.C. Napoli fosse stata fondata “ex novo”, non avrebbe potuto partecipare al massimo campionato ma sarebbe partita dalla Terza Divisione Campana.
Il facoltoso Giorgio Ascarelli era già presidente dall’agosto del 1925, quando la precaria situazione finanziaria dell’Internaples aveva convinto Emilio Reale, primo presidente, a cedergli il club così da garantire più sicurezza economica al club.
Che poi, il cambio di denominazione non avvenne neanche in quel primo giorno d’agosto ma nel venticinquesimo, come testimonia un articolo de Il Mezzogiorno del 26-27 agosto 1926, dove si informava che l’assemblea dei soci del 25 agosto aveva formalizzato un cambio di nome: da Internaples Foot-Ball Club, appunto, ad Associazione Calcio Napoli.
Quella riunione non si tenne nemmeno al ristorante D’Angelo, come qualcuno narra, ma nella sede sociale di piazza Carità, presso il palazzo Mastelloni. L’insegna dell’Associazione Calcio Napoli è ben visibile in una foto d’epoca dello slargo, in cui si trovava il monumento a Carlo Poerio poi spostato nel 1939 in piazza San Pasquale a Chiaia.
Non si comprende da dove sia venuta fuori la data del 1 agosto, riferendosi peraltro a una fondazione che non fu. Facile che qualche storico/giornalista abbia commesso per primo l’errore, e tutti gli siano andati dietro acriticamente.
Il fatto è che una narrazione imprecisa, ripetuta continuamente, diventa ufficiale, come dimostra la falsa datazione della nascita della pizza margherita.
Ma voi non date troppo conto alle mie ricostruzioni e fate gli auguri alla SSC Napoli, che sempre in agosto fu. L’importante, alla fine, è che il club scalci come il Corsiero del Sole, il suo primo simbolo, che poi è quello della città sin dal XIII secolo: il nobilissimo cavallo imbizzarrito significante l’indomito e sfrenato popolo napoletano.
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per approfondimenti: Dov’è la Vittoria, A. Forgione (Magenes)