Beppe Fiorello: «Gomorra non mostra l’altra Napoli!»

Angelo Forgione Roberto Saviano contro Beppe Fiorello. Non è una faida, certo, ma un’interessante polemica. Innescata dallo scrittore napoletano un paio di anni fa, con un articolo su l’Espresso in cui attaccò il buonismo della produzione televisiva italiana, puntando indirettamente il dito verso i ruoli interpretati dall’attore siciliano, che rispose difendendo il suo mestiere dalle generalizzazioni. Saviano, sempre più infastidito da certe critiche alla fiction Gomorra, è tornato recentemente sull’argomento, e ha alzato il tiro in un’intervista al Corriere in cui ha difeso la sua serie: “Napoli è una città che ha molteplici racconti. C’è anche Un posto al sole, e molte storie edificanti di poliziotti e magistrati nobili. Tutto questo esiste. Gomorra racconta il male dal punto di vista del male. Il bene non c’è, perché così sei costretto a misurarti con il male. Una particolare prospettiva dove lo Stato è solo una interferenza. Non c’è mediazione. Noi mostriamo l’infamia del potere. Questo è il mondo che osservo, e nessuno mi costringerà a edulcorarlo”. Che equivale a dire: chi vuole limitarsi al bene di Napoli guardi Un posto al Sole; Gomorra racconta esclusivamente il male.
Beppe Fiorello, sollecitato sull’argomento da Massimo Giannini a Ballarò, ha detto la sua, mostrandosi ancora distante dall’ottica gomorrista: «È una questione di messa a fuoco. Al mondo ci sono il bene e il male, e coesistono. Bisogna raccontare tutto, e io ho raccontato anche una Scampia diversa. Esiste anche un’altra Napoli!». Ed è questo il nocciolo della questione, anche perché Un posto al Sole non è mica tutto rose e fiori. Racconta di storie d’amore, di intrighi familiari, mostra scorci magnifici di Napoli e bellezze monumentali da urlo, ma narra anche di camorra, violenza, estorsioni e ricatti, e lo fa da sempre, cioè dal 1996, quando Saviano andava al liceo, ma con maggior insistenza negli ultimi anni. Una specie di effetto Gomorra anche sulla soap Rai, che evidentemente è costretta ad accontentare le influenze sul pubblico, ma sempre mischiando bene e male, raccontando luci e ombre di Napoli, con un’abbondante spruzzata di tematiche sociali universali come omosessualità, violenza sulle donne, disoccupazione giovanile e molto altro, e mettendo pure insieme personaggi di Napoli con altri di Milano e Torino, cioè unendo l’Italia. È questo il suo successo, il motivo per cui, con oltre quattromilacinquecento puntate alle spalle, ha battuto i record di ascolti e di durata della televisione italiana, ed è visto da Bolzano a Pantelleria. E perciò riesce ad attrarre anche turisti a Napoli, nei luoghi dell’arte e dei panorami, e a Riva Fiorita, dov’è Villa Volpicelli (Palazzo Palladini), senza suggestionare e impaurire, e senza deformare l’immagine cittadina. Il riferimento di Saviano non è felice, perché se Un posto al sole è il bene e il male da un punto di vista neutrale, Gomorra è, per stessa definizione dello scrittore, il male dal punto di vista del male. Gomorra ghettizza Napoli, al contrario di UPAS. Cattura spettatori anch’essa, ma non sviluppa alcuna visione globale della complessità partenopea e, lasciando spazio esclusivamente a una Napoli da evitare, non la mette a fuoco.
Nell’intervista al Corriere, Saviano si difende pure dagli attacchi di chi solleva il rischio di emulazione che possono innescare i personaggi negativi della fiction Sky. Di esempi se ne potrebbero fare diversi, fino all’ultimo caso di un trans aggredito da un branco urlante frasi della Serie. Sta di fatto che fu proprio l’autore, nel suo best-seller, a scrivere il capitolo Hollywood, in cui analizzava il pernicioso fenomeno degli scimmiottamenti dei film americani a tematica criminale da parte dei boss della camorra, dimostrando di sapere già all’epoca quale fosse il potenziale effetto di simili finzioni sceniche su chi, vivendo nel male, ha viscerale bisogno di prevaricare e dominare. Andare oltre la scrittura e passare alla cinematografia avrebbe dovuto comportare un’assunzione di responsabilità.

Conservatorio di Napoli bene di interesse storico-architettonico

Angelo Forgione – Il Regio Conservatorio di Musica di San Pietro a Majella, uno dei più celebri istituti d’alta formazione musicale nel mondo, è stato dichiarato Bene di Interesse Storico-Architettonico. Il riconoscimento è stato ratificato dal Ministero delle Attività Culturali e dalla Sovrintendenza per i Beni Architettonici della Campania, e darà la possibilità di tutelare l’edificio che ospita il conservatorio di musica ma anche tutto il patrimonio artistico musicale e decorativo (spartiti e manoscritti, strumenti musicali, cimeli, stampe, foto antiche, dipinti e arredi), in particolar modo la sua preziosa biblioteca musicale, tra le più importanti al mondo, che consta di circa 27.000 manoscritti musicali, 300.000 stampe musicali, 20.000 libri, 10.000 libretti d’opera, 10.000 lettere e 1000 periodici. Il progetto è stato supportato da Roberto De Simone, Riccardo Muti, Vincenzo De Gregorio e l’attuale direttore del conservatorio, Elsa Evangelista. Quest’ultima ha annunciato che il prossimo obiettivo è quello di far includere il Conservatorio nei patrimoni dell’umanità, secondo la convenzione adottata dalla conferenza dell’Unesco.
biblioteca_conservatorioIl Conservatorio di San Pietro a Majella è attivo dal 1826, anno in cui il Real Collegio di Musica (che aveva racchiuso quattro orfanotrofi) si trasferì per volontà del re Francesco I nella sede dell’omomino convento dei Padri Celestini, dopo aver iniziato le sue attività didattiche nel 1808. La Scuola plasmò uno stile musicale che si diffuse rapidamente in tutt’Europa e fece da faro per tutto l’Occidente, consacrando la conservatorio-salegrande Scuola Musicale Napoletana del Settecento. L’istituto cambiò il concetto di conservatorio, da istituzione caritatevole di “conservazione” degli orfanelli (che ricevevano istruzione musicale) ad alta scuola di musica. È proprio con San Pietro a Majella che con “conservatorio” si iniziò ad intendere nel mondo ogni luogo di formazione musicale.
Riccardo Muti, nel corso di una conferenza stampa di presentazione di una rappresentazione di Niccolò Jommelli tenutasi a Parigi nel giugno 2009, consigliò a ogni musicista di visitare il Conservatorio di San Pietro a Majella per assaporare il Settecento perduto:
«L’unico luogo al mondo che può far rivivere un fantastico mondo del suono che è andato perduto… un antico monastero immutato con la sua meravigliosa biblioteca, una serie di sale dove si respira ancora il profumo originario dei libri e l’atmosfera della Napoli antica.»

Ciao Lucio!

Ciao Lucio!

Qui dove il mare luccica e tira forte il vento, su una vecchia terrazza davanti al golfo di Surriento”.
Così inizia la famosissima “Caruso”, considerata un classico della musica napoletana contemporanea e italiana nel mondo. Oltre nove milioni di copie vendute in tutto il globo, è stata riproposta da grandi cantanti tra cui Julio Iglesias, Celine DionAndrea Bocelli Luciano Pavarotti.

Scritta dal cantautore bolognese mentre era in navigazione con la propria imbarcazione; in seguito ad un guasto, dovette fermarsi a Sorrento e soggiornò nello stesso albergo dove molti anni prima, nel 1921, morì il grande tenore Enrico Caruso. Durante la sua permanenza, i proprietari dell’albergo narrarono a Dalla gli ultimi giorni di vita del tenore: Caruso si era appassionato a una giovane donna a cui dava lezioni di canto.
Solo dall’incontro tra la sensibilità di un grande artista e i magici luoghi di Napoli poteva nascere l’ispirazione per la stupenda canzone.
Lucio Dalla amava sinceramente Napoli, più volte definita la città più bella del mondo. «Quella napoletana – disse – è la musica più importante del Novecento, altro che Beatles… dobbiamo tornare a noi, e non essere provinciali, scopiazzando all’estero».
Ciao Lucio!

Cazzullo tra limiti e contraddizioni

Cazzullo tra limiti e contraddizioni
a “Che tempo che fa” dell’8 Ottobre

Aldo Cazzullo, giornalista e scrittore piemontese risorgimentalista, tra i più forti oppositori delle istanze revisioniste, nel corso di “Che tempo che fa” dello scorso 8 Ottobre, ha espresso due concetti da evidenziare.
Nel primo ha ammesso candidamente la maggiore difficoltà da parte dei piemontesi di farsi rapire dai profondi sentimenti che rendono più umani e vulnerabili, rispetto ai napoletani. Cosa riscontrabile nelle espressioni dialettali piemontesi che non contemplano l’espressione “ti amo”.
Nel secondo concetto, ha invece espresso freudianamente una visione degli avvenimenti storici della sua terra, la Langa, «dove nel ’45 si è molto sofferto, si è sparato, torturato, ucciso. Quelli che adesso si chiamano i vinti – ha detto Cazzullo – avevano il coltello dalla parte del manico e lo usarono; i vincitori venivano braccati, torturati, fucilati senza processo, appesi, esposti come trofei per terrorizzare la popolazione civile. E questo in Langa non lo si è dimenticato». Praticamente quello che le truppe piemontesi da lui tanto osannate fecero 85 anni prima ai meridionali.
E questo al Sud non lo si è dimenticato, caro Cazzullo.

Napoli capitale italiana dell’acqua pubblica

Napoli capitale italiana dell’acqua pubblica
dalla città partenopea una lezione di civiltà e obbedienza al popolo

Angelo Forgione – Nella seduta consiliare alla Sala dei Baroni al Maschio Angioino è stata approvata la delibera per la trasformazione dell’ARIN da S.P.A. in azienda speciale a carattere pubblico denominata “Acqua Bene Comune Napoli”.
Napoli è la prima grande città italiana ad obbedire al referendum, e quindi alla volontà della gente. Da Napoli parte il messaggio all’Italia: L’ACQUA CITTADINA NON SARA’ MERCE MA BENE PUBBLICO, E CIO’ CHE È DELLA VOLONTA’ DEL POPOLO, SIA DEL POPOLO” mentre le altre città stanno a guardare.
Ne abbiamo parlato con Padre Alex Zanotelli, in prima linea per questa ed altre battaglie, alla presentazione del nuovo lavoro discografico del cantautore Blandizzi che nel CD “Il mondo sul filo”, incentrato su importanti tematiche sociali, ha inserito un brano dedicato proprio all’acqua. Presente anche Eddy Napoli.

Anche se silenzioso, questo è un momento importante, di gioia per Napoli. È una vittoria per la cittadinanza attiva che si è impegnata a fondo, e per lunghi anni, per difendere “la Madre della Vita” dalla mercificazione. Nel 2004, 150 comuni di Napoli e Caserta votarono la privatizzazione dell’acqua e da allora i comitati si sono battuti per ottenerne la ripubblicizzazione con il rovesciamento della decisione ottenuto in due anni di battaglie. Il 31 gennaio 2006 i sindaci di Napoli e Caserta votarono la ripubblicizzazione ma a ciò non fu dato seguito coi fatti per l’opposizione di Bassolino e Iervolino. La svolta è arrivata prima con l’elezione di De Magistris a sindaco di Napoli che ha fatto dell’acqua pubblica uno dei perni della campagna elettorale, e poi con la vittoria del Referendum sull’acqua.

Sulla scia di questo “trionfo”, il 10-11 dicembre 2011 si terrà a Napoli il primo incontro della Rete Europea dei comitati per l’acqua pubblica. Questo per portare un milione di firme al Parlamento Europeo perché dichiari l’acqua un bene comune (a Bruxelles le multinazionali fanno pressione sul Parlamento affinché dichiari l’acqua una merce), in vista del Consiglio Mondiale dell’acqua di Marsiglia. L’obiettivo finale è quello di strappare un bene così prezioso dalle mani delle multinazionali dell’acqua. Il mondo intero deve capire che si tratta di un diritto fondamentale umano, un bene comune che deve essere gestito come “patrimonio dell’umanità”.

Il principe naufrago che la fa sul tricolore

Il principe naufrago che la fa sul tricolore
il Savoia sull’Isola dei Famosi

Aveva cominciato con “Quelli che il calcio” come tifoso. Poi, nel corollario della sua carriera televisiva, è approdato a “Ballando con le stelle” come ballerino, al “Festival di Sanremo” addirittura come cantante, a “I Raccomandati” come presentatore… e ora eccolo a “L’Isola dei Famosi” della sabauda Ventura come “naufrago”. Garibaldi sbarcò a Marsala per conto del suo antenato Vittorio Emanuele II, lui è sbarcato in Honduras. E c’è da star certi che non finirà qui!
Quando sostenne la causa di famiglia nella richiesta di risarcimento danni all’Italia forse sapeva bene cosa avrebbe ottenuto. La richiesta fu ritirata tra mille polemiche, e chissà che non abbia avuto rassicurazione su un futuro televisivo che, in qualche modo, quella richiesta la sta appagando. Compromessi italiani di una televisione, quella italiana, sempre più priva di contenuti e di personaggi. Quelli di grande calibro prediligono le pay-tv o altri scenari, e allora nasce il bisogno di creare nuovi fenomeni. Ecco dunque che chi paga il canone finisce indirettamente per contribuire a questo “alternativo risarcimento danni” al Savoia.
E il principe, dunque, approdò sull’isola sfoggiando un vasino da notte tricolore nel quale evacuare… e un libro, il suo, da promuovere nell’operazione marketing senza doversi sacrificare più di tanto in una realtà senza agi e comfort perchè, in fondo, lui è già ben preparato, abituato com’è a fare a meno del bidet.

Emanuele Filiberto e il suo rapporto col bidet


Emanuele Filiberto fischiato dai Neoborbonici a Sanremo


a 1:40, l’orchestra di Sanremo e i Neoborbonici protestano contro E. F.