Angelo Forgione – Le parole pronunciate ad Agorà da Federico Ruffo, il reporter che ha condotto l’inchiesta di Report sui rapporti tra il mondo Juventus e quello della ‘ndrangheta, sono davvero chiarificatrici di un clima di follia che vive il nostro paese fondato sul pallone, sgonfio peraltro.
Ruffo è un giornalista di inchiesta al servizio di un programma attendibile, serio, prima ancora che tifoso della Juve. Un giornalista che per amore del suo lavoro e della verità non ha esitato a fare informazione e approfondimento su un lato oscuro della sua squadra del cuore. La conseguenza calcolata era che non avrebbe potuto più andare allo stadio, non avrebbe potuto più godersi una partita della sua squadra al bar o in un club. Rovinarsi la ricreazione non era un rinuncia impossibile per chi voleva fare il proprio lavoro, e bene, ed era niente in confronto all’ignominia delle intimidazioni che avrebbero preso piede. Ruffo le sta subendo. Dalle minacce e dagli insulti sul web, montati alle prime anticipazioni dell’inchiesta, si è passati alle vie di fatto. Benzina versata sulle scale della sua abitazione romana, non oltre la porta di casa solo perché il suo cane ha allontanato gli ignoti intrusi, non prima di aver verniciato una croce rossa sulla parete del ballatoio. Qualche esaltato che voleva “solo” spaventare Federico o qualcosa che avrebbe dovuto concludersi più drammaticamente?

foto: Il Mattino
A Ruffo esprimo la mia più completa vicinanza, e non è frase di circostanza, perché posso immaginare cosa stia patendo da un mese a questa parte. Da anni, e cioè da quando mi spendo nella mia attività in cui spesso analizzo fatti di calcio sotto il profilo sociologico, ricevo messaggi di insulti e minacce sul web, pubblici e privati, da parte di tifosi juventini. Almeno dal 2012, quando portai alla ribalta nazionale l’indegno servizio del TgR Piemonte in cui il giornalista Giampiero Amandola, all’esterno dello Juventus Stadium, invitava due supporters bianconeri a riconoscere dalla puzza i tifosi napoletani.
Offese scritte che non sono nulla rispetto all’odore di benzina che si è insinuato nella testa di Ruffo. Solidarietà da chi interpreta l’informazione come una questione seria e delicata, e poi c’è chi invece continua a puntare il dito su tutta la redazione di Report, in queste ore accusata dai tifosi juventini di aver architettato un complotto con la stampa napoletana perché si creasse un clima di odio nei confronti dell’ambiente bianconero.
Intimidazioni, minacce e violenze verbali hanno minato la serenità di un professionista che non campa di antijuventinismo ma di giornalismo, di quello serio e utile, non certo come quello di certi “pennaruli”, ai quali non dovrei dare neanche asilo in questo pezzo se non finissero per farsi opportunamente querelare dalla vittima e se non servisse a far intendere che per fede calcistica si può arrivare alla completa cecità, ma di quelle bieche e pericolose.
Sergio Vessicchio, per esempio, campano di Agropoli, direttore della testata online Tuttojuve.net, autore di un cervellotico editoriale con il quale ha messo in dubbio la sincerità di Ruffo, la veridicità delle sue denunce, l’autenticità delle sue sofferenze. Vessicchio non crede a una sola parola di Ruffo, e lo definisce “un giornalista comunista che fa la vittima per ottenere visibilità e consenso”, e magari qualche voto in una futura tornata elettorale. Lo scritto di Vessicchio, che se la prende anche con Maurizio Pistocchi, è chiaro frutto di una difesa ideologica di fede juventina, la stessa di Ruffo, ma declinata in modo disonorevole, privo di professionalità, di rispetto e di sensibilità nei confronti di un uomo provato da un momento difficile. Indegno modo di difendere non la categoria dei giornalisti ma la Juventus e la sua sfera, azionando la macchina del fango già alla vigilia, a inchiesta solo annunciata: “si sta creando un’attesa fuori da ogni aspettativa per questa Report solitamente tv fangaiola ispirata da merdaioli comunisti che hanno nel dna l’odio sociale. Falliti. (…) Pur di di veder distrutta la cosa più bella che questa ex nazione vanta fanno di tutto”.
Per un tifoso non c’è niente di peggio che condividere la fede sportiva con un personaggio noto e credibile che denuncia chi rappresenta quella stessa fede. E infatti il tifoso giornalista Vessicchio non è nuovo ad attacchi a giornalisti veri, quelli seri prima che juventini. Qualche tempo fa si scagliò anche contro Marco Travaglio, reo di aver dichiarato pubblicamente che la Juve non lo avrebbe interessato più finché avrebbe vinto con l’inganno e per aver accusato Andrea Agnelli di non riconoscere le sentenze, poi di frequentare ancora il radiato Luciano Moggi e dopo anche i mafiosi. Non poteva tollerare, Vessicchio, che la credibilità di Travaglio minasse l’immagine di una “società modello nel mondo”.
Ma il tifoso giornalista è “famoso” anche per altre avventate uscite di diverso genere di cui ne porta traccia il web. E però questa contro Ruffo è certamente la peggiore, quella più inopportuna, e bene ha fatto il reporter della Rai ad annunciare querela.
Il clima di odio attorno ai giornalisti che raccontano la realtà del calcio, e non solo, non ci piace. Vessicchio è la dimostrazione che questo bruttissimo clima lo creano i tanti tifosi giornalisti e non i giornalisti tifosi, che forse sono pochi, ma abbastanza per non far sentire solo Ruffo. No che non lo è, e anche io sono con lui.
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