Maradona e la cucina napoletana, amore al primo assaggio

Angelo Forgione La governante napoletana di Diego Maradona rivelò che lui le chiedeva spesso di preparargli i capellini in bianco con scaglie di parmigiano. Mary Bruscolotti disse che una sera gli preparò spaghetti aglio, olio e peperoncino, e da allora divenne il suo primo piatto preferito. Confermato dal D10S in persona a Gigi D’Alessio, qualche anno fa in visita al fuoriclasse argentino nella sua casa di Dubai per un programma televisivo.

A Napoli è tempo di Manfredi

Angelo Forgione Con l’elezione del nuovo sindaco, i napoletani giocano con uno tra i piatti più conosciuti della cucina campana, i “Manfredi” con la ricotta, che in città li conoscono tutti, ma se metti piede fuori l’area metropolitana già la faccenda inizia a diventare misteriosa, perché quelle fettuccine con i bordi arricciati intitolati inizialmente al re Manfredi di Sicilia sono state ribattezzate “Mafalde” a inizio Novecento in onore della principessa Mafalda di Savoia, e così gli italiani di oggi le conoscono (anche “mafaldine” o “reginette”), tranne i napoletani, che continuano a chiamarle in modo tradizionale. Al Nord, poi, neanche si è a conoscenza di questo formato di pasta perché la richiesta è scarsissima e la distribuzione si adegua.
A la Radiazza (Radio Marte) abbiamo sentito un pastificio di Caserta, una salumeria di Forcella a Napoli e lo speaker radiofonico Luca Viscardi da Bergamo…

Pomodoro e pasta vaccinano il Pil del Meridione

Angelo Forgione – Se il PIL italiano è in picchiata causa pandemia, i dati ISTAT elaborati da due analisi di Coldiretti e di Sace dicono che il Made in Italy agroalimentare, specialmente il Made in Sud, è l’unico settore che va in controtendenza ed aumenta in esportazioni.
Coldiretti analizza il primo semestre del 2020, quello dell’esplosione della pandemia, durante il quale sono cresciute le esportazioni di pomodori pelati e polpe (+25,2% per 55,7 milioni di euro), di pasta di semola (+51,2% per 170,6 milioni di euro), di prodotti da forno (+15,2% per 91 milioni di euro) e, in lieve aumento, di olio di oliva (+5,5% per 196,4 milioni di euro).
Sace analizza un periodo più lungo, da Gennaio a Settembre 2020. Nove mesi in cui il tasso medio di crescita del comparto di alimentari e bevande di Campania, Puglia, Abruzzo, Basilicata e Molise è cresciuto del 10,1% rispetto allo stesso periodo del 2019, contro la media nazionale del comparto pari all’1,3%. Il miglior risultato in termini di valore è stato ottenuto dai prodotti alimentari campani. In particolare, le vendite all’estero hanno riguardato le conserve napoletane e salernitane (rispettivamente, +22,4% e +11,1% gennaio-settembre 2020 rispetto a gennaio-settembre 2019) e i prodotti da forno delle province di Napoli e Avellino (rispettivamente, +38,7% e +7,6% tendenziale).
Dati interessanti anche per le prospettive future del Mezzogiorno, dacché è calcolata una domanda estera di circa 17 miliardi di euro ancora inespressa negli Stati Uniti, in Francia, in Germania, in Spagna, in Cina, in Turchia, in Messico e in Qatar.
Ed è bello sapere che il mondo sta tornando a chiedere la qualità agroalimentare del Sud Italia.

Il piatto di maccheroni settecenteschi

Angelo Forgione

Con un tal cibo, che rallegra gli animi,
qual cibo v’è che possa mai competere?
Dunque tra i più famosi e più magnanimi eroi
s’innalzi Pulcinella a l’etere.
Tacque, ciò detto, e i commensali unanimi fecero plauso,
anzi godean ripetere: muojan le droghe,
che di vita privano, e i Maccheroni eternamente vivano.

È il finale di un peometto giocoso I Maccheroni composto dal poeta veneto Iacopo Vittorelli e pubblicato nel 1784 a Bassano del Grappa nelle sue Rime. Così l’autore fece sapere ai Veneti che dall’altra parte della Penisola, dalle parti del Vesuvio, era in atto la rivoluzione della pastasciutta, i cui meriti erano da attribuire a Pulcinella, cioè ai napoletani.

La pastasciutta si stava facendo imprescindibile per la gente di Napoli, allorché la Capitale settecentesca si espandeva e invadeva gli orti, e allora i “mangiafoglia” divennero i “mangiamaccheroni”, e la cucina di Napoli prese a definirsi nella sua configurazione moderna. Il binomio verdure-carne fu pian piano sostituito da quello maccheroni-formaggio, in grado di fornire il necessario supporto proteico e nutrizionale, anche se meno nobile rispetto al primo.

Il piatto di spaghetti, elemento centrale nella Natura morta con piatto di maccheroni dipinta intorno al 1760 da Giacomo Nani ed esposto negli appartamenti storici del Palazzo Reale di Napoli, è una delle migliori testimonianze dei maccheroni del Settecento, così come si mangiavano prima che il pomodoro invadesse la cucina partenopea.
Il Nani morì nel 1770, proprio l’anno in cui nel Regno di Napoli giunsero dal Perù i semi di pomodoro a bacca lunga. Ci volle però ancora una trentina d’anni perché finisse l’epoca dei maccheroni in bianco con solo formaggio grattugiato, del tipo nolano, molto simile al pecorino romano, o caciocavallo.
Goethe, nella primavera del 1787, nel corso della tappa napoletana del suo Viaggio in Italia, riportò l’usanza locale di cuocere e mangiare maccheroni nelle strade:

[…] I maccheroni formati di una pasta fina, lavorata a lungo, molto compressa, e fatta passare a traverso forme apposite, sono di varie qualità, e si trovano dovunque a modico prezzo. Si fanno in generale cuocere semplicemente nell’acqua, quindi si condiscono con il cacio sul piatto stesso.

La prima ricetta scritta di pasta con il pomodoro, i Maccaroni alla Napolitana, sostanzialmente una pasta al forno, risale al 1807, firmata da Francesco Leonardi, cuoco romano alle dipendenze napoletane prima del Principe di Francavilla e poi del Duca di Gravina:

Fate cuocere dei maccaroni con acqua e sale, allorché saranno cotti tre quarti scolateli, e conditeli nella Terrina con parmigiano grattato, pepe schiacciato, e Sugo di vitella, o di manzo, ovvero un buon brodo di Stufato, o Garofanato fatto con sugo di pomidoro, e passato per il passabrodo. Coprite la Terrina, ponetela sopra la cenera calda, o alla bocca del forno acciò i maccaroni prendano sapore, e serviteli che siano alquanto sugosi.

per approndimenti: il Re di Napoli – Angelo Forgione, Magenes (2019)

Cottura “al dente” intuizione dei napoletani

pasta_pomodoroAngelo Forgione25 ottobre, World Pasta Day, giornata mondiale della pasta promossa dall’IPO (International Pasta Organization). Edizione 2019 dedicata al concetto di pasta “al dente”, la cottura che nasce per intuizione dei “maccaronari” di Napoli, i venditori ambulanti di pasta nei vicoli del secondo Settecento. Se fino ad allora, e per secoli, la pasta era stata calata dai cuochi dell’aristocrazia nell’acqua ancora fredda e lungamente cotta per renderla morbida e fondente, i “maccaronari” napoletani cambiarono la procedura introducendo un metodo tutto loro: la cottura veloce in acqua bollente, per garantire maggior rapidità di servizio. Scoprirono che ne derivava anche resistenza al dente e digeribilità. E da allora cambiò il concetto di pasta.
«Vierdi vierdi li maccarune», ovvero acerbi, era il richiamo dei “maccaronari” napoletani in strada che si vantavano di offrirli non troppo cotti, decisamente callosi, sodi da resistere al dente, e quello sarebbe divenuto il modo di cottura convenzionale per l’Italia intera, ma solo nel Novecento, di pari passo con i progressi dell’industria della pasta secca di grano duro e poi di quella del pomodoro, con Napoli a guidare entrambi i processi.

Pasta che resta nel cuore degli italiani nella sua versione più semplice: gli spaghetti al pomodoro (e basilico). È il piatto che rappresenta più di tutti la magia pastaiola, e infatti è l’emoticon della pasta sugli smartphone moderni.
Una ricetta veloce, sana e sostenibile, perfetta per nutrire un mondo afflitto da malnutrizione e obesità.
Secondo un’indagine Doxa, è cibo della felicità, seconda scelta dopo la pizza (al pomodoro) per divertirsi mangiando. Ed è anche cibo del futuro, visto che per il 42% dei giovani sarà esattamente come oggi: il piatto simbolo dell’Italia a tavola.

Le prime ricette degli spaghetti al pomodoro compaiono a Napoli a inizio a Ottocento. Quella più vicina alla maniera moderna è datata 1837 e firmata da Ippolito Cavalcanti, autore del trattato didattico Cucina teorico-pratica, che nell’appendice Cusina casarinola all’uso nuosto napoletano indica la preparazione dei Vermicielli co le pommadore:

Quann’ è lo tiempo, pigliarraje tre rotola de pommadore, le farraje cocere, e le passarraje; po piglia no terzo de nzogna, o doje mesurelle d’uoglio, lo farraje zoffriere co na capo d’aglio, e lo miette dint’ a chella sauza. Doppo scauda doje rotola de vermicielli, e vierdi vierdi li levarraje, e nce li buote pe dinto: falle chini de pepe, miettence lo sale, e po vide che magne.

A Unità d’Italia fatta, il letterato Pellegrino Artusi inserisce i “Maccheroni alla napoletana” nel ricettario La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene del 1891, in cui dà decenza nazionale al pomodoro, che a Napoli si coltiva e cucina dal Seicento e che dalle parti di Parma qualcuno ha iniziato a coltivare solo da qualche anno, e ne santifica l’uso quale accompagnamento principe della pasta, diffondendo il piatto anche sulle tavole settentrionali. Così quello che era stato per decenni un piatto esclusivamente napoletano diviene lentamente un piatto italiano, fino all’affermazione in tutto lo Stivale, dopo la Prima guerra mondiale, del connubio pasta-pomodoro e dell’espressione «cottura al dente».

per approfondimenti: Il Re di Napoli (Angelo Forgione)

Pizza cibo della felicità, poi la pasta

“Pizza” e “spaghetti” non sono solo le parole italiane più note e pronunciate nel mondo. Secondo una recente indagine demoscopica condotta da Doxa/Deliveroo, la pizza è il piatto perfetto per rendere migliore la giornata per il 42% degli italiani, davanti alla pasta, scelta dal 33% degli interpellati. Bronzo per le grigliate di carne, al 30%. Poi il gelato con il 21% dei consensi, davanti ai formaggi (10%), ai salumi (9%) e al panino, che si posiziona a pari merito con il sushi (7%).

La pizza è dunque il piatto del sorriso per quasi un italiano su due. Il quasi sparisce al Sud e nelle Isole, dove la percentuale sale al 51%. Ma anche la pasta non fa affatto malumore.

Risultati del sondaggio facilmente anticipati scrivendo Il Re di Napoli:

Eccola qui la quintessenza della creatività dei napoletani, che non hanno inventato né pizza né pasta, ma ne hanno saputo fare simboli cominciando dal versarvi ‘a pummarola ‘ncoppa, prima di tutti, dicendo al mondo «e così sia!». E così è stato che pizza e pasta sono diventati i prodotti più amati in assoluto, e se la prima è più famosa per le sue tante declinazioni prodotte in ogni parte del pianeta, la seconda è la vera regina del Made in Italy in tavola, l’unico alimento per il quale l’Italia detiene il primato mondiale per esportazione. Un mondo senza Napoli, evidentemente, sarebbe stato un po’ meno piacevole.

Già, perché grandissima parte di pizze e maccheroni sono conditi con il pomodoro, contenente serotonina, l’ormone del buonumore. Ed ecco che un ringraziamento alla cucina napoletana per il sapore e per l’umore distribuiti risulta davvero doveroso.

pizza

“Il Re” presentato a la Feltrinelli di Napoli

Un intenso pomeriggio in soccorso degli archetipi napoletani che fanno buona parte dell’immagine dell’Italia nel mondo, convertiti in stereotipi dall’ingegneria sociale nazionale che da oltre un secolo e mezzo tiene la cultura meridionale al guinzaglio.
E se il piemontese Umberto Eco, riferendosi al militarismo sabaudo che conquistò il Paese, ebbe a dire che “senza l’Italia Torino sarebbe più o meno la stessa, ma senza Torino l’Italia sarebbe molto diversa”, i napoletani possono parafrasarne il paradosso dal punto di vista culturale e affermare, a buona ragione, che senza l’Italia Napoli sarebbe sempre Napoli, ma senza Napoli l’Italia non sarebbe la stessa.
Grazie ai davvero preziosissimi interventi di Marino Niola, Alfonso Pecoraro Scanio e Antonio Pace. E grazie ai presenti, ma di cuore.
Napoli non sarà mai un luogo comune!

I primi sette minuti de ‘Il Re di Napoli’

Tratto da La Radiazza di Gianni Simioli (Radio Marte), la prima discussione sui contenuti del neonato il Re di Napoli.

Giornata mondiale della pasta, regalo di Napoli al mondo

pasta

Angelo ForgioneLa pasta è la produzione italiana per eccellenza, celebrata nel mondo ogni anno il 25 ottobre con il World Pasta Day.
Invenzione tutta della Magna Grecia, non certo dei cinesi, che la pasta di grano duro la mangiano solo nei ristoranti italiani. A introdurre la pasta secca in Italia furono gli arabi di Sicilia nel XII secolo, e fu Federico II di Svevia, nel secolo successivo, a farla conoscere ai napoletani, per il quale i “maccheroni” divennero pietanza da ricchi, serviti come dessert, a fine pasto, fritta e condita con miele e zucchero. E così la parola “macaron”, prese a indicare in Francia una pasta dolce, un pasticcino, e ancora ai giorni nostri è così.
Cinque secoli più tardi, nella seconda metà del Settecento, proprio a Napoli avvenne la vera svolta con la rivoluzione agricola di Ferdinando di Borbone, che, in quel tempo, incoraggiò la prima produzione in larga scala della pasta di grano duro reperito in Capitanata di Puglia, e trasferito a Torre Annunziata via mare, partendo dai porti di Bari e Brindisi. Prima di lui mai furono menzionati piatti a base di pasta nei documenti della Mensa Reale di Napoli.
Nelle strade di Napoli, invece, erano già ricercatissimi da decenni. I “maccaronari” ambulanti li condivano con solo formaggio, ed è proprio assaporandoli in questo modo spoglio ed essenziale che il popolo napoletano coltivò il gusto per la pastasciutta, attinente all’arte di cuocerla più che a quella di condirla. Fino ad allora, e per secoli, la pasta era stata calata nell’acqua ancora fredda e lungamente cotta, anche per un’ora intera, affinché si facesse morbida e fondente. Mentre tutti la gustavano stracotta e gommosa, i “maccaronari” di Napoli cambiarono la procedura introducendo un metodo tutto loro: la cottura veloce in acqua bollente, per garantire maggior rapidità di servizio. Scoprirono che ne derivava anche miglior consistenza al palato e alta digeribilità. Quella che tutti gli italiani e il resto dei popoli che oggi gustano pasta chiamano “cottura al dente” nacque nelle strade di Napoli del secondo Settecento.
Nella rivoluzione agricola di Ferdinando di Borbone venne anche il momento del pomodoro, e cambiò il condimento dei maccheroni. Ora in rosso, diventarono velocemente il piatto di pasta per eccellenza dei napoletani, capace di decretare il definitivo tramonto dei precedenti condimenti barocchi e l’alba di un nuovo e definitivo gusto. Gli altri italiani si adeguarono con molta lentezza. Solo nel primo Novecento e dopo la Prima guerra mondiale, di pari passo con i progressi dell’industria della pasta secca di grano duro e poi di quella del pomodoro, con Napoli a guidare entrambi i processi, si affermò in tutto lo Stivale il connubio pasta-pomodoro e l’espressione «cottura al dente». E poi oltre i confini d’Italia e d’Europa. Spaghetti al pomodoro, come la pizza, divennero simbolo di italianità. Venivano da Napoli, che faceva regali preziosi al mondo.

La cucina mediterranea materia di studio

Angelo Forgione – Presentato il corso di laurea triennale in Scienze Gastronomiche Mediterranee presso il dipartimento di Agraria della Federico II di Napoli. Chi la otterrà non sarà solo un cuoco laureato ma un esperto di filiera, di processi produttivi legati alle specificità territoriali e di storia del cibo, affinché l’arte della cucina si sposi, come è necessario che sia, alla conoscenza dei prodotti utilizzati.
È un passaggio importante verso una consapevolezza sulla storia dei prodotti che fanno la tradizione napoletana e sull’importanza di una più sana alimentazione, coniugata ad un rinnovato interesse per la cultura locale, quella che, partendo dall’osservazione delle abitudini degli impiegati napoletani, ha suggerito ad Ancel Keys di studiare e codificare la Dieta Mediterranea.
Un passaggio anzi fondamentale per una regione come la Campania, così importante per l’eccellenza agroalimentare e per una cultura culinaria che non è regionale, non è locale, ma nazionale di un antico regno, il più grande dell’Italia preunitaria, che è diventata bandiera dell’italianità nel mondo.