Saluto a Paolo Villaggio, uomo in polemica col “suo” Sud

Angelo Forgione Scompare a 84 anni Paolo Villaggio, sangue palermitano e identità genovese trapiantata a Roma. Con lui, protagonista del fortunato Io speriamo che me la cavo di Lina Wertmüller, entrai in polemica diretta nel 2011, dopo una delle tante violente alluvioni di Genova. Tra distruzione e emergenza, Villaggio se la prese col Sud, con la sua storia, colpevole, a suo dire, di aver infettato l’intera Italia. Questo era il suo modo di pensare, ma non ne aveva completamente colpa. La sua era un’errata presunzione di superiorità nordica, e gli era stata trasmessa dalla sua Genova, dalla storia d’Italia. Lui, che prediligeva da buon ligure la cultura anglosassone, non conosceva davvero la Storia, e non sapeva che i grandi problemi del Sud e anche del resto d’Italia erano radicati nelle politiche dei primi governi del Regno d’Italia, proprio quelle che avevano sollevato la sua Genova, insieme a Torino e Milano.
Se ne va uno dei sostenitori delle falsità storiografiche d’Italia, ma aveva almeno l’attenuante di esserne stato plagiato, non quella di aver insisto fino alla fine a puntare il dito con eccessiva severità e superiorità contro Napoli e il Sud.

A Petrolio (RAI), le costruizioni antisismiche borboniche

Anche Petrolio, trasmissione RAI che racconta la ricchezza nascosta d’Italia, si è occupata delle Case Baraccate, le costruzioni antisismiche d’ingegneria borbonica che resistettero al devastante terremoto del 1908 nello Stretto di Messina.

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approfondimenti sull’argomento in Made in Naples (Magenes, 2013)
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Territorio italiano disastrato? Perché cancellati gli insegnamenti borbonici.

Angelo Forgione L’ennesima alluvione a Genova ha creato di nuovo distruzione e lutto, per la seconda volta nell’arco di tre anni. Al di là degli sconvolgimenti climatici ormai irreversibili, le cause sono note e raccontano di una delle tante emergenze del territorio italiano, in cui le conseguenze delle calamità naturali producano sempre più danni. Corsi d’acqua ingovernabili, pareti montuose ad alta possibilità di frana, rischio sismico ignorato dal metodo edilizio… lo stato d’allerta ha ormai da tempo superato la soglia dell’imponderabilità. Oggi Genova è di nuovo in ginocchio e rivoltata come un calzino, e nel frattempo abbiamo dovuto assistere al disastro sismico in Emilia. E ritorna in testa la famosa frase di Paolo Villaggio, che tre anni fa tuonò contro la “cultura sudista meridionale borbonica, piaga di tutta l’Italia”, che, al contrario, insegnò a governare il territorio e a limitare gli effetti catastrofici della natura. Se i canali di scolo non fossero stati cementificati e si fosse costruito utilizzando il legno in muratura, così come ci insegnarono i Borbone, non saremmo arrivati a questo. Ribadire con i videoclip quanto ho scritto con maggiore approfondimento in Made in Naples consolida il messaggio, soprattutto se dopo la pubblicazione del lavoro ci hanno pensato scienziati e ricercatori a rafforzarne la veridicità, sconfessando la cultura storica tradizionale e tutti coloro che accusano di nostalgie chi indaga nella storia con serietà. Il passato, invece, può insegnarci a magliorare le conoscenze e la società futura. Vi siete mai chiesti, ad esempio, perché nelle università italiane di ingegneria non si insegna a progettare in legno, col risultato che nelle zone ad alto rischio sismico si costruisce con solo cemento armato, spesso di scarsa qualità?

Alla Reggia di Caserta si racconta (finalmente) il primo ascensore

sediaAngelo Forgione – Made in Naples (che oggi è stato recapitato in dono a Rafael Benitez e ai coniugi De Laurentiis-Baudet) continua a ottenere autorevolezza di indagine. Col capitolo “la Protezione Civile e il Governo del Territorio” ho anticipato l’esperimento del CNR sulle tecniche edilizie antisismiche del periodo borbonico e ora apprendo che, in occasione del prossimo Natale, è stato inaugurato alla Reggia di Caserta un inedito percorso tematico guidato da storici dell’arte, dal titolo “I Borbone e la modernità”, che avrà nel suo itinerario la sorprendente “Sedia volante”, il primo vero ascensore con sistema di sicurezza utilizzato dalla Corte borbonica prima che Elisha Otis brevettasse un sistema analogo a New York. Il percorso permetterà di approfondire l’esperienza tecnologica e industriale del regno borbonico, argomento poco noto al grande pubblico ma ben descritto nel mio libro. La “Sedia volante” è nello splendido palazzo vanvitelliano dal 1845, realizzato da Gaetano Genovese, e il suo modello è lì da anni. Ora, finalmente, è stato inserito in un percorso didattico per valorizzarlo e farlo conoscere al mondo.
Anche l’Economia Civile di Antonio Genovesi, ben trattata in Made in Naples e proposta come unico paradigma economico in grado di dare soluzioni concrete per il futuro dell’economia, dello sviluppo e dell’occupazione, dopo il recente convegno di Roma “Ragioni e sentimenti civili per un’economia ed una politica dal volto umano. La lezione di Antonio Genovesi“, sta per essere ridiscussa all’Istituto Lombardo – Accademia di Scienze e Lettere di Milano. Il 14 novembre, infatti, si terrà il convegno internazionale “Antonio Genovesi maestro degli economisti lombardi nell’età dell’Illuminismo“. L’invito informa che “nel 2013 ricorre l’anniversario dei trecento anni dalla nascita di Antonio Genovesi (1713-1769), il fondatore napoletano della scuola italiana di Economia civile, oggi rivalutata molto in ambito culturale e scientifico, e non solo in Italia. (…) Gli economisti dell’Illuminismo lombardo hanno mostrato rara efficacia nel recepire e interpretare prontamente il messaggio di Genovesi.” Non solo i lombardi, aggiungo io.

CNR: a costruire case antisismiche ce lo insegnano i Borbone

Angelo Forgione per napoli.com Non dimentico quando Paolo Villaggio disse che “la cultura meridionale borbonica è la piaga di tutta l’Italia”. Entrai in polemica con lui in un confronto telefonico su Radio Marte (guarda video) e poi scrissi in Made in Naples un capitolo/”mattone” dedicato per intero a “LA PROTEZIONE CIVILE E IL GOVERNO DEL TERRITORIO” in cui descrissi come Napoli e il Sud borbonico primeggiassero nella stesura e nell’applicazione, tra le varie cose, di leggi antisismiche all’avanguardia, e di tutto ciò che concerne la difesa attiva del territorio (guarda video).
Ora arriva il CNR a dimostrare scientificamente che le norme antisismiche dei Borbone sono ancora all’avanguardia, parlando del primo sistema antisismico pensato per fronteggiare i terremoti e della costruzione di edifici con “una rete di legno all’interno della parete in muratura”. Questa stessa tipologia di struttura è stata riprodotta in laboratorio e sottoposta a una serie di test per una serie di prove meccaniche, con risultati eccellenti. E ciò dimostra che il sistema ideato dagli ingegneri borbonici può indicare la via all’edilizia moderna, a più di duecento anni di distanza. Il comunicato stampa del CNR non mostra il nome di questi particolari edifici, che è possibile invece apprendere proprio dal mio libro, da cui estraggo un breve stralcio:
“… le cosiddette case baraccate, ideate dal fisico di corte Giovanni Vivenzio e perfezionate dall’ingegnere Francesco La Vega. (…) Restarono in piedi anche dopo il fortissimo terremoto calabro del 1905 e ne sopravvivono alcuni esempi ancora oggi, testimoni del merito degli ingegneri borbonici, i primi a ritenere che la risposta sismica di una struttura dipendeva in primo luogo dal suo comportamento d’insieme, concetto prioritario ripreso dal Regno d’Italia solo dopo il terremoto di Messina del 1908. (…)
Il CNR non scopre nulla ma fa bene a certificarlo scientificamente. Tutto era già chiaro dopo l’ecatombe calabrese del 1908, quando il giornalista Olindo Malagoli evidenziò l’evidenza tra le macerie, scrivendo sul quotidiano “La Tribuna”: “C’era, nella vecchia legislazione borbonica, una provvida legge edilizia che imponeva uno speciale tipo di casa. Le case costrutte secondo questo tipo hanno resistito mirabilmente anche in questo nuovo disastro; noi abbiamo potuto constatarlo in ogni paese.”
Con l’Unità d’Italia, tutte le efficaci normative per la prevenzione e la gestione delle catastrofi, di ogni tipo, furono spazzate via dall’estensione ai territori del Sud dello Statuto Albertino, adottato dal Regno di Sardegna nel 1848. L’ordinamento sabaudo non prevedeva norme edilizie antisismiche perché commisurato al territorio piemontese, che non era interessato da rischio sismico, e neanche misure di contrasto alle calamità naturali. Così, con incredibile miopia, fu estesa al Meridione una legislazione totalmente inadeguata in sostituzione dell’efficace ordinamento borbonico. Persino la legge sulle acque e sui lavori pubblici, adottata dal Regno di Sardegna nel novembre 1859, era insufficiente, non contemplando normative per bonifiche e sistemazioni montane. Il Sud, che certamente aveva ancora gran bisogno di importanti opere pubbliche, fu coperto dalla sola tradizione ingegneristica idraulica sviluppatasi nei territori settentrionali che garantiva unicamente il controllo dei fiumi.
Il dissesto idrogeologico del territorio nazionale ha un’origine e parte dal tempo della piemontesizzazione d’Italia, epoca in cui iniziò il disboscamento degli Appennini. L’avanguardia borbonica in tema è molto più complessa e completa, ed è tutta nel mio saggio. In pochi la riconoscono, ma il tempo è sempre galantuomo, soprattutto per chi conosce la verità e la racconta. E per fortuna la scienza non conosce pregiudizi.

approfondimenti su “Made in Naples” di Angelo Forgione (Magenes, 2013)