E don Carlos disse «acqua per tutti!»

acquedotto_carolino

Angelo Forgione22 marzo, Giornata Mondiale dell’Acqua. Sensibilità circa gli sprechi e necessità di fornirla a tutti. Questi i temi sollecitati, e non posso non ricordare che Napoli è stata la prima città al mondo a dotarsi di acqua corrente nelle case. E poi l’esempio dell’Acquedotto Carolino, la più imponente opera di ingegneria idraulica del Settecento, quando l’acqua mancava alla bellissima piana casertana ai piedi dei Monti Tifatini scelta da Carlo di Borbone per il nuovo Real Palazzo, quella che il Goethe avrebbe definito qualche anno più tardi “la più lussureggiante piana del mondo”.
Luigi Vanvitelli andò a prendersi l’acqua a una quarantina di chilimetri di distanza, alle sorgenti del Monte Fizzo, nel Beneventano, e realizzò un’impercettibile pendenza di poco più di un millimetro ogni metro per condurre l’acqua oltre la Valle di Maddaloni e compiere il lungo percorso idrico, tra grosse difficoltà costruttive e scetticismo di chi non aveva creduto che l’acqua sarebbe arrivata dal Taburno del Beneventano ai Monti Tifatini del Casertano.
Molto critici furono i lavori per i trafori, a causa delle esalazioni di anidride carbonica. Gli operai, galeotti musulmani del Nord-Africa catturati durante le scorribande piratesche lungo le coste, venivano assicurati con delle brache di cuoio in modo da essere tirati fuori in caso di soffocamento. Con il supporto dei più stimati studiosi e matematici del Regno di Napoli, le cassandre furono smentite tra lo stupore dei presenti all’inaugurazione, quando, dopo circa quattro ore di attesa, improvvisamente, le cascate iniziarono a prendere vita.
Solo un capriccio lussuoso? Macché! Vanvitelli, per volontà sovrana, assicurò la duplice utilità tipica delle realizzazioni borboniche: quella estetica, per lo straordinario giardino della Reggia, e quella sociale, per l’approvvigionamento idrico del Casertano. Non solo acqua salubre per i sofferenti villaggi attorno al distretto reale ma anche energia idraulica necessaria per le emergenti attività reali e private tutt’intorno, a partire dalla seterie di San Leucio. A Marcianise, il villaggio forse più assetato, fu in seguito realizzata una fontana di ringraziamento nella piazza centrale, la cosiddetta “Fontana dei Delfini”, opera dell’architetto Gaetano Barba, allievo dello stesso Vanvitelli.
Con la vita poteva svilupparsi, oltre alla cittadella amministrativa reale, anche una moderna cittadina, pensata e disegnata nel progetto urbanistico vanvitelliano, ma purtroppo cresciuta nel tempo con aspetto ben differente rispetto ai precisi dettami estetici originali. E inoltre, l’Acquedotto Carolino fu allacciato all’Acquedotto del Carmignano che, insieme a quello della Bolla, serviva Napoli, per rafforzare l’approvvigionamento idrico della Capitale.
Tutto frutto delle incredibili competenze ingegneristico-idrauliche di Luigi Vanvitelli, affinate collaborando alla realizzazione della Fontana di Trevi a Roma al fianco dell’amico Nicola Salvi, “Architetto dell’Acqua Vergine del Salone e suoi acquedotti e fontane”. Una fontana bellissima ma utile solo ad abbellire il centro della città papalina.
Pochissimi sanno che già nel 1836 i napoletani avevano a disposizione una media di 26 litri d’acqua al giorno, più di Parigi, che nello stesso periodo era afflitta dal sudiciume della sua gente, abituata a lavarsi nella maleodorante Senna o a non praticare alcun tipo di abluzione. Così come i londinesi nel Tamigi, dove venivano riversavati escrementi e rifiuti di ogni sorta, in una città che quell’acqua la beveva e in cui nel 1858 scoppiò la “Grande Puzza”.
Oggi, secondo i campioni analizzati da Altroconsumo, l’acqua del rubinetto più buona si beve proprio nella provincia di Caserta. L’abbondante fornitura è assicurata dall’Acquedotto della Campania Occidentale, che alimenta in parte anche i serbatoi di Capodimonte e Scudillo dell’Acquedotto di Napoli ed i serbatoi dell’Acquedotto Campano di S.Clemente e di Melito.
E la storia continua.

Giornata mondiale della pasta, regalo di Napoli al mondo

pasta

Angelo ForgioneLa pasta è la produzione italiana per eccellenza, celebrata nel mondo ogni anno il 25 ottobre con il World Pasta Day.
Invenzione tutta della Magna Grecia, non certo dei cinesi, che la pasta di grano duro la mangiano solo nei ristoranti italiani. A introdurre la pasta secca in Italia furono gli arabi di Sicilia nel XII secolo, e fu Federico II di Svevia, nel secolo successivo, a farla conoscere ai napoletani, per il quale i “maccheroni” divennero pietanza da ricchi, serviti come dessert, a fine pasto, fritta e condita con miele e zucchero. E così la parola “macaron”, prese a indicare in Francia una pasta dolce, un pasticcino, e ancora ai giorni nostri è così.
Cinque secoli più tardi, nella seconda metà del Settecento, proprio a Napoli avvenne la vera svolta con la rivoluzione agricola di Ferdinando di Borbone, che, in quel tempo, incoraggiò la prima produzione in larga scala della pasta di grano duro reperito in Capitanata di Puglia, e trasferito a Torre Annunziata via mare, partendo dai porti di Bari e Brindisi. Prima di lui mai furono menzionati piatti a base di pasta nei documenti della Mensa Reale di Napoli.
Nelle strade di Napoli, invece, erano già ricercatissimi da decenni. I “maccaronari” ambulanti li condivano con solo formaggio, ed è proprio assaporandoli in questo modo spoglio ed essenziale che il popolo napoletano coltivò il gusto per la pastasciutta, attinente all’arte di cuocerla più che a quella di condirla. Fino ad allora, e per secoli, la pasta era stata calata nell’acqua ancora fredda e lungamente cotta, anche per un’ora intera, affinché si facesse morbida e fondente. Mentre tutti la gustavano stracotta e gommosa, i “maccaronari” di Napoli cambiarono la procedura introducendo un metodo tutto loro: la cottura veloce in acqua bollente, per garantire maggior rapidità di servizio. Scoprirono che ne derivava anche miglior consistenza al palato e alta digeribilità. Quella che tutti gli italiani e il resto dei popoli che oggi gustano pasta chiamano “cottura al dente” nacque nelle strade di Napoli del secondo Settecento.
Nella rivoluzione agricola di Ferdinando di Borbone venne anche il momento del pomodoro, e cambiò il condimento dei maccheroni. Ora in rosso, diventarono velocemente il piatto di pasta per eccellenza dei napoletani, capace di decretare il definitivo tramonto dei precedenti condimenti barocchi e l’alba di un nuovo e definitivo gusto. Gli altri italiani si adeguarono con molta lentezza. Solo nel primo Novecento e dopo la Prima guerra mondiale, di pari passo con i progressi dell’industria della pasta secca di grano duro e poi di quella del pomodoro, con Napoli a guidare entrambi i processi, si affermò in tutto lo Stivale il connubio pasta-pomodoro e l’espressione «cottura al dente». E poi oltre i confini d’Italia e d’Europa. Spaghetti al pomodoro, come la pizza, divennero simbolo di italianità. Venivano da Napoli, che faceva regali preziosi al mondo.

Mastelloni, veleno su Napoli: «È tutta malfamata. Io mi sento romano»

Bruttissime parole di Leopoldo Mastelloni su Napoli a La Zanzara su Radio 24, uno dei programmi radiofonici più discriminatori del panorama nazionale. Cruciani prepara quintali di vergogna e lui li catapulta sulla città.

«Io mi sento romano. Vivere a Napoli è un percorso di guerra. Io ci vado solo per il teatro, altrimenti non mi riguarda. Essendo una città piccola (detto da un “romano”) è dominata dal malcostume della provincia. È malfamata tutta. C’è bisogno dell’esercito. Il sociologo napoletano De Masi (che non è napoletano; ndr) ha ragione a condannarla. Salvini dice cose giustissime su Napoli e io lo voterei.»

Mastelloni ha probabilmente strumentalizzato il furto nella sua casa di Chiaja dello scorso giugno per colpire la Napoli delle istituzioni da cui si sente trascurato, ben consapevole che la sua casa di Roma è stata svaligiata più volte. Il colpo basso arriva a tutta la città e ai suoi cittadini, in una trasmissione nazionale che fa di un certo credo discriminatorio la propria linea editoriale. E di questo si è parlato anche alla trasmissione La Radiazza su Radio Marte.

San Gennaro Day ’14: serata di gala per la Napoli positiva

Angelo Forgione – Si è svolto sul gremitissmo sagrato della Cattedrale di Napoli il galà del premio “San Gennaro Day 2014”, l’evento diretto e presentato in maniera impeccabile da un brillantissimo Gianni Simioli (perfetto cerimoniere e grande aggregatore delle mille facce di Napoli) al quale ho preso parte in veste di premiatore di Ilenia Lazzarin. La kermesse, inaugurata da un intervento del filosofo Aldo Masullo e dal cardinale Sepe, ha richiamato centinaia di fans di Gigi D’Alessio (che ha suonato un medley) e ha celebrato le premiazioni anche di Paolo Caiazzo, Federico Salvatore, Lina Sastri, Franco Ricciardi, Giampaolo Morelli, i Manetti Bros, i Sangue Mostro, Angelo Schettino, i The Jackal, Gerardo Ausiello, Leandro Del Gaudio, Pascal Vicedomini e Leopoldo Mastelloni (premio alla carriera). Particolarmente significative, in chiave identitaria, le esibizioni donate ai presenti da Paolo Caiazzo e Federico Salvatore, due artisti che non si sono mai tirati indietro quando c’era da raccontare nei modi a loro più congeniali una storia e una realtà diversa. La serata ha avuto un momento di commozione quando al centro della platea sono intervenuti i genitori di Ciro Esposito, con la sua immagine sul maxischermo. Cinque minuti di applausi interminabili prima che i due chiedessero verità e giustizia.
Per Ilenia Lazzarin hanno parlato le sue stesse parole di amore per Napoli pronunciate nel videoclip mostrato alla platea. Prima di premiarla, ho sottolineato come gli inevitabili timori della diciottenne ragazza della tranquilla provincia settentrionale che si apprestava ad approdare a Napoli si siano presto sciolti (a proposito di prodigi) verificando la realtà, e ho evidenziato che pregiudizi e denigrazione nascono da chi non conosce gli altri popoli, mentre Ilenia incarna il valore dell’incontro che sgretola la disarmonia.
Federico Salvatore, interprete di una calzante Se io fossi San Gennaro, si è tolto ancora una volta il macigno dalle scarpe: «Dopo aver scritto e cantato questa canzone – ha detto l’artista – la televisione italiana mi ha sbattuto fuori e non mi ha fatto più lavorare, ma io oggi continuo a raccontare la verità nei teatri, e di questo ringrazio sempre e solo i napoletani». Il premio gli è stato consegnato da Gennaro De Crescenzo (movimento Neoborbonico), che ha evidenziato l’impegno e l’importante apporto dell’artista nel percorso comune di ricostruzione della coscienza del popolo napoletano e meridionale.

Al San Gennaro Day per premiare Ilenia Lazzarin

ilenia_lazzarinDopo il grande successo della prima edizione, il 21 settembre torna la kermesse ideata e diretta da Gianni Simioli. Tutto pronto dunque per il galà del “San Gennaro Day 2014″, un grande spettacolo sul sagrato del Duomo di Napoli (ore 20) in cui saranno premiati grandi nomi della cultura, della musica, dello spettacolo, imprenditori, associazioni di volontariato e cittadini sconosciuti al mondo del gossip ma meritevoli di grandi consensi (leggi il cast della serata).
Dopo il premio “San Gennaro Day 2013” ricevuto lo scorso anno, Angelo Forgione tornerà sul palco dell’evento, stavolta in veste di premiatore di Ilenia Lazzarin, protagonista della fiction Rai Un posto al sole nei panni di Viola e autrice del “miracolo” del Nord che abbraccia il Sud. Nata nella provincia lombarda, a Busto Arsizio, e trasferitasi a Vercelli a 11 anni, è approdata a Napoli a 19 anni per entrare nel cast della “soap” partenopea, e se ne è innamorata.

“Terrone Day” nel Mantovano

“Terrone Day” nel Mantovano

nel feudo leghista i meridionali affermano la propria dignità

A Castelbelforte, nella provincia di Mantova roccaforte della Lega Nord, si è svolto Sabato 28 il “Terrone Day” contro ogni discriminazione organizzato da Francesco Massimino, coordinatore locale del Partito del Sud, per gridare l’orgoglio di essere meridionali. Un’idea nata dopo essere stato definito “terrone” da un cittadino locale in sede di  seduta consiliare senza che siano poi giunte le scuse richieste.
Dopo un volantinaggio davanti al municipio, la manifestazione si è svolta nell’auditorium del vicino comune di San Giorgio e ha visto la partecipazione di Pino AprileMimmo Cavallo, Roberto D’Alessandro, Marco Esposito, Marco Rossano e Beniamino Morselli a fare gli onori di casa.
Massimino ha così incitato la sala: «Vogliamo essere la cerniera per unire il Nord con il Sud. Nel Settentrione ci sono 14 milioni di immigrati del Meridione, perché i nostri politici non hanno saputo sfruttare le risorse che abbiamo al Sud».

Il video-sintesi della conferenza montato proprio da Marco Rossano, autore del documentario “Cento passi per la libertà” sulla scalata di De Magistris a Palazzo San Giacomo (, ci porta testimonianza della giornata. Significative le parole di Marco Esposito, assessore allo sviluppo del Comune di Napoli, sulle attuali condizioni politico-culturali in Italia.
V.A.N.T.O., pur invitato, non ha potuto presenziare (così come Lino Patruno) ma le parole di Pino Aprile e Marco Rossano (nel video) hanno fatto fischiare le orecchie a qualcuno.

leggi la cronaca dell’evento sul blog di Marco Rossano

Quando Céline Dion cantò in Napoletano

Quando Céline Dion cantò in Napoletano

con “Ammore Annascunnùto” si “laureò” in lingua partenopea

“Live in Las Vegas – A new day…” è stato sicuramente lo show che più di tutti ha segnato la carriera di Céline Dion. Perchè fu il primo show “stabile”, uno spettacolo ricco di scenografie e coreografie, ma anche di brani di grande qualità. Tra questi “Ammore Annascunnuto“, una canzone napoletana scritta da Bruno Coulais (compositore francese ed autore anche della colonna sonora del film “Les Choristes”), Felippe Fragione e Mario Castiglia.
Céline Dion scelse di universalizzare il brano, portando ancora una volta la lingua e la canzone napoletana dall’altra parte del mondo con una delle esibizioni più emozionanti di tutto lo show in cui una fenomenale interprete, entrando accompagnata da una schiera di ballerini, mostra una buona pronuncia napoletana, carpendo l’attenzione di un pubblico sorpreso.
La canzone non è incisa in alcun album della cantante canadese ma inserita unicamente nel DVD dello spettacolo.

Céline Dion canta “Caruso” con Florent Pagny