Gargano più insolente dei tifosi insolenti. Problema di ignoranza.

Angelo Forgione Sì, ha ragione Walter Gargano. Certi napoletani sono davvero invadenti coi calciatori (e non solo), maleducati, nel senso che sono educati al culto del calciatore, cioè molto male. Quell’uomo che si arricchisce con la passione della gente, a Napoli è interprete della passione di un popolo che deborda talvolta in fanatismo cieco, e diventa una divinità. E poco importa se quell’uomo vale o non vale niente.
Gargano, ora in forza ai messicani del Monterrey, è colui che annunciò di aver rassicurato il connazionale Cavani a raggiungerlo a Napoli da Palermo, perché i napoletani erano caldi e unici: «Gli ho detto che un calore così non si trova in nessun posto del Mondo. Gli ho spiegato che io vivo benissimo qui». Gargano era anche quello che alla playstation sceglieva l’Inter, e che vestendo il nerazzurro pensava di aver fatto il salto di qualità. Non aveva capito che era un declassamento. A Milano non era nessuno. A Napoli tornò da perdente, un gambero che faceva però il passo avanti senza rendersene conto.
Non è una verità a far male ma il modo con cui la dici, e il momento. Le volgari risate alla radio messicana, tutte quelle confessioni a mo’ di presa per i fondelli per un club e un ambiente ai quali non imputava nulla finché gli davano “da mangiare” e gli facevano toccare l’apice in carriera, fanno di quest’uomo l’esempio vero dell’insolenza che disprezza l’insolenza.
Se si comprendesse che il calciatore dev’essere sostenuto in campo e ignorato fuori, sarebbe un gran bel passo avanti per tutti. È, appunto, un problema di ignoranza, da qualsiasi punto lo si analizzi.

Al Maschio Angioino la primissima Mostra dell’Arte Tridimensionale

Napoli precede Parigi, dove un allestimento simile è in fase di studio al Louvre

Angelo Forgione – L’ingegner Pietrangelo Gregorio è il protagonista di un capitolo di Made in Naples, libro della Napoli che crea da almeno quattro secoli. Grande genio cui si debbono numerose invenzioni (oltre 300 brevetti), alcune delle quali tradotte in primati napoletani, e già creatore della prima emittente televisiva privata d’Italia via cavo (Telediffusione Italiana – Telenapoli) negli anni Settanta, è oggi, a 86 anni, protagonista della sperimentazione del primo sistema di ripresa e di riproduzione televisiva in 3D per il digitale terrestre, col quale sta cercando di abbattere il monopolio delle costose piattaforme satellitari a pagamento. Dopo il giusto spazio assegnatogli in Made in Naples è ora il Comune di Napoli a tributare all’inventore i giusti meriti e ad annunciare un nuovo primato napoletano, ospitando una mostra d’arte tridimensionale nel museo del Maschio Angioino che si inaugurerà venerdì 23 maggio alle ore 11.00 nella Torre del Beverello.
La mostra sarà visitabile fino al 30 settembre 2014. Orari di accesso al pubblico: ogni giorno dalle ore 10.30 alle 16.30 (escluso la domenica).

Un nuovo primato napoletano: La prima Mostra dell’Arte Tridimensionale nel complesso monumentale di Castel Nuovo

Il 23/05/2014 verrà inaugurata a Napoli nella Torre del Beverello, in Castel Nuovo, la prima mostra dell’arte tridimensionale. Un evento di particolare interesse scientifico, relativo all’applicazione della tecnologia anaglifica ai processi di promozione dell’arte e della valorizzazione dei beni culturali.
Vero è che, per anni, si è sempre discusso sulla possibilità di diffondere la stereoscopia e il tridimensionale, partendo dai musei, col semplice mezzo anaglifico (visione con occhiali bicolori), senza dover ricorrere a sofisticate tecnologie, cinematografiche o televisive. Avvalendosi di esperti stereografi si sono infatti organizzate, in passato, mostre tridimensionali nelle metropoli di Los Angeles, Parigi, Francoforte, Montreaux, dove le immagini presentate, di piccole dimensoni (30×40 cm.) e con un rilievo limitato, non destarono tuttavia alcun interesse da parte dei visitatori. Ragion per cui le mostre tridimensionali furono abbandonate.
In Italia le ricerche continuarono, seguendo le originali teorie ed innovazioni stereoscopiche del sistema “Stereogregor”, ideate dal ricercatore napoletano Pietrangelo Gregorio (noto per essere il pioniere della televisione libera italiana) che consentivano numerose nuove possibilità: basti ricordare lo schermo tridimensionale più grande del mondo (60 metri di lunghezza, primato ancora imbattuto!) realizzato nella sala Plinio a Pompei, nel 1994, sul quale 48 proiettori tridimensionali sincronizzati proiettarono, per oltre un anno, le più suggestive immagini degli scavi di Pompei, come ampiamente riportato dai mass media dell’epoca.
Sempre seguendo questo sistema, Geppino Gregorio, figlio del celebre inventore, e gli ingegneri Zipoli, Di Febbraro e Caputo hanno dato vita al “Centro Ricerche Scientifiche” con lo scopo di rielaborare il sistema
anaglifico, riuscendo ad ottenere immagini tridimensionali di grande formato, riducendo così, notevolmente, i difetti dell’anaglifo e mostrando una notevole profondità di rilievo con un effetto gradevole e stupefacente.
Si è così potuta realizzare la prima Mostra dell’ Arte Tridimensionale, esposta nella Torre del Beverello, in Castel Nuovo. Napoli è dunque la prima città a presentare una mostra di Arte Tridimensionale, mentre al museo del Louvre di Parigi è ancora, da anni, in fase di studio, una “mostra stereoscopica anaglifica”.
Le opere esposte
Questa prima mostra comprende 12 opere su tela pittorica in formato 100 x 140 cm., concernenti opere d’arte del Museo Archeologico di Napoli (Agrippina, Divinità fluviale, i Corridori), fontane monumentali partenopee (fontane del “Nettuno”, degli “Innamorati”, del “Carciofo”), Castel Nuovo con il suo Arco di Trionfo (con un eccezionale percezione del rilievo), Castel dell’Ovo, Chiostro grande di San Martino, Palazzo Reale, Basilica di San Francesco da Paola, ed infine, la nuova Piazza Bovio.
Per ogni opera è stata curata la particolare ripresa 3D, molto diversa da quella abituale, per stabilire le migliori convergenze e le varie parallassi con le relative distanze stereoscopiche. La tecnica “italiana” Stereogregor, utilizzata da Geppino Gregorio, che ha curato le riprese e le configurazioni 3D, offre una gradevole e suggestiva percezione della terza dimensione, al punto da rendere necessaria al visitatore un’ampia sosta davanti ogni opera e, per consentirne la visione contemporanea al vasto pubblico, si è scelto di aumentare il numero dei visori con l’ausilio di uno speciale strumento predisposto per meglio apprezzare tutti i particolari delle riproduzioni.

Napoli e Torino: stessi debiti, stadi diversi.

come la Juventus ha costruito la sua casa

Angelo Forgione – Mentre impazzava il dibattito economico su fatturati e investimenti di Napoli e Juventus saltava il previsto incontro tra De Laurentiis e il sindaco di Napoli De Magistris per discutere (ancora) del futuro di quel ferro vecchio che è il “San Paolo”. Il primo cittadino si è irrigidito per le parole che il patron del Napoli aveva pronunciato poche ore prima: «Oggi incontrerò il sindaco per capire bene se dovrò andarmene in Inghilterra con Benitez e coi miei calciatori. Mi sono stancato, sono una persona che dice le cose come stanno, vuol dire che se non faremo lo stadio giocherà con Auricchio (capo di Gabinetto del Comune) in porta ed in Serie C. Quando dall’altra parte ho dei sordi devo solo prendere atto ed andarmene. Di progetti come quello dello stadio della Roma ve ne posso portare circa ventimila. I bagni del San Paolo resteranno chiusi fin quando non saranno aggiustati dal Comune».
Al Napoli virtuoso manca solo lo stadio di proprietà per issarsi tra i grandi club d’Europa. La Juventus può contare su questo cardine fondamentale. Già, ma come ci è riuscita? All’italiana, solo grazie ai “regali” di un ente pubblico (il Comune di Torino) alla proprietà juventina, la Exor S.p.A. che fa capo alla famiglia Agnelli, e al ricorso a una banca pubblica (l’Istituto per il Credito Sportivo). Tra il 6 dicembre 2002 e il 15 luglio 2003, il Comune di Torino trasformò la zona del precedente stadio “delle Alpi” da “area destinata a servizi” a “Zona Urbana di Trasformazione”, rendendo di fatto privata una zona una volta destinata a “Verde e Servizi” dal Piano Regolatore, e trasferì poi per 99 anni la proprietà e il diritto di superficie di un totale di 349mila metri quadrati delle aree (stadio e fabbricati) alla Juventus F.C., che è di fatto una Spa quotata in borsa. Il tutto per la modica cifra di 25 milioni di euro, 71,63 centesimo al metro quadrato per ogni anno di concessione. Dopo questo “regalo” furono concesse delle autorizzazioni commerciali e, soprattutto, una variante al Piano Regolatore per “redistribuire le consistenze edificatorie commerciali”. E così la Juventus, cedendo a Nordiconad (cooperativa che aderisce al Consorzio nazionale Conad), Cmb e Unieco i 34mila mq di spazi commerciali intorno allo stadio, ottenne ben 20,25 milioni di euro. A questi si aggiunsero i circa 75 milioni di euro pagati da Sportfive per trovare uno sponsor che desse il nome allo stadio (ancora non trovato) e i circa 60 milioni che la Juventus ottenne accendendo due mutui con l’Istituto per il Credito Sportivo, una banca pubblica, e quindi finanziata da soldi dei contribuenti, che di certo non pratica tassi di mercato. E non finiva qui. Nel novembre 2012 fu creata dal Comune di Torino una nuova “Zona Urbana di Trasformazione” di circa 260mila metri quadrati adiacenti lo “Juventus Stadium”, di cui 180mila destinati alla Juventus per la realizzazione della cittadella bianconera, comprendente campi di allenamento per la prima squadra, un albergo, servizi (tra i quali una multisala cinematografica), un centro benessere e residenze. Il tutto al prezzo ancor più stracciato di 10,5 milioni, 58,33 centesimi al metro quadrato per ogni anno di concessione.
Per gli ambientalisti, quella dello “Juventus Stadium” è una delle più grandi sconfitte: da immensa area agricola adatta a diventare il primo parco cittadino per estensione, trasformata in una distesa di cemento e supermercati. E intanto il Comune di Torino, come quello di Napoli, è diventato uno dei più indebitati d’Italia.
Tutto quanto accaduto a Torino è possibile a Napoli, nell’urbanizzatissima Fuorigrotta, dove ci si scontra sulla pista d’atletica?

Napolitano recluso a Napoli

Non una visita in forma privata ma una vera e propria autosegregazione

Angelo Forgione – È tornato a Roma, in silenzio o quasi, il presidente della Repubblica. Quando è giunto a Napoli, come da rituale nel giorno di Capodanno, Giorgio Napolitano sapeva che non sarebbe stata una vacanza come le altre nella sua città. Quella busta postale con ordigno indirizzata al prefetto Musolino ed esplosa tra le mani di una segretaria gli ha fatto cambiare le aspettative e aumentare qualche preoccupazione. Sarà per questo che un funzionario del Quirinale ha telefonato a Don Maurizio Patriciello proprio in quel giorno, chiedendo il motivo di tanto malcontento nel Napoletano verso l’inquilino della residenza presidenziale di Roma. Domanda inutile, perché quell’inquilino sapeva benissimo che i campani gli rimproveravano il suo silenzio da ministro degli interni negli anni Novanta e l’insufficiente e statica solidarietà di oggi alle mamme orfane di figli avvelenati, dopo che lo Stato ha lasciato in un ventennio che la Campania fosse, appunto, avvelenata in silenzio. Al suo nome pronunciato dal parroco di Caivano durante la manifestazione di “Fiume in piena” dello scorso novembre, la piazza Plebiscito gli aveva riservato fischi e l’etichetta di “assassino” (guarda il video). La sua rielezione è stata un pugno nello stomaco per tutte le famiglie colpite da questa strage silenziosa, unitesi alla disistima di quella parte della comunità napoletana disgustata dalla sua parzialità politica, dall’aumento del suo stipendio in un periodo di forte crisi, così come dalla retorica spinta con la quale condusse le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità. Una rielezione che non ha soddisfatto alcuna esigenza “eccezionale”: Napolitano, che avrebbe ceduto obtorto collo al pressing di alcuni partiti al 4° scrutinio (Saragat passò al 21°; Leone al 23°; Pertini e Scalfaro al 16°), non era affatto obbligato a farlo, potendo rispedirli a votare in Parlamento.
Il presidente è entrato il primo giorno dell’anno a Villa Maria Pia, più nota con il nome non sabaudo di Villa Rosebery, e non ne uscito se non per lasciarla. Niente tradizionale visita in Prefettura, là dove era esploso il plico; la Digos ci ha messo le mani e così è saltato anche il tradizionale caffè al vicino Gambrinus, che è nello stesso Palazzo della Foresteria; i comitati di “Terra dei Fuochi” erano lì ad aspettarlo e hanno presidiato il noto locale in tutti questi giorni. Ma il Re solo non è mai arrivato, per la delusione loro, dei fotografi, degli operatori televisivi e dei proprietari che non hanno potuto mettere da parte per futura vetrina le tazzine sporche di caffè bevuto.
Napolitano ha capito di essere persona non gradita a Napoli, almeno non a quelli che hanno riavvolto il nastro degli eventi. E così si è chiuso nella bellissima residenza di Posillipo, riparandosi dietro un provvidenziale maltempo e una raucedine di inizio d’anno. Niente uscite pubbliche ma solo visite private. Gradite, come quella del sindaco De Magistris, e meno gradite, come quella di un disoccupato che ha eluso i controlli e di una decina di manifestanti pacifici del comitato “Terra dei Fuochi” di Giugliano che, nell’ultima serata nel buon ritiro napoletano, sono andate da Maometto come la montagna, con fiaccole, croci di legno e cartelli raffiguranti bimbi morti e malati. Hanno piazzato lungo la silenziosa e presidiata via Ferdinando Russo striscioni eloquenti: “Ecco perchè non sei il nostro presidente ma il nostro carnefice”. Hanno cercato di avvicinarsi alla residenza ma gli agenti della Digos li hanno ricondotti su via Posillipo, negando la consegna al presidente della Repubblica di un dossier fotografico di 54 pagine sui danni provocati all’ambiente nell’entroterra tra Napoli e Caserta. Don Patriciello ha preso le distanze dall’iniziativa, mostrando ancora più evidenti le crepe nel rapporto coi movimenti, ma la lettera inviatagli il 3 gennaio da Napolitano, nella quale si esprimeva ancora una volta vicinanza ai cittadini che vivono sul territorio, ha evidentemente irritato ancora di più i comitati.
Napolitano, dunque, è tornato a Roma. È terminata mestamente la sua vacanza da incubo che non dimenticherà, la prima da anziano rieletto in un Paese fermo che non riesce ad adeguarsi al mondo che corre. Lo scorso anno, nel suo soggiorno privato, era stato in Prefettura da Musolino, al Gambrinus per il caffè, al complesso monumentale dei Girolamini, al cinema per assistere alla proiezione di un film di Tornatore e tra i viali del parco Virgiliano, passeggiando amabilmente e sostando su una panchina con la moglie Clio, dalla quale avevano goduto romanticamente della vista del mare che domina i Campi Flegrei. In un anno qualcosa è cambiato. Solo temporali e malanni? Consigli dei medici o della Digos? Chissà se tornerà più il Re solo, dopo questa esperienza reclusoria nella “sua” Napoli che lo ha messo spalle al muro… di Villa Rosebery.

Ilenia Lazzarin, dal Nord alla sorprendente Napoli

L’esperienza napoletana di Ilenia, la bella Viola di “Un posto al sole”

Nata nella provincia lombarda, a Busto Arsizio, trasferitasi a Vercelli a 11 anni per poi approdare a Napoli a 19 anni ed entrare nel cast della “soap” partenopea.
Ilenia Lazzarin racconta Napoli vissuta con gli occhi di una ragazza della provincia settentrionale catapultata appena maggiorenne nella caotica metropoli del Sud, spiazzata dall’impatto con una realtà controversa e spesso eccessiva ma ben presto sorpresa dalla ricchezza culturale, dalla bellezza monumentale e paesaggistica e dall’umanità di una città diversa dagli stereotipi e dai classici pregiudizi al di là dei suoi problemi.
Auguri ad Ilenia per le sue prossime trenta candeline (6 Settembre)… da milanese napoletana. E per la sua prossima laurea napoletana. Ilenia studia infatti Scienze Della Comunicazione al “Suor Orsola Benincasa”.

(si ringraziano Alessandra Del Giudice e napolicittassociale.it)

Privacy dei calciatori, Gianni Simioli ascolta i tifosi

Angelo Forgione e l’assalto ai calciatori del Napoli

su Radio Marte, l’insofferenza degli azzurri all’amore smisurato

L’eco delle parole di Lavezzi, Cavani e Gargano in cerca di pace durante lo shopping e le impossibili passeggiate napoletane non poteva non arrivare alla radio ufficiale del Calcio Napoli e, a “La Radiazza”, Gianni Simioli ha raccolto con ironia la “campagna” di V.A.N.T.O., ascoltando Angelo Forgione per poi svelare un personalissimo “scoop”.

“Abbandona il calciatore in strada”

Napoli asfissiante, così i calciatori fuggono!

Napoli asfissiante, così i campioni fuggono!

lasciare gli azzurri in pace per strada è indice di civiltà

È un problema che viene da lontano quello del fanatismo verso i calciatori del Napoli. Ciò che gli viene dato in termini di calore e seguito si trasforma in un boomerang nella vita privata. Maradona chiese a Ferlaino di lasciarlo andare a Marsiglia anche perchè non ce la faceva più a dover vivere di notte, lui che non sarebbe mai andato a giocare in nessun’altra città italiana. Ora sono gli attuali alfieri azzurri a lanciare messaggi di intolleranza all’eccessivo calore della piazza. Non possono mettere piede in città che scatta il delirio ingiustificato, il fanatismo più degradante, quella mancanza di rispetto per la privacy che è diritto di ognuno, quella ressa condita da grida che rende impossibile vivere Napoli in santa pace con le proprie famiglie.
Lavezzi ha detto in prima persona e per bocca del suo agente che a Napoli vive male e che quando il figlio lo raggiunge dall’Argentina non può neanche portarlo al parco a causa dell’assalto della gente. «Napoli è molto bella, ma per noi calciatori è difficile visitarla a fondo. Sono stato una sola volta al Castel dell’Ovo, per la presentazione di un motorino. E nemmeno sono stato a Pompei. Vorrei un giorno, uno solo, di normalità. Mi basterebbe. Vorrei uscire per una volta come una persona qualunque, prendere un caffè, fare una passeggiata con la mia donna, portare mio figlio al cinema senza bisogno di camuffarmi, nascondermi e scappare».
Gli fa eco Cavani che sogna di godersi la città senza l’affetto esagerato dei tifosi. «È molto difficile fare una vita normale. I napoletani vivono di calcio e il nostro lavoro non ci permette di fare molte attività specie in questo momento dove, grazie a Dio, le cose stanno andando bene. Uscire di casa è difficile, la gente mi ferma continuamente e non riesco a stare con Maria Soledad e Bautista». E perciò “el Matador” va a cercare altrove quello che fatica a trovare a Napoli.
Anche Gargano mostra la sua insofferenza: «Napoli è una città bellissima ma non possiamo uscire di casa e vederla, la passione dei tifosi ci impedisce di poter andare in giro per la città. Io voglio vivere solo in pace con la mia famiglia, qui a CastelVolturno posso farlo e mia moglie può passeggiare senza problemi». Il DG Fassone ha commentato da esterno questo fenomeno:  «È una città difficile da gestire, ma anche entusiasmante per come ti accompagna. La passione del tifoso napoletano è talmente travolgente che vanno prese le misure necessarie per lavorare tranquilli».
Malcostume, inciviltà e autolesionismo, di questo si tratta, e va detto. I calciatori sono uomini come tutti, felicissimi di ricevere giubilo e cori allo stadio ma infastiditi e impauriti dal contatto di massa. E hanno tutto il diritto di visitare e godersi Napoli, città che gli offre bellezze uniche ed è invece gabbia dorata. Certo è che fama e danaro potrebbero giustificare il fanatismo e qualche fastidio da sopportare, ma il problema non è dei calciatori bensì di chi li asfissia che non si accorge di quanto assottigli la propria dignità. Basterebbe la misura, un semplice saluto o un complimento senza arrivare al contatto invasivo e di massa. Dunque, non è che sia il caso di fare gli avvocati difensori dei già privilegiati calciatori e sia ben chiaro che se il fenomeno si limitasse sarebbe nell’interesse esclusivo dell’immagine dei napoletani.
È bene che tutti lo capiscano, e che siti e i quotidiani che si occupano del Napoli si facciano promotori di una sensibilizzazione in tal senso, perchè anche questo è progresso sociale per la nostra città.