«Maradona es más grande que Pelé». Lo dissero i napoletani 30 anni fa.

Argentini e napoletani accomunati dalla religione maradoniana

Angelo Forgione – «Maradona es más grande que Pelé». È il coro che gli argentini, a mo’ di provocazione, hanno sbattuto in faccia ai brasiliani nel corso dei Mondiali. Creato qualche anno fa da Ignacio Harraca, un tifoso del Plantense, club della terza divisione argentina, è lo stesso che due napoletani inventarono trent’anni fa esatti. Il fuoriclasse argentino, nell’estate del 1984, era in rotta con il Barcellona e fece di tutto pur di lasciare la squadra catalana. Iniziò una trattativa estenuante senza certezze, ma il maestro Emilio Campassi fiutò il boom e coinvolse Bruno Lanza per confezionare una canzone celebrativa dell’acquisto del secolo napoletano. Fu scritta a piazza Carlo III, e non poteva essere altrimenti, visto che un altro Re stava entrando a Napoli per poi renderla “capitale” in un altro storico 10 maggio. Lanza non era appassionato di Calcio e non conosceva più di tanto Maradona. Campassi sì, benissimo, e gli disse che era il giocatore più forte mai nato. «Ma il più forte non e Pelè? Scusa l’incompetenza, ma allora Maradona è meglio ’e Pelè?». E nacque il tormentone, una sentenza senza punti di domanda. Campassi ci mise la voce nella sala di registrazione di via Santa Lucia. Trentacinquemila cassette regolari de L’inno a Maradona pronte già venti giorni prima che si chiudesse l’estenuante e incerta trattativa tra Napoli e Barça.
La sera della firma si contarono circa due milioni di nastri pirata, tutti venduti. L’industria del falso aveva fatto gli straordinari. E così l’intuizione di Campassi divenne la colonna sonora del Napoli che sognava il trionfo. Sarebbe arrivato insieme a La favola più bella, altro successone che proprio Maradona avrebbe cantato nel 1987 insieme a Bagni, Giordano, Carnevale, Ferrario, Romano e Sola, trascinati in sala di registrazione proprio da Emilio Campassi. Furono gli alfieri del primo scudetto azzurro, quelli che diedero corpo al diktat «nun putimme cchiù aspetta’, finalmente ce putimme vendica’». Campassi e Lanza erano evidentemente stufi della secolare colonizzazione di Napoli. E Maradona, per sua stessa autoproclamazione, si fece proprio simbolo della vendetta sportiva contro il potere economico del Nord. Lui certe dinamiche le capiva molto bene. Una grande gioia non effimera, ma pur sempre infruttuosa, immersa nella sedimentazione sociale di una città mai pronta alla rivoluzione politico-culturale e ingannata proprio dal miraggio del riscatto col pallone sotto al braccio. Ma Maradona è meglio ’e Pelè, e su questo pochissimi a Napoli e in Argentina discutono.

Il re della truffa settentrionale condannato… a morte

Il re della truffa settentrionale condannato… a morte

sta male ma i giudici vogliono il tesoro nascosto

Il Tribunale di Appello di Bologna ha condannato l’ex patron della Parmalat Calisto Tanzi a una pena di 17 anni e 10 mesi per il crack da 14,5 miliardi confermando la sentenza di primo grado di 18 anni inflitta dal Tribunale di Parma.
Tanzi è un uomo finito, nel senso umano e non cinico della vicenda. Il cinismo resta alle famiglie dei tanti risparmiatori che si sono visti sottrarre piccoli capitali utili a costruire un avvenire che forse non c’è più.
«Porterò per sempre il peso indelebile per le sofferenze causate a quanti per colpa mia hanno subito danni». È il mea culpa pronunciato da Tanzi in aulo lo scorso 26 Marzo. Troppo tardi, i giudici non hanno dimenticato i silenzi e le bugie degli anni precedenti sulle tante vicende oscure dell’imprenditore parmigiano che paga i suoi errori. Il suo tesoro non è stato ancora trovato e quindi nessuna pietà per un uomo che sta male davvero. Un intervento al cuore, ripetute cadute per improvvisi mancamenti, numerose ferite, nutrito con un sondino infilato nel naso, anoressia. Mesi d’ospedale e condizioni cliniche al limite che potrebbero giustificare gli arresti domiciliari garantiti attualmente per molto meno a mafiosi e criminali di vario stampo, categoria di cui fa parte anche l’ex presidente del Parma che pure in campo sportivo ci mise del suo, facendone le spese il retrocesso Napoli.
Tanzi, prima Cavaliere del Lavoro della Repubblica Italiana e poi Cavaliere di Gran Croce con Ordine al Merito (onorificenze revocate per indegnità), è solo la punta dell’iceberg del mare di truffe seriali in larga scala compiute nel NordItalia, differenti per concezione e valutazione dalle piccole truffe, molte volte causate da disoccupazione e indigenza, perpetrate al Sud che però sono le più reclamizzate. Tanzi è un “bondeggiatore”, non un borseggiatore; non ha impugnanto armi e non ha ucciso nessuno ma ha rubato, insieme ad altri come lui, molti più soldi e speranze di quanto non abbiano fatto tutti i “mariuoli” messi insieme dal dopoguerra ad oggi. Secondo gli atti processuali, ha “creato un sistema perverso dal quale per anni tutti hanno tratto la propria convenienza (politici, banche, giornali), eccetto i piccoli investitori, sui quali si sono riversati gli enormi costi di un’esposizione debitoria accumulatasi negli anni senza essere frenata da nessuno dei soggetti istituzionalmente deputati a vigilare sulla solidità patrimoniale della Parmalat (Consob, Banca d’Italia, società di rating, società di revisione)“. Tanzi è un delinquente pericoloso e lo sanno bene le 32mila parti civili circa in cerca di un minimo risarcimento per i danni causati dalla sua associazione a delinquere, non qualche Rolex scippato per strada. Consolazione per loro la disposizione della provvisionale immediatamente esecutiva da due miliardi dovuta alla Parmalat in amministrazione straordinaria e il 5% riconosciuto ai circa 40 mila risparmiatori truffati dai titoli Parmalat. Il problema resta trovare i beni visto che il presunto tesoro di Tanzi è ancora occultato e che i patrimoni degli imputati da soli non consentono di coprire la cifra astronomica della provvisionale. Se l’imputato-condannato, che non ha santi in paradiso, vuotasse il sacco otterrebbe più clemenza.

video: CALCIOSCOMMESSE E LA “PUNTATA” SU NAPOLI

video: CALCIOSCOMMESSE E LA “PUNTATA” SU NAPOLI
come dichiararsi puliti sporcando Napoli

Giugno 2011, lo scandalo “calcioscommesse” torna a galla nel calcio italiano e coinvolge in prima battuta la Serie B con le squadre appena promosse nella massima serie. Mentre le indagini delle Procure di Cremona e Napoli vanno avanti su due filoni diversi, i primi imputati si difendono legittimamente dalle accuse ma nel solito modo tutto italiano di scaricare ogni responsabilità sui Napoletani.
Piena condanna ad ogni mafia, ma anche ad ogni trucco nel calcio e ad ogni razzismo sommario. E il mondo del calcio, che finge di educare ad una migliore cultura, è spesso il principale strumento di diffusione di cattivi segnali poi amplificati dai media.

Il video nasce da una pericolosissima frase pronunciata da un tifoso bergamasco contro i Napoletani e incautamente sbattuta in faccia all’Italia intera dall’emittente nazionale La7 per promuovere la trasmissione “L’Infedele” dedicata al tema in onda il 13 Giugno.
A seguito delle numerose proteste scaturite da questa clip, durante la trasmissione, Gad Lerner si scusa per la frase infelice del tifoso atalantino per la quale la redazione ha ricevuto proteste, ma intanto in trasmissione la frase viene fatta ripassare ripetendo l’errore.

Calcioscommesse: Ghirardi e i boss dei prosciutti

Calcioscommesse: Ghirardi e i boss dei prosciutti
Ironia a parte, nessuna morale da Parma, grazie!

La battuta del Presidente del Parma riguardo un presunto coinvolgimento della sua squadra nell’ennesima truffa del “calcioscommesse” è simpatica ma merita decisamente una controbattuta. Tommaso Ghirardi, circa la presenza di un camorrista al “San Paolo” durante Napoli-Parma dello scorso anno, ha dichiarato sorridendo: “A Parma non conosciamo queste cose, abbiamo i boss dei prosciutti, dei salami e null’altro…”.

Con la stessa ironia con la quale patron Ghirardi si chiama fuori, noi gli ricordiamo che Parma non avrà truffatori organizzati ma è pur sempre la città del più grande truffatore seriale che si ricordi in Italia, tale Callisto Tanzi, autore del maxi-imbroglio più eclatante dal dopoguerra ad oggi, che ha rubato milioni di euro a migliaia di piccoli risparmiatori, fino a ridurre sul lastrico coppie di anziani e giovani in procinto di metter su famiglia. Senza farsi sfuggire l’opportunità di “aggiustare” la retrocessione del Napoli con la combine tra Parma e Verona, entrambi sodalizi da lui controllati (l’uno direttamente e l’atro tramite il suo prestanome Pastorello), come evidenziato da numerose indagini.

La differenza tra un bandito e un BONDito sta in una vocale, e solo in quella, caro Ghirardi.
E per noi un truffatore napoletano vale esattamente quanto un truffatore parmigiano: niente!

Angelo Forgione
Movimento V.A.N.T.O.
(Valorizzazione Autentica Napoletanità a Tutela dell’Orgoglio)