Pontile di Castel dell’Ovo, annunciato il restyling

Angelo Forgione – Le due edizioni delle World Series dell’America’s Cup di vela hanno lasciato sospeso il restauro delle garitte del ponte di accesso al Castel dell’Ovo. Peraltro lo stesso intervento di intonacatura e pittura, fin troppo gialla, lascia molto a desiderare, perché non restaura ma copre il tufo originale. 39mila euro circa per non fare nulla, sostanzialmente. Così come per la Cassa Armonica, sfigurata dalla sera alla mattina più di un anno fa e non ancora riportata al suo aspetto originale, la soprintendenza ha lasciato fare.
Ora il Comune di Napoli annuncia il completamento dei lavori entro l’autunno, con tanto di nuova illuminazione del pontile, in sostituzione di quella a gas priva di manutenzione che da tempo lascia la lingua sul mare al buio. Chi vivrà, vedrà.

 

Emergenza sicurezza a Napoli?

I dati forniti dal ministero dell’Interno, pubblicati dal Sole24ore, indicano per Napoli un peggioramento rispetto ai più lusinghieri dati degli anni passati. Ma è davvero così critica la situazione?

Daverio per i monumenti del Sud

Angelo Forgione – “Save Italy”, il movimento d’opinione di Philippe Daverio per la sensibilizzazione alla salvaguardia dei monumenti d’Italia, è giunto a Caserta per richiamare l’attenzione sull’incuria nazionale nei confronti del patrimonio del Sud, proprio mentre il ministro per i beni culturali Massimo Bray visitava la Reggia.
Insieme ad una nutrita rappresentanza del Movimento V.A.N.T.O., che ha esposto un evidentissimo striscione, ho ringraziato il noto critico d’arte donandogli il mio lavoro editoriale Made in Naples (guarda il video), decisamente attinente alla tematica dell’evento e in nome di una cultura da rivalutare. Su di un palco improvvisato (una carrozzella a cavallo) con il sindaco Del Gaudio, Daverio ha parlato ai presenti iniziando il suo appello condividendo uno grosso striscione esposto dal Movimento V.A.N.T.O.: «Sono d’accordo – ha detto – ma non sia una non unità. È vero che quello che è successo con l’Unità nazionale è ancora da dibattere e da discutere. Noi parliamo oggi davanti a un edificio che fu un esempio per il cambio del gusto dell’Europa intera (come descritto anche in Made in Naples), è un pezzo del cuore dell’Europa. Chiedere allo Stato unitario italiano, che si è trovato a gestire i soldi di uno Stato unico dei militari piemontesi, di conservare l’immensa ricchezza degli Stati preunitari, è ormai inutile. Dobbiamo chiederlo all’Europa che deve salvare la culla nella quale è nata perché altrimenti non c’è avvenire. La moneta unica europea non può essere unificante ma può esserlo la cultura. La qualità del manufatto è fondamentale in quest’era in cui il passato non trova destino e in cui l’Europa non sa che strada prendere… ed è fondamentale l’importanza di mantenere il manufatto come testimonianza per i nostri discendenti ma anche per quelli un po’ più giovani che tengono lo striscione e per i quali bisogna trovare subito una soluzione. Siamo qui per immaginare cosa inventare domani. Il domani non è il disinteresse per la cultura, il domani è questa roba qui (indicando la facciata della reggia). Da Caserta deve partire l’appello per il restauro del Meridione. Le utopie sono obbligatorie e su quelle si fonderà l’avvenire dei ragazzi che denunciano la malaunità. Tornerò qui tra 150 anni.»
Daverio si è poi concesso alla gente, mischiandosi anche al gruppetto del Movimento V.A.N.T.O. con cui ha scambiato qualche battuta. «Non chiedetemi di leggere Made in Naples velocemente – ha detto l’alsaziano – ci metterò un po’ di tempo». «Mi chiami pure tra 150 anni – gli ho risposto – e mi dica se le è piaciuto». Poi via, verso la Reggia di Carditello. La giornata al capezzale delle Reali delizie borboniche è continuata lì.

2 Giugno con Daverio a Caserta

Angelo Forgione – Un pezzo di marmo lesionato della facciata della Reggia di Caserta, nella zona Nord, stava per staccarsi dalla struttura, ma fortunatamente una dipendente della Scuola Superiore della Pubblica amministrazione situata all’interno del palazzo se n’è accorta e ha chiamato il 115, evitando il peggio.
La reggia continua a crollare lentamente. È ora che chi ha a cuore i monumenti della storia di Napoli (e non solo quelli) si dia da fare. Iniziando magari da Domenica mattina, quando alle 11,30 Philippe Daverio e il sindaco di Caserta Pio Del Gaudio aspetteranno nella piazza Carlo III tutti coloro che hanno a cuore il destino di uno dei complessi monumentali più importanti d’Europa, lanciando un appello per la salvaguardia e il rilancio dello straordinario patrimonio artistico del Mezzogiorno d’Italia attraverso il movimento d’opinione “Save Italy”. V.A.N.T.O. ci sarà!
La data è simbolica poiché si tratta del 2 giugno, Festa della Repubblica, laddove il Meridione si trova ad essere vittima dell’Unità imposta dalla monarchia sabauda. Philippe Daverio sa benissimo che i monumenti del Sud crollano perché potenti simboli di un passato trascurato e da trascurare; sa benissimo che l’Italia non ha alcuna volontà di salvarli. Così il critico d’arte alsaziano chiama a raccolta sul sito saveitaly.info:
“Il regno di Napoli aveva allora riserve auree tredici volte superiori a quelle del Piemonte; era fiorente con un popolo poverissimo. Ora è privo di riserve e purtroppo non molto più agiato. E al contempo il suo vasto patrimonio storico è scivolato verso un decadimento del quale il caso Pompei è sicuramente il più clamoroso, ma non affatto l’unico. Il paesaggio inebriante nato da oltre due millenni di fatiche è stato ipotecato da pochi decenni di appetiti recenti. E’ ora di salvare il Meridione con il più colossale intervento di restauro che l’Europa si sia trovata ad affrontare dopo la redenzione della Germania Orientale, e l’Europa si dovrà trovare pronta a farlo per riconquistare la credibilità che la sola moneta unica non sembra più in grado di darle. Se crediamo all’Europa delle culture e non solo a quella della moneta, allora la battaglia di sensibilizzazione per la rinascita del Meridione diventa centrale. La bellezza del territorio, l’insostituibile sedimentazione storica, la qualità della natura, del tempo, del mare potevano essere motore di sviluppo ben più attraente e ben meno adatto ai controlli delle mafie. Le mafie di vario nome sono incolte, sono ineleganti. E per questo motivo sono inadatte a qualsivoglia operazione di riqualificazione. E’ solo con quella qualità estetica che fu del Meridione prima dell’epoca moderna che potranno essere combattute.
Ecco perché suona l’ora di chiedere a quell’Europa che nel Meridione d’Italia ha una delle sue culle centrali di assumere con coscienza il compito di salvarla, questa culla, con una sorta di piano che sia forte come lo fu il piano Marshall quando l’America si trovò a salvare la sua culla, ch’era l’Europa.
Ed ecco perché la Rivoluzione degli Educati può continuare il suo percorso a Caserta il 2 giugno 2013.”

Napoli nasconde le sue vergogne alla TV

Angelo Forgione – Anni a denunciare le condizioni indecenti di Piazza del Plebiscito. E poi, nei giorni scorsi, in previsione del proscenio televisivo del Giro d’Italia, un’imbiancata è stata data al colonnato di Piazza del Plebiscito, onde evitare che le vergogne di Napoli fossero sbattute in faccia al mondo intero. Un po’ come i rattoppi alle strade battute dai corridori.
E così è stata data una mano di vernice, per così dire, alla carlona; operazione che, da vicino, mostra tutta l’emergenza del momento. Per i monumenti equestri del Canova (povero Maestro), l’imbiancata è stata persino ritenuta inutile, perché, a differenza del porticato, si è ben pensato che sarebbe bastato un banner pubblicitario del Giro d’Italia per coprire l’inciviltà di Napoli.
C’è da chiedersi quando si metteranno in campo seri interventi di recupero e salvaguardia di un largo che il mondo ci invidia e che noi, per immobilismo della Sovrintendenza, accavallamento di competenze e malcostume dei cittadini, lasciamo morire ogni giorno di più.

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L’educazione civica che non c’è più, e neanche controlli e pene

Angelo Forgione per napoli.com A vedere come sono ridotti i monumenti della città, i tantissimi monumenti della città, viene da piangere. È sempre stato così? Certo che no. L’aggressione ai monumenti è una piaga contemporanea, iniziata con l’avvento nel dopoguerra delle bombolette spray, esplosa con la morte del senso civico degli ultimi trent’anni. Basta dare uno sguardo al cortometraggio dei fratelli Lumiere datato 1898 per rendersi conto della pulizia di via Toledo, dove all’inizio del secolo scorso non si trovava una carta per terra, e così era in tutte le strade della città. E la Napoli epicentro di cultura eruropea di Sette-Ottocento non poteva certo presentarsi al mondo che l’osservava, ai viaggiatori del Grand Tour e al primo turismo massivo in condizioni miserrime come quelle di oggi. C’erano delle leggi ferree e venivano applicate. Basta prendere ad esempio lo stato in cui versa la Villa Comunale, e rileggere il “Regolamento per la decenza, e per lo buon ordine da serbarsi sì nell’esterno che nell’interno della Real Villa di Chiaja emanato dalla Prefettura di Polizia nel 1826. All’Articolo VIII si legge:
Chiunque ardirà di distruggere, abbattere, mutilare, o in qualunque altro modo deteriorare le statue, i monumenti, o altri oggetti di arte esistenti nella Real Villa, sarà immediatamente arrestato per essere punito a norma dell’articolo 261 delle leggi penali. Chiunque ardirà di abbattere, tagliare e svellere gli alberi, i rami, gl’innesti, le piante, come pure chiunque ardirà di deteriorare o danneggiare qualsivoglia ornato di fabbrica o di legno, o di ferro nella predetta Real Villa, sarà  del pari subito arrestato per essere punito a norma degli articoli 445 e 446 di dette leggi penali.
Nessuno si permetteva di sporcare e degradare la Villa perché sapeva che, se fosse stato pizzicato, e i controlli c’erano, subito sarebbe stato tradotto al Commissariato del Quartiere Chiaja per essere detenuto. E non stiamo parlando del Ventennio fascista.
Regole, controlli e punizioni ferree… ciò che oggi non esiste, e si vede. A proposito, in Villa non si poteva fumare.

Daverio: «la Reggia di Caserta è un simbolo e per questo soffre»

Angelo Forgione – Il degrado della Reggia di Caserta è sempre più al centro dell’attenzione, anche se il dibattito resta purtroppo uno sterile esercizio di chi è sensibile al gravissimo problema culturale che investe soprattutto i monumenti del Meridione.
La piazza Carlo III, la più grande d’Italia, costruita per accogliere il palazzo più noto d’Italia, è persino diventata un luogo di spaccio, segnale di un degrado che non è solo architettonico ma anche e soprattutto sociale. Qual è il vero problema? La magnifica ed europea Reggia di Caserta non sembra appartenere troppo alla storia nazionale d’Italia mentre la Reggia di Versailles, che pure fu dimora dei ghigliottinati Borbone di Francia, è un simbolo della Nazione francese, la testimonianza del rispetto dei transalpini per la storia della loro monarchia in Europa. I motivi? Sono gli stessi che fanno crollare l’antica Pompei, per non parlare della Real Tenuta di Carditello, emblema dell’oblio storico del Sud borbonico. Motivi evidenziati su Il Mattino del 14 aprile 2013 dal critico d’arte Philippe Daverio, che continua a lanciare un grido d’allarme per i monumenti d’Italia, con maggiore vigore per quelli del Sud penalizzati da una certa etichetta storica: Se c’è un monumento nel Meridione che rappresenta l’Europa è proprio la Reggia di Caserta. Sono legato al Meridione. Come alsaziano, mi sento molto meridionale e ho nei confronti di Napoli un’immensa gratitudine. Il Meridione ha bisogno di autocoscienza e autofierezza di appartenere al mondo. Da questo punto di vista, Caserta con la sua reggia è un simbolo potentissimo, ed anche per questo c’è una sorta di accanimento contro di essa. Poi l’invito a Giorgio Napolitano: “allo scadere del suo andato venga a dare la sua benedictio sui beni culturali del Sud, di cui Napoli è stata la capitale e Caserta la culla”. Dunque, ancora una volta è uno straniero a lasciar intendere che il problema non è solo economico ma anche etnico-geografico. Esiste una discriminazione a tutti i livelli nel nostro Paese che lascia morire i monumenti attorno l’ex capitale Napoli, quantunque di rilevanza massima. Ma se il Sud deve assistere alla morte della sua storia e accogliere con essa i turisti, tanto vale chiudere i monumenti e aspettare tempi migliori. Senza manutenzione, anche un solo turista è un carico troppo grosso da sopportare per una reggia cui viene girato dal Ministero dei Beni Culturali solo un quinto di quello che introita al botteghino.
Ma cosa vedono i turisti in visita alla reggia vanvitelliana? La storia che si sgretola ma anche tanta inciviltà, come ci racconta un simpatizzante di V.A.N.T.O. che preferisce restare anonimo.

caserta_02Sabato 6 aprile. Sole splendente da far venir voglia di fare un salto alla stupenda Reggia di Caserta. Mancavo da troppi anni e ci arrivo con la mia ragazza molisana per passare una bella giornata in un posto stupendo. Lo sconforto, se non sei preparato al peggio, ti coglie già all’ingresso dove l’incompetenza alla biglietteria è già imbarazzante: addetti ai lavori, che non sanno esprimersi in inglese dinanzi a turisti stranieri.
caserta_03Accedi al parco, stupendo l’impatto, ma poi noti che l’erba è alta priva di cura, cartacce dappertutto, e poi sterco dei cavalli. Una sosta ai bagni è meglio non farla… quelli vicino al giardino inglese sembra che si trovino in uno stadio italiano dove c’è stato qualche disordine. Porte abbattute, lavabi distrutti, assorbenti disseminati sul pavimento.
Che vergogna!
Ed eccoci al Bagno di Venere, nel criptoportico dello spettacolare giardino all’inglese: statue mutilate, intoncaci caduti e scritte sui muri. Sono disperato.

Vittorio Emanuele II pulito. Ma…

Angelo Forgione – Le scritte “Sud libero” e “Autonomia meridionale” campeggiano sul monumento equestre a Vittorio Emanuele II nella rinnovata Piazza Bovio dallo scorso Novembre, spruzzate con una vernice azzurra durante una manifestazione studentesca. Non un messaggio casuale, ma comunque uno sfregio al decoro di un luogo recuperato alla dignità, non storica ma comunque urbana.
Le scritte stanno per andare via, le farà sparire la restauratrice Maria Rosaria Vigorito della Tecni Kos Restauro dell’Aren (Associazione Restauratori Napoletani), già artefice della ripulitura del basamento del campanile della Basilica di Santa Chiara. L’intervento è previsto per Mercoledì 10 ed è stato attivato dal Comitato per la tutela e la salvaguardia di Piazza Bovio, sensibile alla tutela del luogo.
Il rispetto dei luoghi di Napoli è fondamentale. Detto ciò, è ormai evidente che certi simboli, i più curati, creino sempre più fastidio intimo a tanti napoletani. È un ulteriore problema con cui chi è deputato alla salvaguardia degli spazi pubblici deve fare i conti.
Bisogna anche domandarsi perché da anni le statue equestri più preziose della città, quelle di Carlo e Ferdinando di Borbone scolpite dal grande Canova (e completate dall’allievo Calì), restino imbrattate e prive di descrizione, senza alcun interessamento. La guglia di Portosalvo e la fontana della Maruzza sono sempre dimenticate, quella dell’Immacolata è ancora avvolta dalle reti di protezione in attesa del restauro. La fontana del Nettuno se la passa male, come quella della sirena Partenope. La cassa armonica è sfigurata, per non parlare delle condizioni della fontana di Carlo II a Monteoliveto. Un po’ tutto il patrimonio monumentale è messo male, ma c’è una “isola felice”: le statue di Vittorio Emanuele II, Giuseppe Garibaldi, Giovanni Nicotera, Nicola Amore, Paolo Emilio Imbriani, Carlo Poerio, la colonna di Piazza dei Martiri e Dante Alighieri. Un filo conduttore ha unito tutte queste statue, con una benefica ondata di restauri non casuali, avviati tutti nello stesso periodo, quello delle celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia. I personaggi immortalati sono tutte figure e simboli risorgimentali, “sommo poeta” del Rinascimento compreso, la cui statua fu realizzata proprio durante il mandato di sindaco del patriota Paolo Emilio Imbriani e sul cui basamento è incisa l’epigrafe “All’unità d’Italia raffigurata in Dante Alighieri”. La ricorrenza ha dunque aperto un canale preferenziale di fondi, anche se le statue di Imbriani e Dante erano fuori lotto e hanno goduto dell’intervento di sponsor privati a completo supporto del Comune e delle Municipalità di competenza. Il resto è stato promosso e finanziato da “Italia 150”, ossia dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, coordinato dalla Direzione Generale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania “nell’obiettivo di contribuire alla riqualificazione dell’immagine della città e alla sensibilizzazione dei cittadini affinché proteggano la loro storia e la memoria”.
Tutto giusto, o quasi, perché si parla di “loro storia” e viene da chiedersi allora perché le statue che comunicano l’autentica storia identitaria di Napoli debbano restare relegate al degrado assoluto. Chissà quando saranno ripulite le preziose sculture del Canova, magari alzando delle eleganti cancellate alte, sulla scorta degli esperimenti riusciti di Piazza Dante e Piazza Mazzini, dove le statue sono rimaste intonse.

Perchè una “cruda” ZTL non può funzionare a Napoli

Angelo Forgione per napoli.com – Piazza Dante, Via Duomo, Chiaia: caos da zone a traffico limitato a Napoli. La confusione e l’esasperazione è esplosa in una manifestazione sotto Palazzo San Giacomo, mettendo nel mirino il sindaco De Magistris e l’assessore alla viabilità Anna Donati.
La verità è che Napoli è una città peculiare, unica, dove non è detto che funzioni ciò che funziona altrove. Il centro antico di Napoli, ad esempio, è urbanisticamente strutturato sul trimillenario schema ippodameo greco a scacchiera, ideato dall’urbanista Ippodamo da Mileto nel V secolo a.C., e tale è rimasto (per fortuna): tre grandi direttrici da est a ovest su tre livelli protesi sul mare. Le piazze-hub di sfogo non esistono ma ci sono solo degli slarghi adiacenti alle strette strade. E in mancanza di sfoghi, le strade deputate ad accogliere le auto diventano a traffico ingolfato, mentre quelle pedonalizzate, dove i cittadini non arrivano coi mezzi pubblici insufficienti, diventano deserti.
L’ICOMOS, International Council on Monuments and Sites, il cui scopo è promuovere la conservazione e la valorizzazione dei monumenti e dei siti di interesse culturale nel mondo, basa la sua attività sull’autorevole contributo di oltre settemila tra architetti, archeologi, antropologi, storici dell’arte, geografi, storici e urbanisti di diversi Paesi che ne studiano le caratteristiche e presentano delle accurate relazioni consultive all’UNESCO, che a sua volta ne decide l’eventuale inclusione nella sua lista. Ebbene, nella valutazione ICOMOS del centro storico di Napoli si legge che “è difficile identificare una o più città con cui Napoli potrebbe essere confrontata. Le sue radici culturali sono così completamente diverse da quelle di qualsiasi altra città italiana che il confronto sarebbe inutile. È altrettanto difficile equiparare Napoli con altre grandi città mediterranee come Barcellona o Marsiglia. L’unicità è una qualità che è difficile da definire, ma Napoli sembra avvicinarsi tantissimo a detenerla”.
Bisogna una volta e per tutte prendere atto che Napoli è totalmente diversa (l’assessore Donati da Faenza lo sa?), che questo è un pregio che non va trasformato in un limite cercando di attuare modelli sperimentati altrove con più semplicità. Aggiungiamoci poi che Napoli è la città più densamente popolata d’Italia, con le sue circa ottomila anime per chilometro quadrato a fronte delle settemila di Milano e Torino e delle duemila di Roma, e che il parco veicolare è in numero elevato in relazione agli abitanti. In questo genere di città, certe misure necessitano, ancor di più che in altre, di un servizio pubblico efficiente e continuo, di un sistema di metropolitane a regime e fino a tarda ora, ma anche di un’illuminazione pubblica potenziata e di forze dell’ordine a sufficienza per garantire la sicurezza serale. Condizioni che al momento non sussistono, e così il suicidio è assicurato, compreso quello commerciale delle piccole attività strangolate nelle diverse aree “recintate”.
De Magistris preannucia correttivi e affida la sue riflessioni ad un video diffuso in rete. Il primo passo va in direzione della sicurezza serale e prevede la riapertura, dalle ore 21 fino alle 8 del mattino, dei due “passanti” di piazza Dante e via Duomo della grande ZTL del centro storico, accessibili giorno e notte al passaggio dei motorini.
Certo è che Napoli deve assumere una dimensione europea a tutti i costi, riducendo l’uso dell’automobile e godendo di strade in cui ci sia vita ogni giorno. Ma per far cuocere la pasta sarà necessario prima far bollire l’acqua; il grano duro, buttato subito nella pentola fredda, non è mai mangiabile.

Addio agli alberi in Villa Comunale

Angelo Forgione – Il giorno dei funerali degli alberi della Villa Comunale è arrivato. Nel senso che erano già morti. I movimenti e i comitati civici ne danno il triste annuncio dopo aver lanciato l’allarme negli scorsi anni. La causa indicata pare proprio essere la stessa che avrebbe creato problemi agli edifici della Riviera di Chiaia: la linea 6 della metropolitana.
Il Comune di Napoli avverte che “a partire da mercoledì prossimo, per circa otto giorni lavorativi, la Villa Comunale di Napoli sarà interessata da lavori di abbattimento di ben 31 alberi tra palme, lecci, querce e pini. Il provvedimento si è reso necessario al fine della messa in sicurezza dei luoghi e a causa delle precarie condizioni statico/vegetative delle alberature».
Messa in sicurezza, va bene. Ma il Comune non specifica le cause dell’emergenza. Che invece sembrerebbero già più o meno note, divulgate dal professor Caniparoli e dal geologo Franco Ortolani, specificate anche all’ex sindaca Iervolino da una relazione del geologo Giovanni De Medici della Federico II. La Linea 6 ha intercettato ben tre falde acquifere, ostruendo l’afflusso delle acque piovane dolci a monte e facendo avanzare le infiltrazioni marine sotto la Villa Comunale. Gli alberi hanno bevuto acqua salata dalle radici negli ultimi anni, e sono morti.
Era la Villa Reale di Napoli, ammirata dal mondo intero per la sua bellezza. Quando Ferdinando IV Borbone ordinò nel 1778 all’architetto Carlo Vanvitelli di realizzarla, fu categorico: “Deve essere una passeggiata da Re”. Oggi, dopo l’inqualificabile stile della cancellata firmata Mendini, la pavimentazione sbagliata in battuto di tufo che sbriciola, la sporcizia e l’incuria, l’aggressione delle sculture, lo scempio della Cassa Armonica e la morte degli alberi secolari, l’unico a regnare è ormai solo il degrado. E tanti ringraziamenti a chi sta distruggendo la grandezza e la bellezza di Napoli, pur avendo teoricamente il compito di valorizzarla e rilanciarla.

È vivamente consigliato l’ascolto del video almeno dal minuto 20:00 (relazione del prof. Caniparoli durante l’Assise della città di Napoli e del Mezzogiorno d’Italia del 13 marzo 2011. Tema di discussione: “La linea 6 della Metropolitana di Napoli e l’impatto ambientale sugli assetti idrogeologici”)