Angelo Forgione – “Il rispetto si ottiene lavorando, non con la violenza. Quello non è rispetto”. Così Mario Granieri, pizzaiuolo di Forcella, che il 4 gennaio ha trovato la porta del suo locale crivellato da proiettili di pistola. Il giorno seguente qualcuno è andato a rivendicare l’azione casco in testa, intimando di non denunciare. Ma Mario, che il sogno di aprire una pizzeria tutta sua l’ha cullato per tanto tempo, è andato dritto alla Polizia.
Chissà quante di queste storie scorrono in silenzio nel cuore di Napoli in crescita turistica, attraversato da un nuovo fiume di soldi che si ingrossa sull’onda delle pizzerie, dei ristoranti, delle pasticcerie, dei bar, delle botteghe e dei tanti B&B spuntati come funghi. E forse la bomba dedicata a Gino Sorbillo, colpendo il simbolo del buon cibo di Napoli, la pizza, e il massimo protagonista in zona, voleva fare proprio rumore come non sono riusciti a fare certi spari a Mario e pure a Biagio, proprietario di un minimarket. Forse qualcuno voleva far esplodere un messaggio con l’ordigno. Forse è il caso di pensare che c’è chi reclama una fetta.
Oggi toccherà all’ennesima passerella di un ministro degli Interni. Prometterà ancora di sradicare il male, ma l’unico sradicamento è quello dei napoletani perbene, la stragrande maggioranza, che finiscono per andar via anche per la malefica minoranza che nessuno lassù ha realmente intenzione di azzerare.
La moglie di Mario, magari per le figlie, vorrebbe abbandonare. Ma lui no, vuole restare, anzi, non ci pensa proprio a rinunciare a quella pizzeria tanto sognata alla quale ha dato un nome significativo: “Terra mia”. Non di chi spara e piazza bombe. Che poi lo fa a volto coperto, su una moto potente o dandosela a gambe. Capirai che coraggio.
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Con la demagogia non si combatte la camorra
Angelo Forgione – Chi tocca Gino Sorbillo tocca tutti i pizzaiuoli napoletani, un patrimonio immateriale dell’Umanità.
Chi tocca Gino Sorbillo tocca tutti i napoletani che parlano al mondo con la loro professionalità.
Chi tocca Gino Sorbillo tocca, in un attimo e senza fatica, l’immagine di Napoli, che oggi sarà di nuovo sporcata nelle tivù mentre noi impieghiamo mesi e sudore per lustrarla.
Chi tocca Gino Sorbillo tocca il cuore di Neapolis, “i Tribunali”, la più resistente identità urbana d’Occidente.
Chi tocca Gino Sorbillo tocca un lavoratore instancabile, come lo sono gli autentici napoletani, che sanno farsi da soli nelle difficoltà.
Chi tocca Gino Sorbillo tocca tutti gli esercenti che non hanno nome e visibilità ma che ogni giorno, a Napoli, vengono taglieggiati dal cancro sociale.
Chi tocca Gino Sorbillo tocca un uomo perbene e una persona umile e generosa.
Chi tocca Gino Sorbillo tocca un mio amico, ma amico di tanti. E un amico non resta mai solo, neanche sotto le bombe dei più vigliacchi tra i delinquenti.
E mentre esplodono bombe in pieno centro antico di Napoli e ad Afragola, ancora attendiamo quel centinaio di poliziotti annunciati a ottobre dal ministro Salvini, quando ha promesso di “sradicare, deportare, cancellare e isolare la camorra” andando “quartiere per quartiere, via per via, pianerottolo per pianerottolo”. Ma non è che li attendiamo con impazienza, intendiamoci. Di certo non cambierebbero la storia. E a cosa servirebbero? Salvini sa anche lui che il Sindacato Italiano Lavoratori di Polizia ha denunciato che a Napoli operano solo 4.500 poliziotti, un organico sottodimensionato di almeno 600 unità. E sa pure che a Napoli ci sono solo sette volanti garantite dalla Questura a disposizione nelle fasce notturne, alle quali si aggiunge qualcosina dei commissariati. E noi dovremmo credere che la lotta contro i circa cinquanta clan camorristici della città la possano vincere 100 uomini in più (magari senza auto e senza benzina)? E quello che a La Radiazza (Radio Marte) ho chiesto a Pina Castiello, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. E la risposta la potete valutare da voi.
Il “bla-bla-bla” della politica non dà risposte neanche alle domande secche. E a Napoli, nel 2019, ancora esplodono bombe.
La verità è che la criminalità si contrasta tagliando le radici delle attività illecite. Lo Stato non lo fa perché ha interesse a “usare” le mafie come ammortizzatore sociale per il Sud. Non hanno voluto agire incisivamente ben sei ministri dell’Interno di origini napoletane e campane, tra il 1988 e il 1999, e non sarà un ministro leghista a voler combattere una battaglia epocale.
La pizza ha la sua cattedra nel cuore di Napoli. Gino Sorbillo è maestro.
Gino Sorbillo nominato Maestro d’Arte e Mestiere per il comparto pizzeria tra i 75 ambasciatori del Made in Italy del 2016, di cui 13 nell’enogastronomia. Con lui, tutta l’arte dei pizzaiuoli di Napoli, i tanti maestri che elevano e preservano l’eccellenza qualitativa dell’impareggiabile pizza napoletana, in procinto di divenire patrimonio immateriale dell’umanità Unesco. Il mondo del global food più noto ha la sua cattedra. A Napoli, ovviamente.
Il riconoscimento è stato assegnato nel Salone d’Onore de La Triennale di Milano dalla Fondazione Cologni, in collaborazione con la scuola internazionale di Cucina Alma, alla presenza del Presidente della Repubblica Mattarella.
Briganti dell’informazione sul palco di Giugliano
Tratte dalla diretta televisiva di TeleClubItalia, le interviste ad Angelo Forgione, l’editore Gino Giammarino e Gennaro De Crescenzo (Mov. Neoborbonico), realizzate dopo il dibattito culturale moderato da Sara Giglio (Radio CRC), tenuto nella centrale piazza Matteotti di Giugliano (NA) nell’ambito della manifestazione ‘La Tammorra dei Briganti’.
Convegno a Giugliano (NA) per “La Tammorra dei Briganti”
Sabato 30 aprile appuntamento a Giugliano (NA), ore 18, in piazza Matteotti. Convegno meridionalista con la partecipazione di Angelo Forgione, Gennaro De Crescenzo e Gino Giammarino nell’ambito della rassegna ‘La Tammorra dei Briganti’, evento storico culturale ed enogastronomico nel segno della storia del “brigantaggio” e del Sud e della valorizzazione di cultura e tradizioni del nostro territorio, organizzato dall’associazione Liberal, guidata da Domenico Ciccarelli, con il patrocinio morale del Comune di Giugliano. Tre giorni (29, 3 aprile e 1 maggio) di incontri, concerti, dibattiti, esposizioni artigianali, sfilate di carrozze e cavalli, degustazioni senza pause nel centro storico di Giugliano tra corso Campano e via Roma.
Pizza fritta (di Sorbillo) lurido cibo di Napoli nella signorile Milano
Angelo Forgione – Vittorio Blùm come Carlo Collodi. 24ILMagazine de IlSole24Ore si scaglia contro la pizza fritta napoletana di Gino Sorbillo, da poco approdata a Milano. “Sarà un flop”, scrive il fantomatico autore del pezzo che parla dell’avvio della “Antica Pizza Fritta da Zia Esterina” all’ombra del Duomo.
“A Milano non siamo abituati a circolare con un arnese in mano lungo una banana e mezza e largo come un vecchio vhs, una sorta di baionetta grondante olio, provolone e pomodoro incandescenti, che se lo addenti schizza molecolarmente a raggera rischiando di trascinare te e i posteri in sanguinose cause di risarcimento danni solidi e morali ai famigliari dell’avvocato d’affari appena sbucato da piazzetta Liberty che hai centrato perfettamente nell’occhio chiudendoglielo per sempre”.
Come a dire: questa lurido cibo napoletano è un’indecenza nella signorile Milano dei professionisti. Sembra proprio di rileggere i toni sprezzanti che usò nel 1886 Carlo Collodi, autore di Pinocchio, per presentare agli italiani la pizza napoletana. Era il secondo Ottocento unitario, e il cibo partenopeo tentava di conquistare l’Italia, mentre gli italiani del Nord la consideravano un alimento da straccioni e poveracci napoletani afflitti dal colera, un alimento che poteva provocare il contagio, un lurido pasticcio per maleducati che lo mangiavano con le mani:
“Vuoi sapere cos’è la pizza? E’ una stiacciata di pasta di pane lievitata, e abbrustolita in forno, con sopra una salsa di ogni cosa un po’. Quel nero del pane abbrustolito, quel bianchiccio dell’aglio e dell’alice, quel giallo-verdacchio dell’olio e dell’erbucce soffritte e quei pezzetti rossi qua e là di pomidoro danno alla pizza un’aria di sudiciume complicato che sta benissimo in armonia con quello del venditore.
Il nuovo acquedotto del Serino risolse i problemi idrici causati dagli antichi acquedotti tufacei di Napoli. Acqua pulita, incontaminata, buonissima… e pizza pronta a partire alla conquista della nazione. E così fu inventata la favoletta patriottica della “pizza Regina” del 1889. Inziò la scalata, lunga, perché ancora negli anni del Fascismo, a Milano si diceva «mi la pizza la mangi a Napoli» (io la pizza la mangio a Napoli). Dopo la guerra, la pizza, il “sudiciume complicato“, invase non solo Milano, non solo l’Italia ma tutto il mondo.
La storia si ripete. Non bastavano le parole di Domenico De Masi («La pizza napoletana è una boiata interclassita per avvinazzati»). Ora anche la descrizione della pizza fritta napoletana di Sorbillo a Milano. Il nuovo Collodi si chiama Vittorio Blùm. Se tanto mi dà tanto, la pizza fritta napoletana sta per invadere l’Italia.
Aurelio De Laurentiis: «la pizza napoletana non è buona»
Angelo Forgione – Il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, nel corso della presentazione di un libro di gastronomia del gourmet napoletano Maurizio Cortese, tenutasi al Parker’s Hotel di Napoli, ha discusso della differenza tra pizza napoletana e pizza romana, sostenendo che «la pizza napoletana non è buona ma ha successo perché costa poco. Quella di Sorbillo non la puoi mangiare con le mani, come si dovrebbe, perché cola da tutte le parti». Il patron azzurro del Napoli ha rivelato che sta comunque lavorando a un documentario sulla pizza, per far sapere a tutti che la pizza è un patrimonio di Napoli, avvalendosi di Luca Verdone e di quel Domenico De Masi che ha recentemente definito la pizza «una delle boiate più grosse prodotte da Napoli, un qualcosa di interclassista che mette degli avvinazzati attorno alla birra». Ne abbiamo discusso a la Radiazza (Radio Marte) con Gino Sorbillo.
Al San Paolo il calore calcolato dei 45mila
Angelo Forgione – E così Aurelio De Laurentiis e i suoi collaboratori hanno portato la bozza progettuale del nuovo stadio San Paolo in visione al Comune di Napoli. Tra il progettare e il fare, a Napoli, c’è di mezzo il mare, ed è storia nota, anche perché il progetto è ancora alla fase embrionale. Ma almeno ora se ne sa di più sulle intenzioni del club azzurro. E qualcuno storce il naso per la capienza prevista nell’ordine dei 45mila posti, cioè 15mila in meno della capienza attuale (60mila) già compromessa dallo scempio di Italia ’90 (76mila posti durante i mondiali italiani).
Gino Zavanella, maestro dell’architettura specializzato nella progettazione di impianti sportivi (lo Juventus Stadium è una delle sue creature) a cui Aurelio De Laurentiis ha affidato il compito di realizzare il San Paolo del futuro, ha illustrato il progetto a Radio Kiss Kiss, dichiarando che la capienza di 45mila spettatori viene fuori dalla verifica dei dati statistici: «Vogliamo vedere un San Paolo sempre pieno e la capienza studiata e suggerita dal marketing dopo aver visto gli ultimi dieci anni è appunto di circa 45mila spettatori». L’intenzione è proprio quella di ricalcare l’effetto “tutto esaurito” dello Juventus Stadium, rivelatosi un fortino quasi inespugnabile per la Juventus. Certo, Napoli ha dimostrato di poter gremire capienze ben maggiori in passato, ma sono ormai lontani i tempi del record assoluto della Serie A: 89.992 spettatori paganti per Napoli-Perugia del 20 ottobre 1979, quando i napoletani riempirono, fischietti alla bocca, il San Paolo senza sediolini per lo sfizio di contestare Paolo Rossi, autore del gran rifiuto di indossare la maglia azzurra.
La direzione, nel calcio moderno, è quella giusta, perché aumentano i fruitori delle partite in tivù – principale fonte di introiti nel campionato italiano – e diminuiscono le presenze allo stadio. Dunque, la scelta del Napoli appare quella di garantirsi 19 partite con influente effetto “sold out” a ridosso del campo, evitando visibili spazi vuoti, piuttosto che sole 2-3 con più presenze lontane dal terreno di gioco.
Analizzando i dati di presenze allo stadio San Paolo negli ultimi 10 anni (fonte: stadiapostcards.com), di cui 8 in Serie A, 1 in Serie B e 1 in Serie C, ne viene fuori una media di 38.054 spettatori, mentre quelli delle ultime 8 in Serie A fanno salire il dato medio a 40.205. Il picco massimo (45.608) si è registrato nell’annata 2010/11, quella del terzo posto e della prima storica qualificazione diretta in Champions League firmata da Mazzarri, con i partenopei in lotta per lo scudetto sino alle ultime giornate col trio Cavani-Hamsik-Lavezzi. Nell’arco di quel campionato si oltrepassò la soglia dei 49.000 spettatori solo 6 volte, evento verificatosi 1 volta nell’ultimo campionato (Napoli-Juventus) e 2 volte nel precedente (Sampdoria e Sassuolo, con prezzi popolari).
Insomma, i 45mila spettatori previsti per il prossimo San Paolo sono frutto di un certo ragionamento che è tutto nelle statististiche e nei numeri.
MO!: obiettivo raggiunto. Il simbolo sulle schede elettorali.
La lista civica meridionalista MO! ha raggiunto l’obiettivo delle sottoscrizioni per la presentazione nelle province di Napoli, Caserta e Salerno. Il risultato rende certa la presenza di MO! sulla scheda elettorale in Campania perché il minimo di legge di tre province è stato conseguito. «È un risultato storico – commenta Marco Esposito, candidato presidente – perché mai, in una regione del Sud continentale, una formazione meridionalista si era presentata ai cittadini libera da apparentamenti. Posso dirlo? Sono commosso: c’è stata una spinta di popolo coordinata da volontari straordinari e persino da simpatizzanti arrivati dalla Calabria. A parlare di Sud come di Terra dei fuochi – continua Esposito – sono bravi tutti, ma è illusorio strappare dei risultati stando a braccetto con partiti e personaggi protagonisti a livello nazionale o locale del disastro della nostra terra. La lista MO non tratta con i trafficanti di consenso né prende o prenderà ordini da Milano, Firenze, Roma o Genova».
Tratte dal Brigantiggì (Giammarino editore), le interviste a Pino Aprile, Angelo Forgione, Marco Esposito, Enrico Inferrera e Mimmo Falco in occasione del convegno “MO le Regionali, e poi?” tenutosi qualche giorno fa presso la sede di Confartigianato a Napoli, in cui si è dibattuto delle prospettive della lista civica a prescindere dal risultato della prossima tornata elettorale.
Elezioni e meridione, convegno a Napoli
In vista delle elezioni regionali in Campania del prossimo 31 maggio, martedì 14 aprile, alle ore 17.30, presso la sala conferenze di Confartigianato in via Medina 63 a Napoli, si terrà il convegno dal titolo “MO! le Regionali, e poi?”.
Si discuterà soprattutto delle prospettive future della Campania e l’eventuale svolta per il meridionalismo che potrebbe arrivare dal voto del prossimo 31 maggio. All’incontro, che sarà moderato dall’editore Gino Giammarino, parteciperanno Pino Aprile, Marco Esposito, Mimmo Falco, Angelo Forgione ed Enrico Inferrera.