Angelo Forgione –
Il Consiglio Metropolitano di Napoli, assemblea presieduta dal Sindaco Luigi de Magistris, si prepara a lanciare un “Concorso di idee per l’ideazione di un’immagine logo della Città Metropolitana di Napoli”. Interessante atto di indirizzo, ma in fase di proposta e scelta non si potrà dimenticare che l’area metropolitana di Napoli il suo simbolo ce l’ha già, è scolpito nella Storia. Si tratta dal “Corsiero del Sole”, il cavallo imbizzarrito che dal XIII secolo identifica Napoli e, soprattutto, l’indomito e fiero popolo napoletano. La storia è leggendaria e risale al 1253, alla conquista della città da parte di Corrado IV di Hohenstaufen, figlio di Federico II. I napoletani si opposero strenuamente trincerandosi dentro le mura e lo svevo dovette aprirsi un varco sotterraneo. Entrò, vinse e volle dimostrare di aver domato il popolo partenopeo
facendo mettere un morso in bocca alla colossale statua del “Corsiero del Sole”, un cavallo imbizzarrito di bronzo posto su un alto piedistallo marmoreo. Il manufatto, purtroppo, fu poi fuso nel 1322 perché si credeva portatore di stregoneria, ma il cavallo inalberato rimase per secoli il simbolo della città e dell’intero suo Regno, fino all’Unità. Lo troviamo ancora oggi nelle decorazioni delle regge (basta alzare gli occhi nelle stanze reali della Reggia di Caserta così come nello scalone di Palazzo Reale) e pure nelle Chiavi della Città, a Palazzo
San Giacomo. Il Regno d’Italia ne decretò il declassamento a emblema dell’ente della Provincia di Napoli, oggi soppressa dalla riforma degli enti locali. Ora potrebbe e dovrebbe lasciare il piccolo recinto per tornare a galoppare in uno spazio più adeguato.
Non c’è altro simbolo che possa rappresentare la resistenza dei napoletani. Non c’è altro emblema che possa essere adottato, in chiave sia pur stilisticamente moderna, per la Città Metropolitana di Napoli. Il bando del concorso non potrà non fissarlo come coditio sine qua non.
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Renzi a Napoli: «Il modello è il Regno delle Due Sicilie»
Angelo Forgione – Il premier Matteo Renzi, a Napoli per incontrare in prefettura i Comuni che rientrano nella Città Metropolitana e discutere sui fondi strutturali, ha annunciato nel suo discorso ai presenti che il modello di rilancio di Napoli e del Sud è il Regno delle Due Sicilie, l’antico stato preunitario che, coi suoi progressi in ogni campo, si faceva notare in Europa e nel mondo. “Noi vogliamo smontare due considerazioni: che l’Italia sia il problema dell’Europa e che il Sud sia il problema dell’Italia”. Così ha chiosato l’ex sindaco di Firenze.
Il contraddittorio Renzi, l’unico a conoscere il significato del 17 marzo in un triste servizio de Le Iene fuori Montecitorio (guarda il video), è il presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica dell’Italia unita, quell’entita geopolitica che, con la sua nascita, ha segnato di fatto l’interruzione di quel progresso e la nascita della “questione meridionale”. Almeno a parole, dopo un secolo e mezzo, un’alta carica istituzionale annuncia di volerlo riattivare e riallacciare i fili col retaggio culturale e sociale del Mezzogiorno, ed è la prima volta che accade. Tra il dire e il fare, però, c’è di mezzo la politica, che i fischi all’inno nazionale li stigmatizza ma, evidentemente, inizia a capirli.
Ostacolo alle indagini sulle (vere) trattative Stato-mafia
Angelo Forgione – Mentre tutti erano distratti da Genny ‘a carogna e dai fiumi di parole sulla sua maglietta e sulla trattativa per svolgere o meno la finale di Coppa Italia, una silenziosa circolare del Consiglio Superiore della Magistratura, presieduto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, azzerava il pool di Palermo, che non ha eguali per competenza, le cui indagini nel quadro delle trattative Stato-Mafia hanno delineato nuovi misteri legati a figure appartenenti ad ambienti di potere decisamente più alti di quelli toccati dalle precedenti attività investigative. La direttiva ordina che tutti i nuovi fascicoli d’inchiesta sulla mafia debbano essere affidati esclusivamente a chi fa parte della Dda, la direzione distrettuale. Striscioni contro lo Stato e a sostegno del pool antimafia di Palermo sono apparsi sui cavalcavia di viale Regione siciliana, nel capoluogo isolano. In uno degli striscioni è scritto: “Lo Stato carogna blocca il pool antimafia”.
Vale la pena ricordare che nel gennaio 2013 la Corte costituzionale accolse il ricorso del Quirinale contro la Procura di Palermo per conflitto di attribuzione e dispose la distruzione delle intercettazioni tra il presidente Napolitano e l’ex presidente del Senato Mancino.
Strade minori per Murolo, Carosone e Bruni
Angelo Forgione – La Giunta comunale di Napoli, approvando una deliberazione proposta dal Sindaco Luigi De Magistris, ha deciso che l’auditorium di Scampia sarà intitolato a Fabrizio De Andrè e che tre toponimi di tre traverse di via Nino Bixio a Fuorgirotta saranno attribuiti a Roberto Murolo, Renato Carosone e Sergio Bruni.
Premesso che l’auditorium di Scampia, senza nulla togliere a Fabrizio De Andrè, meriterebbe di essere intitolato a Lucio Dalla, artista legato e “rinato” a Napoli, non condivido affatto la pur giusta scelta di attribuire alla memoria di tre grandi interpreti della Canzone di Napoli delle stradine di fatto irrilevanti. Con la memoria storica non si può più essere così superficiali.
Bologna chiede scusa a Napoli
Qualche tempo fa fu la redazione regionale Rai del Piemonte, colta in castagna, a dover chiedere scusa ai napoletani per il razzismo da stadio. Non lo fece il Comune di Torino, come il consiglio comunale di Bologna, che oggi, dopo i cori razzisti intonati ieri allo stadio Dall’Ara, ha stigmatizzato più spontaneamente ogni forma di espressione di stampo razzista e si è scusato con la città di Napoli e con tutti i cittadini che non si sentano rappresentati dal fanatismo ultras. È quanto si legge in un ordine del giorno approvato all’unanimità (clicca qui). Il Consiglio “auspica che le società calcistiche prendano una volta per tutte le distanze da ogni forma di violenza”. Il sindaco felsineo Virginio Merola ha commentato in una nota dicendo che “si è trattato di comportamenti che nulla hanno a che fare con lo sport. Una violenza verbale inconcepibile, da condannare”. Inoltre, secondo Merola, “è stata infangata la memoria di Lucio Dalla, persone che ha sempre amato la sua città e Napoli”. Nulla invece l’informazione sulla vicenda da parte della redazione regionale Rai dell’Emilia Romagna.
Premier Letta: «basta con l’Italia considerata Stato borbonico»
Angelo Forgione – Il presidente dei Consiglio Enrico Letta, in un incontro sulla semplificazione normativa nel programma del summit dei capi di Stato e di governo dell’Ue, ha affermato che «bisogna lavorare affinché l’Italia non sia guardata più come il Paese più burocratico e borbonico».
Un classico modo di comunicare con quell’aggettivo dall’accezione sbagliata e offensiva della Storia del Sud che ormai non regge più. Traggo dal “passepartout” Made in Naples la già pronta risposta:
Sono stati i Savoia a governare l’Italia piemontesizzata per circa ottantacinque anni, non i Borbone. Dunque, può mai essere borbonico il retaggio governativo della Nazione italiana? La burocrazia italiana non è borbonica ma, semmai, figlia di quella sabauda e piemontese instaurata negli anni del Regno d’Italia, esasperata e finalizzata alla sparizione di soldi pubblici. Un modo d’intendere l’amministrazione statale da cui derivò una sfrenata “creatività” tributaria a Torino e la necessità di unirsi con chi aveva i conti in ordine e poche tasse. Perché, dopo il 1855, il Regno di Sardegna non compilò più il bilancio statale? Forse “per oscurare le informazioni”, come denunciò nel 1862 l’economista Giacomo Savarese. Fu questa l’origine del debito pubblico italiano, prettamente piemontese, come conferma la ricerca Un’Italia unificata? – Il Debito Sovrano e lo scetticismo degli investitori di Stéphanie Collet, pubblicata nel luglio 2012.
Magari l’Italia fosse considerata borbonica all’estero! Avrebbe ancora il rispetto perduto e che è ancora vivo per Napoli nelle corti europee esistenti per le quali la città è vista ancora come una capitale, più capitale delle capitali d’Italia Torino, Firenze e Roma.
Chissà poi cosa pensano di certe affermazioni i colleghi spagnoli di Letta. A giudicare dai radiosi sorrisi dei Borbone-Spagna alla parola “napoletano” pronunciata da Riccardo Muti (clicca qui per vedere) nel corso della consegna del “Premios Príncipe de Asturias” a Oviedo, tutto questo sdegno proprio non si avverte.
Enrico Letta l’illuminato e quel dibattito meridionalista
Angelo Forgione – In un Paese dove ogni decisione è presa dall’alta politica e non dal popolo che non ha più il potere sovrano, il rieletto presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha incaricato il 46enne Enrico Letta a ricoprire il ruolo di premier. Il vicesegretario del Partito democratico, membro come Monti di Bilderberg e componente del comitato esecutivo dell’Aspen Institute Italia (un’organizzazione americana finanziata anche dalla Rockefeller Brothers Fund, che si pone come obiettivo quello di incoraggiare le leadership illuminate), ha accettato con riserva di formare un governo di larghe intese. E promette un esecutivo “di servizio” che dia risposta alle emergenze.
In occasione di questo incarico, propongo l’intervento di Letta durante la presentazione del libro Domani a Mezzogiorno di Gianni Pittella del 29 Aprile 2010. In un dibattito meridionalista (in cui partecipò anche Marco Esposito, attuale assessore allo sviluppo del Comune di Napoli), il neo-presidente del Consiglio snocciolò le sue idee sul Sud arretrato che necessita di una classe dirigente adeguata. Concordo… sulle chiacchiere. Perchè tali restano, insieme a tutti i bei discorsi.
Per ascoltare, cliccare qui e premere il tasto play sul quinto intervento
Il registro dei tumori? il nuovo sito-web della Regione costa il doppio!
Si è svolta oggi la catena umana davanti l’istituto oncologico “Pascale” di Napoli per protestare contro la manovra ostruzionistica del Consiglio dei Ministri che ha impugnato il Registro dei Tumori della Campania. Centinaia di persone hanno gridato slogan contro la politica locale e nazionale, anche se già dalla mattinata si era appreso che il governatore Caldoro avrebbe intenzione di intervenire immediatamente con un decreto commissariale di aggiramento. Insomma, un braccio di ferro tra Regione e Governo.
Ma spunta il paradosso. La stessa Regione Campania è oggetto di rifacimento del proprio sito ufficiale. Un supersito d’oro inizialmente valutato 4 milioni dalla DigitCampania, una società multimediale di proprietà della stessa Regione Campania. Invece costerà “solo” 2,8 milioni di euro, compresi tre anni di gestione e aggiornamento. Siamo dunque all’assurdo: il nuovo sito della Regione Campania, già disponibile in versione “beta”, costa praticamente il doppio del Registro dei Tumori che viene considerato troppo costoso dal Governo, in contrasto con il piano di rientro dal disavanzo sanitario. Per la comunicazione si può spendere e per la vita no?
(foto Valeria Girimonte)
Monti e i suoi ostacolano il registro dei tumori in Campania
la legge regionale contro i tumori impugnata dal Consiglio dei Ministri
La legge regionale per l’istituzione del registro dei tumori della Campania, partorita lo scorso 13 Giugno, è stata impugnata, quindi bloccata, dal Consiglio dei Ministri dinanzi alla Corte Costituzionale. Motivazione? La legge contiene alcune disposizioni in contrasto con il piano di rientro dal disavanzo sanitario. Tradotto in soldoni, costa troppo per una Regione in deficit.
Il provvedimento garantiva finanziamenti certi e non stornabili alle ASL per istituire un registro che mettesse in rete i dati sull’incidenza delle patologie tumorali, coprendo tutta la regione oltre la quarantina di comuni finora inclusi. Con questa legge la Campania si avviava a colmare finalmente una lacuna gravissima per un territorio particolarmente inquinato come quello tra il Napoletano e il Casertano, inquinato da sversamenti abusivi di ogni tipo. Il registro avrebbe dovuto consentire di poter mettere in relazione eventuali impennate dei casi di cancro con l’esposizione di ipotetici fattori di rischio, come la presenza di discariche illecite o lo smaltimento di liquidi tossici. Passaggio fondamentale per poi definire politiche di prevenzione e di bonifica. Il tutto sotto il coordinamento delle ASL e dell’Istituto Tumori Pascale.
E così la Campania, la regione pattumiera delle industrie del Nord-Italia ma non solo, resta l’unica senza il prezioso registro. Nell’articolo del 13 Giugno si sperava di evitare nuove beffe dopo l’esito del processo “Cassiopea”. Cos’altro deve accadere affinché i campani siano protetti da leggi e bonifiche dei territori? Evidentemente il popolo campano deve rientrare velocemente dal deficit sanitario prima di non poterlo più fare. Prima i bilanci e poi le vite umane? Siamo di fronte a dinamiche perverse e silenziose alle quali la gente non può più sottostare. L’azione del Governo Monti, per quanto lecita, è delittuosa dal punto di vista etico e morale e non può passare inosservata.
Già preannunciata una immediata reazione: Lunedì 17 alle ore 13:00, si terrà una catena umana di cittadini e medici davanti all’Istituto Pascale. E la vergogna continua!
La tessera del tifoso ha fini commerciali
La tessera del tifoso ha fini commerciali
il Consiglio di Stato: «da rivedere»
Angelo Forgione – Era chiaro a tutti, ma ci sono voluti più di due anni per ufficializzare il conflitto di interesse piantato nella tessera del tifoso. La VI sezione del Consiglio di Stato, presidente Giancarlo Coraggio (lo stesso della corte di giustizia federale della Figc), ha così sentenziato:
«L’abbinamento inscindibile tra il rilascio della tessera e la sottoscrizione di un contratto con un partner bancario per il rilascio di una carta di credito prepagata, potrebbe condizionare indebitamente la libertà del tifoso-utente».
Si tratta quindi a tutti gli effetti di pratica commerciale scorretta a beneficio dell’azienda di servizi.
Va ricordato a tal proposito che l’azienda in questione, ovvero Poste Italiane S.p.A., è legata da un accordo commerciale con Banca Mediolanum di cui è azionista il Gruppo Finivest S.p.A.
E va altresì ricordato che la tessera del tifoso è uno strumento scaturito da una direttiva dell’ex Ministro dell’Interno, il leghista Roberto Maroni, durante il quarto Governo Berlusconi che instaura coercitivamente un rapporto di tipo commerciale tra singoli individui con le società sportive che si intendono seguire all’interno del territorio nazionale.
La tessera, è bene chiarirlo, resta condizione essenziale per le trasferte dei tifosi ma la sua configurazione andrà ora necessariamente rivista.







