La SSC Napoli contro il razzismo

La SSC Napoli contro il razzismo

Bene gli slogan, ma si passi alle azioni. La retorica non basta più.

Dopo due trasferte allucinanti a Torino e Roma, è quasi paradossale che la SSC Napoli celebri la giornata contro il razzismo volta a sensibilizzare le coscienze contro ogni forma di discriminazione etnica, per l’abbattimento di barriere e pregiudizi sociali.
Allo stadio “San Paolo”, in occasione del match contro l’Atalanta, campeggerà uno striscione che recita così: 
“Il calcio è fratellanza, no al razzismo”. Apprezzabile e elegante, ma per rendere il tutto meno retorico sarebbe coerente catechizzare capitan Cannavaro sull’opportunità di segnalare ai direttori di gara i cori razzisti contro Napoli e i napoletani.
Non è più possibile ascoltare cori di fatto non regolamentari, sanzionabili dalle norme vigenti con la sospensione delle partite, che fanno della discriminazione etnica contro i napoletani una forma consentita di razzismo negli stadi ignorata dalla giustizia sportiva.
Si esca dall’equivoco. Una cosa è il coro volgare, di cui si rende tristemente e colpevolmente protagonista anche il tifoso napoletano, un’altra è quello razzista (esortazioni al Vesuvio, riferimenti a colera, etc.). E se è vero che chi fa razzismo (napoletani compresi se accadesse) non viene punito, è inutile lamentarsi del malcostume italiano negli stadi. Così la battaglia non la si vincerà mai. Basta!


Ricordiamo ancora una volta cosa riporta la norma della F.I.G.C. che regola le “Responsabilità per comportamenti Discriminatori”, introdotta su pressione dell’ex Ministro degli interni Maroni:
“Le società sono responsabili per l’introduzione o l’esibizione negli impianti sportivi da parte dei propri sostenitori di disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, recanti espressioni di discriminazione. Esse sono altresì responsabili per cori, grida e ogni altra manifestazione espressiva di discriminazione che comporti offesa, denigrazione, incitamento all’odio o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, ORIGINE TERRITORIALE O ETNICA, ovvero configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori.
In caso di manifestazioni e cori razzisti, l’arbitro ha la facoltà di sospendere temporaneamente la partita in corso e, nel caso di atteggiamento razzista prolungato, anche la discrezione di fischiare la conclusione anticipata della gara”.
È inconfutabilmente DISCRIMINAZIONE l’invocazione al Vesuvio, e quindi ad una catastrofe naturale, come risolutore dei problemi di PULIZIA ETNICA di persone TERRITORIALMENTE ORIGINARIE DI NAPOLI.

Simone Schettino: «è massacro mediatico da fermare»

Simone Schettino: «è massacro mediatico da fermare»

a “La Radiazza” l’artista chiarisce la “lettera del Vesuvio”

Ecco un sunto de “La Radiazza” di Gianni Simioli co-condotta eccezionalmente da Simone Schettino durante la quale l’artista stabiese ha fatto maggiore chiarezza sui presupposti da cui nasce la sua lettera a Tosel interpretata metaforicamente dal Vesuvio. Un’occasione per sgombrare il campo da equivoci e per parlare a più ampio raggio della situazione politico-sociale in Italia, uscendo dalla riduttiva campana calcistica, proprio mentre il fondatore del partito secessionista italiano è uscito di scena nel peggiore dei modi. Un interessante disamina alla quale ha dato un contributo anche Angelo Forgione puntando il dito sui napoletani chiamati a difendere senza difendere.

Simone Schettino e il coraggio della denuncia

Simone Schettino e il coraggio della denuncia

la battaglia culturale che prescinde dal calcio

Angelo Forgione – Premetto che, nonostante ci leghi un’amicizia di stima per evidenti motivi, non sono il difensore d’ufficio di Simone Schettino. Ma mi prendo la briga di raccogliere quello che è un suo messaggio da poco diffuso su Facebook. È nota la lettera sferzante che Simone ha letto dal palcoscenico di Canale 9 all’indomani dei fatti a margine dell’incontro di calcio tra Juventus e Napoli della scorsa Domenica. Insieme, non d’accordo ma spontaneamente, stiamo portando avanti da tempo, e non solo in questi giorni, una campagna “non istituzionale” di sensibilizzazione verso il razzismo nei confronti dei Napoletani, ognuno con le proprie risorse. Proprio per questo capisco cosa significhi esporsi e assumersi delle responsabilità, stando sempre attenti a misurare le parole e a fare in modo che i concetti siano sempre chiari.
Oggi il portale di “Leggo” ha pubblicato la notizia della sua performance di Lunedì scorso, titolando inizialmente così: “Lettera del Vesuvio: Schettino chiede la squalifica dello Juventus Stadium”. Riduttivo, perchè Simone non ha chiesto mai chiusura dell’impianto torinese. Semmai ha sottolineato alla sua maniera, sempre originale oltre che identitaria, un malcostume che investe un po’ tutti gli stadi in cui il Napoli si reca in trasferta. E quella lettera non era una novità, ma una riproposizione di uno scritto di due anni or sono, ritirato fuori dal cassetto in occasione dell’ennesima sordità del giudice sportivo. Chiarito l’equivoco, il titolo è stato riportato alla giusta dimensione della denuncia dell’artista: “Lettera del Vesuvio. Schettino, appello contro i cori razzisti”.
Perchè anche Schettino non si è svegliato oggi, e non contro la Juventus, come testimonia un videoclip di denuncia da me realizzato proprio due anni fa in cui l’artista denunciava dallo stesso palco del Sannazaro la sperequazione tra cori razzisti contro i neri e cori razzisti contro i napoletani. Già allora facevamo lunghe chiacchierate sull’argomento. In poche parole, a Schettino, come a il sottoscritto, la sconfitta del Napoli con la Juventus sul campo (sacrosanta e meritata!) interessa veramente poco di fronte alla sconfitta di tutta la società che continua ad attaccare con accanimento una comunità intera senza che chi è chiamato a frenare il fenomeno non eserciti le proprie funzioni e si scarichi delle sue enormi responsabilità. E questo, anche a nome suo,  lo dico a chi continua a pensare che il calcio sia solo calcio, e tutto il resto non c’entri.
Quel che è certo è che è difficile essere capiti appieno, e talvolta si finisce con l’essere considerati persino fomentatori. Questo accade perchè il problema non è stato compreso in tutta la sua gravità, lo si sottovaluta, e allora la protesta viene da qualcuno interpretata come la reazione dell’avversario, ancor peggio se sconfitto. E qualcuno dimentica o vuol dimenticare che la nostra battaglia è quotidiana, analizza ogni aspetto della nostra società, calcio o non calcio che è sempre quello che fa più notizia. Il fatto è che esterniamo il nostro ideale, perchè siamo purtroppo idealisti.
Domani, Simone Schettino sarà ospite di Gianni Simioli, un altro idealista che si espone, a “La Radiazza” su Radio Marte. La puntata avrà come tema “Napoli e il Napoli”; si parlerà chiaramente di calcio, ma in chiave identitaria. A chi non va di alzare il livello del dibattito consigliamo di non sintonizzarsi. Questa non è una stupida guerra alla Juventus… non ci interessa. Questa è una battaglia per noi stessi, Napoletani molto prima che tifosi del Napoli. E che sia chiaro che gli idealisti difendono un diritto, non quei napoletani che in qualche modo danno adito a infrangerlo.

Juventini, milanisti e interisti del Sud colonizzati sportivi

Juventini del Sud colonizzati sportivi

Angelo Forgione – Proprio stasera ho ricevuto una email di Gennaro, pugliese, da circa un anno meridionalista e assiduo lettore di questo blog nonchè simpatizzante di V.A.N.T.O. Mi ha scritto di non seguire il calcio, ma fino a qualche tempo fa lo ignorava completamente, fin quando leggendo alcuni miei articoli si è reso conto che se si vuole capire meglio la nostra società è necessario capire il mondo del calcio in Italia.
In questi giorni il dibattito sugli juventini del Sud è divampato, toccando anche picchi esasperati dopo il clima di intolleranza verso i napoletani allo “Juventus Stadium” di Domenica scorsa. Sempre più meridionali, per la verità, stanno prendendo coscienza di quanto racconto e divulgo da tempo anche attraverso il calcio, testimoniando di “conversioni” dettate dalla conoscenza della storia. Sono quelli che hanno capito non solo il passato ma anche l’attualità, figlia di quel passato trascinato ai giorni nostri, quella questione meridionale evidente anche nel calcio con cui il potere del nord ha truccato il nostro paese e con esso il suo sport più popolare.
Ne ho parlato oggi a “Sorrisi e Palloni” su Radio CRC e Capri Event, prima denunciando i fatti di Domenica scorsa e poi facendo chiarezza sull’appartenenza dei tifosi juventini di Napoli e del Sud, e non solo juventini, legati ad un potere costruito ad arte e sempre in vita.

Tosel, il calcio-business e il disinganno

Tosel, il calcio-business e il disinganno

ipocrisia e finzione, ma Napoli si svegli!

Angelo Forgione – Ci devo ritornare e avrei voluto evitare, ma i risvolti in sede di giustizia sportiva mi impongono di tenere aperta la questione Juventus-Napoli. Con la nausea dettata dalle ultime vicende di calcioscommesse, il calciatore Masiello che ha confessato di aver fatto autogoal per vendersi una partita e non solo una. Fino a ieri era un botta e risposta a sfondo sportivo-culturale, un pretesto per parlare a noi più che agli altri che difficilmente ascoltano. Ma poi la questione è diventata di principio etico visto che il giudice sportivo Giampaolo Tosel non ha preso alcuna decisione nei confronti della Juventus, né per i cori razzisti oltre il regolamento né tantomeno per le aggressioni ai bambini e disabili di fede azzurra.
Premesso che il giudice sportivo sanziona in base al referto arbitrale, il problema è più ampio perchè investe i calciatori che potrebbero segnalare i cori razzisti (ricordate Zoro del Messina o il portiere Kawashima dell’Anversa?) ai direttori di gara, i quali a loro volta dovrebbero rilevarli autonomamente in quanto, appunto, non consentiti dalle norme. Dunque, anche ieri sul tavolo di Tosel non è arrivata alcuna nota a referto, evidentemente. Detto questo, ciò che accade fuori lo stadio è ben altra cosa, e Tosel può essere sordo ma non cieco.
Questo vale per quel che di vergognoso accade a Torino piuttosto che a Napoli e in tutte le parti d’Italia, fermo restando che il razzismo è intollerabile e, sulla carta dei regolamenti federali e solo su quello, intollerato.
Il mio amico Pino Aprile scrive nel libro “Giù al Sud” che per far sentire l’effetto del razzismo basta usare un metodo gandhiano: invertire i fattori, nella fattispecie rigirare al Nord gli slogan oggettivamente razzisti contro il Sud; al Salone del libro di Torino, così come altrove, disse alla platea: “Torino è una fogna da derattizzare, perchè anche i topi votano”, e mentre un fremito percorreva gli ascoltatori giustamente offesi, avvertiva che nella frase originale di Calderoli la città-fogna è Napoli. Cosa succederebbe allora se i tifosi del Napoli cominciassero a invocare frane di valli nordiche, esondazioni di fiumi e terremoti? Cosa accadrebbe se si urlasse all’indirizzo di Torino o Milano “la vergogna dell’Italia siete voi”? Sarebbe un “fatto” di cui parlerebbero tutti i giornali e le tv d’Italia. Eppure i napoletani gli argomenti storici li avrebbero, senza doversi inventare nulla; Vesuvio wash it? Bidet what’s it! Basterebbe urlare “lavatevi” ai piemontesi che non conoscevano il bidet prima di scoprirlo a Napoli, gridare “colerosi” ai milanesi che lo sono stati più volte o “terremotati” ai friulani, etc etc.
Le aggressioni e gli agguati a bambini e disabili sono state denunciate agli organi di polizia. Gli striscioni erano evidenti e nessuno li ha rimossi. I cori erano rumorosi e nessuno li ha sentiti, destinatari a parte. Ma qualcuno continua a fare finta di nulla, a non parlarne a livello nazionale e a preservare un certo potere e un determinato stato di cose. Tutto quello che accade a Napoli è giustamente sanzionato e messo sotto la lente d’ingrandimento, ma quello che accade altrove è talvolta un mistero di Pulcinella. A Napoli si dice che ‘o pesce feta d’ ‘a capa, e quindi violenza e razzismo non sono colpa dei tifosi gretti, napoletani compresi, ma delle istituzioni del calcio che fingono di introdurre delle norme contro il razzismo per poi non applicarle o farlo solo quando qualche giocatore di colore si rizela come invece non accade ai calciatori nati a Napoli e provincia. Loro tirano avanti, preferiscono giocare e basta, evidentemente meno sensibili al problema. Perchè? Perchè il problema non esiste. Perchè il razzismo ha effetto in egual misura sia su chi lo esercita che su chi lo subisce: il non napoletano ritiene l’offesa legittima e insiste, il napoletano altrettanto e tira avanti. Non è affatto un caso che a difendere Napoli siano giocatori del Napoli non napoletani. Cioè, il razzismo non è più razzismo in quanto intolleranza ma diventa prassi. Per i neri è diverso perchè sentono il problema che è universalmente tale, non prassi. In poche parole, il razzismo verso Napoli è prassi, non problema, ed è quindi consentito; e tutto questo fa da sempre parte della nostra storia, nasce con l’unità d’Italia quando i piemontesi definivano i Napolitani (tutto il Sud) “beduini affricani” con due effe. Prima non accadeva, dopo accade ancora.

Da questo pulpito lo diciamo da anni ma le cose non cambiano. Però continuiamo a denunciarlo, nella consapevolezza che il calcio è espressione finta e maligna di un paese maligno e finto. Ipocrisia, violenza, razzismo, calcioscommesse… questo è il valore diseducativo di uno show-business che arricchisce tutti tranne chi lo tiene in piedi di tasca propria con biglietti, abbonamenti alle tv, magliette e merchandising di ogni tipo. Uno show-business che si riveste di buoni e sani valori per nascondere la sua vera funzione. Vale dunque la pena riversare in questa scatola di illusioni tanta passione? Napoli, come sempre, insegna. Nell’esoterica Cappella di Sansevero che detta la “via” all’uomo, c’è una scultura di gran significato (come tutte le presenti) che accompagna il più celebre “Cristo velato”. È il magnifico Disinganno del Queirolo, in cui un uomo (il padre del principe Raimondo) si libera da una rete che rappresenta l’inganno delle perdizioni, dei piaceri e delle passioni mondane, avvertendo l’osservatore sulla principale insidia dell’esistenza umana: la finzione!

Ora i più scalmanati cosa faranno? Andranno a Roma il 20 Maggio a farsi giustizia sommaria cadendo magari in un nuovo tranello? Se questo è il clima, meglio non andarci. Solo l’intelletto può frenare la nostra cecità e le nostre pulsioni tribali, può sbarrarci gli occhi e dirci che siamo tutti vittime della passione calcio, e su questo non c’è alcun dubbio. Ma non per questo dobbiamo evitare di denunciare. Denunciare la nostra consapevolezza di essere schiavi e denunciare che siamo oggetto di uno scontro sociale che qualcuno vuole che perduri in questo paese. E all’indirizzo di Tosel e di chi sta sopra di lui spingiamo il messaggio di un altro amico, Simone Schettino, vittima anch’egli della passione calcistica ma non a tal punto da anteporre il tifo alla sua identità e al suo intelletto. Per lui, come per chi scrive, il rispetto per un’intera comunità è la prima cosa, calcio o non calcio. E non è più ammissibile che tanto orgoglio lo si metta solo ed esclusivamente nelle questioni che riguardano la squadra che porta il nome della città e i colori della sua grande storia. Continuare a inalberarsi e sentirsi napoletani solo quando c’è una palla di mezzo per poi maltrattare la propria città significa avere in tasca un’unica tessera, non quella del tifoso ma quella del vittimista.

indirizzi utili:
giustiziasport@lega-calcio.it
segrepres@lega-calcio.it
figc.presidenza@figc.it

Tosel sanziona l’Inter per cori razzisti. Agli ebrei?

Tosel sanziona l’Inter per cori razzisti. Agli ebrei?

tutti sorpresi, ma il caso evidenzia il problema

Angelo Forgione – Tutti sbalorditi! Il giudice sportivo Gianpaolo Tosel ha sanzionato la FC Internazionale con un’ammenda di 15mila euro “per avere i suoi sostenitori, nel corso della gara, intonato cori costituenti espressione di discriminazione per motivi di origine razziale e territoriale”. Si è scritto che Tosel ha punito l’Inter per i cori razzisti anti-napoletani ma non c’è alcuna certezza che sia effettivamente così. Durante la gara, i sostenitori dell’Inter si sono sfidati con il settore occupato dai genoani, gemellati coi napoletani, a colpi di offese e difese ai partenopei. Ma non è detto che la sanzione sia riferita a questa becera manifestazione visto che gli interisti hanno intonato tristi cori anche contro i cugini milanisti con altrettanto squallidi riferimenti agli ebrei. L’aggettivo “razziale” è riferito agli ebrei e il “territoriale” ai napoletani?
Partiamo dal presupposto che il Giudice Sportivo non decide arbitrariamente ma sulla base di quanto appare sui referti degli arbitri e degli assistenti di gara. Pertanto Tosel ha applicato una norma perchè uno degli arbitri ha annotato nel referto determinati cori. Di conseguenza c’è da chiedersi se sono stati annotati sia i cori contro i napoletani che contro gli ebrei oppure solo i secondi. E se sono stati rilevati tutti, va detto che l’arbitro era il Sig. Russo, nativo di Avellino e della sezione di Nola, al quale determinati cori potrebbero non essere passati inascoltati. E qui si porrebbe il vero problema in merito agli arbitri, e prenderebbe ancor più corpo la necessità da parte del capitano del Napoli di segnalare alcune manifestazioni estreme ai direttori di gara. Il ragionamento per dimostrare che la decisione di Tosel non è affatto soprendente. 

La prima sanzione per cori calcistici contro i Napoletani

La prima sanzione per cori calcistici contro i Napoletani
Tosel ha capito la nostra battaglia o fa la sua ai cagliaritani?

Angelo Forgione – Sembrerebbe un piccolo passo avanti nella difficile battaglia che V.A.N.T.O. conduce da anni per la demarcazione dei limiti che separano gli “sfottò” dai cori razzisti nel calcio. Il giudice sportivo Gianpaolo Tosel ha inflitto un’ammenda di 5.000 euro al Cagliari “per avere i suoi sostenitori, prima e nel corso della gara, rivolto cori insultanti nei confronti della tifoseria avversaria”. Per la verità, oltre ai cori, si è trattato anche di striscioni volgari fortunatamente rimossi dopo essere stati fotografati, ma mai quanto il coro “noi non siamo Napoletani” che, pur non essendo razzista, è stato intonato forte e vergognosamente al termine del minuto di raccoglimento per la scomparsa del centauro Marco Simoncelli.
È il primo caso in cui viene riconosciuto una certa violenza verbale, anche se non si usa la parola “insulti” senza aggettivarla con la qualifica di “razzisti”.
Ammesso che ci siano stati cori veramente razzisti (abbiamo sentito di molto peggio), che Tosel abbia finalmente capito che sono contro il regolamento?  Oppure si tratta di una lieve decisione “politica” contro la tifoseria del Cagliari che è sotto osservazione dopo la sospensione della gara contro l’Inter di un anno fa per cori razzisti contro il giocatore di colore Eto’o? Ricordiamo che allora, nel comunicato, Tosel parlò di “grida e cori costituenti espressione di discriminazione razziale” mentre oggi parla di “cori insultanti”.
Badi bene il Giudice Sportivo, perchè se oggi avesse sanzionato degli insulti per i Napoletani a Cagliari (di cui non c’è da lamentarsi nonostante si tratti di volgare malcostume italiano) per poi ignorare in futuro i veri cori razzisti, questa decisione da incoraggiante si trasformerebbe in grave beffa.
Resta il fatto che da anni battiamo su questo tasto. Il razzismo calcistico non è solo contro i neri ma anche contro i Napoletani, i rumeni e gli slavi, a prescindere che siano in campo piuttosto che sugli spalti. E casca a fagiolo il comunicato della ACF Fiorenitna che, nella persona del responsabile della comunicazione Gianfranco Teotino, a margine della conferenza stampa odierna di Sinisa Mihajlovic, ha voluto specificare che la società è al fianco del tecnico per quanto riguarda i cori razzisti (“Sei uno zingaro”) rivolti da parte dello stadio domenica scorsa al tecnico serbo. “Accettiamo cori e contestazioni di ogni tipo, ma quando ci sono insulti razzisti o personali, la ACF Fiorentina li respinge e li condanna”, ha detto Teotino.

San Siro: razzismo, blasfemia… e macabra oscenità!

San Siro: razzismo, blasfemia… e macabra oscenità!
il precedente di Kawashima che può essere d’esempio a Cannavaro

di Angelo Forgione

Ci risiamo coi cori razzisti di Milano. E siccome la FIGC fa finta di nulla, il fenomeno cresce sempre di più e stavolta si va oltre, con cori blasfemi che coinvolgono i santi. “San Gennaro sieropositivo”, “terremotati”, “colerosi”, “zingari”, “Vesuvio lavali col fuoco”, “Ci vuole acqua e sapone”, “camorristi”. Stavolta non si è trattato dell’intero stadio come in altre occasioni; cori in buona parte coperti dai numerosissimi e chiassosi tifosi del Napoli presenti e stroncati dall’andamento della gara che, ne siamo sicuri, se fosse stato diverso sarebbero stati ancora più forti e distinguibili.

Ce n’è abbastanza per codificare i cori come razzisti e non come semplici sfottò. Ma lo diciamo da anni in ogni modo senza che la Federcalcio che ha generato le regole sul razzismo che prevedono sospensione delle partite abbia mai sollecitato il Giudice Sportivo Tosel ad intervenire.

Quante volte abbiamo invocato l’intervento in campo di capitan Cannavaro, napoletano, affinché richiamasse l’attenzione dell’arbitro? È lui che deve farlo, ed è l’unica maniera per sperare che tutto questo finisca. L’esempio di Zorò e Eto’o non è servito. Allora tiriamo fuori l’esempio di Kawashima, portiere giapponese del Lierse, che deve pur dimostrare che certi cori sono persino macabri e osceni! Durante la partita del campionato belga tra Beerschot Anversa e Lierse dello scorso Agosto, i tifosi del Beerschot, famosi per essere nazisti di estrema destra, hanno cominciato a bersagliare il portiere avversario arrivando ad inneggiare alla tragedia dello tsunami di Fukushima durante la quale hanno perso la vita 15.000 persone con migliaia di dispersi. Kawashima, anche portiere della nazionale giapponese, è rimasto scosso ed è andato dall’arbitro segnalando i cori e chiedendo la sospensione dell’incontro che l’arbitro, saggiamente, ha sancito. La partita è ripresa solo quando il coro “Kawashima-Fukushima” è terminato.

Lo tsumani di Fukushima è come il terremoto, è come l’eruzione del Vesuvio. Quindi i cori contro i Napoletani non sono solo xenofobi ma anche osceni così come sono stati definiti quelli dei tifosi di Anversa). Ma se il capitano del Napoli proprio non è colpito, dal momento che tutto il resto rientra nella casistica del razzismo e non degli sfottò, ci chiediamo ancora una volta come mai le regole della FIGC, che dovrebbero punire chi si rende colpevole di diffamazione di razze ed etnie con sospensione dei match e sanzioni, non valgono quando i colpiti sono i Napoletani.

Qui non è questione di vittimismo che ci viene rivolto contro ma di una certa cultura che evidentemente in Belgio pure esiste.

Per sostenere la protesta, inviare rimostranze alla FIGC agli indirizzi sotto elencati:
figc.presidenza@figc.it
figc.segreteria@figc.it
figc.procura@figc.it
press@figc.it
figc.legale@figc.it



Dopo la bufera, intervista-confronto con Luca Serafini

Dopo la bufera, intervista-confronto con Luca Serafini
«La vera immondizia è la politica. Quella di Napoli è vergogna italiana. Ho sangue sudista, sono avvilito»

di Angelo Forgione 

L’editoriale di Luca Serafini, col quale il giornalista di Mediaset ha motivato politicamente il mancato acquisto da parte di Berlusconi del calciatore Hamsik, abbandonato nella Napoli dell’immondizia, ha scatenato una bufera per via di alcune espressioni sulla città di Napoli e sul presidente De Laurentiis, sgradite al popolo azzurro. Siti, radio, blog, gente comune, tutti contro Serafini.
Come già scritto, non c’era da offendersi perchè non si trattava di razzismo ma di semplice peccato di presunzione nel considerare un calciatore del Napoli acquistabile semplicemente per volontà. Purtroppo la querelle è trascesa e sono piovuti su Serafini insulti e minacce per via diretta tramite Facebook, nonostante avesse comunque riconosciuto l’errore di essersi espresso con termini incauti. La maleducazione e l’inciviltà non appartengono ai veri Napoletani, e superano ogni presunzione o razzismo. Il perseverare nella protesta facendola degenerare, utilizzando Facebook non come una risorsa di confronto ma come un luogo in cui poter sfrenare ogni istinto, è pratica poco intelligente per chiunque pretenda di affermare le proprie ragioni.
Ho deciso di contattare Luca Serafini, argomentando sulle mie riflessioni al suo editoriale e ponendogli qualche domanda su temi calcistici e non che coinvolgono i punti di vista di Sud e Nord, dal razzismo negli stadi al potere mediatico del nord,  in un confronto cordiale e civile che facesse meglio venir fuori il suo pensiero e si chiarisse una volta e per sempre che, come già detto a caldo, non c’era da parte sua razzismo e volontà di offendere i Napoletani. Preciso che è il mio punto di vista personale che non vuole rappresentare quello di nessun altro. 

A.F.: Serafini, se me lo consenti ci diamo del tu perchè siamo colleghi. Mi perdonerai se il mio punto di vista è da sud, ma non posso perdere l’occasione per confrontarmi con un collega giornalista d’esperienza del nord. Leggendo l’editoriale che ha scatenato l’inferno a Napoli, è chiaro che non c’è razzismo, anche se l’accusa che ti è stata mossa è questa. Ti sei però reso conto che traspare una sorta di presunzione che ha dato fastidio ai Napoletani?

L.S.: Presunzione? Non lo so. Io ho scritto che quella di “abbandonare” Hamsik è stata una scelta politica di Berlusconi: in un momento di emergenza per l’immondizia e con un fresco sindaco avversario nello schieramento, ha preferito non fare una scelta impopolare. Mi hanno rinfacciato il fatto che il Milan non lo abbia preso perché troppo caro: può darsi, a me risulta che il Milan su Hamsik l’investimento lo avrebbe fatto, poi ognuno può credere a quello che vuole. L’espressione è stata infelice, ho chiesto scusa. Due volte. Non è bastato nemmeno questo: “un grande professionista non può sbagliare a scrivere”, “ti hanno imposto di chiedere scusa dall’alto”. Mi dispiace, ma io non voto per Berlusconi e non ho mai votato per lui: non sono questi gli ordini che prendo dall’alto. E’ vero che sono a SportMediaset dal 1986: per me è un vanto, non una vergogna. 

A.F.: Il popolo di Napoli è scottato da 15 anni di emergenza rifiuti, e toccare certe tematiche è ormai diventato delicato, soprattutto per i troppi che non capiscono che il Napoletano è vittima, non colpevole. Esprimi con sincerità il tuo pensiero sulla questione, tu che sei stato corrispondente per il Mattino e i Napoletani li conosci abbastanza.

L.S.: Il popolo italiano è scottato da decenni di emergenza rifiuti: la politica! L’immondizia è in televisione, negli spot pubblicitari, nel gossip, in internet, ovunque, è un nemico che ci insidia in ogni vicolo. Bisogna che gli italiani e i napoletani si convincano che a bruciare la monnezza ci dobbiamo pensare da soli. Ho sentito in Luglio un’intervista su Radio Rai al sindaco di Napoli, il giorno dopo il suo primo incontro a Roma con Berlusconi sul tema dell’immondizia: spero che il problema sia in via di risoluzione, così come lui auspicava. E’ una vergogna italiana, non napoletana.

A.F.: Nell’editoriale hai usato l’aggettivo “invasato” per descrivere De Laurentiis, senza però motivarlo. È chiaro che ti riferivi all’estate calda del presidente, ma non credi il patron azzurro, con tutti i suoi difetti, sia comunque un bene per il calcio italiano e non un male in questo momento in cui c’è bisogno di rinnovamento?

L.S.: De Laurentiis a mio avviso è vittima della sindrome della popolarità. Funziona così: produci film di successo da due generazioni, vinci Oscar, ma pochi sanno chi sei, ti riconoscono. Diventi presidente di una squadra di calcio e ti intervistano tutti i giorni. E’ vero che mi sembra un po’ invasato, nei toni e nei modi, in questo modo rischia di avere torto anche quando ha ragione. Quando parla di complotti, aizza le folle e sa che non è vero. Se so che a un tavolo sono seduti dei bari, io non mi ci siedo a mettere a rischio i miei soldi. 

A.F.: La rivalità tra Napoli e Milan si sta accendendo come negli anni 80 in vista della prossima stagione e la squadra partenopea sta offrendo l’opportunità di liberarsi da una sorta di “professata superiorità” del nord che non si può negare, non solo nel calcio. Senza retorica, come pensi che i Napoletani possano riscattarsi anche oltre il calcio?

L.S.: Questo è quello che ha scagliato tanta rabbia contro di me in queste ore. È un vittimismo strisciante, costante. Da cosa si devono riscattare i napoletani? E perché? Quando avevano la squadra più forte d’Italia, hanno vinto scudetti e coppe e nessuno li ha boicottati. In quegli anni io scrivevo per “Il Mattino”, ho conosciuto e lavorato con colleghi napoletani ai quali sono legatissimo, ho vissuto da testimone sfide meravigliose e mai nessuna di quelle sfide fu decisa da questioni arbitrali o di palazzo. La vicenda delle 100 lire in testa ad Alemao fu l’unica polemica, ma il Milan era arrivato bollito a fine stagione e comunque si consolò con la Coppa dei Campioni.

A.F.: Questo è il mondo di internet, dove ciò che viene posizionato sul web è monitorato oltre il proprio recinto. Tutto questo evidenzia anche gli errori della televisione. Voglio dire che il potere mediatico di Milano, rispetto a Napoli che non ha neanche un’emittente nazionale, è vissuto male dai Napoletani che sentono parlare prevalentemente delle tre grandi storiche, a scapito anche dei giornalisti che, non avendo un contatto diretto col pubblico, perseverano nell’errore. Sportitalia, ad esempio, è l’unica redazione sportiva che tratta nord e sud allo stesso modo e i meridionali stanno migrando li, ne va preso atto. “Controcampo” è inviso ai Napoletani da quando Cruciani fa trasparire una certa antipatia per Napoli sia da quel pulpito che da Radio24. Non credi che anche le TV del nord debbano rivedere il loro modo di fare per non dividere anche sportivamente la nazione e perdere consensi?

L.S.: Ho lavorato 26 anni con Maurizio Mosca e grazie a lui ho imparato, tra le tante cose, che il calcio italiano non è solo Milan, Inter e Juventus. D’estate da anni, con grande entusiasmo e passione, seguo i ritiri estivi di Lazio e Fiorentina in particolare, ma anche Bari, Genoa, Bologna, Parma, Siena… Tu dici Nord contro Sud: ma lo vedi cosa succede tra i tifosi di Brescia e Atalanta? Tra quelli di Roma e Lazio? Verona e Vicenza? Genoa e Sampdoria? Foggia e Taranto? Non credi che il campanilismo spacchi l’Italia in mille pezzi e non solo in due tronconi? La cultura dovrebbe arrivare dalle scuole, dalle televisioni, dai giornali. Invece non sappiamo nemmeno difendere il nostro Crocifisso nelle aule, invece celebriamo Corona, invece ci insultiamo e ci ammazziamo per il pallone. E’ una strada lunga, incidenti come quello in cui sono incappato io non aiutano a crescere purtroppo. Quanto a Cruciani e alla faziosità dei programmi sportivi di Mediaset, sono di parte, ma vivendo la quotidianità della redazione non posso davvero assecondare la tesi di anti-napoletanità o anti qualsiasi altra cosa. Viviamo di pubblicità, ascolti e di abbonati, anche solo per opportunismo non converrebbe a nessuno essere faziosi, a Cologno.

A.F.: In chiusura, ti chiedo come si possa fare in modo che Napoli e Milan, primarie realtà calcistiche del Sud e del Nord del paese, e tutti gli addetti ai lavori che vi gravitano attorno, possano distendere le piazze e, perchè no, fare in modo che i milanisti, la cui squadra uscì tra gli applausi quella domenica del 1988, non cantino più “colerosi, terremotati, forza Vesuvio” che è coro razzista mai sanzionato nonostante le norme della FIGC, e si dovrebbero sospendere le partite, senza che sia stigmatizzato da nessuno come se fosse un normale sfottò?

L.S.: Anni fa ho scritto un libro per la “Sperling&Kupfer”, con un titolo infelice (scelto da loro: come vedi le espressioni infelici capitano a tutti): “Il libro delle liste sul calcio”. Titolo terrificante. Era un condensato di curiosità, aneddoti, stravaganze del calcio e un capitolo era dedicato a quei cori offensivi e a quello contro i napoletani in particolare. Ad oggi, se non ricordo male, gli arbitri hanno sospeso una partita solo per uno striscione contro Collina. Le corporazioni in Italia sono un’altra piaga da cui non ci riusciamo a liberare. Per quei cori come per le violenze che vengono perpetrate negli stadi a tutti i livelli, vale sempre lo stesso concetto: le leggi ci sono, bisognerebbe applicarle con severità.

A.F.: Partita sospesa anche per razzismo contro Eto’o a Cagliari dopo le ire di Moratti per l’accanimento contro Balotelli, come dire che i neri sono tutelati e i Napoletani no, ma potremmo discuterne a lungo e ad ogni modo la tua risposta è buona comunque. Grazie Luca, ci vediamo a Napoli-Milan. Credo che la polemica si possa chiudere serenamente qui. I Napoletani sono focosi ma sanno anche dimenticare quando capiscono che non c’è cattiva intenzione e premeditazione.

L.S.: Grazie a te. Mi hanno accusato anche di passare da carnefice a vittima per i toni successivi all’editoriale incriminato, sinceramente confesso che questa polemica così violenta mi ha amareggiato e avvilito. Ho sangue sudista, ho amici, tanti, e colleghi napoletani nel cuore come Carratelli, Coppola, Esposito, Iavarone, Auriemma, mi conoscono di persona e sanno che uno dei ricordi più belli della mia vita professionale, è quella foto che questa estate mi ha taggato su Facebook un milanista: avevo 25 anni e premiai in campo al San Paolo Diego Maradona per il “Supergol dell’anno”. Raccontandolo, sono ruffiano e leccaculo anche adesso, probabilmente. Ma almeno questa volta nei confronti dei napoletani e non di Berlusconi. Grazie a te per la grande, civile opportunità che mi hai concesso.

Juventus-Napoli, ancora razzismo legalizzato

Juventus-Napoli, ancora razzismo legalizzato
(in)applicazione all’italiana delle regole
contro il razzismo

Il campionato 2010-11 va in archivio tra gli applausi per il Napoli e i cori razzisti per i Napoletani. Ci risiamo, e ci risaremo anche l’anno prossimo perchè, nonostante le nuove norme introdotte in questa stagione sotto la spinta Ministro Maroni, non c’è mai stato una vera applicazione delle stesse se non per il caso di Eto’o a Cagliari. Diciamolo serenamente, queste regole sono una vera farsa all’italiana!
Anche ieri, a Torino, si sono levati al cielo le solite invocazioni al Vesuvio perchè lavi i colerosi Napoletani privi di sapone, proprio loro che il sapone lo producevano già nella prima metà dell’ottocento esportandolo in tutto il mondo e usandolo per la pulizia intima sui primi bidet italiani. E poi i soliti ululati contro i due giocatori di colore del Napoli Santacroce e Zuniga. E non includiamo nel conto le bombe carta all’indirizzo del settore ospiti, perchè a volte è scena che si vede anche al San Paolo e ce ne dispiace. Mentre il maxi-schermo dell’Olimpico di Torino mostrava l’immagine di una stretta di mani con la scritta “Fair Play”, l’arbitro Rizzoli non ha sentito nulla, neanche le proteste di Santacroce che più volte si è lamentato. E neanche un ammonimento verbale è stato irradiato dallo speaker dello stadio torinese.
Noi l’abbiamo denunciato per tutto l’anno, ricordando che c’è una differenza evidente tra gli “sfottò” calcistici di cui sono autori anche i napoletani e i cori razzisti di cui è responsabile tutta l’Italia tranne Napoli verso i neri e i Napoletani, ovviamente. Abbiamo evidenziato che il razzismo non può essere codificato solo come quello contro le persone di colore ma, come dice lo stesso regolamento, lo è quando è indirizzato contro ogni razza o etnia. Abbiamo più volte chiesto a capitan Paolo Cannavaro di rilevare questa anomalia e chiedere la sospensione delle partite, ma non se ne è fatto carico e non possiamo fargliene una colpa. Del resto ieri Santacroce ci ha provato ma si è scontrato con  l’uomo di gomma Rizzoli. Ma si sa, siamo in Italia, il paese dove ogni regola non è norma ma semplice interpretazione. E poi ci lamentiamo dei tagli alla cultura e della deriva sociale; la dinamica è la stessa.
A “risentirci” l’anno prossimo..
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Angelo Forgione
Movimento V.A.N.T.O.
(Valorizzazione Autentica Napoletanità a Tutela dell’Orgoglio)