La quarantena che fa il mare più trasparente

Mare di Napoli sempre più cristallino in tempo di quarantena da coronavirus e di lungomare desolato. Meno scarichi, meno fondali agitati, meno pressione e, in aggiunta, anche assenza di fertilizzazione per le anomale temperature calde dell’inverno passato.
Le acque della spiaggia dello Monache, quelle nella testimonianza video, sono sempre limpide in questo periodo, vero, ma non così cristalline. Si tratta comunque della zona cerniera con Mergellina e il suo porto “turistico” e non la Posillipo più “selvaggia” che si estende a ovest del centro abitato, verso Villa Rosebery, Marechiaro e poi Gaiola, dove anche in tempi di vita normale le acque sono sempre limpide.

leggi l’articolo di SiViaggia.it

guarda l’approfondimento del TgR Campania

 

 

Elogio del kayak, andar per mare a Posillipo

La spiaggia cancellata a Napoli è un grosso scempio compiuto tra il 1884 e il 1904. Un forte limite al rapporto dei napoletani con il loro mare, ma non per la mia libertà di andare in paradiso, che è un consiglio per tutti. Perché in fondo la serenità deve avere in sé qualcosa di immenso, ingovernabile, selvaggio.

La strage dei pini di Napoli

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Angelo Forgione Circa duecento pini mediterranei sono stati abbattuti nella zona intorno al parco Virgiliano di Posillipo, tra viale Virgilio e via Tito Lucrezio Caro, e non solo, dopo il tempestoso vento che il mese scorso è costato la vita a uno studente universitario a Fuorigrotta.
Spariti interi filari stradali di alberi malati di un parassita, comparso a Napoli nel 2015 e ora avvistato anche a Roma. È la cocciniglia-tartaruga, originaria della zona sud-orientale del Nord America, che succhia la linfa e riempie le cortecce di funghi, portando alla morte di tronchi e radici. Radici, quelle dei pini, che sono comunque molto superficiali, orizzontali, e non adatte a resistere a forti venti come quelli che ormai interessano anche le nostre latitudini. Si chiamano appunto “mediterranei” questi pini, ma ormai il clima è diventato tropicale, porta parassiti lontani e i venti spirano a oltre 150 km/ora. Bisogna farci i conti.
Talmente superficiali le radici dei pini che ormai da anni hanno sollevato le strade della panoramica e unica Posillipo, in condizioni belliche. Non solo manto stradale dissestato ma anche marciapiedi divelti. Una volta, qui, vi correvano i bolidi della Formula 1. Il circuito di Posillipo si disputò tra il 1933 ed il 1962, ma poi le condizioni della superficie stradale divennero impraticabili, e lo spettacolo finì.
1100 pini piantati nel 1930, in pieno Ventennio fascista. Ora ne sono rimasti 600, quasi la metà, di cui 200 secchi e altri 200 destinati a morire tra un paio di anni, dicono gli agronomi. Ne restano altri 200, quelli in migliore condizioni nella parte alta di via Manzoni.
Alberi in ogni caso non adatti alle strade di città, sì, anche perché in ambito urbano un pino difficilmente raggiunge i 100 anni, e questi ne hanno già 80. Ma mettiamoci pure decenni di incuria, di mancate potature e opportune cure fitosanitarie del patrimonio arboreo per prevenire la proliferazione del parassita. Era già successo con le palme. Ora la strage è dei pini. Strage necessaria, a questo punto, ed è inutile gridare allo scandalo, perché erano in condizioni di salute gravi e l’intervento era di sicurezza, prima che ci rimettesse la vita qualcun altro e al comune toccassero grane e risarcimenti onerosi.
Il vero problema, ora, sono le prospettive. Andrebbero rimosse le ceppaie, eliminate le radici morte, e si dovrebbe rifare l’asfalto. Andrebbe ri-progettato il paesaggio con un intervento come quello del Ventennio, forse con specie di alberi dalle radici meno superficiali, per non ripetere l’errore. Ma in una città in grave dissesto di finanze non vi può essere riqualifica urbana così importante, non vi può essere quel necessario lavoro di concertazione con paesaggisti, urbanisti, Soprintendenza, Comune ed esperti del settore che una zona specifica per bellezza richiederebbe.
Lo scenario di Posillipo è mutato. Verrà la primavera, e poi l’estate, e il sole picchierà. E se non vi sarà intervento straordinario vi sarà per anni il deserto, e resteranno a vista le ceppaie dei tronchi, con le radici dei pini morti sotto il manto stradale-pedonale, che persisterà nelle condizioni di sconquasso in cui versa da decenni. Resterà, chissà per quanto tempo, il cimitero dei pini di Posillipo.

Napoli per me

Angelo Forgione – Parlo di me, stavolta. Lo faccio perché in giro c’è sempre qualcuno che mi scruta e poi mi ferma, mi stringe la mano con energia, e mi dice con gli occhi prima ancora che con voce quanto mi apprezzi. È accaduto in questi giorni di fine estate a Posillipo, nel mio buen retiro di Riva Fiorita, come nei giorni d’agosto in una frazione sperduta di Massa Lubrense, sul cratere del Vesuvio e al Granatello di Portici prima, a Gaeta a luglio, persino a Letino, abitanti settecento, e in tutti i dintorni della Storia.
È contatto che mi spiazza sempre. È stima preziosa, che compensa certe invidie e incomprensioni. È affetto che non credo di meritare, ma che ricambio sempre con gioia, perché so che le persone disinteressate e lontane sono pure come non lo è certa Napoli accattona, pronta a distribuire medaglie e onori al primo forestiero disposto a spendere buone parole per lei.
Tutti mi chiedono di continuare a distribuire orgoglio e conoscenza, e mi ringraziano per averne beneficiato. Qualcuno, come a Riva Fiorita, mi chiede da dove nasca il mio amore per Napoli, e chi me lo fa fare. E questa domanda mi spiazza ancor più delle dimostrazioni di stima. Perché Napoli mi ha tolto tanto, tantissimo. Non solo a me, sia chiaro. Napoli toglie a tutti, come una matrigna severa. Ritrae le sue braccia e ti costringe a faticare quattro volte tanto per avere quello che altrove è dato, sempre che te lo dia. Napoli ti costringe ai compromessi. Napoli, dico, ma per intendere i napoletani, che tanto offrono al forestiero e assai diffidenti sgomitano col conterraneo, spesso pronti a calpestarlo. Per alcuni aspetti, io il popolo napoletano lo detesto, detesto me stesso, quindi, ma non me ne faccio una malattia. È un popolo strano il mio.
Invece Napoli, il luogo, lo amo profondamente, e so bene il perché. Mi offre tutta la bellezza dei suoi squarci, la luce tutta sua, l’abbraccio del Golfo che mi fa sentire a casa, protetto, al sicuro. Napoli, da sempre, la vivo da solo, intimamente, e mai nessuno è venuto davvero in questo mio infinito mondo di emozioni che esalta le mie gioie e lenisce i miei affanni, le mie ferite. Qualcuno, ogni tanto, si è affacciato, fingendo condivisione, ma solo per vampirizzare, rubare. Giusto il tempo di mettere a soqquadro, e infame come è venuto così se ne è andato.
Forse non sono bravo a capire ciò che mi accade. Mi capita di doverlo fare quando ormai è accaduto, e allora non sono rarissimi i momenti in cui provo a riparare altrove, ad allontanarmi dai napoletani, e finisco per sentirmi in esilio, per desiderare lei, Napoli, la mia unica fuga felice. Posillipo è il mio ansiolitico naturale; senza i suoi luoghi (dell’anima) sai quante volte sarei crollato? L’avevano capito gli antichi Romani che quel posto avrebbero dovuto chiamarlo “riposo dagli affanni”.
Napoli mi calma, e ciò che ti calma ti capisce. E che io studi e capisca lei, persino difendendola e divulgandola, è impresa che apporta stima ma conta relativamente; sono pur sempre uno che si impegna a capire ma non sa farsi ben capire. Ecco, credo proprio che Napoli sia unica perché è l’unica che mi capisce e mi protegge. Mi da senza rubare. Perciò la amo profondamente.

Napoli deve riavere la sua spiaggia e il suo mare!

Angelo Forgione La mia battaglia di sensibilizzazione per la restituzione del mare ai napoletani continua. Ne ho parlato anche in un frangente del mio intervento all’evento pubblico “Resto al Sud, l’agorà” e poi ieri in tivù, alla trasmissione Club Napoli All News.

Per approfondire ► https://wp.me/pFjag-96U

Dolce e Gabbana a Napoli per l’identità conservata

Angelo Forgione La maison Dolce&Gabbana festeggia a Napoli i 30 anni di attività. L’appuntamento, propiziato dal foto-shooting dello scorso giugno nel Centro Storico Unesco, è dal 7 al 10 luglio. Tutto è pronto. Previsto un ricco programma di eventi esclusivi in forma privata, tra sfilate e cene di gala alle quali parteciperanno vip di richiamo internazionale, insieme alla madrina della kermesse, Sofia Loren. Il via il 7 luglio, con una speciale sfilata di moda che partirà dalla Villa Pignatelli. Il giorno seguente si sfilerà in passerella a via San Gregorio Armeno. Il 9 luglio, grande cena di gala con sfilata a Castel dell’Ovo. E infine, il 10 luglio, evento conclusivo con suggestiva cena sulla spiaggia di Palazzo Donn’Anna, a Posillipo.
Ma perché i due famosissimi stilisti hanno scelto proprio Napoli per questo importante anniversario? La bellezza mediterranea del golfo, nella stagione estiva, ha pesato solo in parte. In realtà il motivo è l’identità che Napoli conserva, quella che l’Unesco riconosce come bene dell’umanità da proteggere. E i nostri si sono resi conto di quanto Napoli sia diversa da tutte le città occidentali proprio trascorrendo del tempo per gli scatti della collezione. L’hanno vissuta e conosciuta bene, e se ne sono innamorati, decidendo di tornare a luglio per festeggiare con l’hashtag #DGLovesNaples. «Ci piacciono le strade – dicono Domenico e Stefano – perché sono ancora come negli Anni ’50. È un posto che non ha dimenticato le sue radici ed è una cosa che apprezziamo molto. Amiamo le grandi città, la tecnologia e il futuro, ma per comprendere la vita vera degli Italiani hai bisogno di vedere le loro radici. Ci siamo innamorati subito di questo luogo. E i napoletani sono molto sinceri ed espressivi, veri attori di cinema. Siamo qui a Napoli perché pensiamo che queste persone siano le migliori del mondo. Davvero forti e con un cuore gigante. I napoletani sono le persone più avanti in Italia, sono molto creative. La gente di Napoli non ha fatto altro che aprirci il proprio cuore. Abbiamo ricevuto un benvenuto meraviglioso. E poi il cibo qui è molto di più che mera sostanza, è ragione di vita». Insomma, per onorare il made in Italy, D&G hanno scelto il made in Naples e un palcoscenico perfetto per una festa memorabile. E gli ospiti, vedrete, saranno catturati dal fascino di Partenope più che dalle sfilate.
Per l’occasione, il Comune ha omaggiato l’organizzazione dell’occupazione del suolo cittadino, ma gli stilisti finanzieranno restauri ai Decumani e editeranno una pubblicazione su Napoli da mandare in giro per il mondo, oltre a pagare la locazione di Castel dell’Ovo e di Villa Pignatelli, il risarcimento per gli esercizi commerciali costretti a chiudere e la retribuzione di netturbini e polizia municipale, perché ci sarà da sopportare alcuni disagi. Lascino che sia i napoletani, generosamente e pazientemente, offrendo al mondo dell’Alta Moda uno spettacolo a loro concesso tutti i giorni. Poi verrà il ritorno di immagine per una città in buona rincorsa.

La funivia di Posillipo abbandonata

Angelo Forgione – Il Corriere del Mezzogiorno ha pubblicato un articolo sulla funivia di Posillipo curato da Antonio Cangiano, che ha scattato delle interessanti fotografie della cabina riposta nel terminal di viale Kennedy. L’articolo riporta anche una mia opinione su una struttura abbandonata di cui mi sono occupato nel 2009 con un articolo per napoli.com e nel 2010 in un’intervista per TeleCapriNews, e che nel 2011 è stata oggetto di un progetto di riqualificazione.

clicca qui per leggere l’articolo di Antonio Cangiano sul Corriere del Mezzogiorno online

Vedi Napoli e poi muori

Magnifica Italia è un programma televisivo in onda sulle reti Mediaset dal 2007. Si tratta di un ciclo di documentari tematici dedicati a regioni, province e principali città della Penisola viste dal cielo e non solo. Particolarmente interessante la produzione dedicata a Napoli e i suoi dintorni. La linea guida narrativa si dipana da alcune bellissime riprese effettuate dall’elicottero, staccando su tradizionali inquadrature da terra. La voce fuori campo di Mario Scarabelli racconta la storia e il costume locale, con l’ausilio delle testimonianze di alcuni protagonisti del luogo. Il racconto condensa in sintesi la grande tradizione culturale di Napoli, omettendo inevitabilmente molto ma descrivendo una Napoli più aderente alla sua vera identità. Unici veri nei, l’assenza del primario Museo Archeologico Nazionale e della Cappella Sansevero.

Napolitano recluso a Napoli

Non una visita in forma privata ma una vera e propria autosegregazione

Angelo Forgione – È tornato a Roma, in silenzio o quasi, il presidente della Repubblica. Quando è giunto a Napoli, come da rituale nel giorno di Capodanno, Giorgio Napolitano sapeva che non sarebbe stata una vacanza come le altre nella sua città. Quella busta postale con ordigno indirizzata al prefetto Musolino ed esplosa tra le mani di una segretaria gli ha fatto cambiare le aspettative e aumentare qualche preoccupazione. Sarà per questo che un funzionario del Quirinale ha telefonato a Don Maurizio Patriciello proprio in quel giorno, chiedendo il motivo di tanto malcontento nel Napoletano verso l’inquilino della residenza presidenziale di Roma. Domanda inutile, perché quell’inquilino sapeva benissimo che i campani gli rimproveravano il suo silenzio da ministro degli interni negli anni Novanta e l’insufficiente e statica solidarietà di oggi alle mamme orfane di figli avvelenati, dopo che lo Stato ha lasciato in un ventennio che la Campania fosse, appunto, avvelenata in silenzio. Al suo nome pronunciato dal parroco di Caivano durante la manifestazione di “Fiume in piena” dello scorso novembre, la piazza Plebiscito gli aveva riservato fischi e l’etichetta di “assassino” (guarda il video). La sua rielezione è stata un pugno nello stomaco per tutte le famiglie colpite da questa strage silenziosa, unitesi alla disistima di quella parte della comunità napoletana disgustata dalla sua parzialità politica, dall’aumento del suo stipendio in un periodo di forte crisi, così come dalla retorica spinta con la quale condusse le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità. Una rielezione che non ha soddisfatto alcuna esigenza “eccezionale”: Napolitano, che avrebbe ceduto obtorto collo al pressing di alcuni partiti al 4° scrutinio (Saragat passò al 21°; Leone al 23°; Pertini e Scalfaro al 16°), non era affatto obbligato a farlo, potendo rispedirli a votare in Parlamento.
Il presidente è entrato il primo giorno dell’anno a Villa Maria Pia, più nota con il nome non sabaudo di Villa Rosebery, e non ne uscito se non per lasciarla. Niente tradizionale visita in Prefettura, là dove era esploso il plico; la Digos ci ha messo le mani e così è saltato anche il tradizionale caffè al vicino Gambrinus, che è nello stesso Palazzo della Foresteria; i comitati di “Terra dei Fuochi” erano lì ad aspettarlo e hanno presidiato il noto locale in tutti questi giorni. Ma il Re solo non è mai arrivato, per la delusione loro, dei fotografi, degli operatori televisivi e dei proprietari che non hanno potuto mettere da parte per futura vetrina le tazzine sporche di caffè bevuto.
Napolitano ha capito di essere persona non gradita a Napoli, almeno non a quelli che hanno riavvolto il nastro degli eventi. E così si è chiuso nella bellissima residenza di Posillipo, riparandosi dietro un provvidenziale maltempo e una raucedine di inizio d’anno. Niente uscite pubbliche ma solo visite private. Gradite, come quella del sindaco De Magistris, e meno gradite, come quella di un disoccupato che ha eluso i controlli e di una decina di manifestanti pacifici del comitato “Terra dei Fuochi” di Giugliano che, nell’ultima serata nel buon ritiro napoletano, sono andate da Maometto come la montagna, con fiaccole, croci di legno e cartelli raffiguranti bimbi morti e malati. Hanno piazzato lungo la silenziosa e presidiata via Ferdinando Russo striscioni eloquenti: “Ecco perchè non sei il nostro presidente ma il nostro carnefice”. Hanno cercato di avvicinarsi alla residenza ma gli agenti della Digos li hanno ricondotti su via Posillipo, negando la consegna al presidente della Repubblica di un dossier fotografico di 54 pagine sui danni provocati all’ambiente nell’entroterra tra Napoli e Caserta. Don Patriciello ha preso le distanze dall’iniziativa, mostrando ancora più evidenti le crepe nel rapporto coi movimenti, ma la lettera inviatagli il 3 gennaio da Napolitano, nella quale si esprimeva ancora una volta vicinanza ai cittadini che vivono sul territorio, ha evidentemente irritato ancora di più i comitati.
Napolitano, dunque, è tornato a Roma. È terminata mestamente la sua vacanza da incubo che non dimenticherà, la prima da anziano rieletto in un Paese fermo che non riesce ad adeguarsi al mondo che corre. Lo scorso anno, nel suo soggiorno privato, era stato in Prefettura da Musolino, al Gambrinus per il caffè, al complesso monumentale dei Girolamini, al cinema per assistere alla proiezione di un film di Tornatore e tra i viali del parco Virgiliano, passeggiando amabilmente e sostando su una panchina con la moglie Clio, dalla quale avevano goduto romanticamente della vista del mare che domina i Campi Flegrei. In un anno qualcosa è cambiato. Solo temporali e malanni? Consigli dei medici o della Digos? Chissà se tornerà più il Re solo, dopo questa esperienza reclusoria nella “sua” Napoli che lo ha messo spalle al muro… di Villa Rosebery.

Nuovo asfalto sulle strade, ma Via Manzoni resta fuori

Nuovo asfalto sulle strade, ma Via Manzoni resta fuori

sbloccati i fondi, via ai lavori ma i turisti devono attendere

Parte finalmente la prima tranche dei lavori per il rifacimento e la messa in sicurezza del manto stradale di alcune strade cittadine. Sbloccati dall’assessore ai Trasporti della Regione Sergio Vetrella i primi 2,5 milioni (11.3 complessivi) di fondi europei, statali e regionali destinati a nove interventi di manutenzione straordinaria e messa in sicurezza di alcune strade di Napoli.
I primi interventi riguarderanno in sequenza programmata nell’ambito del mese di Luglio le seguenti strade: 
via Cardarelli (da via Pietravalle a via Fontana), via D’Antona, via Montesano, via Cavalleggeri d’Aosta, via Diocleziano, via Leopardi, via Santa Maria a Cubito, via Arenaccia e Calata Capodichino. Sono stati inoltre affidati anche i lavori per il rifacimento della ringhiera di Via Petrarca divelta in seguito a un incidente d’auto in cui persero la vita tre ragazzi oltre un anno fa.
Altri finanziamenti verrano sbloccati nei prossimi mesi e serviranno
per interventi di manutenzione straordinaria e messa in sicurezza di via Posillipo, via Mariano Semmola, via Leonardo Bianchi, Largo Cangiani, via Pansini, via del Cassano, via Comunale Limitone di Arzano, via Scaglione, via Montagna spaccata, viale Kennedy, viale Giochi del Mediterraneo, via Nicolardi, viale Colli Aminei, via Miano.
Purtroppo ancora niente da fare per Via Manzoni e Via Orazio, le strade che squalificano la nostra città agli occhi dei turisti, dove grossi problemi interessano non solo le carreggiate stradali ma soprattutto i marciapiedi.