Giuseppe Vesi, il pizzaiuolo che critica Napoli a Milano

È finito al centro di una bufera social il pizzaiuolo Giuseppe Vesi, vincitore di una puntata napoletana di 4 Ristoranti di Alessandro Borghese, per un video pubblicato sul suo account Instagram con cui ha umiliato la sua città, Napoli, a beneficio di Milano.

“Amici, la differenza tra Napoli e Milano sapete qual è? Questa, vedete: che puoi camminare con il braccio fuori con un Rolex e non ti tagliano il braccio per prenderselo. Questa è la bellezza di Milano”.

Proprio lo scorso anno, Giuseppe Vesi aveva denunciato tre furti in sei mesi ai danni del suo locale di Milano, che lo avevano spinto a chiedere l’intervento del sindaco Giuseppe Sala e del ministero dell’Interno.

Il discusso video, cancellato dalle storie di Instagram dallo stesso autore, ha inevitabilmente suscitato lo sdegno dei napoletani. Ma a prendere le distanze da Giuseppe Vesi ci sono anche i suoi fratelli, pizzaiuoli anch’essi, che sulla pagina Facebook di Pizzeria Vesi Via Tribunali hanno scritto:

“Noi Vesi siamo napoletani veraci e teniamo a precisare che, nonostante nostro fratello Giuseppe Vesi abbia avuto un uscita infelice, irrispettosa, offensiva e soprattutto FALSA e basata su luoghi comuni, nei riguardi della città di Napoli e dei Napoletani, noi da generazioni lavoriamo e abbiamo lavorato con successo restando SEMPRE nella nostra amata città, grazie all’affetto dei Napoletani”.

Dopo tanta indignazione, le scuse del pizzaiuolo sono arrivate durante un intervento a La Radiazza su Radio Marte.

“Lasciatemi cantare, sono un italiano!”

Protesta degli ultrà del Milan contro il divieto di razzismo anti-napoletano.

Il capotifoso milanista si è presentato al proscenio nazionale su Mediaset Premium prima di Milan-Sampdoria e ha spiegato i motivi della rumorosa protesta inscenata all’esterno dello stadio di San Siro. Era uno degli esclusi, un militante della curva chiusa per cori razzisti contro i napoletani, ma sembrava proprio non capire il perché: “Questi cori li facciamo da oltre vent’anni, da quando c’era Maradona. Non è razzismo, si fanno dappertutto, si fanno anche a scuola!”. Si è così palesato il malcostume italiano, quello cronico e radicato in ogni aspetto della società (in)civile che finisce per manifestarsi in forma massiva negli stadi. Si è materializzata anche la pretesa di proseguire il malcostume, come fosse legittimo, perché nessuno a scuola ha mai detto ai ragazzi che certe espressioni sono indecenti. L’analisi fatta dal sottoscritto in passato ha preso consistenza in pochi secondi, perché certa presunzione è figlia di una certa ideologia politica portata nelle famiglie, nelle scuole, nelle feste dei giovani militanti della politica separatista e, peggio ancora, in televisione. Quei “vent’anni” vantati dal capoultrà sono indicativi e non casuali: politica, leghista e non, e media hanno plasmato l’opinione pubblica e, secondo una ricerca recente, solo nei confronti degli extracomunitari, ogni giorno in Italia, si registrano in media 1,43 casi di incitamento all’odio, per lo più da parte di esponenti politici (il 75% del totale), mentre sono in media 1,86 gli episodi quotidiani di informazione scorretta su giornali nazionali e locali. Se si aggiungessero i casi di razzismo contro i meridionali, le statistiche lieviterebbero certamente. Vogliamo quindi considerare lo stadio un’isola di maleducazione o la punta di un’iceberg?
Lo scorso anno, dopo la chiacchierata vicenda che aveva coinvolto Boateng a Busto Arsizio, Ruggiero Delvecchio, un giovane politico tifoso del Milan e della Pro Patria, fu chiamato in causa durante la trasmissione “In 1/2 h” di Lucia Annunziata su Rai Tre e invitò a considerare che le espressioni razziste negli stadi del Nord sono normali e non riguardano solo i giocatori di colore ma anche i tifosi napoletani. L’allenatore dei rossoneri Allegri auspicò in quell’occasione che la reazione del suo calciatore sensibilizzasse su ogni malcostume, chiedendo scusa a nome dell’A.C.Milan… che però qualche giorno fa ha presentato (inutilmente) ricorso contro la chiusura della curva. Dunque, quale esempio ha dato ai suoi tifosi il club di “Sua Emittenza ventennale” Silvio Berlusconi, più volte alleato coi leghisti al Governo? E quale segnale se non quello di incentivare la protesta inscenata all’esterno (e all’interno) dello stadio? E infatti, durante Milan-Sampdoria, l’intero stadio ha mostrato solidarietà agli esclusi con la mancata esposizione degli striscioni dei Milan Club, mentre altri cori anti-napoletani degli spettatori ammessi a Corte hanno accompagnato la partita. Un boato di fischi ha poi fatto seguito all’annuncio dello speaker che ricordava il divieto di ogni forma di discriminazione razziale, religiosa e territoriale.
Sia chiaro che i provvedimenti della giustizia sportiva, benché necessari, possono solo reprimere il fenomeno ma non sconfiggerlo. Si smetterà di offendere neri, slavi e meridionali/napoletani solo quando sparirà la Lega dal panorama politico nazionale e, soprattutto, quando nelle scuole del Nord si inizierà a far capire ai ragazzini che cantare razzismo non è civile. Solo così il tifoso di turno smetterà di pretende di offendere Napoli impunemente.
Era netta la sensazione che il non punire i cori razzisti contro i napoletani nel corso degli anni, mentre venivano sanzionati quelli per i calciatori di colore, nascondesse il timore di rompere una consuetudine che avrebbe potuto generare un terremoto. C’è da scommettere, e con quote molto basse, che i gentleman del tifo rossonero sono solo i primi a subire una punizione del genere, che fa precedente e che si ripeterà altrove. Il mondo del calcio ha cercato di evitare tutto questo finché ha potuto, ma ora non può più. Ma qualcuno non ci vuole stare, e si era già capito dai manifesti affissi nelle ore che hanno preceduto la gara contro la Sampdoria. Incuranti del provvedimento, durante il match, gli ultrà milanisti hanno replicato i cori della vergogna fuori lo stadio Meazza. Chissà quanti figli e nipoti di napoletani erano tra gli ultrà rossoneri che hanno sciorinato l’intero repertorio di cori contro i napoletani, incluso quello sul Vesuvio, mentre uno striscione recitava “La chiusura del settore non cancella l’odore: Napoli merda”. Il leitmotiv è sempre quello: l’odore. Parola che in questo caso è stata adottata solo per baciare la rima, ma che nasconde un’opinione meno edulcorata: la puzza. Vi ricorda qualcosa? Giampiero Amandola, giornalista RAI del TGR Piemonte, licenziato meno di un anno fa per espressione ironica pseudorazzista: “i napoletani li distinguete dalla puzza, con grande signorilità”. Per difendersi dalla presunta puzza partenopea, i milanisti hanno indossato delle mascherine bianche lo scorso anno. Quelle stesse mascherine le stanno indossando oggi gli abitanti delle province di Napoli e Caserta che vedono riesumare bidoni ripieni di rifiuti nocivi su cui è ben in vista la provenienza Milano e tutto il Nord. A proposito, li ricordate i fischi dei napoletani all’inno nazionale prima della finale di Coppa Italia del 2012?

Eddy Napoli risponde ad Alessandro Cecchi Paone

Angelo Forgione – Ricevo e pubblico il duro comunicato stampa di Eddy Napoli in risposta ad Alessandro Cecchi Paone e agli atteggiamenti assunti durante la prima puntata del format “A Reti Unificate” (clicca per vedere il commento del conduttore all’intervista del cantautore già smontato su questo blog).

Considerato che Lei ha rifiutato un civile e democratico confronto con il sottoscritto, Le scrivo quanto segue: Tengo a precisare che io non sono un “nostalgico”, in quanto non si può essere nostalgici di un “non vissuto”, bensì sono un meridionalista, militante e attivista. Con migliaia di persone “combattiamo” affinché si risolvano i problemi della nostra gente e della nostra terra. Ha mai sentito parlare della “Questione Meridionale”? Mi auguro di sì! Inoltre io non sono “un cantante” (Lei quando parla di me in tv tende a sminuirmi) ma sono un Signor cantante, cioè, colui che con la propria voce ha determinato i grandi successi dellʼorchestra italiana di Renzo Arbore in tutto il mondo e che da molti anni continua il suo percorso artistico in proprio riscuotendo enormi consensi nonché successi, ambasciatore della canzone napoletana nel mondo e quarantʼanni di rispettabile ed onorata professione.
Ciò non solo come cantante ma anche come autore, compositore e arrangiatore. Si informi sul mio conto, anche se ho seri dubbi che Lei possa o sappia apprezzare, impari ad ascoltare e ad apprezzare la mia ottima musica e la mia preziosa voce prima di annunciarmi in televisione!..E non pensi solo ai dinosauri, si rassegni… Sono estinti!.. Noi meridionali, invece no! Pertanto io sono qui e sono conosciuto in tutto il mondo! E Lei?
Detto questo, giungo alla mia protesta: Lei si è permesso di giudicarmi definendomi “nostalgico”. Lei ha offeso me e una stragrande maggioranza del glorioso popolo napoletano e meridionale (sono in milioni, tutti dalla mia parte).
Lei ha offeso una cultura, una razza, una storia millenaria, Lei ha offeso ciò che non conosce, Lei è un razzista!
Inoltre, nel mio caso, lo ha fatto senza che io avessi possibilità di replica, senza che io potessi contraddirla e questo è da vigliacchi, eticamente scorretto e non professionale.
Addirittura i commenti musicali avevano decibel più alti del parlato relativo alla mia intervista. Intervista tagliata di un buon 90 per cento.
In studio era presente Gennaro De Crescenzo, Presidente del Movimento Neo Borbonico, ufficialmente invitato dallo staff della redazione del programma e forse anche da Lei, ma gli è stato vietato di partecipare e di poter parlare, sempre da Lei.
La sua condotta è stata pessima, incivile, antidemocratica, violenta! Univocamente in difesa verso quelle bugie scritte nei libri di storia da quei vincitori che altro non sono che sporchi criminali di guerra! Sì, criminali di guerra che assassinarono circa un milione di meridionali, criminali di guerra che provocarono unʼepocale fenomeno di emigrazione unico nella storia mondiale! Criminali di guerra oppressori e colonizzatori del nostro meridione! Criminali di guerra che diedero il via ad una questione meridionale tuttʼoggi irrisolta.
Una sola nota positiva: Simone Schettino!!! Grazie di vero cuore Simone, “Fratello” mio!!!
Non riesco a capacitarmi come gli editori di queste televisioni private, napoletani per giunta, abbiano permesso tanto e abbiano potuto consegnarLe le “chiavi in mano” di un presunto programma meridionalista che altro non è che un talk show… Dove Lei si è permesso di sparlare di una gran parte dei meridionali stessi!!! Si sciacqui la bocca prima di parlare di Noi e anche prima di parlare dei Borbone!!! Noi non eravamo brutti, sporchi e cattivi!!! Noi eravamo sani, belli, puliti, buoni, alti, robusti, in salute, ricchi nellʼeconomia, nellʼindustria, nellʼagricoltura, nellʼesportazione di tutti i generi e avevamo la minor percentuale di mortalità dovuta alle malattie e alla fame! Avevamo le prime cattedre di medicina in Europa. Eravamo una Capitale di uno Stato pacifico che vantava il pregio di collocarsi tra le prime cinque potenze mondiali!!! Popolo di Cultura, di Primati, di Pensiero, dʼAmore! Magna Grecia Docet! Il Grande Stato del Regno delle Due Sicilie, Fantastico!
Aaahh …. Se Lei ci somigliasse un poco!.. Invece no, Lei non ci somiglia per niente, Lei è un nemico dei meridionali e del meridione come altri “italiani”! Lei ha addirittura detto dʼinvitare in trasmissione i suoi “fratelli massoni” del grandʼoriente dʼItalia. Ma mi dica!?…Non si vergogna?? Io inorridisco!!!
E dire che non ci voleva poi tanto affinché Lei diventasse il “Paladino della tv del sud”, ma il suo “essere prevenuto”, saccente, presuntuoso e ignorante lʼhanno squalificato in automatico! Che peccato, non sa cosa si è perso!
I meridionali, il mio Popolo è quello di Masaniello, quello del 1799, quello delle quattro giornate di Napoli!!!.. Onesto, Guerriero, Generoso, Leale, Riconoscente, Laborioso, Intelligente, Grandioso! Ma quando sʼincazza veramente… Son dolori!!!
Mi raccomando, non ci offenda, sʼimpegni, cerchi di esser giusto.
Concludendo, per mio conto nonché per conto della numerosissima comunità meridionalista di cui sono tra i portavoce, protesto veemente affinché Lei studi e sʼinformi veramente nonché assuma un comportamento lineare, consono, onesto, corretto e applichi le normative della par condicio. Lo faccia!! Altrimenti, mediante, e grazie alle proteste di una foltissima comunità finirebbe con lʼabbandonare spontaneamente e per sua scelta la conduzione del programma!!! Cosa farebbe?!? Tornerebbe sullʼisola?!?…
Nel contempo Noi boicotteremo il programma televisivo “a reti unificate” e i suoi sponsor.
Saluti, Eddy Napoli.

NOI SIAMO NAPOLETANI (e non odiamo o offendiamo nessuno)

NOI SIAMO NAPOLETANI
(e non odiamo o offendiamo nessuno)

di Angelo Forgione
Movimento V.A.N.T.O.
(Valorizzazione Autentica Napoletanità a Tutela dell’Orgoglio)

risposta all’articolo “NOI NON SIAMO NAPOLETANI” di Vincenzo Ricchiuti su tuttojuve.com e ilnapolista.it

Premesso che stiamo parlando di uno sport e tale deve restare nonostante le digressioni, prendiamo atto che gli juventini di Napoli “reagiscono” al fortissimo spunto di riflessione lanciato dal sottoscritto e dalla band L’Altroparlante col video “Ma perché sei tifoso della Juve se sei di Napoli?”. La reazione è però scomposta e rischia di deviare il confronto verso una strada impervia, per di più senza uscita. Il confronto voluto diventa così scontro e allora non va più bene. Il nostro intento era, ed è, chiaramente di carattere culturale e non intende in alcun modo incitare alla violenza verbale o, peggio ancora, fisica da cui prendiamo decisamente le distanze. Pertanto provvederemo ad un comunicato stampa congiunto col quale prendiamo le distanze dai risvolti che la discussione ha assunto, certamente nati da una nostra intenzione non bellicosa che però ci rendiamo conto stia correndo il rischio di essere strumentalizzata.
Lo scritto dal titolo “Noi non siamo napoletani” a firma di Vincenzo Ricchiuti pubblicato su tuttojuve.com e su ilnapolista.it non sviscera alcun dibattito culturale ma risulta ai lettori uno sconclusionato e arruffato moto di reazione metaforicamente paragonabile a quello di un bambino permaloso a cui hanno minacciato di togliere un giocattolo da mano, ovvero la propria passione juventina in mezzo a tanta Napoletanità.  È un urlo infantile, una vocale stridente strillata ad alta voce che non dice niente. Nessuno vuol togliere nulla a nessuno. Chi è juventino, milanista o interista a Napoli e al sud lo resti pure, se crede.
Quanto letto è un’offesa gratuita e delirante a Napoli e ai Napoletani che però non offende perché non offre alcuno spunto di riflessione ed eventualmente di condivisione.
Lasciando stare l’incomprensibilità di alcuni passaggi, ci accorgiamo che la discussione è subito deviata dal confronto culturale e spostata sull’insulto.
Mancano evidentemente delle strutture a chi chiama i Borbone “Borboni”; erano uno per volta, non una moltitudine di gente da denigrare. Mancano delle conoscenze a chi non sa che Garibaldi entrò a Napoli indisturbato per protezione della mediocre camorra a cui si appellò e che da allora fu sdoganata, diventando potere perché senza di essa forse non sarebbe uscito integro dalla città.
Ma è inutile dipanare la discussione storica di fronte all’offesa alla Napoli che troppe ne riceve e ne ha ricevute, fino al cedere all’eduardiano “è cosa’e niente” che tanto male ci ha fatto nel nostro modo di vivere. Noi non vogliamo lo scontro ma il confronto, e neanche ci abbandoniamo a dire “è cosa ‘e niente”. Noi “simmo Napulitane” e, come canta Eddy Napoli in una sua bellissima canzone, siamo “gente ca tene na storia”; e non ci stiamo più a vederla sotterrata sotto l’immondizia che ci sommerge, e chissà perché.
Abbiamo letto offesa per reazione alla cultura di cui disponiamo, ai fatti della storia vera, non quella scritta, che ci danno ragione anche se ci hanno resi purtroppo colonia di un nord dominante anche nel calcio, e non è certo un caso. Abbiamo cercato il confronto coi nostri concittadini di fede calcistica diversa passando per la storia che è comune a tutti, e siamo passati per fomentatori. E che c’entra il calcio, ci direte; ma forse non ci si è resi conto che la storia (dei vincitori) è reclamizzata attraverso il calcio. Noi siamo scesi in campo usando la stessa strategia, perché non vogliamo perdere ancora. E quel tricolore che la Juve si è stampato sulle maglie proprio nell’anno delle celebrazioni dei 150 anni della nazione non appartiene solo a Torino ma anche e soprattutto a Napoli.
Noi abbiamo usato un punto di domanda e non abbiamo emanato sentenze. Tifate pure chi volete, è la vostra libertà di pensiero ed opinione che non si tocca perché sacra. Ma non scomponetevi offendendo se noi urliamo la nostra. Non ce l’abbiamo con voi e non vi offendiamo. Non ce l’abbiamo con Quagliarella, benedetto ragazzo, vittima e carnefice insieme di un equivoco lungo un anno.  A lui imputiamo le frasi infelici e l’irriverenza verso la gente dal dopo trasferimento, legittimo per un professionista sfiduciato, ad arrivare ad oggi. E Napoli ha tutto il diritto di fischiarlo per questo, così come fece con Paolo Rossi il 20 Ottobre 1979 quando 90.000 spettatori, e dico 90.000, riempirono il San Paolo solo per lo sfizio di contestare l’attaccante del Perugia che aveva rifiutato il Napoli con dei fischietti distribuiti all’esterno dello stadio. Napoli è così, e nel calcio non dimentica. Magari non dimenticasse anche quello che avviene fuori dallo stadio.
Le motivazioni che hanno spinto alla costruzione del soggetto video sono spiegate in calce allo stesso nella pagina youtube e sviscerate più profondamente sul mio blog (https://angeloxg1.wordpress.com/2011/01/02/opinioni-spaccate-riflessioni-sul-videoclip-ma-perche-sei-tifoso-della-juve-se-sei-di-napoli/) dove vengono analizzati i due fronti d’opinione che hanno spaccato il pubblico. E quando un prodotto divide è un prodotto che fa prendere posizione, e quindi che resta impresso. Questo era il risultato voluto, condiviso dalla band che ha ragionato nella stessa direzione. Si voleva arrivare a comunicare a quante più persone possibili un fatto storico che riguarda l’identità dei Napoletani. Farlo attraverso il calcio catalizzatore non è solo intelligente (scusate la presunzione) ma anche giusto perché è esso un fenomeno di costume che riguarda la storia d’Italia. E del resto, come detto, è la stessa Juventus di Torino, prima Capitale d’Italia, che ha impresso il tricolore sulle proprie maglie nell’anno dei festeggiamenti per il 150° anniversario dell’unità, avvenimento al quale è dedicata anche la Coppa Italia. Chi dice che il calcio va isolato dalla conoscenza storica del nostro paese fa un grave errore, quantomeno nel non saper riconoscere il grande volare propagandistico che esso ricopre. Un grande giornalista come Italo Cucci, sul ROMA, ha scritto che un Napoli scudettato nell’anno delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia darebbe molto fastidio ai potenti del nord. Noi ci siamo schierati dall’altra parte del fronte, per amore della nostra terra e della nostra identità. Ed è per questo che gridiamo forte “forza Napoli” e non “abbasso la Juve”.