Angelo Forgione – “Noi, Terroni!”. È questo il nome del riuscito evento pensato dal senatore Sergio Puglia e voluto per far incontrare il Movimento 5 Stelle campano e la cultura meridionalista. Io, Pino Aprile e Gennaro De Crescenzo siamo stati accolti al Fabric di Portici (NA) dalla pattuglia campana dei pentastellati composta dallo stesso Puglia, da Valeria Ciarambino, da Maria Muscarà, da Gennaro Faiello e dal candidato sindaco di Portici “città borbonica” Giovanni Erra. Oltre due ore di dibattito, moderato da Luca Pepe (Europportunity) e coordinato da Alessandro Ciaramiello (M5S), in una sala affollatissima e pregna di consapevolezza, voglia di conoscenza e sentimento di riscatto.
Una serata importante per supportare dall’esterno, senza implicazioni partitiche o vincoli di sorta, le significative mozioni dei consiglieri regionali meridionali M5S per il “Giorno della memoria per il Sud” (il 13 febbraio, nel ricordo dell’inizio della fine a Gaeta, nel 1861) e gli interventi a favore del Sud di Sergio Puglia in Parlamento. Il primo vero incontro tra una forza politica e il “movimento” culturale meridionalista.
Quello di Portici è un segnale importante, dal quale può forse nascere una coscienza politica diversa, non contaminata da quegli estremismi e isterismi storici che fin qui hanno condizionato un sereno dibattito sociologico tra chi chiede più Sud nelle aule romane e chi è chiamato a raccogliere il disperato grido del Mezzogiorno.
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“Noi, Terroni”, la cultura meridionalista incontra il M5s a Portici
fonte: Europportunity
Mercoledì 17 maggio, appuntamento ore 17:30 al Fabric Hostel & Club di via Bellucci Sessa n.22 a Portici (NA) per un incontro-dibattito tra la cultura meridionalista e il Movimento 5 Stelle campano.
Il celebri scrittori Pino Aprile e Angelo Forgione, il Senatore Sergio Puglia (M5s), il Professor Gennaro De Crescenzo, e i consiglieri regionali Valeria Ciarambino, Gennaro Saiello e Marì Muscarà (M5s), moderati da Luca Antonio Pepe (Europportunity), ci condurranno alla riscoperta delle nostre vere radici: dall’epoca pre unitaria sino ai giorni più recenti, quelli dell’iniziativa istituzionale del 5 stelle finalizzata a stabilire una data in cui si possano commemorare i martiri del Sud dimenticati dalla storiografia ufficiale.
L’evento è organizzato in collaborazione con l’associazione Europportunity e con la casa d’alta moda partenopea Vicoli Santi – diretta dallo stilista meridionalista Luciano Esposito (Cavalli, Versace, Ferrè…) che consegnerà dei graditissimi omaggi alle donne presenti in sala.
Per info contattare Alessandro Caramiello (328 8088420).
Pagina facebook: https://www.facebook.com/events/444799185854383/
Biblioteca Girolamini: il Comune di Napoli parte civile, il MIBAC no!
L’emblematica vicenda della spoliazione della biblioteca dei Girolamini si arricchisce di nuovi succulenti episodi. Il senatore Dell’Utri è stato inserito nel registro degli indagati per concorso in peculato. Avrebbe ricevuto, per intesa preventiva, alcuni dei numerosi volumi sottratti dalla Biblioteca dall’ex direttore Marino Massimo De Caro. Qualche settimana fa, Silvio Berlusconi aveva dichiarato a “Servizio Pubblico” che Dell’Utri è una persona perbenissimo, cattolico, il numero uno dei bibliofili italiani. A quell’affermazione, qualche napoletano consapevole (compreso chi scrive, ndr) fu colto da un moto di rabbia corrosiva interiore.
E mentre il Comune di Napoli si è costituito parte civile al processo per il saccheggio, il Ministero per i Beni Culturali ha evitato di farlo. Il 3 Gennaio, il MIBAC annunciò di volerlo ma poi è scaduto il termine. Si vocifera che sia mancata l’autorizzazione della Presidenza del Consiglio. Perché? Facile immaginare che qualcuno di potente abbia fatto valere il suo peso.
Bel modo di governare che è quello all’italiana. Il ministro Ornaghi non ha mai chiesto scusa per l’increscioso accaduto. Marino Massimo De Caro, suo consigliere personale, fu designato alla direzione della Biblioteca dei Girolamini grazie ad un “nulla osta” del suo ministero. Istituzione che ha perso l’occasione per fare il suo dovere, già ampiamente venuto meno: tutelare il patrimonio culturale. E poi vediamo i monumenti italiani crollare.
De Laurentiis fa tremare la storiografia ufficiale
De Laurentiis fa tremare la storiografia ufficiale
cassa di risonanza troppo potente,
gli storiografi “tricolorati” preoccupati
Le nuove esternazioni revisioniste di De Laurentiis (clicca per leggere) hanno colpito in pieno gli storiografi dei vincitori risorgimentali. Oh no… ora ci si mette pure il “mediatico” presidente del Napoli a scoperchiare le verità sepolte? Tsunami da arginare prima che raggiunga le coste!
Giuseppe Galasso, in compagnia di Ernesto Galli della Loggia, Piero Craveri, Luigi Compagna e Diana De Feo alla presentazione di un libro su Cavour, ha avanzato la proposta di regalarne una copia al patron del Napoli.
Il senatore Compagna invece appare più preoccupato: «De Laurentiis ha tutto il diritto di intervenire sulla storiografia, però forse i napoletani gli chiedono un interessamento ai problemi del Napoli e non alla storiografia».
Noi invece, senza alcuna intenzione di strumentalizzare le frasi di De Laurentiis che sappiamo essere convinte e non casuali, non solo ci felicitiamo del suo interessamento per le verità storiche sotterrate ma chiediamo al senatore Compagna perchè mai “speri” che i napoletani chiedano al presidente del Napoli di pensare al Napoli piuttosto che alla storia d’Italia? C’è forse qualcosa da temere? Rispondiamo noi: «si».
Anche il patron della casa editrice Laterza di Bari ha ribattuto alle frasi di De Laurentiis invitando Napoli a smetterla di sognare di diventare Capitale di un regno che non c’è più, con una serie di affermazioni storiche aberranti e lontane dalle reali ideologie di un popolo che comincia a conoscere la verità e a pretendere che sia affermata a scapito delle falsità. Dalle reazioni a catena di queste ore appare evidente che la coscienza dei Napoletani fa paura, allora come oggi. Tirare fuori la solita accusa di nostalgia è una tecnica ormai stantia che non regge più, un argine troppo fragile.
Per la pletora dei difensori dei “ladri della patria”, De Laurentiis rappresenta una cassa di risonanza troppo potente e pericolosa, capace di raccogliere quello stesso messaggio da noi da tempo sdoganato ai più giovani anche attraverso la passione calcistica e diffonderlo a milioni di persone.
Il presidente si occupa invece fin troppo bene dei problemi della sua squadra e non sembra affatto distratto da altre vicende inutili. Appare invece meritevolmente attento alle questioni che riguardano la città e la sua storia, alla napoletanità a più ampio raggio, e ciò sembra più che giusto affinchè capisca in che contesto si inserisce la squadra di calcio che è motivo di orgoglio e passione per una città intera dal 1926 a oggi, quando nacque con dei simboli e colori che onoravano proprio quella storia.
La verità è che De Laurentiis è un anticonformista per eccellenza, scevro da quei complessi di inferiorità che ebbe invece Ferlaino quando negli anni ’70 rispolverò i gigli borbonici sulle maglie azzurre e lo stemma delle Due Sicilie sugli abbonamenti per poi abbandonare la strada “impervia” non essendo ancora il momento di percorrerla, assecondando poi la passione della moglie Patrizia Boldoni per Napoleone al quale dedicò la N del simbolo d’epoca Maradoniana a oggi.
La revisione storica sta avanzando inesorabilmente, asfaltando i dogmi degli irriducibili che, restando rigidi e immobili su posizioni sempre più deboli, rischiano di essere schiacciati.
Galasso regali pure il libro di un uomo come Cavour che non mise mai piede a Napoli e al sud, denigrandolo senza conoscerlo; noi ci pregeremo di omaggiare il presidente del nostro saggio “Malaunità” che pure di Cavour e del suo progetto di piemontesizzazione si occupa. E non solo di Cavour.
Garibaldi e la truffa al Banco di Napoli
Garibaldi e la truffa al Banco di Napoli
800mila euro (valuta corrente) garantiti e mai restituiti
di Angelo Forgione
(vai all’articolo su napoli.com)
“Frammenti e memorie” è il nome di un percorso multimediale dell’Archivio del Banco di Napoli che ha dato l’opportunità di godere di visite guidate presso la sede dell’antichissimo Banco napoletano a cura della Fondazione Banco di Napoli e con il patrocinio di Comune di Napoli e Regione Campania.
Centinaia di documenti di quello che è considerato il più grande e importante Archivio Storico-Economico del mondo sono stati esposti in mostra dal 15 Dicembre al 15 Gennaio con l’ausilio di musiche, giochi di luce e voci.
Nota stonata è stata però la “censura”, denunciata dal Movimento Neoborbonico, di uno dei documenti più interessanti dal punto di vista storico e didattico, proprio nel vivo delle celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia. Non è stato infatti mostrato il carteggio che vedeva coinvolti Garibaldi e il figlio Menotti, beneficiario di un prestito ingente mai restituito, e il direttore del Banco.
Garibaldi è considerato uno dei “padri della patria” che si stanno ricordando nelle celebrazioni dell’unita nazionale. Dell’eroe dei due mondi si tramanda dagli archivi il suo rapporto morboso col denaro e non gli mancò l’occasione per dimostrarsi a tutti gli effetti un personaggio incline al lucro. Quattordici anni dopo la spedizione dei Mille, garantì per il figlio primogenito Menotti un prestito di duecentomila lire dell’epoca dal Banco di Napoli, una somma che corrisponde a circa ottocentomila euro di oggi, per l’acquisto di suoli nell’Agro-pontino. Con una lettera autografata e datata 2 Settembre 1874, il generale così si impegnò: “Colla presente dichiaro garantire il rimborso della somma di lire 200/mila che il Banco accorda a mio figlio Menotti secondo le norme dell’Istituto. E questa mia garanzia, servirà sino a totale estinzione del debito suddetto”.
Una somma che Menotti non restituì mai. Passati infatti tre anni di solleciti mai ascoltati, il padre famoso fu richiamato dal Senatore del Regno d’Italia Salemi al quale il settantenne Garibaldi scrisse impegno poco convincente per l’estinzione del debito: “Illustre Senatore, la pregiata vostra del 14, l’invio a mio figlio Menotti, che spero farà onore alla mia firma. In ogni modo io sono sempre responsabile verso il Banco di Napoli della somma prestata a mio figlio”.
Di fatto, della soluzione del contenzioso, Garibaldi non se ne preoccupò più di tanto.
Dopo quasi dieci anni dal prestito, mentre il Banco decideva di procedere ad una scandalosa esecuzione forzata contro le proprietà di famiglia, Menotti scrisse al direttore della banca il 7 luglio 1883, su carta intestata della Camera dei Deputati, informando che il Governo aveva deciso di “condonare” la somma dovuta.
La questione fu messa pian piano nel dimenticatoio e la banca dovette rinunciare definitivamente al recupero del credito.
Va detto che nel 1875 fu accordato al vecchio Garibaldi un corposo vitalizio di centomila lire annue (circa quattrocentomila euro) per riconoscenza della nazione italiana ma il Banco di Napoli non vide mai tornare indietro nemmeno una parte del tesoro “regalato” alla famiglia Garibaldi.
A pochi anni dall’unità d’Italia, fu quello il primo segnale di un lento decadimento del Banco più florido d’Italia e che poi sarebbe stato assorbito un secolo dopo da un istituto bancario, manco a dirlo, di Torino.
Il movimento neoborbonico, tramite li capo ufficio stampa Salvatore Lanza, fa sapere che nella mostra “Frammenti e memorie” il carteggio sarebbe stato dimenticato per intervento di un discendente di Garibaldi, mentre il curatore della mostra Eduardo Nappi smentisce la censura avvertendo che nell’esposizione si è preferito esporre casi completi compresi di transazione conclusiva.
Cori razzisti a Milano, ancora regole infrante!
Comunicato stampa
Inter-Napoli, ancora cori razzisti a Milano, ma l’arbitro non “sente”.
Ieri sera al “Meazza” hanno riecheggiato i soliti cori razzisti rivolti ai Napoletani. Non le solite offese e schermaglie che anche i napoletani indirizzano ai tifosi avversari. E ancora una volta le regole introdotte quest’anno per arginare il fenomeno dell’intolleranza verbale verso le diverse etnie sono rimaste inapplicate. L’unico precedente resta quello dello scorso Cagliari-Inter quando la partita fu momentaneamente sospesa per ripetuti “buuuu” di stampo razzista indirizzati al camerunense Eto’o, seguendo la scia dei provvedimenti adottati contro i sostenitori della Juventus che lo scorso anno presero di mira un altro giocatore di colore dell’Inter, Balotelli.
Al “Meazza” non è la prima volta che si verificano certe manifestazioni contro i Napoletani, e non sarà neanche l’ultima. Due pesi e due misure, dunque, e bisogna accertare che in Italia il razzismo è codificato come sola avversione ai neri, mentre invece è possibile offendere tutte le altre etnie. Ignoranza nell’ignoranza, ma evidentemente c’è qualcosa che ci sfugge riguardo a certi poteri forti se è vero che il rispetto è riuscito sin qui a ottenerlo solo il Sig. Moratti, presidente dell’Inter, e il suo entourage sempre pronto a proteggere con successo i propri tesserati. Dopo la sospensione di Cagliari fu la sorella Bedy ad esternare tutto il compiacimento per il provvedimento. E dire che il patron interista, in un precedente Inter-Napoli famoso per reiterati cori e ancor più vergognosi striscioni (ciao colerosi, partenopei tubercolosi, Napoli fogna d’Italia), minimizzò l’accaduto e fece appello alla sentenza che lo costrinse al pagamento di 1.000 euro ad un tifoso napoletano che abbandonò lo stadio prima del fischio d’inizio, disgustato da quanto visto e sentito. Moratti l’ebbe vinta anche l’anno passato nella querelle con l’ambiente juventino, reo di aver preso di mira un suo stipendiato con un coro non razzista anche se certamente da censura qual’era lo squallido “se saltelli muore Balotelli”.
Nella partita di ieri si è assistito ad una nuova farsa: ancora cori razzisti, ancora “mamma che puzza scappano anche i cani stanno arrivando i napoletani… o colerosi o terremotati, voi col sapone non vi siete mai lavati… napoli colera…”. Se non è coro razzista questo?! Una farsa dunque, perché lo speaker del “Meazza” ha diffuso più d’una volta l’avviso ai sostenitori nerazzurri che esistono delle regole in merito e che, se rispettate, la partita poteva essere sospesa. Non una sola volta quindi, e si presume che se l’avviso è stato diffuso non sia stata un’iniziativa dello speaker ma sia partita una direttiva dal quarto uomo arbitrale. La partita è invece proseguita senza problemi e l’arbitro non ha fatto una piega, per cui c’è da chiedersi per quale motivo un membro della direzione di gara esterno al campo abbia rilevato un’infrazione che non sia stata punita dall’arbitro al secondo avviso.
C’è anche da prendere atto che il capitano del Napoli Paolo Cannavaro, napoletano, ha avuto più volte l’opportunità di far valere la fascia che porta al braccio, non solo verso la sua gente ma anche in difesa del compagno di colore Zuniga, bersagliato a Brescia senza che neanche fosse diffuso alcun avviso. È allora da assodare che i Napoletani non vogliono e non sappiano difendersi, il buon nome della propria città all’insegna del mai tanto fuorviante “Ccà nisciuno è fesso” da smontare una volta e per sempre. Ed è altresì da assodare che le regole contro il razzismo introdotte quest’anno sono una messa in scena che non tutela nessuno se non i giocatori di colore dell’Inter di Milano. Città da cui parte l’esempio di Salvini e dei suoi colleghi in verde. Memorabile il suo coro ad un raduno leghista, lo stesso più volte sentito durante la partita Inter-Napoli. Un esempio pericolosissimo che andava arginato immediatamente, quando lo stesso Salvini, colto in castagna, fu costretto a recitare un parziale mea culpa senza convincere nessuno. In quell’occasione dichiarò: «Mi dispiace se il mio coro possa essere preso come esempio, ma questi cori sono normali e sono solo sfottò che si ripetono da 50 anni». È vero, di certi cori se ne sentono da sempre, ma da quest’anno ci sono delle regole sportive richieste proprio dal collega Maroni, e quindi forse da interpretare; e quando un regola è da interpretare non è regola ma caos che confonde ancora di più le idee. E il coro, già ampiamente diffuso e atavico, è divenuto paradossalmente lecito perché cantato da un eurodeputato del nostro paese. Il peggiore degli esempi in un paese che si dice civile ma che vive di profonde divisioni tra nord e sud in ogni suo aspetto.
Noi non ci stupiamo di fronte ai fatti, ma non ci arrenderemo a denunciarli. Quantomeno per dare un senso al presuntuoso e inconsistente “Ccà nisciuno è fesso”.
Prendiamo atto infine che il Senatore Antonio Gentile, ex Presidente del Napoli Club Parlamento, ha rilevato offesa etnica e razzismo, così come da nostra denuncia che segue le tante da quando sono state introdotte le regole, chiedendo spiegazioni al Presidente Abete (leggi qui). Anche in questo caso si tratta di un calabrese, non di un Napoletano. Riflettiamo tutti!
Angelo Forgione
Movimento V.A.N.T.O. (Valorizzazione Autentica Napoletanità a Tutela dell’Orgoglio)
Responsabile per la città di Napoli del Parlamento del Sud