Napoli senza voce, ma non tace

Angelo Forgione  «La Gazzetta dello Sport è sempre stata il giornale di Juve, Inter e Milan ed è sempre stata contro il Napoli… i giornalisti del Nord mi odiano, il Nord odia il Sud dai tempi del Conte di Cavour».
Così disse, senza peli sulla lingua, Aurelio De Laurentiis in diretta nazionale qualche tempo fa, scatenando un autentico putiferio.

Nei giorni scorsi, Stefano Barigelli, direttore della Gazzetta, ha onestamente ammesso che il principale quotidiano sportivo nazionale – ripeto, nazionale – risponde principalmente alle tifoserie di Milan, Inter e Juve, che rappresentano il core-business di riferimento, e l’informazione propone soprattutto ciò che è a loro gradito, come, ad esempio, un like dato da Zaniolo a un post di Vlahovic finito in prima pagina, o come il furto della Panda di Spalletti ma non altri reati predatori in altre città. Fino al caso-non-caso Osimhen alla vigilia di una trasferta delicata del Napoli a Bergamo.
Nessuna novità, non siamo nati ieri, e però è legittimo il sospetto che De Laurentiis avesse ragione a gridare il suo sfogo.

Eugenia Saporito ha perciò messo in piedi un animatissimo ma garbato dibattito in diretta sull’argomento, ospitando Paolo De Paola, napoletano di nascita, ex vicedirettore della Gazzetta e poi direttore di Tuttosport, anch’esso quotidiano nazionale anche più aderente alla specifica utenza di Juventus e Torino, per un confronto con Maurizio Zaccone e chi scrive, moderato assieme a Umberto Chiariello e sintetizzato nel video per racchiudere in pochi minuti le due ore di talk.

Con un’informazione condizionata non solo nello sport dalle esigenze dei lettori di riferimento e dalle pressioni degli editori, Napoli senza voce combatte una battaglia mediatica ad armi impari contro il Nord, ma, come si capirà ascoltando l’interessantissimo dibattito, senza tacere.

Rissa di Cadice, il festival della generalizzazione

Angelo Forgione – Rissa tra giovani studenti Erasmus all’esterno di una discoteca di Cadice, in Spagna, e via alla caccia alle streghe. La notizia, come inoltrata al Tg1, recita così:

“Tutti e quattro campani gli arrestati, due sono di Napoli”.

Come se essere di Napoli sia un’aggravante degna di essere sottolineata, mentre per gli altri due può essere anche risparmiata l’origine. La notizia la si legge così un po’ ovunque, e pazienza se il “napoletano” che ha mandato lo spagnolo in ospedale è in realtà di Villa di Briano (Caserta), e uno dei quattro non è neanche campano ma brasiliano di origine e residente a Catania.

il Giornale fa anche peggio, iniziando il pezzo così:

“È di Napoli l’autore del violentissimo calcio rifilato ad un giovane spagnolo durante la rissa scoppiata ieri mattina a Cadice”.

La notizia essenziale, dunque, non è aver individuato il colpevole ma aver individuato la provenienza del colpevole. L’avesse indovinata, almeno.

ilmessaggeroIl Messaggero è invece esemplare nel dimostrare il problema: nel sottotitolo definisce “napoletano” il colpevole, mentre nel pezzo si legge a chiare lettere che è di Villa di Briano, paesino del Casertano.

Guasti dell’informazione a parte, ciò che sgomenta della rissa non è solo l’atto incosciente di violenza portato dal ragazzo italiano che sferra un calcio alla testa dello spagnolo come se si trattasse di un Super Santos da colpire di collo pieno. Sconvolge anche l’addetto alla sicurezza della discoteca, che decide di non intervenire e di filmare tutto con lo smartphone, con freddezza singolare, nonostante una ragazza disperata gli chieda di agire.
Almeno ci ha consegnato un filmato che inchioda facilmente le responsabilità del “calciatore”, e che mostra, almeno nelle immagini carpite, tre spagnoli accerchiare un italiano, il quale prende un pugno in volto da dietro. Uno dei tre assalitori, visibilmente ubriaco,viene colpito da un ceffone in pieno viso dagli amici dell’aggredito e cade stordito, ed è allora che prende il calcio alla testa. Cosa sia successo prima, non si sa.
È una di quelle situazioni in cui non c’entrano le provenienze. L’idiozia non ha nazionalità. Quando due branchi – di cosa sceglietelo voi – vengono alle mani, la vigliaccheria anima l’istinto di sopravvivenza e la lucidità svanisce. Le bestie che decidono di scontrarsi in rissa, spesso sotto effetto di alcolici e stupefacenti, sanno come si comincia ma non come andrà a finire, e in certe situazioni è sempre il più sfortunato a rischiare la peggio. Se la vittima non fosse caduta a terra, le sorti sarebbero potute essere diverse, e forse anche la notizia sarebbe stata diversa. Ma il destino ha voluto che uno sconsiderato andasse in ospedale a limitare i danni permanenti e un altro sconsiderato in tribunale a rispondere di tentato omicidio. Due vite segnate.

Due anni fa un ragazzo fiorentino fu ucciso in una discoteca di Lloret de mar da un coetaneo di nazionalità cecena sotto l’effetto di alcol e droga, anch’egli “calciatore”. Tanto per dimostrare che di risse in discoteca è pieno il mondo, e non tutte vengono filmate… e che il comune denominatore è lo sballo, non la provenienza territoriale, che poi non è neanche napoletana.

Napoli non è capitale dei reati ma resta riferimento dello stereotipo

crimini_torinoAngelo Forgione I dati forniti al Sole 24 Ore dal Ministero dell’Interno circa i reati denunciati nel nostro Paese nel 2013 dicono di nuovo che vi è un incremento dopo tre anni di flessione, il che non significa necessariamente che siano aumentati i reati (potrebbero essere aumentate le denunce; ndr), ma poi nessuna novità, nel senso che Milano si confa la provincia che subisce la pressione del crimine più alta. Via via, nell’ordine, Rimini, Bologna, Torino, Roma, crimini_pesaroRavenna, Genova e Firenze. Sia pure in ordine sparso, sempre le stesse degli anni scorsi.
E Napoli? C’è poco da stare allegri, ma si conferma fuori dalle quaranta città più insicure, e anche questa non è una novità (guarda video del 2011), nonostante la faccia da padrona incontrastata in rapine e sia seconda in quanto a scippi alla sola Catania; ma se la “cava” in borseggi, furti di appartamento e altre classifiche specifiche, che, una volta sommate, dicono che vi sono tante altre città decisamente più insicure, e che al Sud va meglio che al Nord. Eppure il raffronto con il riferimento napoletano (sbagliato) è sempre il primo a saltare in mente ai titolisti dello Stivale, a ulteriore conferma che certi stereotipi sono più radicati di certi alberi secolari: “È peggio di Napoli”, si stampa ad ogni latitudine e nella testa dei lettori, ma se Partenope non è in testa va da sé che siano automaticamente molte a fare peggio.

video del 2012 relativo ai dati del 2011

Spot IKEA, è bufera!

Spot IKEA, è bufera!
la stampa sul caso, il Giurì verifica e spunta una parodia

Il caso dello spot di IKEA è esploso. IL MATTINO e il CORRIERE DEL MEZZOGIORNO hanno dedicato spazi alla questione raccogliendo pareri e umori. E anche il ROMA ha fatto largo al duo artistico dei Fatebenefratelli che si sono allineati spontaneamente alla nostra protesta (in basso). Il fronte è spaccato tra i tantissimi che sostengono la nostra visione di uno spot ricco di luoghi comuni che lede la dignità dei meridionali civilizzabili da Ikea e chi invece preferisce riderci su.
Tutto questo mentre la Segreteria del comitato di controllo dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria ci informa che il caso è all’esame del Giurì per valutare se sussistano o meno gli estremi per un intervento a tutela dei cittadini-consumatori meridionali. Attendiamo fiduciosi.
IL MATTINO ha tratto la questione nell’edizione di Domenica 17 a pagina 15 (in basso): “Spot con i picciotti in cucina, l’Ikea si scusa” a firma di Marco Esposito che chiama in causa i precedenti di Oliviero Toscani e viene al dunque della protesta: «Angelo Forgione, che si autodefinisce «responsabile per la città di Napoli del Parlamento delle Due Sicilie, ha organizzato insieme al Movimento neoborbonico la protesta».
Premesso che il sottoscritto non si “autodefinisce” ma ha una carica conferita in un’associazione a carattere civico-culturale che raggruppa varie entità che si battono per il riscatto e la dignità del meridione, tra cui appunto V.A.N.T.O., e detto anche che non sono solo queste le battaglie di cui siamo protagonisti occupandoci anche di denuncia di tanti altri aspetti scendendo in piazza, ciò che è da sottolineare è il parere di Oliviero Toscani (fotografo e pubblicitario) che definisce il sottoscritto e tutti gli indignati dei “mafiosi”. «Chi si sente offeso mostra di essere lui il mafioso. Il fatto che non si riesca a ridere su una cosa simile è il segno di una diffusa mentalità mafiosa».

E giù con altre dichiarazioni degne di un professionista più volte censurato per le sue immagini pubblicitarie, quindi contro la censura, che indirettamente conferma quanto da noi rilevato. Essere definito un mafioso da Toscani in questa polemica è una grande vittoria! Toscani non sa che il sottoscritto è anche un collega nel campo della pubblicità e lo spot Ikea l’ha verificato non solo da meridionalista sulla base delle proteste ricevute ma anche con gli occhi critici di un operatore del settore, leggendone i presupposti.
Il CORRIERE DEL MEZZOGIORNO invece si è dedicato al fatto sulla stessa falsa riga e con toni più pacati a firma Germano Milite. E ha proposto un sondaggio online cliccatissimo che alle 16:00 del 18/4 vede la percentuale di quelli che rilevano offesa nello spot al 66% contro il 34% di chi “difende” Ikea.
Intanto sul web spunta una parodia dello spot. Si chiama “Contro spot Ikea” sul canale youtube michelina1841 (chi conosce la storia del sud sa cosa significhi questo nickname) recante come informazione che trattasi di “Filmato istruttivo e informativo, realizzato con uno spiccato senso di energica protesta, per una giusta e degna collocazione del popolo delle Due Sicilie”. Nello spot i picciotti evidenziano la “qualità” dei prodotti Ikea. La maniera migliore per dimostrare l’ironia dei meridionali che Toscani e Ikea hanno messo in dubbio con le loro discutibili opinioni e scuse.
Un’ultima considerazione: perchè mai, tra grosse polemiche, Toscani ha registrato il marchio “M.A.F.I.A.”? Che abbia fatto promozione a se stesso chiamandoci “mafiosi”?

Angelo Forgione

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