
Angelo Forgione – Ed eccoci qua, al Solstizio d’inverno, l’unico vero evento di giornata, a Napoli. Ma quale 2500simo compleanno? E quale rispetto per l’antica Storia della città c’è nell’inventarsi una data per festeggiare un compleanno che non è? Davvero fa più bene alla città un lifting per un po’ di pubblicità in cambio di trecento anni di storia sottratta? Davvero si è fatta vera promozione e informazione dicendo agli italiani e oltre che Napoli è più “giovane” di Roma?
Così facendo, le istituzioni locali hanno palesato a chi la storia la conosce di essere superficiali, approssimative, e di accontentarsi di un po’ di attenzione generata dai riflettori (fiochi, per la verità) accesi su un evento posticcio, così come ci si accontenta di narrare Napoli, città che ha generato nuovi corsi, che ha civilizzato l’Europa, che ha rappresentato un faro tra i più luminosi per la cultura italiana ed europea, attraverso il murale di Maradona l’immenso (lo è!) e qualche locanda dell’ammuina.

Eppure, chi ha celebrato questa data, oggi giunta, smentisce se stesso raccontandoci sul suo sito istituzionale di una città il cui primo insediamento di Parthenope risale all’VIII secolo a.C., laddove sorse Parthenope, da cui il popolo e la sua civiltà prendono il nome. Laddove l’archeologo Mario Napoli, alla metà del Novecento, prima di scoprire la Tomba del Tuffatore a sud di Paestum, ha condotto gli scavi della Necropoli di Pizzofalcone, il cimitero di Parthenope, cioè dei partenopei, i primi napoletani. In via Nicotera, nei pressi del ponte di Chiaia, ritrovati oggetti oggi conservati nel Museo Archeologico Nazionale, a testimoniare con certezza di un principio di tutto a Napoli datato 800 a.C. circa, ma un principio cancellato da un cartellone di eventi per una festa che cancella Parthenope. Materiali utili a datare e documentare il primo nucleo urbano della città, poi rinominato Palaepolis, la vecchia città, allorché, a distanza di un chilometro e mezzo, sorse la nuova: Neapolis.

E quando sorse la Neapolis? Davvero qualcuno andò a porre una prima pietra il 21 dicembre del 475 a.C., dicendo a tutti di segnare la data?
Se solo si rispettasse la Storia! E invece no. Veniamo ritenuti tutti ignoranti, ma non tutti ignorano che gli Etruschi provarono a conquistare l’Italia meridionale, cioè la Magna Grecia, ma la loro avanzata fu definitivamente arrestata nel 474 a.C. con la vittoria della flotta siracusana in una battaglia navale nelle acque di Cumae. Solo dopo, i Greci d’Italia ripresero a popolare nuovi luoghi, e appunto il nuovo insediamento di Neapolis ebbe il suo principio nel 472 a.C., data alla quale si riferisce il fantasioso racconto della nascita di Neapolis da cui le istituzioni, cavalcando una delle tante bufale rese virali dal web, hanno tratto spunto per inventarsi un compleanno inesistente.
Quel racconto, come già ampiamente chiarito più volte, lo partorì nel marzo del 1990 il fisico unigravitazionale Renato Palmieri, autore di quella che definì una “rêverie neoclassica”, cioè una fantasticheria moderna che si rifaceva a un passato remoto (link 2 in calce). Quella fantasticheria si intitolava “La chiave astronomica della fondazione di Neapolis“, un racconto fantasioso della nascita della città solare, del sole, questa sì fondata, perché l’orientamento e le proporzioni della griglia stradale della Neapolis furono scelti dai Greci in modo che la città potesse essere riconosciuta come la città di Helios/Apollo, il dio del sole dei Greci, a significare la luce che inizia a vincere le tenebre. Ed ecco il perché della data del 21 dicembre, solstizio d’inverno, scelta dal “romanziere” Palmieri. Ma del 472 a.C., però, anno vero di fondazione, da cui se ne deduce matematicamente che Neapolis, l’attuale centro storico di Napoli patrimonio Unesco, giungerà ai suoi veri 2500 anni nel 2028.
Ha dunque sbagliato l’anno, per primo, l’ex ministro della Cultura, il napoletanissimo Gennaro Sangiuliano, che istituì il Comitato nazionale per la celebrazione, ma non ha sbagliato il focus, perché quel comitato fu denominato “Neapolis 2500”, non “Napoli 2500”, come è poi diventato per magia quando la palla è passata alle istituzioni cittadine.
E sì che purtroppo, talvolta scomodo come so di essere, sono risultato l’unico a chiedere rispetto per la verità, tra banali accuse di pesantezza di chi è refrattario al miglioramento ma supportato da pochissimi altri conoscitori della Storia di Napoli. Tutto ciò dà l’esatta misura del torpore culturale che attanaglia una città fondamentale per l’Occidente ma purtroppo incapace di leggersi e raccontarsi. E allora via con i tanti post di auguri a Napoli per i 2500 anni che non sono. Via alle celebrazioni della ricorrenza. Via alla notizia sui telegiornali locali, e magari anche nazionali.
Si festeggi pure, anche con trecento candeline in meno sulla torta da dividere. Tant’è… chi sa, è chi Napoli la ama davvero, i suoi 2800 anni partenopei non glieli toglie certo per il culto della festa… E di Napoli che resta sotto gli occhi del turista… per dirla alla Federico Salvatore, che se fosse stato tra noi ci avrebbe sicuramente scritto una canzone per sbugiardare gli allegri festanti.
Qui non vident videant.










Angelo Forgione – Riviera di Chiaja 
